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33° TORINO FILM FESTIVAL: "GRUPPO DI FAMIGLIA IN UN INTERNO": LA CENA-RADUNO DI FILM TV
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Da sinistra: Kurtisonic, Spopola, Valdemar, Alan Smithee, il Direttore del TFF Emanuela Martini, Maghella, Cantagallo, Roger Tornhill, Pippus.

Seduti: Gianni66SV, Supadany, Ethan, Isin89.

La foto è stata scattata da Elena, giovane figlia di Pippus, che speriamo di poter annoverare presto tra le nostre file.

Emanuela Martini, direttore del 33° TFF e Alan Smithee

La tavolata...quasi al completo.

 


 

 

Solo poche ore prima della cena, in via Po, da sinistra: Kurtisonic, Rototom, Gaiart, Valdemar, Supadany, Giannisv66, Alan Smithee.

 

Il gruppo di Film Tv si infittisce a Torino, al festival dei cinefili e di chi punta alla sostanza rifuggendo (o anche semplicemente tenendo un pò da parte) tappeti rossi e glamour, che poco hanno a che fare col cinema nella sua essenza e concretezza,

Questa tavolata affollata, valorizzata dalla presenza del direttore del festival Emanuela Martini, gentilmente passata a salutarci a fine pasto, testimonia come il festival torinese stia diventando una tappa sempre più coinvogente. Tra i presenti in questi giorni cito anche Gaiart, Rototom e Degoffro, Luabusivo, Port Cros ed altri ancora di cui probabilmente non sono a conoscenza. Tutti a Torino ognuno secondo le rispettive possibilità ma con l'entusiasmo di dedicarsi al cinema vero.

Il bello di essere in gruppo, come sperimentato anche negli altri festival in cui si riesce a fare collettività e condivisione, è anche costituito dal fatto che possiamo strutturare ed organizzare le nostre visioni in modo collaterale, in modo da organizzarci nel lavoro di sintesi e stesura di post, recensioni e quant'altro. 

Qui a Torino il lavoro è frenetico perché le pellicole da visionare sono davvero tante e spesso molto interessanti. La visione separata ci consente di suddividerci il materiale e di ottenere indicazioni sintetiche (tramite whatsapp) che indirizzano ed in parte influenzano le successive scelte degli altri su quanto già visto e considerato meritevole, posto che ognuno di noi mantiene (per quanto ovvio) i propri metodi di valutazione e soprattutto i propri gusti personali. 

Grazie all'opera di coesione davvero preziosa del padrone di casa torinese, Roger Tornhill, Torino ed il suo festival non sono più uno sforzo individuale o di pochi "malati di cinema", come accadeva fino a poco fa con quell'Alan solitario e ramingo sempre in corsa da una sala all'altra (circostanza e ritmi che peraltro caratterizzano tutt'ora puntualmente ogni dì all'interno della mia concitata tabella di marcia), ma un vero e proprio ritrovo di appassionati di cinema, uniti da un sito che permette loro di esprimersi su ciò che ci interessa veramente e più di molte altre cose ci sta a cuore.

locandina

High Rise (2015): locandina

Intanto il Festival procede, con le sue pellicole irirnunciabili, con qualcosa di meno memorabile e pure, inevitabilmente, con qualcosa che può essere anche tralasciato. Ecco quanto visto di recente in queste giornate appena trascorse:

HIGH  RISE

33 TFF - FESTA MOBILE

In una Londra che si stava preparando anche logisticamente a cavalcare gli anni del boom economico e della borsa, un quartiere di lusso sta nascendo in quella che nel '75 era periferia, ed ancora oggi è  invece il cuore pulsante di una economia a livello europeo, se non mondiale. Un medico distinto ed affascinante entra nel suo nuovo appartamento avveniristico  e lussuoso e si gode il benessere di un agio meritato. Conosce i vicini e nota che la disposizione del super grattacielo osserva una disposizione gerarchica di tipo verticale, che dal basso del ceto più  semplice si eleva fino ad arrivare all'attico destinato al "dio" artefice di tutto il progetto: un architetto geniale ideatore di tutto quel creato.

Ma l'amalgama stratificata così poco compatibile, stenta ad impastarsi, a calcificarsi e ad adattarsi, e in poco tempo un'atmosfera apocalittica e da fine del mondo finisce per regnare in quel microcosmo che finisce per essere un satellite speculare rispetto all'intero pianeta.

Il sogno per troppo tempo ritenuto impossibile di adattare il celebre romanzo breve "Il condominio" di Ballard si avvera dopo decenni di tentativi da parte dell'ostinato e noto produttore Jeremy Thomas.

Di certo risulta ottima l'idea di mantenere l'ambiente originale anni '70, che la scenografia ricostruisce con gran rigore e gusto nei dettagli anche minimi relativi ad arredi e costumi d'epoca. 

Ottimi gli attori, Tom Hiddleston elegante ed affascinante come un damerino e Sienna Miller, sexy e prorompente. Il film ha un incipit accattivante e coinvolgente che fa promettere davvero bene. Poi la storia si incarta e contorce come in uno scherzo perverso che travolge la narrazione, finendo per tergiversare sul buon materiale accumulato fino a quel momento. Peccato perche Wheatley ha carisma e talento, la dose di cattiveria necessaria per affrontare tematiche e storie così spudoratamente complesse ed improbabili, e proprio in virtù di ciò il film aveva creato un'attesa molto forte, facendo davvero ben sperare. Di certo di più di quanto regala questo adattamento, che ci lascia almeno in parte interdetti, se non decisamente insoddisfatti.

VOTO ***

I PROMISE YOU ANARCHY

TE PROMETO ANARQUIA (I PROMISE YOU ANARCHY), è l'opera di un giovane regista messicano che ci introduce nel mondo incerto e tutto traffici illegali in cui vive Miguel, giovane skateboarder, assieme al suo amico ed amante Johnny. Una vita a sfidarsi con la tavoletta a quattro ruote tra le geometrie affusolate e convesse di una Città del Messico tentacolare e spettrale, devastata dal cemento e dal vizio, dal traffico clandestino e dalla vendita di se stessi, del proprio corpo, del proprio sangue, come unico strumento per cercare di sopravvivere.

Traffico di plasma e corpi che si fanno prosciugare pur di racimolare qualcosa per il proprio incerto sostentamento, membra che si intrecciano, corpi che si amano quando l'attrazione tra ragazzi giovani e belli riesce ad avere la meglio sull'istinto di sopravvivenza che spinge a vendersi al migliore offerente. "Te prometo anarquia" è una storia di un nuovo affascinante vampiro che succhia il sangue corrompendo medici conniventi per dar vita ad un commercio clandestino che finisce per andare ben oltre limiti già di per sé inaccettabili, trasformandosi probabilmente in un mercato di organi che diventa la materia di un vero e proprio incubo metropolitano dagli effetti atroci e devastanti.

Cordon non cede alla tentazione di fornirci molte spiegazioni, ma indugia sul fascino dei corpi belli ed armoniosi nonostante siano provati dalla tentazione di svendersi e cedersi al miglior offerente. Vedute e sguardi su palcoscenici metropolitani di degrado affascinante e potente in cui si abbandona una regia che segue i nostri ragazzi orgogliosi e determinati solo apparentemente da lontano, visto che in fondo egli li ama e li sostiene fino in fondo al sentiero di perdizione da cui sarà davvero impossibile, generalmente, uscire.

VOTO ****

THE NIGHTMARE

33° TFF - AFTER HOURS

Dal documentarista esperto di horror e studioso dei fenomeni che generano la paura, Rodney Ascher, noto per il suo Room 237, studio approfondito e lettura in tutte le sue interpretazioni del capolavoro kubrickiano Shining, ci sembra opportuno e lecito trovarci efficacemente dentro non uno, ma bensi otto incubi che, in vari periodi dell'esistenza, hanno tormentato altrettante vittime, causando , tra glia altri malesseri ed effetti, quella che viene chiamata come "paralisi del sonno".

Uno stato di paralisi che blocca i malcapitati nel sonno, ma non solo, rendendoli completamente inermi ed in balia dell'incubo ricorrente che li tormenta, devastandone la mente.

Il regista tenta, e a volte ci riesce piuttosto bene, di ricreare le situazoni (letteralmente da incubo) che le stesse vittime nel mentre ci raccontano, intervistate dallo stesso cineasta. Ricostruzioni di intimità casalighe violate da ombre, esseri maligni e malvgi di cui intravediamo, nel rispetto del racconto dei malcapitati, solo tratti indistinti o il rossore degli occhi malvagi che trapelano, sorrisi deformati e ghignanti, sospiri e deliri vocali che creano disagio e profondi disturbi in coloro che ne vengono sopraffatti.

All'efficacia di qualche situazione od illustrazione di ciò che gli antichi pensavano del brutto sogno, The nightmare appare in molti altri episodi o situazioni un pò goffo e ripetitivo, non proprio in grado di saper esattamente stupire ed avvincere lo spettatore, sempre più portato a pensare - come dargli torto - di stare innanzi ad una intervista diretta a persone disturbate, fortemente succubi delle fisiologiche divagazioni e turbe mentali proprie di menti insicure e necessarie di una guida e di un ascolto.

VOTO**

NASTY BABY

33° TFF - FESTA MOBILE

Il bravo regista cileno de La Nana e Old Cats torna in una produzione americana co-prodotta da Pablo Larrain e ci parla di tante cose, trasformando la commedia a sfondo sociale in un thriller dove i colpevoli sono tutti...e nessuno nelo stesso tempo.

Silva stesso interpreta uno dei protagonisti, Freddy, un elemento di una coppia gay che cerca di divenire padre offrendo il suo seme all'amica dottoressa (Kristen Wiig), ossessionata dal progetto di divenire madre prima che il tempo biologico del suo corpo volga al tramonto della fertilità.

Visto che gli spermatozoi del ragazzo risultano poco collaborativi, viene coinvolto nell'operazione il compagno di colore di quest'ultimo, che finisce, non senza una certa riluttanza, per accettare.

Silva dirige sapientemente un dramma sociale dove le problematiche sociali e di integrazione sfociano in un episodio delittuoso che finirà per coinvolgere tutti e per trovare una soluzione certamente illegale, ma anche necessaria perché la vita possa ancora continuare a esprimersi attraverso la uce di speranza che una maternità (e una conseguente doppia paternità) portà disegnare un nuovo volto e una nuova famiglia, unita già ora per cercare di realizzarsi in tutte le sue sfaccettature.

Silva dirige apparentemente incurante di belle inquadrature: segue a spalla i suoi attori e il suo stile efficace riesce a diventare efficace ed essenziale per raccontarci tutto anche a costo di brusche sterzate narrative.

Ottima la Wiig, un bell'affiatamento fra attori, e i gatti, meravigliosi e perfetti, che con Silva non mancano mai, ma proprio mai.

VOTO ***1/2


33° TFF - FESTA MOBILE

Ottimo analizzatore dei piccoli sentimenti o sfaccettature che ci rendono esseri umani, magari fragili ed  imperfetti, ma veri, autentici, Gianni Zanasi torna dopo diversi anni da quel riuscito ed irresistibile Non pensarci, con un nuovo film sempre in coppia con Mastandrea e Battiston; una pellicola rischiosa, più matura e dai risvolti più ambiziosi, che si erge a paladina dell'onestà e della laboriosità della classe più umile, dello strato sociale di base, scagliandosi contro quel ceto che, in modo apparentemente meno vistoso e pomposo di quello dei politici, ha piegato l'intero nostro paese, affossandolo in una crisi ed in un degrado, economico e di valori, da far rimpiangere "quando si stava peggio": la categoria vampiresca e perennemente assetata di linfa da produzione (e da guadagno o speculazione) della classe dirigente, che da decenni ormai spadroneggia incontrastata, sempre più chiusa in sé stessa, ma proprio per questo sempre più arricchita e vorace di un profitto innaturale e smodato.

Ai danni della collettività, ma anche di potenziali iniziative economiche che invece di per sé rappresenterebbero delle eccellenze e delle virtù della realtà imprenditoriale  italiana.

Quando tal Enrico Giusti - di professione un consulente specializzato a convincere inetti direttori d'azienda a lasciare il proprio ruolo in cambio di un'offerta che li mette su due piedi a riflettere e li incoraggia a farsi da parte per non distruggere ricchezza, anziché crearla - si imbatte in due giovani e disincantati, ingenui ma puri fratello e sorella, orfani di padre e di male, deceduti in un incidente di macchina, ecco che il suo ruolo di persuasione diviene al contrario un incoraggiamento verso i  due ragazzi, a non farsi divorare. E di non perdere anche l'ultima possibilità per scongiurare di finire in balia di un gruppo di avvocati disonesti e squali, in grado unicamente di cedere l'attività industriale a investitori stranieri terzi, in barba ai rilevanti problemi di occupazione che finiscono per compromettere esistenze, famiglie, e uno strato sociale intero della organizzazione del lavoro.

In mezzo a ciò, a complicare ma in positivo la già complessa matassa da sbrogliare per il giovane consulente (reso con ironia e una strepitosa prova recitativa da un Mastandrea incontenibile) la figura fuori dal mondo  di una ragazza israeliana, mollata subdolamente dal fratello almeno nello stesso modo e stile in cui il padre dei due si dleguò ven'tanni prima, in seguito ai processi derivati da una bancarotta fraudolenta.

Descrivere il carattere e le tendenze purificanti di due giovani ricchi ma onesti è il tenttivo più difficile ed ambizioso del film, e del suo regista Zanasi, che cerca in tutti i modi di non cadere nello scontato di una retorica bidimensionale.

Per fortuna la coppia Mastandrea-Battiston, è sempre azzeccata e protagonista di scene e monologhi, nonché karaoke, davvero straordinari, a volte esilaranti quando Mastandrea sciorina la sua consueta ironica rassegnazione sunteggiando lo stato dei fatti. Li affianca l'incantevole attrice israeliana Hadas Yaron (La sposa promessa, Felix e Meira), tutta occhioni di stupore ed un accento straniero che disarma e meraviglia: i suoi duetti con Mastandrea quando la scopre in casa e la accoglie nei giorni a seguire, è un gran bel pezzo di cinema e di commedia.

Ed il film, che racchiude in sé una verità indiscutibile circa la responsabilità di una casta che ha rovinato e continua a spolpare un'Italia produttiva che saprebbe fare a meno di loro e dei loro calcoli in malafede, tentenna verso un finale che non potrebbe essere altrimenti se non incerto ed indefinito, rappresentato, nella migliore delle ipotesi, con l'immagine del biancore di una galleria che si apre al sole, tendendo dunque ad un cauto ottimismo di cui però non si delineano ancora i caratteri e le forme. 

VOTO ***1/2

I RACCONTI DELL'ORSO

locandina

I racconti dell'Orso (2015): locandina

 33 TFF - CONCORSO 

Una bambina viaggia in macchina con due adulti e si addormenta nel sedile posteriore. La sua mente si popola di sogni dove l'oggetto più  prezioso dell'infante, ovvero in orsetto di peluche appena smarrito nel bosco, diviene protagonista di una ricerca ossessiva da parte di due supereroi un po' goffi, ma animati da gran sentimento: un uomo ragno stilizzato e rosso fuoco e un robot simil Star Wars che si inseguono, e poi si alleano per tentare di ritrovare il terzo amico. 

Lo sfondo dei boschi finlandesi fa molto e regala diversi scorci affascinanti, che ben si amalgamano con la silouette anticonformista o proprio bizzarra dei due personaggi misteriosi: quelli che tengono in vita un film sperimentale la cui storia potrebbe - ma non è affatto certo che sia così - essere questa; ma pure qualcos'altro, visto che gli autori non si curano di fornirci indizi più  concreti.

Pertanto questi "Racconti dell'orso" (tanto che la vicenda è suddivisa in capitoli, in coerenza col titolo) appare come un lavoro Insolito e coraggioso (bellissima ed espressiva in partocolare la maschera ferrosa dolente e desolata in una perenne smorfia metallica di delusione e tristezza) per essere un film italiano, una favola a tratti suggestiva, altre volte disarmante ed enigmatica, molto probabilmente girata a costi irrisori.

VOTO ***

 

 

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