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Yon González. L’attore Alfa.
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Ci si chiede spesso chi o cosa sia un attore. Qualcuno scomoda ragionamenti filosofici, attitudini professionali, training, metodi e corsi sul modello del taglia e cuci, qualcun altro invece gioca, ci gioca con l’attore, è finzione, è un gioco, una recita, una menzogna, un’imitazione. Ognuno ha le sue idee e se abbiamo una varietà di attori, stili, scuole e di conseguenza anche una varietà di risultati altalenanti è proprio perché la recitazione, come ogni forma artistica e creativa, non è una scienza certa e sfugge ad ogni matematica disciplinatrice. Nonostante questa babilonia di attorialità c’è una cosa che non cambia. Il corpo.

Yon González è il corpo. Più di chi ha legato la propria attorialità al proprio corpo, alla propria fisicità, bellezza e perfezione estetica, come James Franco e pochi altri, tra l’altro alcuni discontinui e mai seriamente vincolati ad essa, Yon González da Vergara, Guipúzcoa, nei Paesi Vaschi, è il corpo cinematografico che mancava. Corpo classico, antico, contadino, cinematograficamente iconico, perfetto nella sua struttura muscolare, lontano anni luce dalla aberrante costruzione fisica ipertrofica che oggi molti attori sfoggiano sul modello di Chris Hemsworth, partendo dalla celebre fisicata di Brad Pitt in Fight Club (1999), pellicola che ha dato il via al culto della costruzione fisica iper-edonista, passando per i corpi perfetti e superomistici di Matthew McConaughey, Christian Bale e tanti altri.

Attore generoso, Yon colpisce per spontaneità e naturalezza del gesto. Il suo fisico, di una perfezione imbarazzante, gli permette di giocare con la scena, gli oggetti e i vincoli scenici, e di muoversi tra loro come un pugile che balla sulla punta dei piedi, così come sa muoversi leggero tra gli altri attori in scena dominandoli. Mi ricorda molto Clint Eastwood per le sue pose, per la sua recitazione secca, ferma, lapidaria. E allo stesso modo con cui Yon recita per sottrazione, muovendo le labbra come se fossero il centro del corpo attoriale, allo stesso modo recita per accumulo, istrionismo, sbottando in gesti di violenza istintiva, raptus isterici poco contenuti la cui centralità fisica non sono più le labbra, ma gli occhi sottili, scuri, profondi. Oltre la nervosità del suo fisico, teso e reattivo, sono gli occhi e le labbra a catalizzare l’attenzione dell’attore guipuzcoano, che sono anche gli strumenti attoriali che usa con più consapevolezza. Per non parlare della voce, modulata con misura, dal timbro cavernoso, quasi monocorde, ma piena di sfumature percettibili dalle corde emotive più che dalle orecchie, così come la sua camminata sicura e mai imbarazzata lo porta sempre al centro dell’attenzione dello spettatore.

Che sia conscio del suo corpo come principale mezzo evocativo lo conferma l’uso formale che ne fa in ogni sua interpretazione, dal cortometraggio – come Latex Puppen (2009) che gli ha valso riconoscimenti anche in terra straniera – al lungo, commedia o dramma che sia, passando per i lavori televisivi che sono i principali, per ora, della sua carriera, e lo conferma anche la libertà disinibita con cui presta la sua perfezione fisica alla macchina da presa. Tant’è che nel suo primo appuntamento con il grande schermo, nel chiacchierato Mentiras y Gordas (2009) di Albacete e Menkes, Yon non si presta soltanto ad una scena di sesso esplicito e pure omoerotico, ma si concede anche in un veloce nudo frontale, senza quel pudore sgradevole che hanno molti altri colleghi sempre attenti ai movimenti che fanno in scena quando sono nudi. Mentre invece, in tutte le serie di massimo successo in cui ha lavorato, come SMS – Sin Miedo a Soñar (2006-2007), El Internado (2007-2010) e Gran Hotel (2011-2013), occorrono regolarmente gli shirtless-time. Nelle prime due abbondano le scene in doccia, con asciugamano di ordinanza a dare quel tocco di erotismo virile che ha fatto fin da subito il successo dell’attore, mentre in Gran Hotel abbondano gli incontri di pugilato a corpo nudo che ne esaltano la sua potenza fisica e ne dimostrano la forte presenza dominante.

La sua carriera inizia così col botto con il ruolo di Nico in Mentiras y Gordas. Reduce dalle due stagioni di SMS, Yon già godeva di una certa popolarità, ma non la stessa di cui già poteva fregiarsi l’amico e compagno di set Mario Casas. L’attore galiziano è il protagonista vero e proprio della pellicola. Un ragazzino, pelle e ossa, carino, problematico come l’amico Nico con cui condivide tutto, dalle canne alle ragazze. In più è gay e vive la sua omosessualità liberamente, ma solo con l’amica del cuore, mentre la vive con ansia e palpitazione quando sta con l’amico Nico, oggetto dei suoi desideri. La scena madre è il threesome tra Mario Casas, Yon González ed Elena de Frutos, al termine della quale Yon insegue nudo Mario Casas e si concede frontale alla macchina da presa – si è anche mormorato di una presunta relazione omosessuale tra i due attori.

Il film della coppia Albacete y Menkes non è solo corpi nudi e sessualità compulsiva, come credono i detrattori. Dal taglio indie, la pellicola vuole fin da subito colpire per la genuinità delle tante piccole storie che racconta, le celebri intrahistorias unamuniane, e con stile rarefatto, a volte forzatamente autoriale, ci consegna senza fronzoli le piccole e dure storie di questi ragazzi di vita che la società in crisi ha praticamente abbandonato a se stessi in un’epoca in cui il facile accesso a ogni tecnologia e a ogni divertimento ha causato un corto circuito generazionale non indifferente.

Nel cast figurano altri attori di un certo successo televisivo come Maxi Iglesias, anche lui nudo di culo, come nudi ci sono, anche se casti, Alejo Sauras e Hugo Silva, mentre sul fronte femminile a mostrare le proprie felici “vergogne” abbiamo Ana de Armas, Elena de Frutos e la coppia lesbo Ana Polvorosa e Duna Jové.

Immediatamente dopo, Yon González viene reclutato addirittura da Guillermo del Toro per una piccolissima scena, poco più di una posa, in un film da lui prodotto e invece diretto da Sebastián Cordero. In Rabia (2009), Yon è soltanto un giovane meccanico, senza battute – o meglio, una battuta ce l’ha, ma resta sullo sfondo come sorda – che a inizio film viene pestato a sangue dal protagonista, lo psicopatico Gustavo Sánchez Parra. Ha invece una parte più importante e meglio caratterizzata nel successivo Torrente 4: Crisis Letal (2011) creato, interpretato e diretto da quella “bestia” della scuderia di Álex de la Iglesias che è Santiago Segura. Torrente è un poliziotto franchista, razzista, sessista, becero e volgare, ma le sue triviali gag non ti lasciano indifferente, qualunque palato tu abbia. Nel quarto episodio, tra sodomie, scoreggie e personaggi abominevoli, Yon è un galeotto che si presta a proteggere Torrente incarcerato per sbaglio e lo aiuta pure ad evadere. Il suo personaggio è divertentissimo, lontano anni luce dai suoi tipi più comuni, quelli drammatici, scissi, inquieti che aveva interpretato fino a poco tempo prima. Il suo Peralta veste in pantaloni larghi di tuta da super-discount e con canottiera bianca a risaltarne la muscolatura. È maledettamente forte e agile, picchia tutti, ma ha un’aria da tonto e da bamboccione che Yon González rende irresistibile facendo del suo personaggio il secondo per importanza e interesse dell’intera pellicola. Prova di grande versatilità, a conferma di un talento naturale che via via si sta raffinando – imperdibile in questo senso il suo cameo nel 2011 in una sit-com di successo come Los Quién capitanata dal nuovo feticcio almodovariano Javier Cámara.

Il 2011 è anche l’anno di Transgreción di Enric Alberich. Cast internazionale, anche se non dei migliori, prodotto dalla nostra Cucinotta che si prende pure il ruolo da protagonista. Il film racconta di un gruppo di pericolosi ladri, tra cui il nostro attore vasco, che penetrano nella bella villa della ricca coppia formata dalla Cucinotta e da Michael Ironside per derubarli. È l’unico film di Yon González in cui il suo apporto è proporzionato al suo ruolo. Una piccola parte, abbastanza incolore e molto soggiogata al protagonismo degli altri attori di ruolo. Per la serie “questa è una co-produzione internazionale, stai un po’ schiscio”.

È nella serialità televisiva che Yon dà il meglio di se stesso. Obbligati a serializzare un personaggio, gli attori devono per forza di cose attribuirgli caratteri indimenticabili, mutevoli, con le problematicità di un personaggio romanzesco sull’idea di romanzo di Bachtin. Se in molti casi i personaggi sono monocordi, poco più che tipizzazioni, caratteristi senza profondità alcuna se non quella vincolata al proprio ruolo – medico, poliziotto, prete – e in tanti altri sono personaggi costruiti di fretta, dati in mano ad attori senza mestiere, oppure obbligati ad una resa puerile degli stessi, come nel caso delle fiction italiane, ci sono casi in cui un personaggio riesce a vivere di una tridimensionalità tale da crescere con la serie stessa e con gli stessi spettatori. È il caso di Iván Noiret e Julio Olmedo interpretati da Yon González nelle due serie di maggior successo in cui ha lavorato, rispettivamente El Internado e Gran Hotel.

È il 2007 quando l’attore guipuzcoano viene scelto per protagonizzare nella serie di Antena Tres ambientata in un ex orfanotrofio, oggi collegio privato di lusso, in cui succedono fatti anomali, bizzarri quanto macabri: persone che sparisco, mostri avvistati nel bosco, sotterranei misteriosi, passaggi segreti, scheletri dissotterrati, ululati… Il suo personaggio è quello di Iván Noiret, ragazzo indisciplinato, il bullo della compagnia. Tenebroso, solitario, attaccabrighe, autodistruttivo, violento, ha però un cuore d’oro e lo svela lungo le settantun puntate della serie. La sua particolarità è quella di riuscire a coinvolgere emotivamente lo spettatore in ogni inclinazione del suo personaggio, anche quando fa di tutto per farsi odiare.

Nella prima puntata e in molte successive lo vediamo scherzare il nuovo arrivato, il vero protagonista della serie, il galiziano Martiño Rivas, uno dei tanti volti della nuova leva spagnola di attori di razza, e lo scherza non su questioni da poco, ma sulla morte dei suoi genitori, generando così subito antipatia per il proprio personaggio. Ma nel tempo riusciamo a conoscerlo meglio e se anche la svolta umana arriva solo a serial inoltrato, fin dalla prima stagione il suo Iván è amato dai telespettatori più di altri personaggi. È l’attore stesso che sa infondergli una caratura letteraria. È un personaggio pieno di sfumature e rappresentazioni di sé sempre diverse e mai univoche. Lo vediamo sprezzante e spocchioso con tutti, anche con la sua vera madre che ancora non conosce, ma nei rapidi movimenti degli occhi, in quelle labbra morsicate, nei gesti rabbiosi trattenuti come in quelli esplosi, avvertiamo tutta la fragilità di un antieroe di proporzioni immense. Un ruolo molto cinematografico che forse nemmeno gli sviluppatori della serie avrebbero creduto diventasse un personaggio così completo da stridere nella cornice televisiva. Con Iván Noiret, “el chico travieso”, tutta la Spagna che conta ha capito di avere in casa uno di quegli attori che nascono solo una volta ogni cinquant’anni.

Il suo ruolo di amore e odio con Ana de Armas e poi con la bellissima e sensuale Blanca Suárez – guardatevi il primo bacio tra i due nel bagno della scuola, Yon sa inventare cose a cui nessuno penserebbe – piuttosto che lo stesso rapporto di attrazione/repulsione anche omoerotica con l’amico Martiño Rivas, la boria con cui tratta e maltratta i suoi antagonisti, la tenerezza con cui riconosce la madre, sono tutti segnali, forse isterici dato il repentino cambio di umore, ma sicuramente comprovanti la grandezza di un attore completo e totale capace di caratterizzare i suoi personaggi con tratti diremmo soprasegmentali, intuizioni personali, libere e addirittura anarchiche in grado di toccare corde nascoste e farti urlare al miracolo.

Stesso discorso per il Julio Olmedo di Gran Hotel. Serie conclusa a giugno 2013 dove Yon González è il protagonista assoluto, maturo e sobrio, dell’intera serie. Chiamato dalla sorella al grande albergo in cui lavora, Julio arriva in questa gigantesca residenza da sogno per scoprire che la sorella è sparita, forse morta, e si fa assumere come cameriere per indagare. Nel frattempo si innamora corrisposto, e non a torto, della bellissima figlia dei proprietari dell’albergo, interpretata da Amaia Salamanca tra l’altro anche lei protagonista di SMS.

I due attori si riuniscono così ad anni di distanza e danno vita non tanto a una storia d’amore memorabile, ma ad una coppia di investigatori esistenzialisti, mossi più dai tormenti personali, in linea diretta coi mutamenti dell’epoca – siamo ai primi del ‘900 – più che dalle vicende delittuose della serie. Va assolutamente menzionato il grandissimo lavoro di Adriana Ozores, malvagia Doña Teresa, dai rari tratti umani, che sa tenere banco per tutta la durata della serie e riesce davvero a scatenare nello spettatore un forte sentimento di odio nei suoi confronti tale che il sottoscritto, notoriamente pasionario dei villains, non vede tuttora l’ora di prenderla a calci.

Ma gli occhi son tutti per Yon González – e anche un po’ per un attore di razza come Manuel de Blas, visto anche in El Internado, che qui veste i panni nientemeno che di un serial killer sul modello di Jack lo Squartatore. Mentre la bella Amaia Salamanca ci delizia con la sua gentilezza estetica – ragazza di rara bellezza, anche se preferisco la mora e tosta Blanca Suárez vista anche ne El Barco (2011-2013) al fianco di Mario Casas – Yon González e il suo Julio Olmedo ci danno una lezione di compostezza e sobrietà recitativa da manuale, per poi esplodere come un vulcano nelle scene di lotta o di pericolo dove ritroviamo quella fiamma viva bruciare negli occhi dell’attore. Gli incontri clandestini di pugilato a mani nude, e a corpo nudo ovviamente, sono tra le scene in cui maggiormente la fisicità di González svetta tra le altre e conferma anche la superiorità scenica che ha in tutti gli altri momenti del serial, compresi quelli in cui è sacrificato nell’ingessata e impeccabile divisa da cameriere.

Con Julio Olmedo, l’attore di Vergara – che tra l’altro è il titolo del marchese interpretato da Fele Martínez – chiude un periodo d’oro della propria carriera prima di dedicarsi a nuovi progetti dal risultato incerto: Antena Tres vuole bissare il successo della serie precedente e produce Bajo sospecha (2015-2016), confuso e stucchevole crime drama che vuole imitare gli omologhi americani riuscendo solo a scimmiottarli e lo stesso González viene sacrificato e costretto dentro un personaggio e un testo a tratti imbarazzanti; partecipa in un ruolo di contorno nella commedia adolescenziale El club de los incomprendidos (2014) che oltre a sfoggiare nel cast anche Raúl Arévalo e Carlos Arices permette al nostro attore di divertirsi nei panni di un viscido allenatore di pallavolo; in Perdiendo el norte (2015), è invece un emigrato spagnolo nella fredda Germania in cerca di lavoro e se non fosse per la sua trascinante incisività e per la presenza nel cast di Javier Cámara, José Sacristán, Blanca Suárez e Carmen Machi, l'intero film sarebbe pressoché passabile, freddino e sfilacciato.

Classe dell’86, Yon González vanta la sicurezza, l’appeal, la durezza e la spontaneità dei più grandi. Come diciamo qui a Milano “al fa el bülo”. È un bullo Yon. Il modo di stare in scena, di gestire gli altri attori, quasi fosse un regista sul campo, è segnale di un’intelligenza scenica ben calibrata, oltre che istintiva e genuina. Il modo che ha, invece, di stare con le ragazze, di prenderle e rapportarsi a tutte le partner femminili è di una virilità rara oggi al cinema e in televisione. Stesso dicasi per le relazioni tipicamente maschili come le amicizie, le rivalità, gli omoerotismi sotterranei.

Virile, duro, fisicamente perfetto, atletico e dominante, eastwoodiano nelle pose, Yon González è l’attore Alfa che ci mancava. Irrimediabilmente lontano dalla pussy-generation del teen-power, Yon è una forza della natura, un fiume impetuoso, una montagna solida, una terra forte, una pietraia e un castagno robusto. Un corpo attoriale drammatico su cui porta i segni della virilità esistenziale come forza, asprezza, distacco, rabbia e solitudine. Attore di rara grandezza.

Per chi capisce e ama lo spagnolo lascio una clip dove può gustarsi il modo di parlare di Yon González.

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