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L'Amuchina è vicina
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Santi, poeti e lavatori (di mani, di cervello, di coscienza – la coscienza di derivazione sveviana, chi non ricorda il celebre paziente Zeno?-). Siamo un popolo che previene, e prevenendo contiene, e contenendo si maschera, e mascherandosi va in televisione a diffondere il virus del terrore mariomerolano. Inginocchiati e baciami ‘ste mmani: ok, ma tu assicurami che le hai nettate a fondo.

Italiani replicanti di Furio Zoccano all’epoca del coronavirus: soci ACI del terrore, nevrotici e nevrotizzanti, si chiama un centralino purchessia per comunicare un decimo di febbre, un millesimo di raffreddore, una montagna incommensurabile di paure. I Furio 2.0 non si spostano più: si autoisolano, si mettono in quarantena. La quarantena è la nuova moda, fa chic, fa tendenza, sposta le opinioni e innamora le anime semplici. L’autoquarantena, poi, è il non plus ultra dell’erotismo da pannolone e sterilizzazione. Chissà se, oggi, anno di grazia 2020, il treno di Cassandra Crossing sarebbe ancora sacrificato sull’altare dell’interesse nazionale alla salute intangibile, chissà se oggi farebbe più morti la paura che le minacce danzanti di un batterio sconosciuto. Voi avete dubbi? Io pochi e, allora, che cada quel treno con tutti i suoi filistei starnutenti. Chissà se il buon Bombolo ed il Monnezza riconoscerebbero, in quei morti al ristorante cinese, le vittime del COVID-19, ceppo italico: il più indifferente al buon senso e dunque il più aggressivo (e se invece bastasse un semplice Venticello per estirparlo, estinguerlo?). E naturalmente i commensali ferreriani de La grande abbuffata, che tanto volevano morire ma non di banalissimo virus, avrebbero enorme disponibilità di penne lisce. Chè il popolo italiano razzia i supermercati ma conserva intatto il proprio gusto e sceglie, seleziona, dà giudizi morali sulla consistenza e sul grado di cottura (e invece le penne lisce sono buonissime, il ragù alla bolognese è la morte loro, se è lecito parlare di morte in questo tempo in cui si deve perseguire la profilassi dell’immortalità). Non tocchiamoci, parliamo a distanza, il terrore corre sul filo della salivazione. Nessuno vuole morire per una gocciolina, benché siamo fondamentalmente fatti di acqua, e dunque siamo scivolosi, precari, destinati a scorrere e prima o poi ad essiccarci.

Ci organizziamo con le sindromi cinesi, anche se siamo i cinesi d’Europa. Così ci guardano, così ci trattano, con la sufficienza che i nostri gourmet da sbarco televisivo destinano ad un pollo alle mandorle. E però, all’epoca dei virus, in questo millennio che già diffonde paure (mentre Troisi lo sapeva che, come lui, tutti dovremo morire, e ce lo ricordava con uno sberleffo leggero, con la risata tragica del filosofo) ogni cosa è destinata a cambiare. Kim Ki-duk non potrà avere il finale di Ferro 3 – La casa vuota: quei due resteranno perdutamente innamorati ma non potranno mai venire a contatto, baciarsi. Nemmeno nel sogno, perché anche un sogno può essere letale, più letale della stessa realtà. Si adegueranno pian piano tutti. Anche Marco Bellocchio, come da titolo di questo post.  

 

  

 

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