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FATTI & RIFATTI nr. 5: PICCOLE (GRANDI) DONNE
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Le trasposizioni cinematografiche dei due romanzi più noti di Louisa May Alcott, in Italia tradotti col titolo "Piccole donne" e "Piccole donne crescono", rispettivamente risalenti al 1868 e al 1869, e poi riuniti in un unico volume, conta almeno tre note versioni, a cui quest'anno se ne deve aggiungere una quarta, per la regia di Greta Gerwig:

 

-Piccole donne di George Cukor, Usa 1933 - dur 115 min. Voto ****

-Piccole donne di Mervyn LeRoy, Usa 1949 - dur 121 min. Voto ***1/2

-Piccole donne di Gillian Armstrong, Usa 1994 - dur 115 min. Voto **

-Piccole donne di Greta Gerwig, Usa 2019 - dur. 134 min. Voto ***

PRINCIPALI PERSONAGGI ED INTERPRETI:

-Meg March è la maggiore delle quattro sorelle ed iniziamo a conoscerla all'età di 16 anni.

Frances Dee (1933)

Janet Leigh (1949)

Trini Alvarado  (1994)

Emma Watson (2019)

 

-Jo March, 15 anni, è il maschiaccio mancato di famiglia, nonché la protagonista assoluta di tutta la storia; aspirante scrittrice, ostenta un animo fiero e battagliero con cui porta avanti sogni ambiziosi ma anche coerenti con le proprie capacità. Dopo un tira e mola con Laurie, finirà per sposare il professore tedesco, galante ma schiettom Friedrich Bhaer.

Katharine Hepburn (1933)

June Allison (1949)

Winona Ryder (1994)

Saoirse Ronan  (2019)

 

-Beth March, 13 anni, la più dolce, sensibile ed altruista: morirà a 19 anni dei postumi di scarlattina contratta per alleviare le sofferenze di una famiglia indigente di vicini di casa.

Jean Parker (1933)

Margareth O'Brien (1949)

Claire Danes (1994)

Eliza Scalen  (2019)

 

-Amy March, la sorellina minore, che incontriamo all'età di 12 anni, e seguiamo fino al momento in cui convolerà a nozze col bel Laurie soffiato involontariamente alla indecisa Jo. E' la più bella delle sorelle March, persino più della maggiore Meg. 

Joan Bennett (1933)

Elizabeth Taylor (1949)

Samantha Matis/Kirsten Dunst (1994)

Florence Pugh  (2019)

 

-Sig.ra March, ovvero la mamma delle quattro ragazze. Donna amorosa, tenace nel saper tenere unita la famiglia di origini borghesi, ma economicamente piegata dalla crisi derivante in generale dalla Guerra di Secessione in corso e, più in particolare, dall'assenza del marito, richiamato nei ranghi dell'esercito a combattere; madre chioccia tenera e comprensiva, ma anche risoluta e battagliera, disposta a rendere servizio a favore della patria dedicandosi alla cura dei feriti di guerra e alla carità nei confronti dei reduci.

Spring Byington (1933)

Mary Astor (1949)

Susan Sarandon (1994)

Laura Dern  (2019)

 

-Laurie Laurence, nipote quindicenne di Sir Laurence, facoltoso vicino di casa dei march, vedovo e solo al mondo assieme al nipote. Costui è bello, sfrontato, tendente all'indolenza, ma disposto a farsi mettere in riga sia da Jo, sia da Amy, che infine sposerà.

Douglass Montgomery (1933)

Peter Lawford (1949)

Christian Bale (1994)

Timothée Chalamet  (2019)

 

-Fritz Bhaer, professore sensibile, intelligente, di origine tedesca. Uomo mansueto, timido, ma anche schietto e sincero. Nel romanzo è assai più vecchio di Jo, che sposerà al termine della concitata vicenda, ma nei vari adattamenti si adatta alle scelte di regia e, specie nell'ultimo della Gerwig, appare di età decisamente più giovane.

Paul Lukas (1933)

Rossano Brazzi (1949)

Gabriel Byrne (1994)

Louis Garrel  (2019)

Due uomini prima, e poi due donne, si sono occupati di trasporre al cinema il celebre, incalzante romanzo della scrittrice Louisa May Alcott. Tra la prima, scintillante ed argentata versione di George Cukor - la migliore per quanto mi riguarda - e l'ultima appena uscita al cinema ad opera della brava, astuta e combattiva attrice, sceneggiatrice e regista Greta Gerwig, ci sta in mezzo praticamente tutta la storia del cinema dall'avvento del sonoro ad oggi.

Questo diviene anche utile a dimostrare il valore immortale di un'opera letteraria che potrebbe, a prima vista, apparire datata e demodé, ma che invece rimane un classico della letteratura per ragazzi, nonostante il trascorrere degli anni, anzi dei secoli.

Cukor, regista assai a suo agio se attorniato da donne, sfrutta al suo meglio la verve scatenata della Hepburn e, coadiuvato dalle strepitose costruzioni scenografiche di estro pittorico (riprese nello stile, ma stavolta coloratissime, da LeRoy nel '49), dà vita ad un film concitato e pieno di ritmo che incanta, avvince, e strabilia per la capacità di rimanere, dopo quasi 90 anni, una pellicola moderna più ancora delle due successive del '49 e '94.

LeRoy si concentra sul coté melodrammatico, e sforna un filmone almeno a tratti appassionante, magniloquente, da fazzoletto alla mano, che si ricorda anche per il sontuoso cast che comprende, oltre al trio divino Allison, Taylor/Leigh, anche il nostro Rossano Brazzi, all'inizio della sua avventura Oltreoceano, qui coinvolto suo malgrado nell'improbabile ruolo del romantico e mite professore tedesco Bhaer.

La regista australiana Gillian Armstrong torna sul luogo di battaglia quarantacinque anni dopo LeRoy, e punta stavolta su un cast scintillante di divi emergenti anni '90. Ma il film, laccato e senza nerbo, soffre di una cronica mancanza di carattere e la altrove brava e spigliata Winona Ryder appare qui soccombere nel render vitale e all'altezza delle colleghe illustri che l'hanno preceduta, il personaggio chiave di Jo.

Forse anche per non incorrere in questo pericolo, ecco che la Gerwig si dà un gran da fare già in sede di scrittura ed il suo ultimo e recente Piccole donne appare molto elaborato in termini narrativi: flashback a tradimento, un andare avanti ed indietro nel tempo che crea talvolta qualche complicazione, ma aiuta anche a dare carattere e nerbo ad una storia ormai sin troppo calcata e trasposta.

In più la ragazza, per tener fede alla propria fama di autrice indipendente e paladina dei diritti delle donne, si concentra con particolare verve ed attenzione sull'aspetto dell'indipendenza femminile, anelata ed in qualche modo ben al di sopra di quanto poteva a quei tempi accadere in qualsiasi altra parte di qualunque stato europeo. La Gerwig, in particolare, riesce a tratteggiare una figura di donna intransigente e combattiva che la brava Saoirse Ronan - per questo ruolo candidata piuttosto plausibilmente all'oscar della migliore attrice - affronta di petto dando il meglio di sé.

A questa fervente, appassionata e militante ultima versione, va riconosciuta la complessa ma lodevole dinamica narrativa, che tuttavia sembra, col passare del tempo, prendere un pò troppo la mano all'autrice, costretta a ricorrere a sin troppi finali ed appendici per riprendere le redini della storia e giungere al tanto sospirato (ed ormai arcinoto) epilogo.

 

 

 

 

 

 

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