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Resident Evil e il cinema videoludico di Paul W.S. Anderson.
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Il regista inglese Paul W.S. Anderson (da non confondere con l’americano Paul Thomas Anderson, regista, tra gli altri, di Magnolia, Il Petroliere e The Master) si è “distinto” negli anni per i suoi film d’azione misti alla fantascienza ed, in particolare, per gli adattamenti di videogiochi, che lo hanno portato a seguire il versante più “spettacolare” del cinema contemporaneo.

Paul W.S. Anderson

Resident Evil. Afterlife (2010): Paul W.S. Anderson

Debutta alla regia di Shopping (1994), un film di fantascienza (con protagonista Jude Law) nel quale protagonista è la violenza giovanile che si fa largo in una società alla deriva, in cui non esistono più valori e ideali. Protagonista è il ram-raiding, cioè distruggere le vetrine dei negozi utilizzando come ariete delle auto rubate. Il regista riesce a mettere in scena in modo incisivo un tipo di società post-industriale, anche se risultano deboli alcune scelte nella trama. Nonostante questo, il tema (descritto nella sceneggiatura dello stesso Anderson) risulta fortemente provocatorio, tanto da incappare nel “bando” della pellicola da alcune sale cinematografiche inglesi (con l’effetto contrario di far diventare la pellicola, per certi versi, un cult).

L’anno successivo mette in scena Mortal Kombat, live action dell’omonima saga di videogiochi. L’azione e la violenza sono incanalate all’interno dello scontro tra umani ed abitanti di Outworld, i quali si contendono la Terra. Nel film, Anderson porta lo svolgersi tipico del videogioco: le scene diventano livelli di gioco, che devono essere superati per passare ai successivi. Gli stessi attori cercano il più possibile di imitare i personaggi videoludici, con il risultato di allontanarsi sempre più dalla pellicola per rifarsi esclusivamente allo stilema del videogioco.

Nel 1997, la fantascienza di Paul W. S. Anderson vira verso l’horror con Punto di non ritorno (Event Horizon). A farla da padrona è il citazionismo (Alien, Shining, Stati di allucinazione, Solaris), utile per cercare di trasmettere la suspance del soprannaturale, di un’astronave diventata luogo in cui si materializzano incubi ed allucinazioni degli astronauti mandati in soccorso della Event Horizon, ricomparsa sette anni dopo essere sparita in un buco nero.

Ancora fantascienza ed azione con Soldier (1998): i terresti si confrontano ancora una volta con creature aliene, per il predominio sull’universo. Il titolo fa riferimento al sergente Todd che, dopo essere stato uno dei militari migliori sulla Terra, viene sconfitto ed abbandonato su un altro pianeta da una squadra di nuovi soldati geneticamente modificati. Sul pianeta, però, Todd riesce, insieme agli abitanti (scampati ad un naufragio) ad organizzarsi per opporsi ai soldati mandati per ucciderli. In questo caso è il singolo che si erge a paladino dell’umanità contro gli “extra-terrestri”, senza andare però oltre la media delle produzioni di Anderson.

Kurt Russell, Jason Scott Lee

Soldier (1998): Kurt Russell, Jason Scott Lee

Con il film per la televisione The Sight (2000), Paul W. S. Anderson torna alle atmosfere soprannaturali di Punto di non ritorno con la vicenda di Michael Lewis, architetto americano trasferitosi a Londra per ristrutturare un vecchio albergo. Attraverso una serie di incubi, il protagonista si rende conto che alcuni spiriti si stanno mettendo in contatto con lui per riuscire a catturare un serial killer.

Per Anderson il successo al botteghino avviene proprio grazie ad una riproposizione live action di un videogioco: Resident Evil (2002). Ispirato alla serie di videogiochi prodotta dalla Capcom, il film è una summa dei generi cari al regista, che unisce azione, fantascienza ed horror con i videogiochi. Un virus, sfuggito al laboratorio Alveare dell’Umbrella Corporation (nel quale si studiano nuove armi batteriologiche), gestito dal supercomputer Regina Rossa, viene diffuso all’interno del laboratorio stesso. Per impedire che il virus si espanda all’esterno, il supercomputer uccide tutto il personale che, però, proprio a causa del virus, torna in vita sottoforma di zombie. La responsabile della sicurezza Alice Abernathy (interpretata dalla futura moglie Milla Jovovich), persa la memoria, viene scortata all’interno del laboratorio ma, volendo denunciare le attività dell’Umbrella Corporation, cerca di fuggire. Nonostante il tentativo di fuga, viene nuovamente catturata, quando scopre che il virus è fuoriuscito dalla base. Un film che cerca principalmente di piacere agli amanti della saga videoludica, con la regia di Anderson che sembra proprio rifarsi alle meccaniche dei videogiochi, con azione pura e semplice ed un finale aperto utile per i  diversi sequel.

Nel 2004 torna alla regia di un film tratto da un videogioco, nel cui mescolare azione e fantascienza: Alien vs. Predator (AVP: Alien vs. Predator). Lo scontro avviene all’interno di una piramide in Antartide, nella quale i Predators effettuano cacce agli Aliens come rito di passaggio verso l’età adulta. La pellicola è stata creata nell’intento di effettuare un’operazione di marketing per unire i due franchise, già famosi per i rispettivi film precedenti.

Nello stesso anno produce e scrive la sceneggiatura del secondo capitolo di Resident Evil (Resident Evil: Apocalypse, diretto da Alexander Witt), dove rimangono il ritmo sostenuto e la violenza. Alice si mette alla ricerca di un antidoto e per farlo dovrà fronteggiare Nemesis, per poi fuggire per evitare il controllo dell’Umbrella.

Nel 2005 produce l’horror The Dark, diretto da John Fawcett, in cui una madre, sconvolta dai sensi di colpa per la morte della figlia (gettatasi da una scogliera), va nell’aldilà per cercare di riavere con sè la figlia. Al posto della figlia Sarah, però, compare un’altra bambina, morta sessant’anni prima. Le atmosfere ed i cambi di trama riescono a mantenere viva l’attenzione, ancora una volta attraverso il genere horror virato verso il soprannaturale.

Dopo aver girato nel 2006 il film per la televisione Drift, l’anno successivo torna al lavoro per la saga di Resident Evil, producendo e scrivendo la sceneggiatura di Resident Evil: Extinction (con la regia di Russell Mulcahy). Mentre l’agente Alice cerca un rifugio in Alaska per sfuggire all’infezione che ha contagiato la maggior parte della popolazione, il dottor Isaacs è alla sua ricerca, per perfezionare i super-zombie clonati. Il regista, in questo caso, riesce a calibrare le sequenze e il montaggio delle sequenze, per arrivare all’ennesimo finale che lascia tutto in sospeso.

Nello stesso anno Paul W.S. Anderson produce l’ennesimo film tratto da una famosa saga videoludica: si tratta di DOA: Dead or Alive, diretto da Corey Yuen. Dopo più di dieci anni da Mortal Kombat, il risultato non è molto diverso dal precedente: il pretesto per girare un film di questo tipo sembra essere solo quello di portare una serie di successo sul grande schermo, unendo un torneo di arti marziali con altre scene inserite con lo scopo di mostrare ragazze in costume da bagno.

Nel 2008 produce e dirige Death Race dove, in un futuro prossimo, alcuni carcerati si sfidano in corse automobilistiche mortali. Jensen Ames, campione di speedway, incriminato ingiustamente, deve partecipare ad una corsa di tre giorni per ottenere la libertà. Azione e lotta per la sopravvivenza questa volta vengono declinate nel campo automobilistico, con Anderson che dirige sempre più il film ad immagine e somiglianza di un videogioco.

Dopo aver prodotto nel 2009 l’ennesimo horror fantascientifico Pandorum (regia di Christian Alvart), l’anno seguente torna dietro la macchina da presa con Resident Evil: Afterlife. Alice scopre che Arcadia, la città dei sopravvissuti, è in realtà una nave ancorata usata dalla Umbrella per attirare sopravvissuti da usare come cavie. La protagonista riesce a prendere il comando della nave, subito prima però che questa venga circondata dagli elicotteri della società stessa. Anderson inserisce diversi rimandi ai film precedenti, ma la trama prosegue (stancamente) tra action e splatter.

Paul W.S. Anderson, sempre nel 2010, produce Death Race 2, lasciando la regia a Roel Reiné, intervenendo però sui personaggi e la storia. I detenuti, oltre che a sfidarsi in una gara automobilistica, sono costretti precedentemente a partecipare a sanguinosi scontri tra carcerati, trasmessi in diretta televisiva. Le automobili protagoniste del primo episodio si vedono solo nella parte finale, mentre durante il corso del film vengono mostrate diverse sequenze di lotta. Niente di nuovo anche in questa pellicola, in cui le gare automobilistiche lasciano spazio ad una trama flebile incentrata sul combattimento.

Nel 2011 torna alla regia con I tre moschettieri (The Three Musketeers). L’ennesimo adattamento del romanzo di Alexandre Dumas (con la trama stravolta) si svolge all’interno di un’ambientazione steampunk, che, come in tutti i film di Anderson, si rifà alla fantascienza, con un montaggio sempre vicino alla frenesia videoludica. Ritorna poi anche la tendenza alla citazione, anche se a tratti questo espediente sembra persino abusato, senza dare alcun contributo efficace al film (ci sono rimandi chiari ad Assassin’s Creed, Matrix, Elizabeth, Sherlock Holmes): il tutto realizzato anche in 3D.

Anderson porta avanti la trama della sua saga più famosa nel 2012 con Resident Evil: Retribution. Alice riesce a scappare dalla struttura dell’Umbrella Corporation nella quale era prigioniera, dopo aver creduto di essere stata uccisa dal marito infetto Todd nel tentativo di salvare la figlia. L’Umbrella ha venduto il virus come arma a diverse nazioni, quindi Alice e due suoi agenti viaggiano nelle proiezioni olografiche di diverse capitali sotto l’effetto del virus, dalle quali devono uscire. Alice e la squadra si spostano a Mosca, dove riescono a distruggere un bunker di sottomarini dell’Umbrella. La protagonista poi sviene e si ritrova alla Casa Bianca, sotto assedio da parte di un’orda di zombie. Anche in questo caso troviamo lo svolgimento videoludico a tappe, nel quale neanche la maternità della protagonista sembra portare elementi nuovi nello svolgersi della trama.

Nel 2013 il regista porta avanti un’altra delle sue saghe con Death Race 3 - Inferno (Death Race: Inferno, diretto da Roel Reiné), del quale è autore della trama e dei personaggi: ancora una volta protagoniste sono le corse automobilistiche come mezzo per raggiungere la libertà. Questo terzo capitolo serve solo, però, per portare avanti l’azione pura all’insegna di inseguimenti, esplosioni, combattimenti e belle donne, rasentando il trash, ma anche la noia.

L’anno successivo dirige Pompei (Pompeii) nel quale narra la storia d’amore del gladiatore celta Milo e Cassia (la figlia di un signore della città) osteggiata  dal senatore romano Corvus, al quale la ragazza è stata promessa sposa. Il romanticismo (a tratti esasperato) lascia spazio al catastrofismo quando il Vesuvio comincia ad eruttare. Proprio la messa in scena del disastro è il momento sul quale si focalizza Anderson, quando il film diventa mero elemento di intrattenimento e somma di effetti speciali: tutto viene fatto collassare con il solo intento di rendere il tutto il più spettacolare possibile.

Emily Browning, Kit Harington

Pompei (2014): Emily Browning, Kit Harington

Attualmente nelle sale con Resident Evil: The Final Chapter (ma sarà l’ultimo?) Paul W.S. Anderson sembra essere al lavoro per l’ennesimo adattamento cinematografico di un videogioco: Monster Hunter. Niente è ancora certo (anche se si parla già di almeno un paio di film), ma sicuramente saranno presenti i tratti ormai tipici (nel bene o nel male) del regista inglese: inquadrature adrenaliniche, l’action puro senza troppi fronzoli, dosi massicce di effetti speciali, lotte, mostri soprannaturali. E la moglie, Milla Jovovich.

Milla Jovovich

Resident Evil: The Final Chapter (2017): Milla Jovovich

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