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The Young Pope - Episodi I e II
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Voto: **

 

Il trash vaticano.

Paolo Sorrentino torna dopo 7 lungometraggi e qualche cortometraggio con una serie tv, e il suo obbiettivo è ancora quello di disorientare. Gratuitamente o meno, fa poca differenza. The Young Pope, le cui prime due puntate sono state presentate a Venezia 73 fuori concorso, rappresenta se vogliamo un ritorno all'ironia, quella cui ci aveva abituato il regista napoletano con L'uomo in più, senza eguagliare quell'equilibrio malinconico che caratterizzava l'opus numero 1. Qui il livello altalenante delle battute non ha un contrappeso, se non quello di una trama-pretesto che ricerca l'originalità a tutti i costi (e ancora, che la trovi o non la trovi non fa dopotutto differenza).

Com'è tipico della serialità, Sorrentino ha prediletto un andamento più lineare, narrativamente, rispetto ai suoi standard (e tal cosa l'ha confermata in conferenza stampa). Ciò che non ha confermato è che invece proprio l'impianto seriale ha castrato il suo abituale impeto visivo, a favore di una regia frustrata, infastidente per gli insistenti campi-controcampi, decisamente più contenuta quando sembra aver dato il via ai suoi svolazzi. Se Youth poteva salvarsi - con esiti saltuari - dal punto di vista visivo, ma affondava clamorosamente sul versante script (era il suo film più declamatorio e qualunquista), The Young Pope cerca la salvezza (e, visto che siamo in tema, la redenzione) tramite lo script, concedendo molto all'ironia, a tratti nonsense, agli accostamenti improbabili, all'anticonformismo più spinto. Il risultato non è un pilot originale, ma piuttosto deprimente, specie se pensiamo alle possibilità che il contesto e l'ambientazione potevano offrirgli. In poche scene Habemus Papam aveva espresso tutto ciò che Sorrentino cerca di fare in due ore (e forse anche nel resto della serie?).

 

Se Jude Law incarna il giovane papa, più vanaglorioso che reazionario, più capriccioso che tradizionalista, Silvio Orlando ricopre il ruolo di uno dei cardinali, spalla del pontefice, caratterizzato dal buffissimo desiderio di essere la vera mente dietro l'operato del papa Lenny. Diane Keaton è invece la suora che ha cresciuto Lenny divenuto orfano, e che Lenny decide di fare sua assistente speciale. Molti nodi, com'è ovvio, non vengono al pettine, gli intrighi irrisolti rimangono tanti, ma la vera sensazione di fronte a The Young Pope è che esso costituisca una sorta di sfogo "giustificato", per Sorrentino, una "pattumiera" in cui versare tutto ciò che vorrebbe fare ma è troppo esagerato fare, e che quindi il buon gusto gli imporrebbe di non fare. Questi due episodi iniziali sembrano promettere una serie in cui tutto può succedere, ma non dànno l'idea che possa succedere qualcosa di davvero buono, o di davvero interessante. Dànno l'idea che gli anti-sorrentiani avranno più argomenti dalla loro parte. La speranza del sorrentiniano può essere solo che nel migliore dei casi il film sia per sua natura grottesco e non chieda di essere preso sul serio. Perché ipertrofizzando (solo verbalmente, di fatto, e non visivamente) tutte le sue manie(re), Sorrentino non sembra cercare nemmeno un'accusa, nemmeno l'indignazione, nemmeno il tema, nemmeno il messaggio (normalmente non necessari, ma forse qui sì). Sembra cercare la barzelletta. Una barzelletta, dunque, che potrebbe durare 10 ore.

 

Quindi è lecita la domanda: The Young Pope parla (e parlerà) davvero del giovane papa, o di Sorrentino stesso, e del destino delle sue forme?

 

 

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