«Girolamo è tutto quello che noi non siamo. Ed è per questo che siamo qui riuniti oggi, per celebrarlo. Perché noi non siamo come lui e perché vorremmo essere come lui, che è il motivo per cui lo contempliamo e lo adoriamo, e perché Girolamo sa volere bene e sa anche essere un amico vero». E infine: «Girolamo è il mondo che soffre, Girolamo è il mondo che ama e ringrazio Dio di avermi dato la straordinaria opportunità di essere il suo migliore amico». «Tu, solo tu, che hai conosciuto a fondo lo strazio della sofferenza, la bellezza del sacrificio e la forza dell’amore, sappi che non ti dimenticherò mai Girolamo, mai».
Questo elogio funebre, uno dei più intensi e commoventi che io abbia letto o udito, dà la misura delle capacità e del valore del comunque controverso, diseguale, sbilanciato THE NEW POPE, di Paolo Sorrentino. I nove episodi della serie confermano una volta per tutte quanto già si sapeva. Eppure stavolta, grazie anche agli sceneggiatori, ha aggiunto qualcosa in più e cioè maggiori profondità emotiva ed intellettuale.
La serie è interessante soprattutto grazie alle capriole stilistiche, alle imprevedibili gag che sconcertano il pubblico. Il regista si diverte a stupire, a disorientare il pubblico, proponendogli, ora un sapientissimo discorso sul rapporto tra cristiano e fede, su quello che dovrebbe essere e sui propositi da adottare; subito dopo, ancora immersi nella riflessione di quanto udito, ci troviamo di fronte a un’esplicita scena di sesso, non trascurando, sia chiaro, le relazioni omosessuali, oppure a una larvata insinuazione circa la tossicodipendenza del nuovo papa. A volte, la narrazione corre lungo i binari della farsa, altre volte lungo quella della denuncia dei mali della Chiesa, tra cui si riconoscono chiaramente la lotta di potere, l’invidia, l’ipocrisia, l’immoralità, l’abuso del potere nei confronti del personale (suore, piccoli funzionari, personale di rango inferiore).
A volte, il regista si diverte ad introdurre elementi di pura fantasia surrealista (come i vermi che escono dalle persone) o di pura comicità (di cui l’ineffabile autore è quasi sempre il cardinale Voiello, vedi le esternazioni estemporanee sulle vicende della squadra di calcio di Napoli, o l’imperturbabilità con cui esprime senza imbarazzo le proprie mire, le proprie manchevolezze o addirittura la scena finale in cui, eletto papa, congeda in privato uno scugnizzo con una colorita parolaccia).
Risaltano d’altro canto le interpretazioni di Jude Law e John Malkovic. Del secondo, soprattutto, emerge una personalità spiccatissima, circondata da un alone di mistero, che contribuisce a rendere oltremodo inquietante il suo personaggio. La voce modulata (è necessario ascoltare la versione inglese per apprezzarla), la lentezza dell’eloquio, l’uso di un inglese colto e aristocratico, il portamento nobile capace di gesti di ineffabile dolcezza e di ira quasi scomposta, rilevabile con l’uso di uno sguardo penetrante, rendono enigmatica la sua figura e contribuiscono ad accettare l’impossibile finale, in cui egli, rinunciando al magistero papale, fa ritorno alla sua Scozia, finalmente rappacificato (a quanto è dato di capire) con i propri genitori, che mai gli hanno perdonato la morte del fratello.
Jude Law dimostra tutte le capacità istrioniche di cui è capace, ora fulminando con il solo sguardo il malcapitato interlocutore, ora dando segno di impensabile e imperscrutabile dolcezza, ora dispensando giudizi o annunciando intenzioni che vorrebbero scuotere dall’interno i cristiani, infondendo speranze di trasformazioni radicali all’interno della Chiesa e, maxime, del Vaticano, scegliendo, una volta constatata l’impossibilità di attuarle, di immolarsi donandosi in toto alla folla o auto-estinguendosi nelle acque della sua terra.
THE NEW POPE esprime tutto l’agnosticismo verso le forme curiali, esteriori della Chiesa e la condanna senza appello del marciume che vegeta all’interno del Vaticano e che il repulisti deciso in extremis sembra vanificare causa l’elezione del papa più democristiano, più controverso e più andreottiano possibile e cioè Voiello. Ma si respira, ad ennesima riprova del carattere ambiguo della serie, una profonda moralità, un estremo bisogno di pulizia, di etica sociale e politica, arricchito il tutto da una sceneggiatura impeccabile. Sorrentino è l’albatros baudelairiano capace di librarsi a vette sublimi per poi confondersi con le esalazioni fetide provenienti dalla stiva della nave su cui, stanco di volare, si posa di tanto in tanto, anelando di riprendere il volo, ma alla fin fine, non del tutto disgustato dal contatto plebeo, con passo un po' malfermo, finisce per accettarne le facili seduzioni e le a volta scontate a volte argute esternazioni.
Ma non è detto che, alla fine, il volo riprenda.
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