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Viaggio nell'Italia Underground di Dizionario del Turismo Cinematografico: La piccola Hollywood delle Risaie targata Celoriasfilm!
di LIBERTADIPAROLA75 ultimo aggiornamento
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Il nostro viaggio cineturistico di stampo underground attraverso location e artisti a volte poco conosciuti (almeno a livello internazionale) altre discretamente noti ci conduce stavolta in mezzo alle risaie del Vercellese dove, negli ultimi anni, si è visto un rifiorimento culturale e artistico che valorizza un territorio stupendo che, in passato, è diventato noto in tutto il Mondo con capolavori quali RISO AMARO (1948/49) di Giuseppe De Santis e LA RISAIA (1956) di Raffaello Matarazzo.

Una delle realtà di questa rinascita culturale è la Celoriasfilm Produzioni Indipendenti che prende il nome dal suo fondatore Davide Celoria.

 

 

- Ciao Davide! Da quanto tempo esiste e come è nata la Celoriasfilm?

- Ciao omonimo! Il primo video uscito sotto il nome Celoriasfilm è datato agosto 1988. A 9 Anni non credo avessi ben chiaro cosa significasse etichetta indipendente cinematografica, ma ho subito sentito il bisogno di dare un nome a questa passione che stava nascendo in me. Quindi, dopo aver rubato la telecamera dello zio, iniziai a girare 3 ore di straziante documentario sulla fauna e sulla flora della Liguria con tanto di voce fuori campo… Possiedo ancora quella vhs compact ed è l’incubo di tutti i miei parenti. Da quel momento la produzione non si è mai fermata e prima che questo diventasse anche il mio lavoro sono stati prodotti oltre 100 cortometraggi e 5 lungometraggi in maniera totalmente indipendente. 

 

Un grande momento action nel cinema targato Celoriasfilm.

 

 

- I film li dirigi tutti tu o anche i tuoi collaboratori?

- Tutta la produzione video uscita con il solo nome Celoriasfilm è diretta da me. Con il tempo il gruppo di amici si è allargato, la passione è diventata lavoro e le occasioni di collaborare con altre realtà si sono moltiplicate. Nel caso di collaborazioni mi occupo volentieri di direzione della fotografia e della ripresa, ma capita anche di dirigere lavori di altri gruppi.

 

 

- Tempo fa spulciando la rete mi sono imbattuto nel titolo di un tuo remoto lavoro, IL CANE CHE SI TRASFORMA IN DIAVOLO, e sono rimasto veramente colpito dal curioso titolo. Me ne vuoi parlare?

- Immagina la campagna vercellese nell’ anno 89. Ora pensa a tre bambini di 10 anni, una videocamera e 4 ore di cassette vergini, un allevamento di maiali e una intuizione di trama più da ergastolano che da bimbo delle elementari. Ovvio preludio di una follia. Il film, di 190 minuti, è stato girato nell’arco di una giornata, con una quarantina di personaggi, tutti interpretati da noi tre, e un paio di scrofe particolarmente espressive. La trama? Un gruppo di criminali ha appena commesso una rapina e si nasconde in un allevamento di maiali fuori città. Poco alla volta i membri della banda si elimineranno a vicenda nel tentativo di tenere per se il bottino. Sopravviverà solo il capo, un certo Dog, che verrà poi ucciso dalla polizia nel corso di una sparatoria finale. Solo dopo alcuni anni mi son reso conto che un regista “appena” più conosciuto di me aveva diretto un film dalla trama decisamente simile. Tarantino nel ’92 con LE IENE aveva di fatto realizzato praticamente un reboot de IL CANE CHE SI TRASFORMA IN DIAVOLO. Non ho mai capito se fossi io ad essere completamente disturbato ad inventare una trama simile da bambino, al pari del futuro Tarantino, oppure che si sia semplicemente trattato della nonna di uno dei protagonisti, misteriosamente trasferitasi alle Canarie, che abbia venduto a Quentin la sceneggiatura del mio film.

 

 

- Nella tua casa di produzione prediligi la fiction o il documentario?

- La dimensione ottimale è certamente quella della fiction. Documentari ne abbiamo prodotti molti, musicali, turistici o didattici, ma sempre su commissione. Quella del documentario è un’arte quasi a sé stante, con regole e modalità di lavoro imprescindibili per ottenere un buon risultato e reputo inoltre che necessiti di temi particolarmente interessanti e poco esplorati ragion per cui le produzioni sono meno frequenti.

 

 

- Un lavoro breve che ho recentemente visionato e del quale a te è accreditata la fotografia è LA MORTE DI MARAT davvero notevole nell’uso del colore. Sarebbe un esperimento scolastico di fotografia pittorica?

- Più che esperimento è proprio una parte del mio esame finale della scuola di cinema. Il lavoro consisteva nello scegliere un quadro e di riprodurne il più fedelmente possibile la fotografia creando un piccolo corto in cui l’immagine finale sarebbe dovuta essere esattamente il fotogramma del dipinto. Si parla di un cortometraggio in pellicola, senza monitoraggio elettronico, ma solo con l’ausilio della propria vista, un parco luci nemmeno troppo vario e un piccolo esposimetro. Il tutto in 5 giorni. Non facile devo dire.

 

 

- Ti piace sperimentare?

- Da pochissimi anni, ma sempre più spesso. Tecnicamente fino ad una decina di anni fa non potevo sopportare inquadrature storte o mal composte, camere a spalla e stili alla BLAIR WITCH PROJECT. Oggi ricerco anche nuovi punti di vista, ma sempre se funzionali al racconto. Per quanto riguarda i contenuti ho sempre alternato follia e rigore in egual misura.

 

 

- E valorizzare la location? In particolare ho notato un suggestivo ambiente provinciale in VAMP. Preferisci i set urbani o periferici?

- L’esigenza di valorizzare anche il territorio è nata principalmente per mere questioni economiche. Spostare troupe e materiali in altre zone sarebbe stato troppo costoso. Le sceneggiature venivano quindi create tenendo conto dei limiti territoriali e delle potenziali location vicine. Con gli anni però, avere a che fare con un territorio che conosci perfettamente, ha permesso di poter ottimizzare al massimo i racconti, rendendo di fatto tutto più credibile. Inoltre amo la mia terra e renderle omaggio non mi dispiace per nulla.

 

Un momento delle riprese di VAMP al Cimitero (abbandonato) della Tenuta Colombara, Livorno Ferraris (VC).

 

 

 

- Molto curioso anche L’INVESTIGATORE TOSKO E IL MISTERO DEL COBRA. Hai molta originalità nello scegliere i titoli. Come ti vengono? Mi puoi fare un esempio?

- Mi chiedi una cosa che nemmeno io so. Intuizione, gusto, fortuna? Essendo anche lo sceneggiatore di quasi tutte le produzioni dalla Celoriasfilm, immagino che i titoli arrivino da un inconscio processo creativo… Spesso arrivano dopo aver scritto la sceneggiatura. Se vuoi ti posso fare qualche esempio...

- Volentieri grazie!

- Un mio film adolescenziale si chiama HORROR AL POMODORO per via delle smisurate quantità di passata di pomodoro usate per le scene splatter. Secchiate e secchiate non scherzo. Oppure ZOMBIE, LA VERITA' un finto programma televisivo sulla vita dopo la morte in cui viene invitato uno zombie vero per spiegare tutti i segreti della non-morte, con tanto di slide e contributi video.

- Ah, una sorta di Mondo Movies horror?

- Già! E ci siamo divertiti molto a girarlo!!!

 

 

- Hai qualche autore (regista, sceneggiatore, scrittore…) che ti piace particolarmente come stile e/o ti ha ispirato?

- Questa è una domanda che mi sono posto anche io più volte. L’amore per il cinema è stato un colpo di fulmine, immediato e travolgente, ma non è derivato dalla visione di un film in particolare quanto piuttosto dalla scoperta dell’esistenza di un mezzo che consentiva di immagazzinare la realtà, plasmarla e riprodurla nei modi e nei tempi da me scelti. Prima di scoprire la sopracitata telecamera dello zio io guardavo solo cartoni animati e MCGYVER. Quelle che poi sarebbero diventate caratteristiche del mio stile di ripresa, e che fondamentalmente non sono mai cambiate, si sono formate direttamente sul campo, attraverso le realizzazione di centinaia di ore di riprese. Ovviamente è anche cresciuta a dismisura la voglia di osservare il cinema, quello vero, ma in qualche modo la mia direzione si era già tracciata. Certamente adoro i registi dall’impronta inconfondibile, come ad esempio Carpenter, Raimi, Verhoeven o anche Mattei, Bava, Lenzi e Soavi tutti registi riconoscibili fin dalla prima inquadratura e che reputo geni assoluti, nonostante non abbiano goduto di particolari favori da parte della critica ufficiale e di conseguenza siano stati immeritatamente trascurati o relegati a figure di secondo piano. La divisione tra cinema impegnato e non, serie A e serie B, mi è sempre stata stretta, ritenendola più un operazione commerciale che un distinguo da vero appassionato di cinema.

 

 

- Qual è il tuo genere cinematografico preferito se c’è?

- Nessuna grande preferenza, ma essendo stato adolescente tra gli anni 80 e 90 Horror e Action hanno un posticino speciale nel mio cuore. Produttivamente invece, se potessi, una sola volta nella vita, disporre di una produzione milionaria, farei un film di fantascienza. Già scritto ovviamente.

 

 

 

 

- Parlami un po’ della produzione documentaria della Celoriasfilm.

- Negli ultimi anni la produzione si è molto intensificata. Ho iniziato raccontando per immagini il lavoro di un’ artista incisore vercellese noto a livello internazionale, che mi ha permesso di entrare in contatto con altri artisti che a loro volta mi hanno commissionato lavori simili. Ho realizzato anche un bel documentario interattivo sulla città di Vercelli, con tanto di scelte a bivio, come nelle storie di Topolino di una volta. Un altro settore in cui siamo attivi ultimamente e da cui stiamo ricavando molte soddisfazioni è quello musicale, dove abbiamo realizzato una serie di docu-film per alcuni importanti artisti della scena internazionale, incluso un lungo documentario di un recente protagonista di Sanremo in onda su Sky uno.

 

 

- A proposito di territorio... IL GALLO DI SANT’ANDREA mi pare che facesse parte di un progetto per la valorizzazione della zona. Me lo confermi?

- Si è vero. Si parla di un periodo in cui si spendeva ancora qualche soldo per il cinema indipendente e il Comune di Vercelli, in collaborazione con la Promoval di Aosta, aveva indetto un concorso di sceneggiature di cortometraggi legati al territorio. Partecipai anche io ma la mia sceneggiatura non fu scelta, in compenso, visto la mia esperienza, mi fu offerto di dirigere uno dei due corti vincitori. Fu un esperienza bellissima.

 

 

- Tra tutti i tuoi lavori quale ti ha dato maggiori soddisfazioni?

- Certamente VAMP, pellicola horror liberamente ispirata a VAMPIRES di Carpenter, ma ambientato in Piemonte, è stato il lavoro più complesso, costoso e impegnativo della Celoriasfilm. Forse è stato l’unico momento in cui ci siamo confrontati davvero con un modello produttivo identico a quello delle major. Il film è riuscito, seppur pagando lo scotto di competere con le produzioni americane del genere dotate di attori e effettistiche inarrivabili per noi. Tuttavia, il riscontro di pubblico più entusiastico, almeno quello di cui potevo avere il polso, è stato proprio con L'INVESTIGATORE TOSKO E IL MISTERO DEL COBRA, film prodotto con risorse appena superiori a quelle di un amatore. Grazie a questa rivelazione ho imparato dunque una lezione che ancora oggi mi è utile più di ogni altra cosa. Una buona sceneggiatura e degli attori credibili determinano la riuscita di un film più di ogni altro aspetto.

 

 

- So che suoni. Ti sei mai occupato della colonna sonora di un lavoro tuo o di qualcun altro?

- Ho composto qualche jingle e qualche musica tensiva per i miei lavori, ma le colonne sonore vere e proprie sono spesso affidate ad un compositore, che poi è anche il chitarrista della mia band.

 

 

 

- Alla Celoriasfilm vi occupate anche di Videoclip?

- E’ uno dei nostri punti di forza. I nostri videoclip musicali prevedono sempre una sceneggiatura che contorna e caratterizza il pezzo esaltandone le caratteristiche. Ovviamente il fatto di essere io stesso un musicista ormai di lungo corso, mi aiuta anche dal punto di vista del montaggio, oltre che della realizzazione puramente registica.

 

 

 

 

- Oltre a quelle del quale abbiamo parlato hai ancora altre attività?

- Vorrei ma il tempo è tiranno. La mia attività professionale principale (sempre nel campo), unita alle produzioni personali ed all’attività di musicista non mi concedono tempo di far altro.

 

 

 

- Cosa diresti ad un ragazzo che vuole intraprendere l’attività cinetelevisiva?

- Gira. Lascia stare i loghi, la pagina di Facebook e le magliette con scritto crew e gira. Se hai amici fallo con loro, se sei da solo fallo da solo. Non chiamarti regista finché gli altri non iniziano a chiamarti così. Guarda tutto, ascolta le persone e non fissarti con un genere. Oggi l’immagine è talmente radicata nel nostro DNA che i bimbi fanno naturalmente foto composte benissimo, anche mia nonna vedendo un immagine sfuocata o dai colori strani si rende conto che qualcosa non quadra. Non è più il tempo di fare i divi, i geni in erba o i nati pronti. Sempre di più sarà l’esperienza e il talento a fare la differenza. Crederci non basta più… se mai è bastato.

 

 

 

- E a chi ti segue e sostiene vuoi dire qualcosa?

- Durante la prima di VAMP c’era una locandina del film con le firme di tutti gli attori che hanno partecipato. Sparì dopo la proiezione. Tenetela bene perché ci tengo.

 

 

- Bene, direi che abbiamo finito. Grazie mille Davide per l’interessante chiacchierata!!!

- Grazie a te, grazie mille Dave per lo spazio concessomi.

 

 

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