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I was in La La Land, the City of Stars on the floor
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Evitate la 10 e la 110 se potete. Oddio, vi farebbe comoda anche la 101 ma pure quella è un casino. Insomma, tenetevi lontano dalle freeways, se sbagliate orario potreste bivaccare nel nulla per ore. LA è nella top three delle città più trafficate al mondo: auto ovunque, qui bisogna far lavorare Ford e General Motors, che credete? Gli incroci: chi prima arriva, prima ha la precedenza. Se la destra è libera bisogna andare, anche con il rosso. I semafori! State attenti ai semafori: le rotonde non esistono, a immettersi sulla sinistra si rischia la vita! E soprattutto: lo stop è stop: ruote ferme. E le gomme fanno girate giuste nei parcheggio vi danno la multa. Io vi avverto, qui non si scherza!

N. parla veloce, guardando la strada senza illuminazione pubblica che si stende dritta fuori dall'aeroporto: per fortuna che c'è lui che guida. Siamo stravolti, volo lunghissimo fusorario ed ora la città di notte con questo gigante a noleggio. La prima immagine di LA è quella dei grattacieli di Downtown: li vedo solo io, gli altri dormono. Prendiamo l'uscita segnalata dal GPS direzione San Bernardino ed arriviamo a destino. Tutto liscio e scorrevole: chissà mai il perchè di quelle raccomandazioni pesanti sul traffico e il codice della strada: non sembra difficile, in fondo.

Alle 5 siamo svegli ed attivi. Ne approfittiamo per uscire presto: passeggiata e poi un bel caffè espresso. C'è un bar che N. conosce, garantisce sulla qualità, siamo speranzosi. Ci guardiamo attorno increduli: California, here we come! Incredibile, dopo mesi di preparativi! Con il naso all'insù attraversiamo il Financial District soffermandoci soprattutto davanti al brillante Disney Concert Hall. E' mercoledì mattina, ore 9. Poche auto rade: Ma è sempre così? Cavoli, una città così grande e questa tranquillità in centro? Mi risponde: In realtà Downtown non è il centro: è solo uno dei tanti centri di LA. E poi sono le 9: stanno tutti in ufficio. Chi vuoi che stia in giro? Vedrai, vedrai, che di traffico ne beccherai fin troppo qui! Allora, facciamo colazione? Nasce una diatriba sul genere di breakfast e alla fine si opta per compromesso storico: all'inglese con un tour del Central Market; all'italiana caffè e brioche poi: salato e dolce a scelta libera. Ci infiliamo tra i grattacieli e prendiamo delle scale che scendono. Ma cos'è, una funicolare? Mi pare quella di Bergamo, solo un po' più bruttina. E poi spiegami: un funicolare per cento gradini? Ecco che comincio con le polemiche! E' la Angels Flight: la corsa più breve del mondo. Pensa, solo 90 metri. Però è un vero pezzo di storia losangelina. Costruita nel 1901 e guarda! le carrozze partono insieme in opposte direzioni, non ti sembra che si scontrino? Invece al centro il binario si sdoppia. Comunque, si sono scontrate parecchio lo stesso, che ci sono stati incidenti anche mortali e l'hanno tenuta chiusa per un po'. Scatto una foto da in basso, un po' perplessa.

E comunque, te lo ricordi "La La Land"? Qui Mia e Seb si danno un bacio romantico. Dai, Paola, una come te il bacio romantico deve ricordarselo per forza.

Sul serio una come me il bacio romantico deve ricordarselo per forza? Non lo so: il fatto è che vidi "La La Land" per miracolo in una sala parrocchiale (lo giuro!) con altre sei sette persone annoiate, un freddo boia e una sedia scomoda, a marzo del 2017 penso. Veramente nulla di romantico! Sulla regia di Chazelle, niente da dire: sono una sostenitrice del suo talento da sempre. Ma per il resto? Boh? Non mi convinsero gli attori, ammetto, non tra i miei preferiti. E la musica: proprio in un musical, peccato mortale. Strano, mi dissi già allora, eppure l'orchestrazione mi parve ottima e tutta nelle mie corde, con quell'uso insistito dei fiati, non ultimi flauti ed ottavini a me cari per per "deformazione professionale", che professionale non è, se mai solo del tutto amatoriale e ora così lontana nel tempo. Perchè dunque non scoccò la scintilla fra me e questo film? Difficile dirlo. Qualche mese più tardi, forse sul finire del 2017, una pubblicità di telefonia mi riportò, con solo cinque, sei note, dentro "Another Day of Sun" e capii immediatamente che "La La Land" era stato riposto in un cassetto nella mia memoria, bello impacchettato e senza neanche un filo di polvere: commentai su alcune recensioni che a volte ci sono lavori che necessitano di tempo per "sedimentare" o se vi piace di più di maturare, in botti di rovere o in cantine profumate di muffa. Questo il caso dell'opera di Chazelle: forse fruibile nell'immediato solo dai cinefili più accaniti o dagli amanti del genere. Ed io non sono né una né l'altra.

Continuo a camminare e questa idea di "La La Land" non me la tolgo: a dirla tutta non è proprio un'idea, quanto piuttosto una sensazione: che io stia andando a scoprire qualcosa. Los Angeles mi appare ora, tra Main Street e Broadway, in tutta la sua bruttezza: il cielo è bianco di inquinamento, gli edifici bassi e scrostati. Ci infiliamo al Central Market: uno squallido open space al coperto di qualche bancarella alimentare e molti stand di cibi etnici: cinesi e messicani soprattutto. L. insiste per un burrito: alle 10 la mattina? E' impazzito. Non c'è storia: tra calderoni di ossa di maiale fritte nello strutto, spaghetti di soia, improbabili pizze italo-tailandesi, muffins burrosi, fagioli secchi e fette di angurie in bella mostra ci sediamo a consumare ai tavolini di ferro di fronte alla Sarita's Pupuseria

Un dejà-vue: il primo appuntamento di Mia e Seb.

Un po' puzzolente: ma questo sullo schermo non si vede. Non è che io sia venuta qui a cercare "La La Land" ma è evidente che lui abbia trovato me. Quando usciamo ricordatemi di fermarci al Bradbury: è qui di fronte, ci hanno girato "Blade Runner" dice N. Ogni centimetro di questo agglomerato informe pare un pezzo di celluloide, cavoli! Dopo la sosta alla caffetteria ci incamminiamo verso il Pueblo. Sono le 11 ed il caldo comincia a farsi sentire: attraversiamo la 101 su un cavalcavia pedonale. N. ride: Chi diceva che era tutto tranquillo? Guarda giù Paola. Sotto di noi quattro, cinque corsie per senso di marcia di macchine ferme sotto il sole cocente. Questa freeway, vicino al nostro residence, si interseca con la 110. Ve l'ho già detto vero di evitarla come la peste bubbonica? E' la direttrice sud che taglia la città, un vero incubo d'asfalto. Se becchi un ingorgo lì, non so quando ne esci. Altro che scendere a ballare! N. ride. Perchè, è quella dove hanno girato "Another Day of sun"?

N. annuisce. Guardo ancora giù. Ho già imparato ad odiare questa maledetta città nelle ore spese ferme in coda ovunque: per un caffè o sulla 405 verso Long Beach e nei molti boulevard a scorrimento veloce, che di scorrimento veloce non hanno proprio nulla. Come ha potuto Chazelle pensare di farci un numero come quello di apertura di "La La Land"? Intitolandolo "Un'altro giorno di sole", scrizzante di energia, di colore, di meraviglia per la vita, i suoni, le luci, un'inno alla positività, alla voglia di esserci, con un assolo puntatissimo di flauto dentro il furgone? Ma come si fa a vivere qui? sbotto: Io avrei già ammazzato qualcuno. N. ride ancora: Mica tanto originale. Adesso capisci perché qui la gente sclera. Quando andiamo verso Santa Monica ti faccio vedere un paio di locations di "Un giorno di ordinaria follia". Appoggiata al parapetto aspiro un cumulo di polveri sottili e medito: comincio seriamente a credere che questo ragazzo sia un genio. Leggerò poi su wikipedia che per un intero weekend del 2015, la Judge Harry Pregerson Interchange a South LA fu chiusa per le riprese: qualcuno deve averlo maledetto il ragazzo. Anche se è un genio.

Non si può dire di essere stati veramente turisti ad LA senza aver almeno sbirciato uno degli Studios: sono due quelli aperti al pubblico ed uno ha un biglietto di ingresso che è una follia. L'altro, decidiamo di prenotarlo per il mattino seguente.

Ci arriviamo presto: con il tagliandino in mano, il solito messicano ci carica su una macchinetta tipo quelle dei campi da golf ed incomincia a parlare a raffica citando tutte le serie tv del mondo con corollario di Ohhhh Wow Great Mmmm da parte dei miei compagni di tour. Tutti rigorosamente americani. Stop in varie locations esterne e giù citazioni: la casa dei Trask ne "La Valle dell'Eden (e Steinbeck ritornerà, perché ne visiteremo residenza a Salinas e Monterey), il vicolo del bacio a testa in giù di Spiderman, il mitico Stage 7 dove fu girato "Casablanca". Briciole in un oceano di Batman e Wonder Woman e Harry Potter e Pretty Little Liars e Shameless e Friends ancora! Chi di voi è fan di La La Land? Alzo la mano, che mi sento un po' Mia quando alla festa anni Ottanta le chiedono se qualcuno ha una richiesta musicale. Unica. Quella è la cafetteria del film.

Adesso è una certezza: "La La Land" mi chiama. Mi parla. Scatto una foto. Che poi è tutto qui, a Burbank

Gli Universal Studios e la Disney e lo Smoke House Restaurant dove Mia vede Seb suonare (ma il pianoforte non c'è).

Ci penso la sera addormentandomi: una delle poche osservazioni centrate fatte alla mia prima visione di "La La Land" riguardò proprio l'utilizzo degli esterni. Inusuale per LA, dove si sfornano film a raffica ma quasi tutti girati negli Studios: quando li visiti ti rendi conto di come sia economicamente vantaggioso ricreare piuttosto che prendere dal reale.

Ora che sono qui, mi sorprende lo sguardo che il regista ha avuto sulla città: probabilmente solo un ragazzo di Providence- Rhode Island poteva filmare con tanto affetto la Cittò degli Angeli, la City of Stars dove le stelle non stanno in cielo ma a Beverly Hills, e sul pavimento.

Il firmamento inondato di luci parassite e coperto da una strato solido di inquinamento. Ne ho una prova il giorno seguente: ci spostiamo da Chinatown verso Silver Lake e poi su Hollywood Boulevard 

Gli edifici bassi e malmessi, le strade sporche, una coda arrabbiata di mezzi scalcitanti di clacson. Ci ingeniamo alla ricerca di un parcheggio che salta fuori in una traversa di Sunset Boulevard con un senzatetto fatto di crack che ci tiene d'occhio il mezzo, seduto sulla sua poltrona in mezzo al marciapiede. Poi a piedi al Teatro Cinese

foto di rito con le impronte e chi ti trovo? Eheheh Ryan Goslin ed Emma Stone

Pochi metri più avanti l'orrido Dolby Theatre, parte dio un centro commerciale con elefanti indiani e sfingi: tra un Luke Skywalker cubano (con i baffi neri!) che chiede soldi per essere immortalato, finte Marylins, gadgets in vendita per pochi soldi e una gelateria italiana a prezzi esorbitanti, ci si mette mezzo pomeriggio per vedere.....nulla! Scappiamo dalla folla che sono già le cinque e mezza e ci rimmettiamo nella bolgia per raggiungere l'Osservatorio Griffiths. N. è categorico: Bisogna arrivarci entro il tramonto. Da lì si vede bene la scritta Hollywood e poi i colori sono spettacolari. Forza e coraggio, che ce la facciamo. Detto fatto, fermi in colonna per un'eternità. Arriviamo all'incrocio verso il parco dopo più di un'ora e la cartellonistica non ci lascia scampo: parcheggi pieni, disponibili alcuni posti in quelli ai piedi della collina, chiusura strada e rimozione forzata dopo il tramonto. Ci inerpichiamo per la scorciatoia sterrata: il sole è previsto calare alle 19:03, ci restano solo una ventina di minuti. Il terreno è compatto ma sabbioso: mi si infila nei sandali con la zeppa, scomodissimi, che indosso. Non era prevista questa scarpinata. Arriviamo sul prato antistante l'osservatorio con il fiatone. Sono distrutta, i capelli arruffati, sembro un po' una pazza

Su, c'è il delirio: tutti turisti, italiani soprattutto, tutti rivolti ad ovest, proprio verso la scritta Hollywood. Una palla infuocata si sta abbassando poco a poco

Verso est si intravedono i grattacieli di Downtown spuntare dalla cappa di smog. E poco a poco le mille luci della sera si accendono sulla città delle stelle, dove le stelle stanno per terra oppure le puoi vedere attraverso le potenti lenti dell'osservatorio.

Entriamo e il pendolo ci attende, monito silenzioso e cortese: "Someone in the crowd" is doing a pirouette. That's me. Mi appoggio al parapetto e guardo i dipinti in alto. La fila per entrare al planetario arriva fin lì: sarebbe stato bello godersi questo posto un po' in solitudine, ma sono cose che accadono solo nei film. Usciamo che sta facendo buio oltre le colline del parco: laggiù, c'è l'angolo dove Mia e Seb hanno danzato insieme la loro dolce schermaglia amorosa. Noi ci incamminiamo verso il parcheggio.

La mattina seguente è prevista una visita ai quartieri cittadini sul mare. Ci mettiamo in macchina presto, e svoltiamo su Santa Monica Boulevard. Proprio di strada, c'è l' Hollywood Forever Cemetery: fa molto macabro, lo so. Ed infatti, per rispetto, non posto nessuno scatto. Lì però riposano pezzi di storia collettiva: De Mille in un pomposo monumento marmoreo. Tyrone Power in un leggiadro sarcofago nell'erba. Mickey Rooney in lapide, e poi Tony Scott, il cagnolino Toto di "Il mago di Oz" e tanti altri. Non era programmata, la sosta: ma sta lì, come non farci un giro? Dico una preghiera veloce per ognuno: a nord ovest la scritta "Hollywood" pare un monito, o un guardiano, del silenzio di questo parco ampio e curato. Siamo ripartiti da un minuto o due e controllo il lato della strada: uno stabile poco curato è il locale dove Mia entra con il marito, e vede Seb.

Anzi no, dove Seb e Mia decidono di fermarsi durante la loro passeggiata serale.

E nel buio ricordi, sogni e realtà si rimescolano in un finale struggente che è un inno al cinema che fu, fra cartonati, balletti ed ombre cinesi: che fu e non può più essere, come una storia d'amore tanto bella quanto fragile, che si dissolve nelle difficoltà quotidiane e nelle scelte personali, lasciando tanta malinconia, quanta dolcezza per averla vissuta, It's another day of sun in LA: non c'è tempo per fermarsi. Le spiagge ci attendono, il molo e la Pacific Coast Highway giù fino a Venice. E questo non è un reportage vero e proprio: altrimenti dovrei aggiungere Alamitos Beach e la casa di Mia, il Blind Donkey sempre a Long Beach (gli interni del locale del finale) e ancora il Colorado Bridge di Pasadina ed il Rialto Theatre e altro. Non è un inseguimento alle locations, non un dizionario di citazioni. Solo la nostra vacanza, che ora prende un'altra direzione: Las Vegas e i deserti, i parchi, e poi su a nord a San Francisco. Ma questa è la magia del cinema, e della letteratura: basta un' ellissi e via. Un vortice e i fili della storia si riannodano e noi siamo ancora qui, nella City of Stars: è mattina presto e nuvole grigie si stagliano all'orizzonte. E' già settembre, sarà presto autunno e dobbiamo rientrare. All ends, even for "the fools who dream". Le luci sulla città sono spente e tira un vento dal mare che ti entra nelle ossa.

Sul molo di Manhattan Beach, ma potrebbe essere quello di Hermosa, una donna cammina infreddolita

Forse vorrebbe ballare, cantare, ed invece se ne sta lì zitta e pensierosa, stretta nel suo giubbetto per proteggersi da quel freddo inusuale per la California del sud. Nessuno lo saprà mai, ma lei immagina che un uomo la scorga dalla strada. Le si avvicini, sorrida, chiedendole di poter scattare una fotografia, per immortalare quell'istante. Magari se fossero stati in un locale le sarebbe corso incontro all'improvviso, baciandola.

Ma siamo sul molo, ad Hermosa o Manhattan. Ed è qui, adesso, dentro quello shot, che la scena si trasforma: non più giorno, ma sera. Il grigio si colora di un blu caldo ed avvolgente, come il tono della voce che per lei intona una melodia sommessa e sconosciuta. City of stars, are you shining just for me? City of stars, there's so much that I can't see. Who knows? I felt it from the first embrace I shared with you. That now our dreams, they've finally come true. City of stars, just one thing everybody wants. There in the bars, and through the smokescreen of the crowded restaurants. It's love. Yes, all we're looking for is love from someone else. A rush. A glance. A touch. A dance. To look in somebody's eyes, to light up the skies, to open the world and send them reeling. A voice that says, I'll be here and you'll be alright. I don't care if I know just where I will go 'Cause all that I need's this crazy feeling. A rat-tat-tat on my heart…Think I want it to stay. City of stars are you shining just for me? City of stars, you never shined so brightly

Un passo, come in quei vecchi musical degli anni Cinquanta, e anche solo per un istante, per un battito di ciglia della durata di un film della Golden Hollywood, over the rainbow dreams come true. 

Anzi no. Quella è un'altra storia, una storia che non c'è più. La nostra finisce qui, in due sguardi. E sulle colline di Los Angeles che da ora chiameremo La La Land, campeggia una nuova scritta. Uguale alla precedente: il regno dei sogni. Che a volte diventano realtà, a volte restano solo sogni. 

 

 

 

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