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Cent'anni di solitudine diventa una serie tv
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Cent’anni di solitudine diventa una serie tv!

Qualche ora fa Netflix ha confermato di aver acquisito i diritti di Cent’anni di Solitudine, opera magnifica di Gabriel Garcia Marquez, dalla quale verrà fuori una serie tv.

Avendo letto l’opera dello scrittore spagnolo, ho tante riserve su questa notizia, anche perché stiamo parlando di un libro veramente particolare e unico: lo stesso Marquez impedì che i diritti venissero venduti per farne un film. I motivi erano i limiti di tempo di un film (differenza fondamentale con una serie tv), e perché produrlo in una lingua diversa da quella spagnola non gli avrebbe reso giustizia. 

Così, ecco che Netflix ha l'illuminazione, sufficientemente folle: tentare di scalare (letteralmente) una montagna della letteratura e raggiungere una vetta che è parsa a molti inarrivabile. Ci sono i presupposti per fare bene, ma anche presupposti per fare male, malissimo.

 

Ritornando a ciò che ho detto prima, uno dei punti a favore delle serie tv è di non avere alcun limite di tempo. La storia può benissimo essere spalmata in più episodi e stagioni, per far comprendere al meglio le dinamiche che avvengono all’interno della famiglia Buendia.

Un altro punto a favore è lo spettatore abituato, molto più rispetto a prima (almeno qui in Italia), a guardare film e serie in lingua originale, punto su cui lo stesso Marquez si era soffermato più volte.

Il grande successo de “La casa di Carta” e il film premio Oscar “Roma”, sono solo alcuni dei prodotti in lingua spagnola che si possono trovare su Netflix, e che il pubblico ha avuto la possibilità di vedere in lingua originale.

 

Úrsula Corberó

La casa di carta (2017): Úrsula Corberó

Yalitza Aparicio

Roma (2018): Yalitza Aparicio

 

Ma andiamo alle note dolenti, se cosi si possono definire. 

C’è la difficoltà principale, quella di non riuscire a cogliere la profondità e la bellezza del libro. Cent’anni di solitudine è un libro che appartente alla cosidetta categoria del “Realismo magico”, e chi ha avuto il piacere di leggerlo, conosce benissimo il significato di quelle due parole. Un libro in cui il magico e il reale si incontrano perfettamente: la storia di Macondo, dalle prime case fino alla fine del libro, sembra essere quella del mondo in cui viviamo e in cui regna, oggi più che mai, la solitudine. In poche parole, lo definirei perfetto e splendente come il ghiaccio che il piccolo Aureliano Buendia vede per la prima volta da bambino. Un’opera simile, che mi viene in mente, e che ha avuto una visione cinematografica pessima (e sono clemente) è il maestro e Margherita di Michail Bulgakov, con le dovute differenze ovviamente rispetto a Cent'anni di Solitudine (stiamo pur sempre parlando di un romanzo russo risalente agli anni 30/40 del secolo scorso: già questo dovrebbe essere sufficiente a evidenziare le differenze tra i due capolavori).

Altra nota dolente è il filtraggio che spesso viene fatto da un film uscito molti anni prima: le serie tv, successivamente, possono sviluppare maggiormente la trama e permettere una diegesi molto più ampia rispetto al film. Un esempio a riguardo è il Signore degli anelli. A breve dovrebbe uscire una serie tv alla quale, almeno si dice, dovrebbe partecipare anche Peter Jackson, autore della trilogia dei film. Avendo letto il libro, credo che il tempo necessario per raccontare meglio i dettagli della storia di  Tolkien, sia molto di più della durata complessiva dei tre film (circa 10 ore totali); quindi, una serie tv che faccia luce su alcuni dettagli che il film non ha chiarito e che aggiunga personaggi tagliati, è l’ideale per gli amanti dell’opera di Tolkien. Tuttavia, i tre film hanno raggiunto un risultato straordinario sotto ogni aspetto possibile, e dunque possono fornire la base essenziale sulla quale può crearsi la serie prossimamente in uscita. Per Cent’anni di solitudine non avremo riscontri effettivi, e, soprattutto, sarà un’opera che partirà totalmente da zero, senza, dettaglio che può risultare decisivo, che l’autore possa aiutare nella stesura della sceneggiatura, essendo Marquez morto nel 2014.

Dico questo perché a mio modo di vedere, una sceneggiatura di un film tratta da un libro richiede un lavoro complessivamente molto più complicato rispetto alla sceneggiatura di una serie, dove, grazie al tempo dilatato, tutto può essere gettato alla rinfusa; mentre un film, per esempio di due ore, richiede un taglio più intelligente, forse drastico ma necessario, che metta in risalto le parti focali e riesca, in quel breve lasso di tempo, a raccontare l'intera vicenda che si svolge in 300-400 pagine. 

Altro tasto dolente è la struttura del libro: flashback e flashforward sono presenti sin dalla prima pagina del libro. La linea temporale del libro non è retta, cosa che può complicare di molto il lavoro degli sceneggiatori e determinare il risultato finale. 

 

Personalmente avrei preferito che fosse il cinema a provare la scalata alla vetta, ma forse è meglio così: credo (e spero) che la serie tv, nonostante tutto ciò che ho detto, possa essere più incisiva e fedele possibile. Però mi chiedo (e qui si potrebbe aprire un tema che magari proverò a sviluppare in un altro post): se il cinema fa fatica a trovare storie (lo dimostrano i continui remake e sequel degli ultimi anni), perché non provare a battere altri campi, anche se questi si chiamano "Cent'anni di solitudine"? 

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