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La danza della realtà
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Curiosava, lei, girovagava. Proprio qui, sulla lista dei film italiani del 2015. Instancabile cercatrice di film, affamata di spunti e stimoli da convertire in visioni, il suo sguardo registrava titoli, voti, autori, generi soprattutto. Dopo un po' mi dice, lei, "Sembra che in Italia, nel 2015, siano stati prodotti più che altro documentari". "Ma dove sono finiti, dove finiscono tutti questi documentari? Chi li vede? Dove?"
Stimolo più che pertinente soprattutto in questi giorni, a ridosso dell'Orso d'oro conferito al festival di Berlino a Francesco Rosi per Fuocoammare.

Un lavoro di ricerca più strutturato sui dati mette in luce l'evidenza: 450 film di fiction e più di 800 documentari prodotti in Italia nel solo 2015 (corti inclusi in entrambi i dati). Un segnale già presente da anni che sembra aver preso però la stabilità di un trend proprio dopo Sacro GRA, sempre di Rosi, premiato a Venezia nel 2013. O almeno questo è il pensiero di Mauro Gervasini, al quale ho chiesto un'opinione sull'argomento e che ho scoperto stava proprio scrivendo sullo stesso tema l'editoriale del prossimo numero.


Quindi, ricapitolando. Il documentario italiano è una realtà consolidata ma a giudicare dai voti ricevuti qui su FilmTv.it (un microcosmo certo, ma piuttosto indicativo) sembra che le opportunità di vederli non siano poi così tante. Passano ai festival, fanno uscite fugaci in sala, non godono di buona visibilità in televisione.


Eppure il numero di produzioni dice qualcosa. Sicuramente che i documentari hanno bisogno di meno investimenti e finanziatori e quindi chi ha urgenza di esprimersi attraverso la forma video sceglie quella più immediata e alla sua portata.
E forse dice anche che questo paese sta cercando un modo per raccontarsi. Un modo per svelarsi, per dire qualcosa di sé senza l'ambizione - e gli inevitabili compromessi - di incontrare il favore del grande pubblico. Un paese che cerca di esprimere se stesso attraverso la discesa verticale all'interno di ogni singolo frammento di cui è composta la nostra attualità. Senza l'obbligo di cercare quella storia trasversale da modulare in finzione, che sia sufficientemente profonda per parlare di cose vere ma abbastanza furba da uscire vincente nel confronto con il pubblico e con il mercato.
La florida produzione di documentari italiani sembra allora essere il tentativo estremo di ricomporre un paese frammentato attraverso frammenti che nascono dal basso, le cui punte vengono occasionalmente premiate ma che finiscono per restare invisibili allo stesso "basso" del quale sono portavoce e dal quale provengono.

Comunque sia, se è vero che siamo liberi di boicottare i reality con i quali non risuoniamo, è vero anche che per poter guardare il cinema del reale ci è richiesta una maggiore attività e dato che Fuocoammare è ancora in sala e, sull'onda della vittoria a Berlino, dovrebbe restarci ancora per un po', potreste decidere di andarlo a vedere. Perché parla di un tema duro e di estrema attualità, certo, e perché lo fa scegliendo una forma, una modalità espressiva, che ha fatto molto discutere il mondo del cinema italiano in questi giorni.

Se invece avete visto di recente un documentario italiano meritevole, potreste passare da queste parti a segnalarlo. E se invece non avete avuto l'opportunità di vederne neanche uno, potete sempre scegliere qualcosa che vi intriga da questa lista e adottarlo, cercarlo, stalkerarlo fino a quando lo avrete ottenuto. Per rientrare in possesso di un frammento di realtà che è stato pensato e prodotto perché noi lo vedessimo. E non per restare intrappolato in un limbo, senza poter danzare.

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