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BACK IN THE SADDLE. Il western che vedremo (4).
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Ormai lo sappiamo, il western non morirà mai. Ridurrà magari la sua produzione, tenterà la serialità televisiva, ma esisterà sempre perché è l’unica espressione epica dell’uomo moderno ancora oggi in grado di fare da scenario a ogni tipo di storia e a ogni classe di personaggio.

Anche la letteratura sembra aver ritrovato in questi ultimi anni una nuova spinta narrativa proprio grazie al western, confermando la grande duttilità del genere di fungere da territorio adatto ed efficace per qualsiasi tipo di racconto. Dalla fuga esistenziale alla vendetta, dall’amor patrio alla tensione folle e allucinata del potere; conflitti sociali, romanzi di formazione, rapporti padre e figlio, la discussione sull’autorità, il potere, le armi, la vita e la morte. Il western riserva serve grandi sorprese sia su celluloide che su carta.

Tant’è che dopo La foresta (Mulholland Books, 2013; Einaudi, 2013), Joe R. Lansdale torna di nuovo al western come aveva fatto parecchi anni prima con il trittico Texas Night Riders (Subterranean Press, 1983), La morte ci sfida (Night Shade Books, 1986; Fanucci, 2008) e Il carro magico (Subterranean Press, 1986), pubblicando Paradise Sky (Mulholland Boook, 2015; Einaudi, 2016) e Hell’s Bounty (Subterranean Press, 2016). Sospese sempre tra crudo realismo e introduzione del soprannaturale e del bizzarro, anche queste storie western firmate dal celebre autore texano, promettono di non passare inosservate. Di Paradise Sky, coming-of-age di un ragazzino di colore che percorre in solitaria le sanguinarie piste del lontano ovest, già se ne parla come di un classico della migliore letteratura western: parole del The Dallas Morning News. Mentre, Hell’s Bounty, come dice il titolo, sconfinerà nel weird western con la figura di un bounty killer a cui l’inferno dà una nuova possibilità di riscatto.

La recente nuova parabola western di Lansdale è la stessa di Quentin Tarantino, nume tutelare dell’autorialità fuori regola e fuori canone di cinefili eterogenei che dopo la sorpresa di Django Unchained (2012) è subito passato a The Hateful Eight (2015). A dicembre 2015 aveva annunciato, oltre al terzo volume di Kill Bill, il desiderio di portare sul piccolo schermo l’adattamento di un romanzo di Elmore Leonard di cui già detiene i diritti d’autore. Il romanzo in questione è Forty Lashes Lass One datato 1972 e ancora in fase di edizione italiana per i tipi di Einaudi. La vicenda di base ben si presta all’anima “spaghetti” di Tarantino, raccontando di due detenuti, uno afro e l’altro meticcio Apache, a cui viene proposto o di marcire in prigione o di andare a catturare i cinque peggiori delinquenti del territorio dell’Arizona. Insomma, noi gongoliamo solo all’idea di questo one by one western che ricorda titoli come Sentenza di morte (1967) e Il mio nome è Shangai Joe (1973).

Restando in ambito di serie televisive western non può che emozionare e suscitare interesse la notizia, ormai già ampiamente conosciuta, della produzione di Colt, miniserie di sei episodi, uno per colpo, ideata a metà anni ’80 da Sergio Leone e oggi scritta, prodotta e diretta in parte da Stefano Sollima, il nome più importante del cinema e della serialità di genere e allo stesso tempo d’autore in Italia. In sceneggiatura, al posto degli originali Sergio Donati e Fulvio Morsella, ci saranno anche Alex Infascelli, altalenante, ma di talento, e Massimo Gaudioso che ha in curriculum niente meno che Gomorra (2008) e Reality (2012).

Ora cominciano le speculazioni e le fantasticherie ad occhi aperti. Per un leoniano e westerner duro e puro come chi scrive, è d’obbligo porsi alcuni interrogativi e giocare di fantasie. Innanzitutto, va fatto presente che Stefano Sollima è figlio di cotanto padre. Sergio SollimaSergio Leone, Sergio Corbucci, Sergio Donati, Sergio Sollima…. – non solo ha diretto alcuni tra gli spaghetti-western più emblematici e meglio riusciti della storia, come La resa dei conti (1966), Faccia a faccia (1968) e Corri, uomo, corri (1968), ma una volta passato al poliziesco e all’avventura tout court ha sempre fatto la differenza, basterebbe ricordare Città violenta (1970), Revolver (1973) e Sandokan (1976). Da qui, non ci vuole molto a capire come Stefano Sollima abbia saputo ritagliarsi un nome di punta nella cinematografia internazionale, dato che dall’America lo chiamano per Soldado (2017), sequel dell’ottimo Sicario (2015) firmato da Denis Villeneuve, anche grazie a un certo background che manca a molti “autorevoli” registi politici e intellettualoidi italiani.

In secondo luogo va tenuto in considerazione il fatto che la produzione della Leone Film Group, guidata da Andrea e Raffaella Leone, ha con ogni probabilità scelto l’America come luogo delle riprese. Qui già secondo me la produzione ha in parte toppato. Ok che la vicenda di Colt sembrerebbe essere un prequel di Jesse il bandito (1939) e quindi vincolata alla storia americana, ma è anche vero che la mitologia legata sia a Sergio Leone che a Sergio Sollima e ai western italiani ha uno dei suoi punti di forza nell’iconografia particolare del paesaggio almeriense. Almería resta ancora oggi il nostro Far West ritagliato in cortile. Va detto però, a favore della scelta americana, che almeno avremo la sicurezza di godere di mezzi e di volti, ma anche ovviamente di locations, di indubbia professionalità. Senza dimenticare che per il successo della serie è imprescindibile la lingua inglese in fase di lavorazione.

Oltre a Tarantino e a Sollima – e oltre alle numerose e non catalogabili produzioni semi-amatoriali che nascono in America intorno al genere nazionale – altri nomi interessanti si confrontano con il western. Tra questi niente meno che la talentuosa Sofia Coppola, intenzionata a portare sugli schermi il remake di The Beguiled (1971), ovvero La notte brava del soldato Jonathan, capolavoro autoriale di Don Siegel e primo film di Clint Eastwood in cui l’attore si allontana dal cliché che si era costruito in quegli anni. Western da camera dalle morbose tinte southern, in cui, durante la Guerra Civile Americana, un soldato nordista arriva mezzo morto in una scuola per sole ragazze nel bel mezzo della Confederazione, rompendo gli equilibri tanto delle giovani ragazzine quanto quelli dell’istitutrice. Guerra dei sessi dalla deriva intrasessuale, l’opera di Siegel, presa dall’omonimo romanzo di Thomas P. Cullian (1966), era perfetta e piena di sottotesti.

Mentre si sa già qualcosa sul cast femminile, Kirsten Dunst, Nicole Kidman ed Elle Fanning, ancora tutto tace sul protagonista maschile che erediterà la parte che fu di Clint Eastwood. Non ci sono rumors al momento. A caldo, direi che volto e corpo capaci di spiazzare gli equilibri del gentil sesso, oltre che assicurare una certa caratura attoriale, possono essere quelli dell’inglese Charlie Hunnam. Se invece verranno preferiti cover boy come Alex Pettyfer o i fratelli Hemsworth, vorrà dire che Sofia Coppola ha perso l’intuito che finora l’ha sempre distinta. Anzi, potrebbe ripescare il suo vecchio Trip Fontaine de Il giardino delle vergine suicide (1999) e dare a Josh Hartnett l’occasione di confermarsi come uno dei migliori e più intelligenti attori della sua generazione.

I titoli western che vedremo in futuro non finiscono certo qui. Il musicista Jeymes Samuel recupera buona parte del cast di They Die by Dawn (2013) e dirigerà da un suo script The Harder They Fall. Protagonista è una gang di fuorilegge di colore che cerca un sanguinario assassino e la sua banda di tagliagole per ucciderlo. Michael K. Williams a capo della gang di giustizieri, mentre Wesley Snipes a capo dei tagliagole. Tra loro, quel dolce pasticcino di Rosario Dawson. Dopo i western di Mario Van Peebles, il Django tarantiniano e il precedente titolo di Jeymes Samuel, si può parlare di nigga western? O afro western per essere più politicamente corretti? La tendenza è comunque interessante e legittima, l’importante sia supportata da gran mestiere e buone tematiche. Cult o scult?

A tornare in sella c’è anche Christian Bale. Dopo il fiacco remake di Quel treno per Yuma, il fu Bruce Wayne sarà diretto dall’ottimo Scott Cooper in Hostiles. Bale interpreterà un capitano dell’esercito con il compito di scortare un capo Cheyenne e la sua famiglia fino in Montana, guardandosi da una ostile tribù Comanche che infesta il territorio. Nel cast Rosamund Pike e, of course, Wes Studi.

Mentre cambia titolo il film che vede uno contro l’altro Woody Harrelson e Liam Hemsworth, da By Way of Helena a The Duel (2015), si affaccia sul mercato un western arabo, Theeb (2016), diretto dall’iraniano Naji Abu Nowar, prodotto da Emirati Arabi Uniti, Qatar, Giordania e Regno Unito. Il “lupo” del titolo è un giovane beduino che vive con la sua tribù in un angolo dimenticato dell’Impero Ottomano. Siamo nell’Arabia del 1916, e alla perdita del padre, ad occuparsi di Theeb sarà il fratello più grande Hussein che, per non disonorare la memoria del padre decide di aiutare un ufficiale britannico e la sua guida a raggiungere un pozzo d’acqua sull’antica strada che porta a La Mecca. I due fratelli iniziano così un pericoloso viaggio attraverso il deserto arabo, che dopo lo scoppio della Prima Guerra Mondiale è popolato da mercenari, rivoluzionari e predoni. Il New York Times l’ha salutato come “un western arabo sul modello di Sergio Leone” e non solo lo conferma il trailer, ma anche gli importanti riconoscimenti ottenuti, come la miglior regia a Venezia nel 2014, la candidatura a miglior film straniero agli Oscar 2015 e i BAFTA come miglior produzione e miglior regista esordiente sempre nel 2015.

Sempre restando sul western contemporaneo, si segnala l’arrivo di Lawless Range (2016), diretto da Sean McGinly e con la gigantesca presenza di Kris Kristofferson, il vero e unico Billy the Kid, che troneggia insieme a Beau Bridges sul cartellone del film. Protagonisti sono però i due fratelli Connelly, Tommy e Sean, il primo problematico e il secondo sempre pronto ad aiutarlo. Quando Tommy cadrà in un circolo vizioso di debiti, Sean si troverà nella situazione di non poterlo aiutare se non rischiando anche lui la pelle. Mentre invece, protagonista di Traded (2016) è un pistolero, conosciuto come il tiratore più veloce del West, che lascia il suo ranch per andare a Dodge City a salvare sua figlia dalle mani di un vecchio nemico. Sappiamo solo che a Dodge City, il bartender di paese è un tale "Billy", ovvero, Kris Kristofferson.

Chiudo citando il lavoro di un amico che sta riscuotendo non poco successo tra gli addetti ai lavori, ovvero noi westerner. È uscito per la casa editrice Villaggio Maori, Piombo, polvere e sangue. La violenza nella storia del West, 1848-1900 (2016), un saggio introdotto tra l’altro da Luca Barbieri in cui l’autore, Mario Raciti, esamina le dinamiche storiche, sociali e ambientali che hanno reso il West americano una terra violenta e pericolosa. Ripercorrendo le vite di alcuni emblematici protagonisti della Frontiera, Raciti sfata alcuni miti indagando su icone dure a morire come leggendari pistoleri veloci e letali, sceriffi implacabili, giudici dalla corda facile, sparatorie selvagge e così via. Emerge così il lato brutale del quotidiano dell’epoca, senza edulcorazioni leggendarie, ma ugualmente capace di presentare il vecchio West come sempre lo abbiamo sognato: meraviglioso e selvaggio.

Link alle precedenti puntate di BACK IN THE SADDLE:

//www.filmtv.it/post/31124/back-in-the-saddle-il-western-che-vedremo

//www.filmtv.it/post/31648/back-in-the-saddle-il-western-che-vedremo-ii

//www.filmtv.it/post/32136/back-in-the-saddle-il-western-che-vedremo-iii

 

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