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Tre giorni al Torino Film Festival 2015 (........appunti di un cinefilo sui generis)
di GIANNISV66
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Grazie anche alla relativa vicinanza geografica, l'appuntamento col Torino Film Festival sta diventando per l'estensore di queste righe uno degli avvenimenti di punta nel corso del proprio “anno cinematografico”.

Non è mia abitudine fare post riepilogativi, è una cosa che non è nelle mie corde e ci sono utenti decisamente bravi in questo e che leggo molto volentieri; di solito mi concentro piuttosto su alcuni dei titoli visionati per produrre una recensione.

Quest'anno però la presenza veramente consistente di diversi utenti del sito, alcuni dei quali conosco ormai da anni e considero degli amici, mi ha permesso di poter avere un confronto di idee e sensazioni sulle pellicole appena viste, cosa che ha arricchito notevolmente questa esperienza già di per sé molto interessante, e in qualche maniera ha reso unica ciascuna delle visioni, finendo per farmi tirare giù un po' di appunti su quanto visto e vissuto in questa trentatreesima edizione del TFF.

Rubo quindi il mestiere al mitico Rototom e al mio grande amico Alan Smithee (decisamente più bravi di me nei resoconti) e racconto, a chi ha voglia di leggere, della mia esperienza nelle sale del cinema Reposi e del cinema Massimo tra lunedì 23 e mercoledì 25 novembre.

 

Primo giorno

 

Il primo titolo affrontato è un classico del cinema di fantascienza, Il Pianeta delle Scimmie, diretto da Franklin J. Schaffner e basato sul romanzo di Pierre Boulle.

 

 

scena

Il pianeta delle scimmie (1968): scena

 

 

La visione di questo film mi ha fatto capire quanto siano labili e soggetti all'usura del tempo i nostri giudizi, soprattutto se la visione è avvenuta in età adolescenziale. Vidi il film molti anni fa, ovviamente in un passaggio televisivo, e lo ricordavo come un classico film di fantascienza avventurosa (e infatti mi era piaciuto molto). Avergli dato uno spazio in questa tre giorni torinese si è rivelata una scelta azzeccata, infatti la visione in età (ahimè) matura mi ha consentito di cogliere una serie di aspetti che oltre trent'anni fa non avevo colto.

Altro che fantascienza avventurosa! Qui siamo di fronte a una critica vivace e sarcastica del conformismo, della religione e di una società che tende ad omologare i suoi membri e rifiuta il pensiero difforme. La scena in cui di fronte ai ragionamenti della dottoressa Zira (scimpanzé intellettuale) che si è assunta la difesa dell'umano anomalo (in quanto parlante e senziente al contrario degli altri membri della sua specie) Taylor, i tre oranghi (ovvero la classe dominante del “pianeta delle scimmie”) che formano la commissione di inchiesta assumono l'atteggiamento del “non vedo, non sento, non parlo” è forse la più emblematica di tutta la pellicola, quella che ne riassume l'essenza.

 

 

Interpretazione superba di Charlton Heston nel ruolo appunto di Taylor, un cinico astronauta in fuga dal suo passato, che cambierà la sua visione della vita proprio a seguito delle vicende. Colpo di scena finale passato alla storia (e risaputo, ma non lo dico....nell'improbabilità che qualcuno possa non averlo mai visto!)

Giudizio critico: Capolavoro del genere fantascientifico

Voto:****½

Secondo titolo della giornata è La Felicità è un sistema complesso di Gianni Zanasi, che torna (come già per Non pensarci) ad affidarsi a Valerio Mastrandrea e Giuseppe Battiston.

 

Valerio Mastandrea

La felicità è un sistema complesso (2015): Valerio Mastandrea

 

La storia è quella di Enrico Giusti, intermediatore di cessioni aziendali, in bilico tra la spietatezza richiesta dalla propria professione (svolta con successo) e le voci della propria coscienza che troppo spesso fanno capolino e non vogliono tacere.

A dare una svolta alla sua vita saranno l'arrivo della ex fidanzata dell'irresponsabile fratello e un incarico avuto per la gestire una situazione complicata creatasi a seguito della morte di un imprenditore di successo e della moglie in un incidente stradale, evento che lascia la responsabilità dell'azienda ai due figli giovanissimi e inesperti e a un ambiguo zio che detiene le quote di minoranza.

Mastrandrea si conferma come uno dei migliori attori di casa nostra reggendo alla grande una pellicola interessante ma non sostenuta da una sceneggiatura all'altezza, Battiston invece finisce relegato in un ruolo secondario. Tutto sommato un film godibile ma inficiato oltre che dai limiti sopra esposti anche da un finale piuttosto irrisolto.

Giudizio critico: buono ma poteva essere migliore

Voto: ***½

 

 

Ed è la volta di uno dei miei miti personali, Blade Runner, visto trentatré anni fa all'uscita in sala. All'epoca mi spiazzò, per me fantascienza voleva dire Guerre Stellari e affini, mi creò parecchia confusione quel noir ambientato in un futuro da incubo, tuttavia alla scena finale mi ritrovai commosso fino alle lacrime.

Visioni successive (televisive) me lo hanno fatto apprezzare sempre di più fino a farlo diventare uno dei miei titoli del cuore. Non potevo dunque perdere l'occasione per rivederlo.

Giudizio critico: Capolavoro assoluto. E non c'è altro da dire

Voto: ***** con lode

 

 

Una cosa però la voglio aggiungere, anche se non piacerà ai cultori del film in lingua originale: ho potuto ascoltare la voce originale di Harrison Ford e di conseguenza apprezzare il lavoro di chi lo doppia, ovvero Michele Gammino, che arricchisce le performance dell'attore statunitense (dotato di un timbro vocale decisamente meno interessante).

 

Dopo una pizza insieme agli amici Fabrizio (Kurtisonic) Davide (Rototom) e Roberto (Roger Tornhill, autentica anima del Festival per noi utenti di FilmTV) si va a vedere High-Rise su cui da vecchio fan di James G. Ballard ho grandi aspettative, anche perché il regista è quel Ben Wheatley che ho già apprezzato per Kill List, ed il cast è di prim'ordine

Aspettative che purtroppo saranno largamente deluse.

 

 

Si comincia bene con un'ambientazione anni '70 davvero azzeccata (e un richiamo, involontario, a quella mitica copertina di Urania della prima edizione italiana di Condominium), e un Tom Hiddleston che sembra assolutamente in parte. Ma col passare dei minuti la storia diventa un pasticcio con poca logica, una sorta di galleria del grottesco forse dovuta al tentativo del regista di ricreare lo spirito dissacratorio degli scritti di Ballard. Tentativo decisamente non riuscito.

Giudizio critico: occasione perduta.

Voto: **

 

Secondo Giorno

 

La seconda giornata si apre con una sorpresa positiva, ovvero Shinjuku Swan di Sion Sono, regista di cui avevo sentito parlare parecchio ma di cui non conoscevo nulla.

Un sorta di Romanzo Criminale in salsa nipponica, ma con una chiave di lettura molto ironica sorretta da una interpretazione sopra le righe, soprattutto del protagonista Tatsuhiko (Gou Ayano), uno sbandato che diventa un procacciatore di ragazze per conto di una organizzazione del giro della prostituzione (che in Giappone è ampiamente tollerata).

Mi verrebbe da definirlo un gangster movie girato con lo spirito di un anime (e del resto è tratto da un manga). Non ho sufficiente elementi per dare un giudizio sul cinema di Sono, la cui conoscenza va sicuramente approfondita, ma a un film che dura più di due ore e non fa fare uno sbadiglio bisogna riconoscere dei meriti.

 

locandina

Shinjuku Swan (2015): locandina

 

Oltre al già citato protagonista segnalo Yusuke Iseya nei panni di Mister Mako, “capitano” dell'organizzazione che prende sotto tutela il giovane Tatsuhiko, e la bellissima Yu Yamada nel ruolo della maitresse Ryoko.

Niente male la colonna sonora tra cui spicca la alternative rock band giapponese Man With A Mission

Giudizio critico: esuberante

Voto: ****

Pomeriggio dedicato all'horror con due pellicole agli antipodi. Si comincia con Lace Crater, di Harrison Atkins.

Ora devo aprire una parentesi personale: guardo film horror da più di trent'anni, spesso vado a vederli in sala, talvolta anche contro ciò che mi consiglierebbe la logica, e non nascondo che in qualche caso mi sia venuta la tentazione di andare alla cassa per chiedere la giusta restituzione dei soldi del biglietto (comunque non l'ho mai fatto).

Ma una cosa brutta e strampalata come questo film (?) non ricordo proprio di averla vista

Giudizio critico: non un film dell'orrore ma un orrore punto.

Voto: ½* (proprio per dargliene uno)

Meno male che a seguire c'è The Devil's Candy, e il Destino, dopo avermi propinato una delle cose più inguardabili che abbia mai avuto la sventura di ammirare (si fa per dire!) su uno schermo, mi ripaga con uno dei migliori horror degli ultimi anni.

L'australiano Sean Byrne dirige con mano felice una storia piuttosto lineare ma che riesce a tenerci avvinghiati sulla poltrona: una famiglia felice con papà pittore e metallaro va ad abitare in una casa nuova. Peccato che il basso prezzo d'acquisto nasconda una vicenda di follia satanica......

 

Ethan Embry

The Devil's Candy (2015): Ethan Embry

 

Come detto sopra uno dei migliori prodotti in ambito horror visti negli ultimi anni, sorretto da un buon cast in cui spicca Pruitt Taylor Vince nel ruolo di un psicopatico in preda alle voci sataniche (mentre Ethan Embry veste i panni di un capofamiglia che sembra se non il fratello quantomeno il cugino primo di Rob Zombie), arricchito da una colonna sonora metal notevole. E il pupazzetto di Kirk Hammett che sul cruscotto ondeggia al ritmo del metallo pesante è un bel colpo (di genio?....visivo?....al cuore?.....forse tutte queste cose insieme). Sulle note di From Whom The Bell Tolls ci alziamo soddisfatti. Anche perché non sappiamo cosa ci aspetta........

Giudizio Critico: consigliato a tutti, imperdibile se amate il metal

Voto: ****

Già......cosa ci aspetta? La pizza tutti insieme (grande serata, arricchita dalla presenza della straordinaria Emanuela Martini, ma se ne è già parlato altrove); prima però Nie Ynniang -The Assassin di Hou Hsiao-Hsien.

Il film, ambientato nella Cina feudale del IX secolo, risulta splendido sotto il profilo visivo, ma assolutamente impossibile da seguire come narrazione. Una serie di quadri ben costruiti, anzi realizzati con la cura di un artista, ma la vicenda si stenta a capire quale sia e pure se ce ne sia una.

Ammetto di non avere i mezzi culturali per capire un simile prodotto (e non sto scherzando) e passo la mano.

Giudizio critico: irricevibile e irrecensibile

Voto: per quanto sopra non si assegna alcun voto (tuttavia faccio una menzione speciale per la bellissima Shu Qi nel ruolo della protagonista)

 

 

 

Terzo giorno

 

Si comincia di primo mattino con Burnt (che sta per uscire con il titolo Il sapore del successo). Commedia diretta con buona mano da John Wells, si avvale di un ottimo Bradley Cooper ben calato nei panni di uno chef con un passato di grande successo buttato alle ortiche per un carattere troppo irrequieto e un presente faticosamente da costruire. Se vogliamo trovargli un difetto possiamo dire che Burnt è una commedia un po' troppo convenzionale, se vogliamo trovargli un pregio possiamo invece dire che Burnt è una commedia piacevole e rassicurante che ci porta verso un auspicato lieto fine. Francamente ogni tanto non è affatto male incrociare film come questo, che magari non brillano per innovazione ma sanno parlare a un pubblico un po' più vasto.

Giudizio critico: commedia non originalissima ma di piacevole visione

Voto: ***½

 

Bradley Cooper

Il sapore del successo (2015): Bradley Cooper

 

E arriviamo a uno dei titoli cult presentati da questo TFF2015, ovvero quel Crash con cui David Cronemberg si attirò nel 1996 gli strali della censura e pure quelli di non pochi critici.

Il regista prosegue il discorso intrapreso anni prima con Videodrome, e parla di commistione tra carne e tecnologia, contaminazione tra elementi naturali e artificiali, in una storia di perversioni sessuali che a quasi vent'anni di distanza mantiene inalterato il suo impatto. Cronenberg gode in questo caso dell'appoggio di un romanzo e soprattutto di uno scrittore (James G. Ballard, ancora lui in questo festival) la cui penna sembra davvero la più consona alle visioni terrificanti del regista canadese. Guardando le immagini potenti di questa pellicola non si può non pensare a uno dei titoli più celebri dello scrittore inglese, The Atrocity Exhibition (in italiano La Mostra delle Atrocità).

 

scena

Crash (1996): scena

 

Giudizio critico: devastante

Voto: ****½

Chiude la giornata e la mia esperienza al Festival  Coup de Chaud di Raphael Jacoulot. Un viaggio attraverso le crudeltà e le contraddizioni dell'animo umano condotto mediante gli abitanti di un piccolo villaggio della campagna francese assillati da una siccità spietata che sembra a portarli a una resa dei conti collettiva, tra invidie, rancori e intolleranze malcelati.

Un noir duro con un finale che lascia abbastanza sconcerto nello spettatore per una semplicità nella soluzione finale che sembra eccessiva e dunque quanto meno sospetta.

 

 

Giudizio critico: un pugno nello stomaco dello spettatore e un ottimo film.

Voto: ****

 

Arrivederci all'anno prossimo (speriamo!)

 

 

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