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Bambini nel tempo
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“Sono un bambino di 10 anni. È il 1200. Vivo in un villaggio qualsiasi dell’Europa. E la cosa più bella che ho visto è una ragazza ritratta in un quadro. Il quadro per la precisione è nella nostra chiesa e la ragazza si chiama Maria.”
Sono state scritte infinite pagine dai critici d’arte sulla funzione sociale dell’arte e sul rapporto tra immagini e potere. Su come le immagini - che per secoli e millenni erano solo dipinti o statue - siano state utilizzate dal potere e dai potenti, più o meno consapevolmente, per molti scopi: educare, illustrare, soggiogare, sedurre. La Chiesa cattolica per prima, che ha infranto la regola dell’aniconismo presente nell’Antico Testamento - non raffigurare la divinità, non creare idoli - ne ha abusato, alternando pentimenti e infrazioni, ignorando divieti, aggirandoli e costruendo infine un apparato visivo tanto fastoso quanto pervasivo e capillare.
Qui però parliamo di un’altra cosa: parliamo della pura esperienza percettiva, visiva. Realmente fino a non molto tempo fa le uniche immagini disponibili erano i quadri. Poi è venuta l’incisione e i libri hanno cominciato ad essere anche illustrati. Ma se eri un bambino “normalmente” povero, il figlio di una famiglia contadina di un qualsiasi villaggio europeo, è possibile che sino all’Ottocento inoltrato l’unico rapporto con l’immagine fosse davvero quello con le immagini sacre nelle chiese.
La fotografia prima, il cinema poi, hanno stravolto tutto questo, modificando radicalmente il nostro rapporto con le immagini e sarebbe bello riuscire a quantificare come tutto questo abbia altrettanto radicalmente modificato le nostre vite. Basti pensare al rapporto con il desiderio: ho ancora viva la sensazione - travolgente, annichilente - di quando bambino andai al cinema con mia nonna e sullo schermo apparve la pubblicità credo di una grappa con un’attrice bionda (forse Silvia Koscina?), che ricordo pochissimo vestita, fellinianamente gigantesca. Ricordo di essere avvampato, letteralmente. Non so se il nostro bambino del villaggio del medioevo avvampava davanti alla Madonna (non lo escludo) ma di certo la sua formazione e la formazione dei meccanismi desideranti erano radicalmente diverse da quelle di un bambino di oggi che è letteralmente bombardato da stimoli di ultramondi che sembrano costantemente a portata di mano, pur senza esserlo davvero (e scusate se parlo di esperienze maschili ed eterosessuali, sono quelle che ho: penso che la cosa sia sostanzialmente analoga al femminile e per altri orientamenti sessuali). Oggi il tema è semmai cercare di impedire che arrivi troppo e si studiano delle barriere per evitare che tutto, porno compreso, sia subito disponibile ai bambini.
Un bambino “normalmente” povero di settant’anni fa aveva la carta stampata e possibilmente il cinema. Poi il cinema si è trasferito a casa, è arrivata la televisione. E il nostro bambino normalmente povero, ma infinitamente più ricco del suo antenato del 1200, vedeva già - se non tutto - tanto. Come nella morra cinese, fotografia vince su quadro (non fosse altro che per la sua riproducibilità), immagine in movimento vince su fotografia e immagine in movimento a casa gratis vince su tutto. Tornando alla questione del rapporto tra potere e immagine qui, lo sapete, c’è da dire tantissimo anche perché i bambini crescono e poi diventano consumatori ed elettori…
Oggi però i tempi sono liquidi: non sappiamo cosa vincerà. Parliamo tanto di streaming e di video on demand - che poi è “immagine-in-movimento-gratis-ovunque-quando-lo-dico-io” - ma in fondo rispetto al cinema quello che cambia è solo il dove e il quando: non è un salto quantico. Se guardiamo al futuro già disponibile certo c’è la VR (Virtual Reality), ma le cose vanno piano. Forse saremo superati da qualcosa di inaspettato.
Una cosa la sappiamo già però.
“Sono un bambino di 10 anni. È il 2019. Vivo in un villaggio qualsiasi di una parte qualsiasi del mondo (non tutte-tutte, eh: quelle dove essere poveri è ancora essere poveri, no). Di cose belle da vedere ne ho così tante che non le considero manco più. Non perdo tempo a guardare le immagini: io sono le immagini. Gioco a Fortnite”.

Se trovate questo testo criptico e approssimativo nel suo procedere, viziato da errori di sostanza e strampalato nelle sue conclusioni e se, soprattutto, non sapete cosa sia Fortnite potete usare lo spazio commenti posto sotto a questo testo, vi anticipo però che Fortnite è un videogame-che-è-molto-più-di-un-videogame, giocato da 250 milioni di persone, perlopiù tweens (ragazzini dagli 8 ai 12 anni) e che il CEO di Netflix ha dichiarato di recente che è quello il loro vero concorrente. Non HBO o gli altri servizi di streaming.

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