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Quando è la parola chiave di questa trama distopica in cui tutti siamo piombati. È la parola con la quale introduciamo domande e affermazioni, speranze e scenari, racconti del prima, visioni del dopo. Tanta roba per un semplice avverbio. D'altronde la dimensione del tempo è quella che si è rivelata in queste settimane in tutta la sua complessità, essendo slittata la sua misurazione e il suo valore dal piano puramente scientifico (secondi, minuti, ore) a quello più filosofico e percettivo: minuti che durano ore, giorni che sembrano settimane, settimane che diventano ere. In questo tempo, fermo eppure fluido, siamo stati costretti ad immaginare pìù che ad agire, anzi ad immaginare per poter agire, a pensare prima di iniziare una qualsiasi attività. E a ripensare alla nostra attività, a tutti i livelli. Se scaliamo questo meccanismo su un piano globale, il mondo deve aver prodotto in queste settimane una quantità infinita di immagini e di pensieri, di visioni e di scenari, di piani B e C.

Molti di noi hanno applicato questo tipo di immaginazione per mettere a frutto il tempo a disposizione, per decidere o per sperimentare come impiegare un'ora o un intero giorno. Chi ha dovuto sospendere, invece, un'attività economica o imprenditoriale, chi l'ha vista danneggiata o dimezzata, deve aver iniziato ad applicare questo tipo di pensiero per figurarsi come sopravvivere nel futuro. Sapendo che più si sposta in là il "quando" più il mercato avvantaggerà il grande e lo strutturato, non per forza il più sano, difficilmente il più piccolo. A tutti i livelli.

Prendiamo l'industria del cinema, ad esempio. Pensate al distributore indipendente che ha comprato i diritti per l'Italia di un piccolo film dal quale prevedeva di incassare, in questa finestra di tempo, qualche centinaio di migliaia di euro, diciamo un film tipo La vita invisibile di Euridice Gusmão (2019), distribuito da settembre 2019 nelle sale italiane con un incasso di circa 450.000 euro. Un operatore che distribuisce nell'arco di un anno 2 o 3 film di questo genere, non una major quindi che ne distribuisce decine, affida a ciascuno di questi film tra il 30 e il 50% della sua sopravvivenza. L'attuale chiusura delle sale - che si avvicina pericolosamente alla stagione estiva - comporterà un assembramento di uscite e una chiusura di spazi che si ripercuoteranno negativamente su distributori e su film di questo tipo che quindi rischieranno di rimanere tagliati fuori con ancora meno spazi della norma. È difficile immaginare che una major possa vedere messa in crisi la sua esistenza da uno stop di tre o quattro mesi, considerando la facilità con la quale accederà al credito finanziario per compensare la mancanza di denaro circolante, ma se siete una micro o una piccola impresa - per di più attiva in un settore già segnato da una stagnazione - provate ad accedere agli aiuti finanziari promessi dal decreto Cura Italia e poi mi dite.

Eppure sono fiducioso. Sono fiducioso perché quello stesso tempo che tutti noi abbiamo impiegato per immaginare modi di sopravvivere alla nostra quotidianità, questo pensiero che abbiamo messo al servizio di noi stessi, ci ha cambiato. Ha cambiato il nostro modo di essere e cambierà il nostro modo di consumare, anche il cinema. Perché fino a quando abbiamo dedicato alla televisione un paio di ore al giorno, le pecche di una programmazione ripetitiva e stantia, potevano facilmente passare inosservate, ma dopo aver toccato con mano la pochezza delle fasce orarie solitamente meno frequentate, è inevitabile iniziare a desiderare qualcosa di più, non per forza di nuovo. Queste settimane (mesi, ere?) hanno raffinato le nostre visioni e hanno alimentato un bisogno che prima era solo latente o appannaggio di una nicchia esigente.

Mi piace molto, a questo proposito, la riflessione di Andrea Romeo, fondatore di Biografilm e direttore editoriale di I Wonder Pictures, che è anche portatrice di una visione innovativa. Se già prima il cinema in streaming stava modificando le nostre abitudini e il nostro modo di scegliere e desiderare, in questo dopo, in questo "quando", lo streaming potrebbe diventare una estensione online con cui alcuni esercenti cinematografici che hanno sempre puntato su una programmazione sfiziosa, indipendente, raffinata, potranno creare percorsi e rassegne online per rilanciare ed approfondire la visione di film in sala. Uno scenario che proprio Andrea Romeo inizierà a sperimentare attraverso alcuni Pop Up cinema di Bologna già a partire dal prossimo 10 aprile.

Una iniziativa che mi piace prendere come spunto per invitare tutte le micro e piccole imprese e in genere tutte le attività segnate nel profondo da questo blocco, a non mollare la presa. Se da un lato le grandi società sono facilitate dalle rendite di posizione e dall'accesso al credito bancario, confido che, in questo momento di riflessione forzata, i piccoli imprenditori abbiano potuto innestare la marcia in più della propria immaginazione e riescano a mettere in opera i loro piani B, C e D e anche più giù, nell'alfabeto del pensiero creativo, fino ad arrivare alla Z. Anzi all'Ω per mettere alla prova quel punto misterioso dove tutto finisce.
O ricomincia.

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