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OLTRECONFINE#44: "HO VISTO COSE..."
di alan smithee
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ANTEPRIME DALLA FRANCIA:

Appunti veloci e primo impatto sul cinema che ci precede, su quello che ci sfiora, o addirittura ci evita; film che attendiamo da tempo, quelli che speriamo di riuscire a vedere presto, ma pure quelli che, temiamo, non riusciremo mai a goderci, almeno in sala. 

 

"....ho visto cose che voi cinefili italiani potete - per il momento - solo immaginare: navi da spedizione spaziale popolate da ergastolani incontenibili, inghiottite da buchi neri attrattivamente irresistibili, folli assassini inevitabilmente impuniti alla ricerca di meritata celebrità, streghe rancorose e vendicative agire all'ombra di un muro destinato a sgretolarsi....e molto altro ancora. Ma tutti questi momenti potranno forse, con un po' di lungimiranza, essere recuperati. E' tempo di cinema... di quel cinema che che lascia il segno".

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Tempi interessanti per il cinema delle sale, almeno per quel che accade in terra di Francia, da sempre piuttosto generosa con le uscite cinematografiche, anche e soprattutto nei confronti di quel cinema d'autore che spesso, per ragioni di puro margine economico, vengono dimenticati dalle distribuzioni negli altri paesi limitrofi, Italia in testa. Il fatto che un film del Bhutan come è Honeygiver among the dog (in Francia distribuito più appropriatamente col titolo di Dakini) possa trovare una sua dignitosa distribuzione in sala, sia pure in un circuito d'essai, sia pure a giorni prestabiliti (ma è in programmazione alla piccola multisala Mercury di Nizza per la terza settimana consecutiva, ove registra quasi sempre il pieno degli spettatori), è qualcosa che nel nostro paese rappresenta un miraggio, un fogno, mentre in terra d'oltreconfine, diventa una bella e non poi così rara opportunità di conoscere, apprezzare, spunti o tracce di vita provenienti da terre lontane e difficilmente teatro di percorsi e incursioni cinematografiche.

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Una "quindicina di film" sono oggetto di questo post: pellicole spesso molto valide (High Life della Denis, che - chi avrà opportunità - potrà vedere al TFF 2018 dal 23/11 all'1/12/2018), se non stupende, o comunque opere di grandi autori, film premiati o semplicemente molto apprezzati ai più prestigiosi festival di quest'ultimo anno. Film che fanno parlare di sé, nel bene come nel male (penso in quest'ultimo caso al controverso film romeno dal titolo Touch me not,  vincitore - con sconcerto per molti - e comunque decisamente a sorpresa, niente meno che dell'Orso d'Oro all'ultima Berlinale.

Per fortuna almeno qualcuno dei film che troverete qui di seguito, sarà oggetto di distribuzione prossimamente anche da noi. Non tutti, ma certo almeno i più noti. Approfittatene, se volete, cogliendo l'attimo. Eccoli, i film in questione.

Buona lettura e, se vorrete approfondire, basterà come sempre cliccare sul titolo per accedere alla recensione.

HIGH LIFE di Claire Denis

Un viaggio verso l'ignoto concesso come alternativa alla pena capitale ad un manipolo di assassini seriali come alternativa alla forca. Un film meraviglioso, dai tratti da un lato improvvisamente agghiaccianti ed efferati, spietati ed inesorabili senza dare allo spettatore preavviso alcuno, né avvisaglie di sorta, come a lasciarlo in preda ad una ciurma di assassini instabili e completamente fuori controllo; ma non estraneo, a ben vedere, a farsi portatore di un messaggio di speranza, quella che nel finale la pellicola non può fare a meno di proporci come eventualità plausibile. VOTO ****1/2 - Uscita non nota, ma presente al TFF 2018

THE HOUSE THAT JACK BUILT di Lars von Trier

Nell'America già distratta e insensibile dei primi anni '70, Jack diviene serial killer non proprio per vocazione deliberata, quanto a causa piuttosto dell'insistenza sfacciata di quella bella donna (Uma Thurman) che diverrà la sua prima vittima.

L'analisi che von Trier fa del suo uomo è lucida, perfetta, impeccabile: la spiegazione delle altalenanti pulsioni che guidano l'uomo tra un omicidio e il successivo, analizzata usufruendo di una animazione che riflette sullo stato cangiante dell'ombra di un uomo posizionato a metà strada tra due lampioni, diviene esemplare, perfetta, indiscutibile. Oltre che cinematograficamente molto suggestiva, come perfetto risulta lo stile quasi serafico e dettagliato di una narrazione impeccabile, gestiTa per capitoli. VOTO **** - USCITA RIMANDATA IN PIU' OCCASIONI.

SUSPIRIA di Luca Guadagnino

Le madri sono tornate. Più malefiche che mai, in una riflessione mirabilmente coreografata sul male che precede addirittura la storia dell'umanità e si riflette sulle brutture e le ingiustizie che la realtà piazza di fronte a chi si trova costretto a condividere una barriera: in questo caso, il Muro di Berlino. Visto a VENEZIA 2018, nelle sale francesi dal 14/11/18 - VOTO **** - uscita prevista 1/1/2019

HONEYGOVER AMONG THE DOGS, di Dechen Roder 

La vicenda si snoda attorno alla misteriosa sparizione di una badessa buddista presso un isolato convento di monache. Al giovane, scrupoloso detective Kinley, il compito di portare avanti l'inchiesta, che indirizza velocemente le sue attenzioni su una indiziata in particolare: la suora conosciuta col nome di Choden, donna bellissima e misteriosa che le voci del popolo indicano come strega per la sua capacità di influenzare eventi e situazioni con cui ella viene a contatto.

Esotico, insolito e lontano più di altre regioni magari geograficamente a noi europei ancora più lontane, il Bhutan ci stupisce nella vita di tutti i giorni per i costumi affascinanti che coprono uomini e donne con uno stile sobrio ma accurato, per l'ordine che regola le piccole città prese in considerazione; ma emerge anche un paese che, nonostante la distanza dall'influsso e dalla tentazione capitalistica occidentale, fa comunemente uso come noi di cellulari all'ultimo grido, di automobili moderne, e non appare immune dal fascino della corruzione e della brama di potere, che finisce anche qui per rivelarsi l'unico snodo per giungere alla scoperta della verità.

Quasi, e con le dovute cautele, un nuovo Chinatown polanskiano, trasposto tra le verdi vallate di un territorio misconosciuto ed assai affascinante, che rende unico, sin prezioso, questo film comunque intrigante ed efficacemente costruito. VOTO ***1/2 - USCITA NON PREVISTA

CLIMAX, di Gaspar Noe

"Mourir est une experience extraordinaire"....

Disordine, clima(x) di urgenza e pericolo imminente, stordimento da stupefacenti, atmosfere arrossate, malate, asfissianti, sono le costanti del cinema "tossico" ricorrente, ma qualitativamente notevole, di Gaspar Noe, che anche qui sceglie di raccontare, in apparente ordine sparso, una storia di auto-distruzione, che poi, a ricordarla a posteriori, la si ritrova nella mente come percepita in modo lineare e coerente con il suo drammatico e folle percorso cronologico naturale, sviato scientemente dalla spericolata regia ardita.
Non che manchi il calcolo, la maniera, il ricorso ad una scelta stilistica forte che dà carattere e stile ad una vicenda altrimenti come tante.
È lo stile di regia che, come già occorso in passato, rende un film ove molto è già stato detto, al livelli di un'opera tecnicamente notevole, spregiudicata, per nulla protesa a farsi piacere o catturare da un pubblico che, se accorre, è soprattutto per rendere omaggio all'autore di culto, e per pregiarsi dei movimenti di macchina arditi di un cineasta inquieto, ma anche inquietante. VOTO ***1/2 - USCITA NON DEFINITA

FORTUNA, di Germinal Rouax

Una giovane etiope di 14 anni chiamata Fortuna, trova rifugio presso un monastero cattolico svizzero nei pressi del passo del Sempione, dopo essere approdata in Europa tramite un travagliato viaggio in un barcone ove ha perso le notizie di entrambi i genitori, dati per dispersi. 

Entro le mura dell'antico convento, sommerse dalla neve di un inverno rigido e particolarmente soggetto a precipitazioni, la ragazzina, fervente cattolica, prega per la sorte dei genitori e custodisce nella segretezza della propria intimità un avvenimento legato ad una conoscenza che l'ha vista frequentare un altro giovane immigrato africano, Kabir.

Un film che rinuncia a teorizzare e ad esprimere giudizi, per concentrarsi sull'intimità caratteriale di una protagonista fantastica, che sa esprimersi nei gesti e nella risolutezza del proprio incedere.

VOTO ***1/2 - USCITA NON DEFINITA

THUNDER ROAD, di Jim Cummings

Il poliziotto Jim Arnaud ci viene presentato in uno dei suoi giorni più duri e drammatici: quello del funerale dell'amata madre, che lo vede coinvolto come unico presente dei tre figli della defunta, impegnato come può, vincendo la ritrosia e la timidezza che lo contraddistingue, a cercare di manifestare in pubblico un ricordo degno di un figlio nei confronti di un genitore a cui egli ha voluto bene, senza magari essere riuscito a dimostrarlo pienamente. Un personaggio esemplare a cui l'ottimo Jim Cummings dà vita in qualità di autore dello script, di regista e di protagonista (una strepitosa performance capace di passare dal riso al pianto senza tralasciare ogni opportuna sfumatura, quando si esibisce comicamente, ma anche con tutta la tragicità del caso, a mimare, anzi ahimè cantare, il pezzo di Bruce Springsteen amato dalla compianta madre). VOTO ***1/2 - USCITA NON DEFINITA

GALVESTON di Melanie Laurent

In pieni anni 80', Roy (Ben Foster) fa il killer al soldo di un arrogante boss locale (Beau Bridges) nella periferia di New Orleans. Incallito fumatore, accusa dolori ai polmoni e, da un esame, risulta gravemente compromesso nella salute, non fosse che, spazientito, decide di lasciare l'ambulatorio senza ascoltare i consigli e le parole del dottore, convinto di essere vicino alla fine.

Scopre nel frattempo che il suo capo vuole levarselo dai piedi, ed in questo campo una simile mossa non significa esattamente ritirarsi con la buona uscita, ma piuttosto attendersi una pallottola in fronte in un agguato imminente.

L'atmosfera tesa funziona, così come l'ambientazione che vede un motel di Galveston al centro degli spostamenti dei tre fuggiaschi, e teatro che accoglie anime erranti ed inquiete, sempre sul punto di scoppiare in azioni tremende al di fuori di ogni ordinaria plausibile aspettativa.

La direzione della Laurent appare formalmente impeccabile, senza particolari slanci, protesa a sfruttare soprattutto la positiva alchimia che si crea tra la strana coppia formata da Ben Foster e Elle Fanning, grandissimi, iconici, più potenti del tornado che si sta abbattendo fragorosamente sulla città che dà il titolo alla pellicola, e sufficienti a traghettare il piccolo noir su una sponda protesa a salvarlo dalle insidie e dalle incertezze. VOTO *** - USCITA NON DEFINITA

THE SPY GONE NORTH, di Yoon bin-Yun

Ad inizi anni '90, un dinamico ex ufficiale di Marina sud coreano, viene riciclato dall'Intelligence del paese, e riconvertito a spia, impegnato a osservare e cercare indizi concreti inerenti il programma di armamento nucleare della vicina ed acerrima nemica Corea del Nord.
Assunto il nome in codice di Black Venus, l'uomo tenterà di infiltrarsi sempre più addentro, a partire dalla base pechinese, sino ad inoltrarsi nel cuore di Pyongyang, trattare col dittatore supremo, rischiando tuttavia di venir risucchiato dal vortice che il suo stesso paese ha organizzato per sventare i piani di conquista del suo pericoloso vicino comunista.
l film svela poco per volta tutte le sue carte, i loschi inganni e le trame che ne fanno una sorta di nuovo Joint Security Area (dal noto film di Park Chan-Wook del 2000), tecnicamente impeccabile, ma, ammettiamolo, non proprio un film irrinunciabile destinato a restare indelebile nella memoria di uno che vede molti film. VOTO *** - USCITA NON DEFINITA

FRIEND, di Wanuri Kahiu

Rafiki in lingua swahili significa "amico". Ma qui nel film della regista keniota Wanuri Kahiu, l'amicizia lascia presto il posto all'attrazione fisica, e ad un reciproco senso di appartenenza che rende due ragazze di ceti sociali molto distanti - accomunate dalla circostanza che entrambi i padri si stanno sfidando nelle elezioni politiche locali imminenti nella Nairobi di oggi - due ostaggi e vittime del comportamento intransigente e ostile di una comunità ancora troppo restia a lasciar seguire le sacrosante ragioni del cuore a scapito di una regola sin troppo formale e inflessibile.

L'attrazione che nasce tra Kena e Ziki è travolgente quanto destabilizzante, almeno quanto risulta coraggioso e inusuale per un cinema giovane e spesso improvvisato come quello africano, il ricorso a tematiche tabù come quelle dell'omosessualità.

Coraggio e buona volontà contraddistinguono una pellicola che ha un valore già solo nella circostanza di essere stata concepita e portata avanti. Purtroppo quasi tutti i personaggi sono caratterizzati da un certo schematismo che ne delimita sin troppo le caratteristiche, rendendoli spesso schiavi del proprio macchiettismo di fondo. Così come una certa insistita combinazione di colori arcobaleno che vanno ben oltre ogni tradizione creola. VOTO **1/2 - USCITA NON PREVISTA

BLINDSPOTTING, diCarlos Lòpez Estrada

A causa di una rissa fuori da un locale pubblico, in cui un ragazzo quasi perse la vita arso vivo, il giovane di colore Collins ha scontato un periodo di detenzione, ed ora si appresta a rientrare in società, dopo aver scontato un periodo riabilitativo di prova come addetto in una impresa di traslochi con un orario di coprifuoco ben prestabilito. La sera in cui sgarra da tale vincolo a causa di un evento traumatico in cui, alla guida del suo furgone, assiste all'uccisione a sangue freddo da parte di un poliziotto di un nero innocente in fuga, la sua vita viene assalita da una sorta di pessimismo tragico e senza soluzione, e vive come una passione le ultime drammatiche ore dalle quali dipende il suo futuro prossimo.

Un film che, diretto dal music maker di origine messicana Carlos Lòpez Estrada, risulta valido e convincente più per le singole situazioni, che per il risultato complessivo, non in grado di rendere la pellicola certamente memorabile. VOTO **1/2 - USCITA NON PREVISTA

L'OSPITE, di lenny Abrahamson

Alla fine del Secondo Conflitto Mondiale, un giovane medico di famiglia di nome Faraday, viene convocato a curare una giovane cameriera sofferente, presso una nobile abitazione inglese poco lontano dalla città, conosciuta come Hundreds Hall, da generazioni appartenente alla famiglia nobile degli Ayres.

Per una combinazione del destino, la madre del bambino era stata da giovane una cameriera nella villa, circa un ventennio orsono, quando la famiglia versava in condizioni economiche decisamente migliori e poteva permettersi decine di anime addette alla cura della grande magione.

Sin da bambino il ragazzino ora medico, fu sempre affascinato dalla casa, tanto da arrivare, durante una visita effettuata con la madre, a staccare un pezzo di cornice di quadro e ad occultarlo con sé per ricordo. Ma cosa lega in modo così profondo il medico ai misteri di quella casa? Quali calcoli passano nella sua mente difficilmente decifrabile, e quali sono i segreti che si annidano all'interno di quei muri sgretolati sempre più vicini al crollo?

Il film infatti tende a perdersi sin troppo nelle viscere di una storia lunga oltre un ventennio, lasciando un po' a bocca asciutta lo spettatore, in qualche modo se non avvinto, almeno incuriosito dall'intreccio, e desideroso di ricevere spiegazioni che non si pretende risultino plausibili, ma almeno un po' meno evasive. VOTO ** - USCITA DA DEFINIRE

TOUCH ME NOT, di Adina Pintilie

Laura è una cinquantenne che non sopportava il contatto fisico, e per questo misura, testa, esercita la sua libido pagando escort maschili che si esibiscamo davanti a lei senza tuttavia procedere ad alcun contatto. Per cercare di curare questa sua destabilizzante fragilità emotiva e comportamentale, che finisce per opprimerla e relegarla alla inevitabile solitudine, decide di frequentare una clinica ove si tengono corsi sulla presa di coscienza ed accettazione del proprio corpo e di quello altrui.

In quel posto ovattato e fuori dal mondo, si guadagna da vivere un ballerino calvo di nome Tudor che, pur attraente e di buon carattere, vive male questo suo essere completamente glabro, circostanza che non gli permette di fare breccia sulla ragazza che ama da tempo. Inoltre un paziente di nome Christian, gravemente afflitto da atrofia muscolare, che partecipa alle sedute assieme ad altri disabili, viene ripreso a riflettere sulla propria seria condizione, ma anche nel suo desiderio di rivalutare ciò che di funzionale e addirittura attraente una natura con lui beffarda ha saputo dargli: elementi e caratteristiche finalmente stardardizzabili ed omologabili a chi vive in un fisico normale e non in una prigione corporea come la sua. 

Il racconto dei tre si interseca sotto forma di fiction, mentre la regista in persona appare a riprendere se stessa in procinto di girare il documentario dei tre soggetti che in qualche modo si rapportano ognuno con le proprie difficoltà ad accettare se stessi e chi ha l'occasione di incrociali, toccarli, percepirli.
Opera prima della regista romena Adina Pintille, omonima del recentemente scomparso Lucian, "Touch me not", da una parte e sulla carta, appare un interessante ed inedito compromesso tra fiction e documento.
Dal lato pratico, invece, frana pesantemente verso il baratro di una vera e propria pornografia smodata senza remore: e non tanto nel senso dei centimetri di carne messa a nudo o scoperta senza problema alcuno: la pornografia qui è d'intenti, tutta studiata nei riflessi che la ripresa compiaciuta ed offensiva si proietta sui casi umani presi in considerazione, con particolar riguardo al malato di SMA sbavante e dal timbro vocale deformato e liquido, sfruttato da uno sguardo compiaciuto di una macchina impudica che spoglia a fini morbosi sondando nei particolari più intimi, atteggiamenti che non andrebbero ostentati e sfruttati in modo così bieco e strumentale.

VOTO *1/2 - USCITA 14/02/2019

BOHEMIAN RHAPSODY di Bryan Singer

Sarebbe stato bello, raccontarci la vita e le dinamiche del successo di una band come i Queen, forti di un leader carismatico, bello ed amato come Freddy Mercury.
Sarebbe stato anche bello essersi sbrigati nell'organizzare lo script, ed aver ingaggiato in tempo utile il suo alter ego per eccellenza, ovvero Sasha Baron Cohen, il cui coinvolgimento è stato in predicato per decenni, salvo non riuscir mai a partire col progetto definitivo che lo prendesse in considerazione.
Nelle mani del talvolta bravo, certamente professionale Bryan Singer, il biopic sui Queen si dimostra alla resa dei conti niente di meno che una chiavica totale, senza nessun spessore narrativo, scontato e patetico in ogni scelta ultraconvenzionale intrapresa in sede di scrittura. VOTO *1/2 - USCITA 29/11/2018

 

 

 

 

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