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SCRITTI DI CINEMA
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JOSEPH ROTH

 L’AVVENTURIERA DI MONTECARLO

scritti sul cinema (1919-1935)

 

Joseph Roth fu cultore e osservatore molto attento della settima arte al tempo in cui questa si affacciava sul ventesimo secolo ricca di novità, sperimentazioni e scoperte.

Negli anni Venti lo scrittore collaborò a riviste di cinema e fu anche in America dove la visione di Hollywood gli dettò uno dei suoi scritti più corrosivi, “Hollywood, l'Ade dell'uomo moderno”.

In una prosa che fa della chiarezza il suo punto di forza, con acume critico non comune, spesso con ironia tagliente, a volte con aperta disapprovazione (v. solo un paio di esempi, fra tanti, Basta con i film di guerra o Sette lama sono arrivati), Roth parla di un cinema in gran parte oggi dimenticato, pellicole distrutte dal tempo, nomi allora famosi che pochi ricordano.

Eppure le sue recensioni hanno una freschezza che gli anni non hanno appannato, sono un prezioso documento d’archivio di un pezzo di storia del cinema che altrimenti sarebbe irrimediabilmente perduto.

Ma non solo. Le sue osservazioni, la capacità di entrare nel dispositivo cinema con una competenza inedita per un’arte ancora agli albori, affiancano con pari dignità il suo lavoro di pubblicista per giornali e riviste all’attività ben più nota di scrittore di grandi romanzi.

Ebreo figlio di un Paese in cui per gli ebrei si chiuse per sempre la partita dopo duemila anni di persecuzioni, vissuto tra Vienna e Berlino al centro di una Mitteleuropa in grande fermento culturale e politico, la sua attività di critico cinematografico si svolse in un momento in cui il cinema era ancora un passatempo, una passione, una novità capace di galvanizzare le masse.

Poi divenne propaganda di regime, e fu un’altra storia.

Fiorivano in quegli anni, da est a ovest, lungo l’asse del 45° parallelo, capolavori e campioni senza valore, autori e aspiranti tali, mecche del cinema e case di produzione sull’orlo del fallimento, dive, divette e oscure meteore presto spente nell’impatto con la terra.

locandina

Lumière! La scoperta del cinema (2016): locandina

//www.filmtv.it/film/127397/lumiere-la-scoperta-del-cinema/recensioni/872662/#rfr:film-127397

Pochi anni erano trascorsi dai Lumière e dalla loro rivoluzionaria invenzione e il cinema era ormai la voce del nuovo secolo che prendeva il posto occupato dalla letteratura nel secolo precedente:

“Quel che nel secolo del libro, come R.M. Meyer ha definito l’Ottocento è stato realizzato dai libri alla moda e più letti, è il cinema a realizzarlo nel secolo della tecnica…” (J.Roth da Galateo cinematografico)

Joseph Roth ne fu testimone autorevole, attraversò generi e campi disciplinari con scritti di evidente rigore, che fossero romanzi o attività di pubblicista, scrutò dettagli tecnici e storici, guardò con lungimiranza allo sfondo sociale, impreziosì ogni pagina con la libertà inventiva dell’artista.

Questa recente raccolta di scritti sul cinema (l’edizione nella Piccola biblioteca Adelphi è del 2015) nasce dalla scelta del curatore e traduttore, Leonardo Quaresima, di selezionare i testi più importanti e far luce su un profilopoco noto dell’autore, grande romanziere di cui traspare sempre, nella narrativa, la passione per il cinema.

I personaggi delle sue storie vanno continuamente al cinema (Aprile, Fuga senza fine, Destra e sinistra, Tarabas, La leggenda del santo bevitore)” dice Quaresima nella post fazione, e sappiamo che Roth, durante l’esilio parigino, per vivere scrisse anche sceneggiature, purtroppo mai approdate al cinema.

L’esilio, il suicidio nel ‘38, i venti di guerra e la pazzia collettiva che attraversarono l’Europa in quegli anni seminarono morte anche lungo le strade dell’arte, e ai cinquanta milioni di caduti della seconda guerra bisogna aggiungere tutto quello che l’umanità ha perso in fatto di libero sviluppo del pensiero.

L’avventuriera di Montecarlo è il film di Curtiz da cui nasce il pretesto per la raccolta, un’antologia che ben illumina gusti, predilezioni e idiosincrasie del critico.

Roth è molto esigente, autonomia di giudizio e rigore di esegeta sono prerogativa da cui non si discosta mai, e la visione di un film come questo o altri “di cassetta” lo porta a distrarsi facilmente e seguire con più interesse il cinegiornale. Viceversa, è magnetizzato da capolavori come L’ultima risata di Murnau sceneggiato da Carl Mayer, per il quale non risparmia lodi:

“Carl Mayer, l’unico poeta del cinema tedesco. Sottolineo “poeta”, perché di gente che scrive e confeziona sceneggiature ce n’è a iosa. Ma Carl Mayer scrive film così come si compongono poesie, racconti, drammi. Vale a dire, trasferisce un soggetto dal piano materiale, terreno e casuale dell’esistenza e del fattuale in un’atmosfera metafisica, unica, autentica e necessaria…

L’ultima risata è uno dei migliori film, non solo della Germania ma del mondo intero”.

//www.filmtv.it/film/42863/l-ultima-risata/recensioni/511458/#rfr:film-42863

Neppure autori del calibro di Lang, Dreyer, Murnau ed Ejzenštejn sfuggono al suo spirito caustico, quando necessario, mentre nulla lo esalta come la magnificenza di uno scenario naturale trasferito nell’illusione ottica dello schermo.

Una è comunque la nota costante, filo conduttore fra i meandri del suo pensiero, ed è il rifiuto di ogni mistificazione, la condanna che solo un vero amante del cinema può emanare contro chi del cinema tradisce lo statuto più autentico.

Ed ecco che, di pagina in pagina, Roth arriva all’invettiva, dolorosa e severa, contro i film di guerra, una condanna senza appello contro l’uso dell’artificio, realtà falsa per ciò che invece è costato lacrime e sangue autentici:

Tutto è racchiuso in noi, sepolto come in cripte di vetro che mai più si apriranno.La miseria di quei giorni, il sangue, il grigiore, l’abiezione: attorno a tutto ciò abbiamo dipinto un dozzinale, povero, malinconico alone dorato, simile a quelle ghirlandette intrecciate sulle mensole piccolo borghesi attorno alle foto dei caduti…

Ci sono limiti, c’è una legge non scritta, ma ben chiara, sui diritti che il buon gusto può rivendicare in certi casi nei confronti dell’arte…”

 

 

Di seguito l’INDICE del libro in cui Leonardo Quaresima dà ordine tematico non cronologico ai testi:

  1. FEUILLETON- Galateo cinematografico- La diva- Il cinema del Prater- A Königsberg in battello- La grazia- Il mondo nella città- Anabasi- Attori zoologici- Sinfonia in si minore- Al cinema con novecento bambini- Sette lama sono arrivati- Cinema all'arena- Un cinema al porto- Conversione di un peccatore all'Ufa-Palast di Berlino

  2. RECENSIONI- La tragedia di un genio- Notti da incubo- Il romanzo di Cristina Herre- Il mistero della sfinge- Nosferatu- Cristo al cinema- La seconda vita- Vendetta di brigante- Il matrimonio di jou-Jou- Il fiume- L'ospite venuto dal Nord- L'arte del manifesto- Due eventi cinematografici- Il «subconscio» al cinema- Il beniamino- Tre eventi e due disastri- Storia divulgativa della civiltà- Cinema americanizzato- Un paio di «film a sensazione» - Recensioni da Berlino- Film per bambini- L'ultima risata- Il film sul Vaticano- Due film tedeschi e uno americano- Film- Comici internazionali- Stazione di Saarbrücken- Onore ai tetti di Parigi!

  3. CRITICA MILITANTE- Il cinema nella repubblica- Il cinedramma di Mayerling- U35. Errori, confusioni di un film- L'ombelico della moralità- Riabilitazione dei neri- Due colossal- Funerale della Ruhr con musica shimmy- I funerali di Lenin al cinema- L'ambiente del cinema si mobilita-Il sepolcro scoperchiato- Venti minuti prima della guerra- La linea generale- Chaplin e Gandhi- Un Anschluss cinematografico?

  4. TEORIA SUL CINEMA- Un esperimento- Film della Fox all'Alhambra- Dietro le quinte del cinema- Annotazioni sul cinema sonoro- Riprese filmate di un processo per omicidio- Basta con i film di guerra!- Hollywood, l'Ade dell'uomo moderno.

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 Un breve saggio del curatore, “Le palme di Hollywood”, chiude il volume con una illuminante sintesi critica sul materiale proposto. Roth, con la sua “grande libertà di giudizio”, l’originalità di tante prospettive critiche e la suggestione profonda che la sua scrittura offre al lettore, trova così il posto che più gli compete nell’orizzonte ormai molto ampio della critica cinematografica più autorevole.

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Un breve assaggio

Volendo trascrivere a mò di esempio qualche passaggio dai testi ci si trova davanti ad una scelta disperata. Come scegliere quando si passa di meraviglia in meraviglia in poco più di duecento pagine dell’agile volumetto?

Tutte le recensioni, i feuilletons, gli scritti di critica militante e teoria sul cinema si sfogliano con lo stesso interesse che oggi ci spinge a leggere un magazine o a cliccare recensioni on line.

La differenza è che, stavolta, l’occhio è di Joseph Roth.

Chi ha amato il romanziere non potrà non riconoscerne lo stile. Roth non si atteggia a critico, a intellettuale. Odia i linguaggi gergali, vuol essere uno spettatore come gli altri e capire, penetrare la meraviglia, lasciarsene trasportare.

Indignarsi, gioire, cogliere l’essenza di questa macchina produttrice di miti, fabbrica di sogni diventata industria, arte che sta modificando la percezione collettiva e individuale della realtà: questa è la grande attrazione, la sfida per un uomo del vecchio mondo che vede il nuovo aprirsi e ne sa definire i connotati.

Soprattutto, ed è l’intuizione più folgorante, Roth coglie il prodigio che quella imitazione della realtà prodotta dal cinema compie: divenire realtà essa stessa:

Sì, le persone reali, le persone vive, erano già diventate così evanescenti che le ombre sullo schermo dovevano per forza sembrarereali ” (da Hollywood, l'Ade dell'uomo moderno).

Ci limitiamo allora a pochi excerpta dall’incipit, fondamentale per leggere tutto il resto.Dopo di solito diventa impossibile resistere alla tentazione della lettura integrale:

 

Galateo cinematografico

“La cittadina tedesco-morava nella quale una sorte inesorabile e un trenino lento come una lumaca mi avevano portato alcuni mesi fa, vive un’esistenza trasognata…”

Nella cittadina di S. è stato aperto un cinema.

La vita quotidiana è diventata un film, uomini e donne di modesta levatura e appartenenza sociale sono diventati eroi in un processo di identificazione con gesti e sentimenti insegnati dal cinema:

“Sulla piazza rettangolare del municipio, brulicante di una folla eterogenea, si poteva assistere ad un’autentica sfilata mattutina…La piccola aiuto commessa si comportava da gran dama, la bionda cartolaia della bottega all’angolo mimava una principessa, Asta Nielsen, Henny Porten, Harry Walden e Valdemar Psilander in diecimila copie…

Fin quando un piovoso pomeriggio domenicale non mi portò al cinema e al tempo stesso alla soluzione dell’enigma.

La sala era piena e nel pubblico regnava l’atmosfera eccitata di una première.

Ragazze con sguardi infuocati, liceali dalla compassata serietà intenti a seguire con grande partecipazione lo svolgimento del dramma.

Ogni gesto, ogni sguardo dell’eroe o dell’eroina veniva addirittura divorato dai giovani spettatori.

E allora mi resi conto dell’influenza pedagogica del cinema sui giovani…

La vita quotidiana era diventata un film…

E’ probabile che in migliaia di simili cittadine fuori mano tocchi al cinema il ruolo di istituzione pedagogica.

Agendo da Fata Morgana artificiale, simula la “vita” per la giovane apprendista di provincia assetata del “gran mondo”, quella vita che probabilmente le rimarrà per sempre irraggiungibile.

Muovendo da sorti e figure fantasmatiche, da scene e intrecci del mondo dello schermo, il minuscolo individuo si costruisce un secondo “io” più civilizzato e a volte perfino più colto e in esso cerca di dissolversi, e a volte ci riesce pure…

Il cinema come galateo illustrato. O anche un galateo con cine-illustrazioni.”

 

www.paoladigiuseppe.it

 

 

 

 

 

 

 

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