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L'ultima neve
di Lehava
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Lehava

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Alla fine era arrivata: lieve e placida. In fiocchi vaporosi. In pochi attimi e tutto era illuminato di quel riverbero argenteo contro i neon. Il paese si era ammutolito e poi addormentato, chiudendo gli occhi più presto del solito. Io stavo lì e la guardavo dalla finestra della cucina, attaccata al calorifero caldo. E mi chiedevo se, dopo tanti avvisi inevasi, fosse un caso, proprio ora. Ora che mi ero ricordata di essermi così descritta, tanto tempo fa: fredda come un fiocco di neve. Che basta un alito tiepido e si scioglie: lo stesso alito che è respiro, lo stesso alito che è voce: perché nulla esiste sul serio se non è nominato, e le parole per me sono sempre state vive, concrete e la vita non è mai stata nulla senza le parole.

Mi ero assopita quasi, appoggiata alla mensola. Ridestandomi, ormai tardi, la coltre si era fatta consistente sopra i tetti: come una coperta che nasconde le brutture, e smorza i suoni, e non fa svelare le emozioni. Nel buio mi ero alzata, per andare, questa volta sì, a coricarmi. Con un misto di timore e tremore, se mai, non fossi riuscita a dormire. Appoggiata la testa sul cuscino avevo ascoltato il silenzio, nella stanza e giù per strada, fino a quando il silenzio mi era entrato dentro e si era fatto sonno.

"Fredda come un fiocco di neve. Che basta un alito tiepido e si scioglie" non lo avevo detto o scritto, da anni. Forse fu quello: il ritornare a quel tempo, a riempire la mia immaginazione. Perché ieri sera sognai l'Irlanda.

Clonmacnoise sommersa da una distesa bianca fino alle rive dello Shannon, ed un vecchio seduto sul divano che si era rivolto a me, ma in gaelico, ed io non capivo e poi, solo poi, in inglese mi aveva detto: "Sono di Tara, ma vivo qui, da tanto tempo."

Allora avevo risposto (ma in quale lingua?): "C'è stata neve ad aprile, sulla A69 che passa nelle brughiere alte dello Yorkshire. Abbiamo bucato, ci siamo accostati e nella tormenta abbiamo aspettato l'assistenza. Sai che ho fatto anche delle fotografie? Avevo un bel telefono in dotazione".

Lui era stato zitto, ed io avevo visto le foreste di Glendalough

ed il fiordo di Leenaun. Una danza, quando ero ancora bambina:

Una corsa a perdifiato giù per la collina:

 

E nel sogno le guance mi si erano bagnate di lacrime.

Ma non so se di tristezza, più di struggimento, uno struggimento di solitudine. Qualcuno aveva cantato una canzone dolce, le immagiini si erano dissolte, come io mi ero sciolta, in quelle parole, in italiano. Che avevo amato. Che amo.....

"Un picchiettare sommesso sui vetri lo fece voltare verso la finestra: aveva ricominciato a nevicare. Osservò assonnato i fiocchi neri e argentei che cadevano obliqui contro il lampione. Era giunto il momento di mettersi in viaggio verso occidente. Sì, i giornali dicevano il vero: c'era neve dappertutto in Irlanda. Cadeva ovunque nella buia pianura centrale, sulle nude colline; cadeva soffice sulla palude di Allen e più a ovest sulle nere, tumultuose onde dello Shannon. Cadeva in ogni canto del cimitero deserto, lassù sulla collina dove era sepolto Michael Fury. S'ammucchiava alta sulle croci contorte, sulle pietre tombali, sulle punte del cancello, sugli spogli roveti. E la sua anima gli svanì adagio adagio nel sonno mentre udiva lieve cadere la neve sull'universo, e cadere lieve come la discesa della loro estrema fine sui vivi e sui morti." (J.Joyce "I morti, Gente di Dublino)

 

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