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C'è Noir e Noir...
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Un recente post di Alan Smithee mi ha indotto a trattare ancora una volta il tema del noir, pur se Filmtv ha spesso accolto alcuni miei spunti e alcune riflessioni, arricchiti da dotti commenti di amici come Marcello del Campo, Spopola e tanti altri.

Mi limiterò perciò a esprimere alcune valutazioni in modo stringato, evitando di ripetere quanto a suo tempo espresso.

Una prima riflessione, a mio avviso doverosa, riguarda la vexata quaestio fra ciò che è noir e ciò che non lo è. Oggi, è comunemente accettata l’idea che con il termine noir si definiscono le storie, i racconti, i film in cui vi siano alcuni elementi chiave come il delitto, un’indagine poliziesca o di un investigatore privato.

 La donna del ritratto (Woman in the Window) 1944  Fritz Lang

 

Si tratta di una classificazione tanto vasta da risultare inattendibile. Il cinema americano ha suddiviso per generi questo tipo di narrazione e cioè il gangster-movie, il prison-movie, il serial killer-movie ecc.

Noi, con meno precisione, classifichiamo alla rinfusa il poliziesco, il “giallo” e, in mancanza di meglio, il “thriller”. Poi, per comodità, mettiamo insieme tutti questi generi, ne facciamo un bel minestrone e lo chiamiamo noir.

Comodo, ma superficiale. Come spesso capita, per rendere più semplice un concetto, lo si travisa.

Ma allora, che cos’è noir e cosa non lo è?

Doppio gioco (Criss Cross) 1948  Robert Siodmak

 

Noir è una parola francese che fa riferimento a certa cronaca giornalistica che si interessa di fatti criminosi che scuotono l’opinione pubblica. Anche da noi si cominciò a chiamarla “cronaca nera” oppure più semplicemente “nera”. E’ un fenomeno che nasce in Europa soprattutto negli anni Trenta e che abbraccia un po' quasi tutto il Vecchio Continente. Mentre da noi, tutto resta confinato nel puro fatto cronachistico, in Germania assume poco a poco delle caratteristiche più ampie. Da anni infatti, in quel Paese (e un po' in tutta la Mitteleuropa) si va affermando uno stile artistico strettamente legato a un’atmosfera, a un “mood” che pervade il Paese. Parliamo, è ovvio, dell’espressionismo, che scava nel profondo delle coscienze e dei sentimenti e acuisce all’estremo le ansie, le paure legate a una società che vive la grave crisi economica del primo dopoguerra, senza certezze, senza le rassicurazioni, cui il popolo tedesco era abituato. La crisi, la terribile inflazione, la precarietà del lavoro, la frustrazione relativa alla sconfitta nella Grande Guerra e le durissime condizioni della Pace di Versailles, l’incapacità dei partiti della sinistra al potere di fronteggiare la situazione e, non da ultima, il crescente e mai sopito spirito di “Revanche” e di orgoglio nazionale, creano le basi per il nascere di un clima artistico, e non solo, in cui si manifestano, in forma figurata, le paure e le ansia di cui sopra.

Detour Deviazione per l'inferno (Detour) 1945 Edgar George Ulmer

 

Per farla breve, ma il discorso da fare è davvero molto, troppo, lungo, una nutrita schiera di artisti (ci limitiamo al cinema, per forza di cose e di spazio), giudica irrespirabile l’aria che si respira a Berlino (ma anche a Vienna, Budapest), visto che stanno prendendo sempre più piede le condizioni che porteranno a una dittatura fra le più criminali e delinquenziali della storia), e si trasferiscono, alcuni in Francia, altri negli Stati Uniti.

Questi artisti si portano ovviamente dietro tutto il loro portato di pessimismo, ansie, timori e lo esprimono nei loro lavori.

E qui passiamo al secondo aspetto. Quando sbarcano negli USA, dopo molte vicissitudini, cominciano a realizzare opere apparentemente convenzionali, ma ad un esame più attento, innovative. Poco a poco i lavori di questi immigrati prendono sempre più piede e colpiscono favorevolmente gli spettatori americani, non abituati a questo tipo di opere.

L’aspetto fondamentale è che si tratta di film che si inseriscono agevolmente nei generi tradizionali, in particolare il poliziesco e il gangster-movie, ma conferiscono aspetti che prima erano assenti.

I ruggenti Anni Venti (The Roaring Twenties) 1939  Raoul Walsh

 

Prendiamo un film poliziesco tradizionale come I RUGGENTI ANNI VENTI (The Roaring Twenties). 1939, di Raoul Walsh. Si tratta di un’ottima prova che, nel solco della tradizione, distingue bene i buoni dai cattivi, disegna una parabola sempre più discendente nell’aspetto morale, fino a terminare nella fine violenta e obbligatoria del protagonista. Tutto molto chiaro, senza ombre. Prendiamo invece L’URLO DELLA CITTA’ (Cry of the City),1948, di Robert Siodmak. Anche qui la storia di due amici che la vita separerà e metterà uno contro l’altro. In questo film, si notano alcune differenze di stile, scenografie, di profondità psicologica e un senso di pessimismo che pervade l’intera narrazione. Non tutto è così chiaro, ci sono caratteri meglio costruiti dal punto di vista psicologico, ci sono molte ombre che rendono seducente la storia.

L'urlo della città (Cry of the City) 1948 Robert Siodmak

 

Oppure, prendiamo un film come CHIAMATE NORD 777 (Call Northside 777) 1948, di Henry Hathaway. E’ un’opera contemporanea a L’URLO DELLA CITTA’, eppure ci rendiamo conto di essere di fronte a un’opera convenzionale, anche se ben raccontata e interpretata, oltre che diretta da quel magnifico mestierante che è stato Hathaway. E’ la classica indagine poliziesca, svolta stavolta da un giornalista, che si interessa controvoglia ad un fatto di sangue accaduto anni prima e a cui poi si appassiona fino a riuscire a scoprire il colpevole e a far liberare un innocente. Anche qui non ci sono ombre, tutto appare chiaro, la tensione sta tutta nell’avvicinarsi sempre più alla verità. Un film ottimo, ma convenzionale.

Chiamate Nord 777 (Call Northside 777)  1948  Henry Hathaway

 

Prendiamo invece un film come VERTIGINE (Laura)1944, di Otto Preminger. Anche qui un’indagine, un progressivo avvicinamento alla verità, ma tutto è diverso: tensione che si basa su fatti imprevedibili e sconvolgenti, verità e apparenza che si confondono. Ad un certo punto, lo spettatore non sa più che cosa sta succedendo, regna l’incertezza più totale che è poi quella dello stesso protagonista, un detective ossessionato da un quadro. Quando la certezza scompare, rimane l’imprevedibilità, che è poi il regno del noir.

Non cambiano le storie, quindi (almeno per la maggior parte), ma cambia l’atmosfera che li pervade, e con essa cambiano le inquadrature, l’illuminazione, certe tematiche.

Vertigine (Laura)  1944  Otto Preminger

 

In un film noir sono prevalenti alcuni aspetti che saranno poi quelli che li caratterizzeranno e cioè: l’illuminazione per linee oblique, la prevalenza degli interni rispetto alle scene in esterni, le inquadrature (ora imprevedibili, non tradizionali), certi temi quali: la donna-ragno (la misoginia del noir è aspetto fondamentale), l’assenza della famiglia, il ricorso ai flash back, la detective-story (dove l’investigatore è uomo solitario e duro), la cupa presenza di un destino tragico e altro.

E’ quindi evidente che non si possa parlare di genere ma di stile. Ecco perché lo stile noir può trovarsi in generi diversi (come, ma sono casi sporadici, il western) e in film anche recenti.

Ecco il motivo per cui insisto a scrivere queste righe e gridare a più non posso che chiamare noir un film dove è sufficiente che si commetta un delitto sia la cosa più imprecisa che esista.

Inoltre, last but not least, come ricorda Alan Smithee, il noir non è solo uno stile cinematografico ma è anche una svolta (un DETOUR dal film omonimo di Ulmer), una svolta nel costume, nel modo di fare cinema e anche un modo diverso di pensare.

Questa svolta vuole essere un deciso cambiamento di rotta e l’intenzione di rinnovare il cinema hollywoodiano, legato a vecchi schemi e a tradizioni (oltre a un modo di pensare perbenista, alquanto puritano, pieno di tabù). Il noir introduce il dubbio: tutto non è più ormai come prima. Le vecchie paure ed ansie dei registi mitteleuropei, nati e cresciuti in ambienti culturali diversi, ma lontani dalla superficialità dello spettatore americano medio, agirono da lievito e risvegliarono coscienze sopite, mentalità e modi di pensare legati a usi e costumi tradizionali.

La fuga (Dark Passage)  1947  Delmer Daves

 

Il noir, in certo modo, è trasgressivo, rivoluzionario. Da parte di certi ambienti conservatori, ci si rese conto che la quiete artistica, frutto di accordi fra le Major e le istituzioni coinvolte, stava per saltare e che nel mondo artistico stavano circolando correnti di pensiero sempre meno conformiste e sempre più progressiste. Stava per scatenarsi la “Caccia alle streghe” promossa dal senatore McCarthy e l’istituto della censura, ormai allertato, stava per abbattersi con violenza verso alcune delle migliori figure cinematografiche.

L’impegno e la professionalità con cui decine di artisti mitteleuropei profusero le loro migliori energie, assieme alla loro particolare sensibilità e alle dure esperienze vissute nei loro Paesi di origine, cambiarono Hollywood al punto che diversi registi americani si convinsero a realizzare opere ispirandosi a quel tipo particolare di cinema e, a volte, con risultati apprezzabili. Basti pensare a Howard Hawks con IL GRANDE SONNO (The Big Sleep) 1946 (anche se di noir vero e proprio non si può parlare, visti certi spunti che hanno più a che fare con la commedia, genere in cui egli era un vero gigante. Forse il regista che ha diretto il miglior noir american-born è Delmer Daves con LA FUGA (Dark Passage),1947. Memorabili sono le inquadrature e l’atmosfera che grava su questo capolavoro. Non dimentichiamo poi Raoul Walsh che, specializzato in film di gangster e in western, riesce a infondere in uno di questi e cioè NOTTE SENZA FINE (Pursued),1947, riuscendo in un’impresa ai limiti del possibile: ottenere da un genere essenzialmente chiaro, lineare, senza incertezze, un film pieno di ansie, rancori sopiti, scenografie da incubo, tipici del noir.

Notte senza fine (Pursued) 1947  Raoul Walsh

 

Il discorso sarebbe comunque da allargare ed importante sarebbe poter parlare dei maggiori interpreti del noir, come Fritz Lang, Edgar G. Ulmer, Robert Siodmak, Otto Preminger e il geniale e poliedrico Billy Wilder, dei tecnici della luce come John Alton, di attori come Edward G.Robinson ecc.

Ma ne parleremo in altro momento.

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