Espandi menu
cerca
OLTRECONFINE SPECIALE CANNES – GIORNO 9 – SI CELEBRA THE EAST CINEMA CON TRE GRANDI AUTORI: IL RITORNO DI HOU HSIAO HSIEN IN UN CAPPA E SPADA AFFASCINANTE E OLD STYLE, JIA ZHANG-KE CON UNA STORIA D'AMORE E AFFETTI FAMILARI LUNGA 25 ANNI, E INFINE T. MIIKE
di alan smithee ultimo aggiornamento
post
creato il

L'autore

alan smithee

alan smithee

Iscritto dal 6 maggio 2011 Vai al suo profilo
  • Seguaci 313
  • Post 213
  • Recensioni 6348
  • Playlist 21
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

 

Come ogni primo pomeriggio da qualche giorno a questa parte, lascio Sanremo e la Riviera dei Fiori per catapultarmi in Costa Azzurra per fare miei il maggior numero possibile di film ed autori cinematografici che quest'anno si concentrano al festival in modo particolarmente abbondante.

Tutta la costa che attornia Cannes è legatissima al Festival, in grado di trainare su di sé una massa di gente davvero incredibile ed alimentare guadagni ed incassi di una stagione balneare ancora agli sgoccioli.

Guardate questa facciata di una palazzina nei pressi di Cannes La Bocca, a pochi passi dal teatro La Licorne che, assieme ad altre tre strutture, accoglie noi “Cinephiles” sfamando o quantomeno alleviando i nostri appetiti cinefili.

 

Ecco un gigantesco Alain Delon che svetta a torso nudo, giovane e sexy, grazie all'abilità non certo di un semplice imbianchino, ma di un vero e proprio artista del ritratto e della gigantografia.

Il film è famosissimo: Plein Soleil di René Clement, tratto da un famoso romanzo di Patricia Highsmith della serie dedicata a quel losco faccendiere di Ripley.

 

 

Ma ora basta divagare e concentriamoci sulla giornata ed i tre film che l'hanno caratterizzata:

THE ASSASSIN è il titolo internazionale corrispondente a Nie Yanniang, ovvero una splendida e temibile eroina di un medioevo cinese riferibile al IX secolo, epoca in cui il governo centrale si stava sfaldando sotto la spinta indipendentista di alcune città ribelli, prima fra tutte Weibo. Facendo tesoro dell'abilità innata nelle arti marziali, tecnica fattale apprendere da una dinamica suora che l'ha allevata e istruita, la giovane guerriera si prefigge di sconfiggere la tirannia del governo centrale per far rifiorire una democratica e libera indipendenza fra città.

Nel frattempo il cugino e promesso sposo di Nie viene eletto governatore di Weibo e questa circostanza pone la ragazza nel dubbio ferale se andare avanti con la sua missione volta ad eliminare ogni forma di comando coercitivo, o invece lasciare la setta degli assassini e unirsi all'uomo che ama e con cui vorrebbe dimenticare tutto un periodo di battaglie e azioni bellicose.

Complesso e girato in uno stile che ricorda i film di cappa e spada dei maestri cino-giapponesi degli anni '50, The Assassin rifugge la moda wuxia con i suoi salti innaturali, i suoi volteggi a prova di gravità e i volteggi e svolazzi insensati per attenersi ad un realismo rigoroso, che solo grandi inquadrature abbacinanti di una natura pressoché incontaminata e sovrana, riescono a distoglierci almeno in parte, da una atmosfera concentrata e senza fronzoli tutta costruita su strategie e tatticismo da battaglia, combattimenti all'arma bianca con fendenti mortali ma mai splatter o fragorosamente esagerati, che pare davvero di trovarci in mezzo ad un campo di battaglia.

Un bel ritorno, in Concorso, da parte di un grande autore che mancava dal cinema da oltre un lustro.

VOTO ***1/2

MOUNTAINS MAY DEPART è l'ultimo film di uno degli autori che più amo, Jia Zhang-ke, invitato nella sezione Concorso per raccontarci una storia familiare di legami indelebili o sgretolati nel corso di oltre venticinque anni, dal recente passato di un 1999 sulla via della fine, salutato dalla Go West (ri)cantata dai Pet Shop Boys in un loro meraviglioso e coinvolgente arrangiamento, per finire in un prossimo futuro datato 2025, tra le avveniristiche autostrade di una Australia tecnologica e organizzata che alterna progresso alle sue meravigliose bellezze naturali che risultano incantevoli e mozzafiato come la famosa “spiaggia dei dodici apostoli”.

A fine anni '90 una donna è indecisa se seguire le ragioni del cuore e sposare un onesto e timido minatore o invece un furbo uomo d'affari che investe in miniere e specula maldestramente. Ovviamente la donna proenderà per quest'ultimo, che la allieta con auto di lusso e una vita decisamente più promettente. Nel 2014 la coppia è già scoppiata e la madre perde l'affido del figlioletto, che va invece a vivere col padre divenuto milionario. Tuttavia la moglie, venuta a sapere del tumore ai polmoni di cui soffre l'ex spasimante operaio, si offre di sovvenzionargli le cure per cercare, invano, di riuscire a tenerlo in vita ancora un po'.

Nel 2025 il figlio della coppia, trasferitosi da anni in Australia per volere del padre, ha nel frattempo non solo perso le tracce della madre, ma anche disimparato la lingua natale a favore di un più asettico ed universale inglese.

Grazie all'aiuto di una professoressa-amante matura che potrebbe figurare come sua madre, il ragazzo decide di abbandonare la frivola vita del figlio di papà e decide di far rientro presso la madre, che ntanto vive di ricodi e balla sulle rive del lago ghiacciato, sempre la solita spumeggiante Go West di cui sopra.

Zhang-Ke gira una pellicola anche inevitabilmente discontinua e disomogenea, di tre episodi concatenati dal corso del tempo e che ci inducono tuttavia a riflessioni complesse ed intime su ciò che sono i nostri affetti e ricordi, comunque non cancellabili dal tempo e dal destino avverso.

Sorvoliamo stati d'animo più intimisti e Il tocco del male, ma il film è un ulteriore ottimo ed imprescindibile tassello di una saga familiare governata da scelte imprudenti ed infelici e da individui che cercano delle risposte, sapendo già di non avere il tempo per ottenerle, almeno nella totalità.

VOTO ****

Lasciando Cannes La Bocca, mi dirigo verso il centro Crioisette per tentare di vedere, al cinema Les Arcades, l'ultima folle, adrenalinica, esagitata esperienza cinematografica del prolifico regista nipponico specializzato in horror, Takashi Miike, presentato nell'ambito della Quinzaine des Réaisateurs. Il titolo è già tutto un porgramma: YAKUZA APOCALYPSE. La concitata vicenda è ambientata tra le fila di una potente banda di trafficanti e mafiosi giapponesi, capitanata da tempo immemore da Kamiura, divenuto anche vampiro e per questo quasi immortale e con una buona dose di riserva fresca di plasma attraverso un buon numero di prigionieri detenuti in uno stato di annoiata soporifera prigionia e utilizzati per l'occasione come aprire una bottiglia di vino pregiato quando se ne presenta l'occasione. Vittima di un complicato ma organizzato complotto, il potente boss rimane vittima di un agguato ma, prima di morire decapitato, morte scientemente il suo più promettente pupillo, il giovane e tosto Kageyama, che, vampirizzato in extremis, troverà le caratteristiche essenziali per portare a termine una vendetta ed un caccia all'uomo implacabili.

Schizzato e pulp come ci si aspetta dal dinamico irresistibile regista, Yakuza Apocalyspse diverte e scorre via veloce come molti altri folli appuntamenti cinefici del suo prolifico instancabile autore. Non presenta alcun colpo di genio e finisce per essere un roboante trampolino di lancio nonché occasione propizia per dar modo ancora una volta all'autore di dar sfogo alla propria innegabile abilità tecnica nel giostrare scene di combattimento e zuffe senza tregua, dosando sapientemente ironia e splatter in una giostra ritmica da giocattolone spericolato tutto ritmo e action indiavolata.

Un cult un po' costruito a tavolino insomma, divertente ma di stampo decisamente seriale.

VOTO ***

Uscendo dalla che è l'una passata, mi allungo fino alla bglietteria della Quinaine nei pressi del non lontano Palais Croisette per verificare i premi collaterali in capo alla medesima sezione.

In una Cannes notturna finalmente un po' diradata di folla e lustrini, passo in rassegna tutti i luoghi di culto della manifestazione, ormai quasi deserti ma ancora luccicanti e agghindati a festa.

E' bello riscontrare che il film che più hop apprezzato finora in capo a tutta la manifestazione, ovvro quel colombiamno straordinario de EL ABRAZO DE LA SERPENTE di Ciro Guerra, si è aggiudicto l'Art Cinema Award; Il Prix Oceane France spetta a MUSTANG, che purtroppo non ho avuto modo di vedere, mentre al film di Audiard TROIS SOUVENIRS DE MA JEUNESSE spetta il Prix SACD-

 

Buonanotte.

 

Ti è stato utile questo post? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati