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Venezia 2019: Giorno 3
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Con la marcia ormai ingranata, la terza giornata della Mostra del Cinema di Venezia è pronta ad affrontare le polemiche che già nei giorni scorsi hanno fatto da contorno alle terze pagine dei giornali. In concorso saranno presentati due film che susciteranno discussione per motivi differenti: da un lato, c'è L'ufficiale e la spia, che segna il ritorno di Roman Polanski e delle pretestuose polemiche #metoo, mentre dall'altro lato c'è Ema di Pablo Larrain, che tra reggaeton e sesso clandestino promette di svegliare gli ardori del Lido.

Intanto, ieri è stata la giornata del Leone d'Oro alla Carriera a Pedro Almodovar, regista spagnolo recentemente tornato in grande spolvero grazie a Dolor y gloria, presentato a Cannes (è curioso notare come quest'anno i due festival sembrino voler comunicare, anche se non in maniera diretta).

 

Vi ricordiamo, in fondo, le recensioni degli utenti a Venezia... e non solo.

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L’UFFICIALE E LA SPIA

A dirigere L'ufficiale e la spia è Roman Polanski, regista, produttore, sceneggiatore e attore di origine polacca. Nato a Parigi nel 1933, è tornato con i genitori in Polonia nel 1936 ma l'invasione tedesca del 1939 lo ha costretto, come la maggior parte degli ebrei, a vivere nel ghetto di Cracovia. Fuggito e sopravvissuto all'Olocausto (da cui invece non si è salvata la madre), Polanski ha mosso i primi passi nel cinema come attore e ha studiato alla Lodz Film School prima di esordire come regista nel 1962 con Il coltello nell'acqua, trovando sin da subito l'apprezzamento della critica. Tornato in Francia, ha realizzato Repulsion e Cul-de-sac, premiati entrambi al Festival di Berlino. Chiamato da Hollywood nel 1968, ha diretto Rosemary's Baby prima che il terribile omicidio della moglie Sharon Tate per mano della setta Manson lo riportasse in Europa. Tuttavia, nel 1974 ha realizzato un altro film statunitense: Chinatown. Nel 1979 il suo Tess ha vinto ben tre premi Oscar ma da allora la sua carriera, complice anche un'accusa di violenza sessuale ai danni di una tredicenne, è stata segnata da alti e bassi fino a quando nel 2002 Il pianista lo ha riportato nell'Olimpo dei registi, facendogli guadagnare tra i tanti riconoscimenti ottenuti dal film un Oscar alla regia e la Palma d'Oro a Cannes. Come attore, ha recitato nel 1994 nell'italiano Una pura formalità per la regia di Giuseppe Tornatore.

Protagonisti di L'ufficiale e la spia nei panni Georges Picquart e del capitano Alfred Dreyfus sono rispettivamente Jean Dujardin, attore la cui fama è legata a The Artist, e Louis Garrel, attore e regista di titoli come Due amici e L'uomo fedele.

Jean Dujardin

L'ufficiale e la spia (2019): Jean Dujardin

 

Di cosa parla

L'ufficiale e la spia ripercorre le tappe dell'affare Dreyfus, che ha tenuto banco nella Francia di fine Ottocento. La storia ha inizio nel gennaio del 1985 quando, pochi mesi prima che i fratelli Lumière diano vita a quello che convenzionalmente chiamiamo Cinema, nel cortile dell'École Militaire di Parigi, Georges Picquart, un ufficiale dell'esercito francese, presenzia alla pubblica condanna e all'umiliante degradazione inflitta ad Alfred Dreyfus, un capitano ebreo, accusato di essere stato un informatore dei nemici tedeschi. Al disonore, segue l'esilio e la sentenza condanna il traditore a essere confinato sull'isola del Diavolo, nella Guyana francese, un atollo sperduto dove Dreyfus lenisce angoscia e solitudine scrivendo delle lettere accorate alla moglie lontana. Il caso sembra archiviato. Picquart guadagna la promozione a capo della Sezione di statistica, la stessa unità del controspionaggio militare che aveva montato le accuse contro Dreyfus. Ed è allora che si accorge che il passaggio di informazioni al nemico non si è ancora arrestato. E se Dreyfus fosse stato condannato ingiustamente? E se fosse la vittima di un piano ordito proprio da alcuni militari del controspionaggio? Questi interrogativi affollano la mente di Picquart, ormai determinato a scoprire la verità anche a costo di diventare un bersaglio o una figura scomoda per i suoi stessi superiori.

"L'ufficiale e la spia è basato sull'affaire Dreyfus, argomento cui penso da molti anni. In questo scandalo di vaste proporzioni, forse il più clamoroso del diciannovesimo secolo, si intrecciano l’errore giudiziario, il fallimento della giustizia e l’antisemitismo. Il caso Dreyfus divise la Francia per dodici anni, causando una vera e propria sollevazione in tutto il mondo, e rimane ancora oggi un simbolo dell’iniquità di cui sono capaci le autorità politiche, nel nome degli interessi nazionali", ha precisato Polanski, a cui la storia è venuta in mente dopo la visione del classico Emilio Zola di William Dieterle.

L'affare Dreyfus è uno dei più clamorosi errori giudiziari della storia, avvenuto in Francia tra il 1894 e il 1906 e che vide protagonista il soldato ebreo francese Alfred Dreyfus, ingiustamente accusato di essere una spia e quindi processato per alto tradimento. Dreyfus sostenne fermamente la sua innocenza combattendo contro un'intera nazione. Il suo caso ebbe una notevole risonanza mediatica dividendo l'opinione pubblica del tempo, tra chi ne sosteneva l'innocenza e chi lo riteneva invece colpevole. Tra gli innocentisti si schierò Émile Zola, il quale scrisse un articolo in cui puntava il dito contro il clima di antisemitismo imperante nella Terza Repubblica francese. Tale intervento venne intitolato proprio J'accuse.

Polanski ha scritto la sceneggiatura  insieme a Robert Harris, autore del romanzo da cui il lungometraggio è tratto, L'ufficiale e la spia, in Italia edito Mondadori. Da un altro romanzo di Harris il regista aveva già tratto nel 2010 il suo L'uomo nell'ombra.

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EMA

A dirigere Ema è il regista, sceneggiatore e produttore cileno Pablo Larraín. Figlio di due politici conservatori, Larraín esordisce nel 2005 con Fuga a cui fa seguito la cosiddetta trilogia politica sul Cile, composta da Tony ManeroPost Mortem e No - I giorni dell'arcobaleno (nominato agli Oscar come miglior film straniero). Nel 2015, ha firmato Il Club, con cui ha rimediato il Gran premio della giuria al Festival di Berlino, e nel 2016 Neruda, incentrato su un periodo particolare della vita del poeta Pablo Neruda. Jackie, realizzato nel 2016, ha rappresentato la sua prima opera in terra straniera, finanziata da produttori americani e distribuita da un grande studio (Fox Searchlight).

In Ema il regista ritrova, nei panni di Gaston, Gael García Bernal, attore che aveva diretto nel fortunato No - I giorni dell'arcobaleno e in Neruda. Ema, la protagonista, ha invece il volto di Mariana Di Girolamo, particolarmente nota nei paesi sudamericani per essere stata la protagonista della telenovela Perdona nuestros pecados.

Mariana Di Girolamo, Gael García Bernal

Ema (2019): Mariana Di Girolamo, Gael García Bernal

 

Di cosa parla

Sceneggiato da Guillermo Calderón e Alejandro MorenoEma racconta la storia di una donna che, dopo il terribile evento che manda in frantumi la sua famiglia e il suo matrimonio, intraprende un rischioso percorso per ritrovare se stessa e ritornare padrona della propria vita. Nella pittoresca città portuale di Valparaiso, Ema è una giovane ballerina di talento che, con radici che affondano nei ritmi reggaeton con cui si esibiva con gli amici per strada, ha davanti a sé una luminosa carriera in un ensemble di danza moderna guidato dal marito, il coreografo Gaston. Ema e Gaston, dal punto di vista privato, sono alle prese con una terribile crisi: Polo, il figlio dodicenne che hanno adottato, ha dato fuoco alla loro casa e ha gravemente deturpato il volto della sorella di Ema. Costretta a rinunciare al ragazzino che non ha saputo crescere, Ema assiste impotente allo sgretolarsi del suo matrimonio e comincia a andare per le strade della città alla ricerca disperata di storie d'amore che l'aiutino a superare il senso di colpa. Ha però anche un piano segreto per riprendersi ciò che ha perduto.

Ema è un dramma incendiario sull'arte, sul desiderio e sulla famiglia, che mischia melodramma familiare e fisicità sfrenata con scene girate ora in interni ora sulle ripide vie di Valparaiso, dove le emozioni si esprimono attraverso la danza. Alternando immagini enigmatiche con scene di tumulti domestici, Ema è stato presentato dal regista in maniera criptica: "Una meditazione sul corpo umano, sulla danza e sulla maternità. La protagonista Ema è un paradigma: è insieme tanti personaggi. Figlia, madre, sorella, moglie, amante e leader: è molto potente e presenta una forma sorprendente di femminilità. È motivata da un implacabile egoismo: sa chiaramente cosa vuole ed è capace di sedurre coloro che la circondano per modellare il suo stesso destino. Desidera essere prima di tutto una madre e avere una famiglia; forse ciò che più muove le sue azioni è l'amore. Con il marito Gaston ha molte cose in comune: la professione, gli interessi culturali, la danza. All'apparenza, sembrano una coppia disfunzionale ma alla fine si rivelano piuttosto complementari".

"Sono - ha proseguito Larraín - con i miei film abituato a guardare al passato. Ema è invece una testimonianza del presente, della generazione di giovani che ci circonda... quei giovani che si esprimono anche attraverso i loro corpi e con una musica del tutto lontana a quella con cui sono cresciuto io. Ambientato nel Cile contemporaneo, parla di una generazione a cui non appartengo e che è stata tutta da scoprire".

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3. Continua

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I NUMERI PRECEDENTI

Venezia 2019: Giorno 1

Venezia 2019: Giorno 2

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RECENSIONI

The Perfect Candidate di Haifa Al-Mansour (Concorso): Recensione di Alan SmitheeRecensione di EightAndHalf

 

Ad Astra di James Gray (Concorso): Recensione di Yume Recensione di Alan Smithee

 

Storia di un matrimonio di Noah Baumbach (Concorso): Recensione di Supadany Recensione di Maghella / Recensione di EightAndHalf / Recensione di Alan Smithee

 

Madre di Rodrigo Sorogoyen (Orizzonti): Recensione di Spaggy

 

Sole di Carlo Sironi (Orizzonti): Recensione di Alan Smithee

 

Verdict di Raymund Ribay Gutierrez (Orizzonti): Recensione di Maghella / Recensione di Supadany / Recensione di Alan Smithee

 

5 è il numero perfetto di IgorT (Giornate degli Autori): Recensione di Maghella

 

The Prince di Sebastian Muñoz (Settimana della Critica): Recensione di Spaggy

 

Passatempo di Gianni Amelio (Settimana della Critica): Recensione di Alan Smithee

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