I fatti: la scorsa settimana, il consorzio ACE (Alliance for Creativity and Entertainment), formato dai maggiori colossi cinematografici e televisivi, ha fatto chiudere alcuni dei più popolari siti di condivisione di file. A qualcuno la notizia potrà dir poco o niente; altri, assisi sul trono della loro specchiata probità morale, avranno senz’altro gioito, col loro consueto sussiego da farisei, per questo letale gancio inferto ai danni di quello sterquilinio che è la pirateria cinematografica; altri ancora hanno patito il colpo e stanno facendo la conta dei danni, un po’ come capita dopo un terremoto. In un battito di ciglia sono stati cancellati centinaia, migliaia di capolavori del passato pressoché introvabili, ma è stato d’altra parte spazzato via anche il lavoro certosino di alcuni formidabili siti - non faccio nomi: chi sa, sa - la cui intenzione non era certo infrangere la legge, ma diffondere cultura. Il cinema, il grande cinema, è cultura. Questi moderni benefattori non sono molto diversi da quegli umanisti che sottraevano alla polvere di polverose biblioteche manoscritti classici preziosissimi e ritenuti perduti. Benefattori cornuti e mazziati, cornuti perché additati come criminali, mazziati in quanto puniti per la loro opera meritoria. Forse la Santa Alleanza pensava di colpire i tangheri che su Internet scaricano i film degli Avengers in ultradefinizione? Ma tanto quelli il film lo trovano dovunque. La questione, in effetti, è paradossale. Se è vero che scaricare gratuitamente i film contemporanei è illegale, è altrettanto vero che quel fenomeno è impossibile da debellare, perché la quantità di quel materiale è talmente tanta che almeno un torrent di straforo salterà sempre fuori. Ma un film di Mizoguchi in qualità miserrima degli anni ’30, se non c’è l’anima pia che fa il favore di pubblicarlo, non lo trovi da nessuna parte. E dopo questa Grande Purga, non è detto che l’anima pia decida di rimetterlo in rete. Niente più film di Mizoguchi, sempre che i capataz di Netflix, la cui cultura cinematografica si ferma all’altro ieri, lo abbiano mai sentito nominare. Niente Mizoguchi, Lang, Lubitsch, Renoir. Si fa un gran parlare del diritto d’autore, ma il solo diritto che abbia forza, qui, è quello alla bellezza, la bellezza gratuita, la bellezza im-mediata, la bellezza pura e liberata dai pesi della civiltà umana. Il riconoscimento sommo che si possa fare all’arte è darle acqua per mantenerla viva, e consentire al fortunato di poter godere dei frutti del suo rigoglioso albero. Reclamino, gli autori degli Avengers, il diritto d’autore, hanno piena ragione di reclamarlo! Ingrassino il loro portafogli, e pur di questo hanno piena ragione! Altro, però, non avranno. Questa è insieme la loro gallina dalle uova d’oro, e la loro più grande disgrazia. Nessun generoso, fra cent’anni, si curerà di strappare all’oblio la loro opera. Ma se oggi voi punite il generoso, nessuno, oggi, domani, fra cent’anni, si curerà di strappare all’oblio alcunché.
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