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Qualche settimana fa sulla rivista FilmTv è stata pubblicata una classifica dei migliori film italiani di sempre derivata da un sondaggio condotto su più di cento critici cinematografici e su una cinquantina di registi del nostro paese. L'iniziativa, dopo ad aver generato la classica discussione semi-social sulle scelte operate dai singoli critici e registi, ha avuto la ripercussione di intasare la mia personale lista di film da vedere. Tra i tanti film che ho aggiunto alla coda, che non è più una coda ma una entità mostruosa che vive di vita propria e che, suppongo, si riproduca per spore, tipo funghi, per cui da ogni titolo che aggiungo ne possono facilmente nascere altri dieci, ce n'è uno che ho appena finito di vedere e che mi ha tramortito: Io la conoscevo bene di Antonio Pietrangeli.

Si è piazzato al secondo posto nella classifica generale ma lo avevo sempre mancato nelle visioni televisive casalinghe e una volta terminata, per me, l'epoca della tv tradizionale - un po' perché sedotto dal "nuovo", o almeno dal "recente", un po' perché limitato dal fatto di vivere all'estero, sicuramente sopraffatto dall'esplosione delle serie tv - le occasioni per riscoprirlo si erano ridotte al minimo. E poi, bam, arriva la super-classifica con il suo bell'effetto collaterale di sgranarmi davanti agli occhi tutta la mia ignoranza. E dunque via, cominciamo a colmarla con Io la conoscevo bene. E alla prima sequenza sono già innamorato: i titoli di testa del film scorrono su una carrellata circolare di una spiaggia del litorale romano, sabbia, cielo, ombrelloni, rifiuti, mare, rifiuti, sabbia, un piede, una gamba e poi lei: Stefania Sandrelli. Prende il sole e ascolta la musica proveniente da una radiolina, si rende conto che è tardi, si alza, si riveste in maniera approssimativa, corre col suo sandaletto tra le vie semi-deserte quasi astratte, tra i palazzoni degli urbanisticamente scellerati anni '60 della periferia romana, si ferma per farsi rinfrescare da un uomo che annaffia l'asfalto con la pompa. Sono passati meno di cinque minuti e Pietrangeli ha già mostrato tutto quel che c'è da far vedere di quell'Italia: una ragazza che vuole vivere con leggerezza, un luogo che si posiziona tra la decadenza e l'ostilità e, dopo dieci minuti, un mondo maschile che esce dagli anni '50 con le sue posizioni maschiliste che venivano riservate all'interno della famiglia e le butta senza ritegno, anzi con una boria indigeribile, sull'esterno, come fossero pregi, qualità di cui vantarsi.

Stefania Sandrelli è bella, simpatica, in un certo senso innocente, sicuramente ingenua, e coltiva il sogno di lavorare nel mondo dello spettacolo. Con il suo sguardo trasognato e il passo incerto, passa da un uomo a un altro, fino a quando, nel corso di una festa, il mondo dello spettacolo dei meravigliosi anni '60 italiani, si manifesta in tutta la sua tristezza - quando la maschera Tognazzi pur di attrarre l'attenzione e possibilmente una parte in un film si presta ad una performance che quasi lo uccide - ed in tutta la sua cattiveria - quando la bellezza della Sandrelli solleva l'interesse del famoso Cinegiornale dell'epoca che concentra tutte le luci sulle gambe e sulla scollatura e poi, in sede di postproduzione, la ridicolizza con un montaggio che deve avere ispirato Ghezzi e i creatori di Blob. È l'Italia degli anni '60 - quella del boom economico, dei palazzinari, degli approfittatori, dei seduttori romani, quella che se la mangia viva, quella che la uccide ancora prima di morire: Pietrangeli, insomma, regista "al femminile", conosceva molto bene anche gli uomini, la loro capacità di sopraffazione, conosceva la sua epoca, conosceva l'Italia che era, quella che stava sparendo e che stava diventando.

Quelli della Criterion lo sanno benissimo, ed infatti Io la conoscevo bene è entrato nella collezione dei capolavori che Criterion ha reputato opportuno recuperare. Cinquant'anni dopo, la transizione di quell'ambiente romano apparentemente innocente e un po' cazzaro in cui il personaggio intepretato da Ugo Tognazzi quasi muore di infarto pur di guadagnarsi un po' di attenzione, si è completata ed è diventato quello de La grande bellezza, Oscar come migliore film straniero nel 2014.

Ora che sono stato conquistato da Pietrageli sono indeciso se scendere verticalmente nella sua filmografia o se attaccare Viaggio in Italia di Rossellini che si è piazzato al quarto posto, (il primo, La dolce vita e il terzo, Il sorpasso, li ho visti!) ma ho la sensazione che a questo punto, comunque vada, sarà un successo.

p.s. E, a proposito di Oscar, quest'anno toccherà a Dogman di Matteo Garrone rappresentare l'Italia agli Oscar nella corsa per il miglior film straniero. E devo vedere anche quello, perché qui in Spagna non è arrivato. Aspetto l'edizione Criterion?

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