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Intervista ad Aldo Lado. Il "vecchio falco" è tornato!
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Incontrare Aldo Lado significa incontrare un pezzo della nostra storia cinematografica, quella che personalmente più mi piace.

Il regista non ha bisogno di tante presentazioni, diciamoci la verità. Ha al suo attivo più di 15 film girati per lo più tra gli anni '70 e '80. Sceneggiatore, autore e produttore, oggi è uno dei nomi più citati e omaggiati dai registi stranieri, quali Quentin Tarantino o Tim Burton.

Ma queste sono cose che si conoscono. Quello che forse non tutti possono conoscere è la vitalità che ancora oggi questo signore - classe 1934 - esprime con il proprio lavoro o con il semplice entusiasmo che mette nel raccontarsi. Come si usa dire in Toscana: “leva il fumo alle schiacciate”.

Aldo Lado è un fiume in piena, letteralmente. E' uno che è capace di scoppiare per telefono in una sonora risata parlando con una perfetta sconosciuta come me, mettendola completamente a suo agio in pochi istanti. Sono un'amante del “giallo all'italiana”, del poliziottesco e dell'horror italiano targato anni '70, e lui è il regista di uno dei miei film preferiti: “L'ultimo treno della notte”. Per questo ero molto ma molto emozionata quando mi si è offerta l'occasione (da me cercata in maniera quasi sfacciata) di poterlo intervistare. Aldo Lado si è subito dimostrato disponibile a chiacchierare con me; e le sue risposte sono una testimonianza preziosa di come si faceva il cinema una volta (un certo cinema, quello cosiddetto di “serie b”), e delle difficoltà pratiche che si incontrano oggi nel fare film che trattano determinate tematiche.

Aldo Lado è “un chiacchierone” e io una curiosona, così posso dire di essermi levata qualche curiosità su un paio di film che mi piacciono tanto. Condivido con voi questa piccola (ma per me davvero preziosa) intervista.

 

Partiamo proprio dall'inizio: come è nata la sua avventura nel mondo del cinema? Aveva la consapevolezza di voler fare il regista? Oppure è stato un inizio casuale?

Sin da ragazzo ero innamorato del cinema e desideravo ardentemente lavorare in questo settore, ma mi sarei accontentato di farlo in qualunque ruolo, anche solo tenere l'ombrello aperto sulla testa degli attori. Poi intorno ai vent'anni mi misi a fare dei cartoni animati e dei piccoli filmati a Venezia con degli amici ma ben presto slittammo sulla pubblicità (che ci faceva mangiare!). Così a 25 anni capii che in quel modo non avrei mai lavorato nel CINEMA e dato un taglio al passato me ne andai a Parigi dove, dopo aver suonato più campanelli di un postino, riuscii ad entrare in un vero film come assistente alla regia di parte italiana (era una coproduzione e era necessario un “tecnico” italiano per renderla valida). Era “Il coltello nella piaga” di Anatol Litvak con Sofia Loren e Antony Perkins. Iniziai così. Poi altre aiuto regie in Francia sino a quando mi chiesero di fare l'aiuto a Roma (parlavo perfettamente francese). Molti film western come aiuto poi il salto con “Il Conformista” di Bernardo Bertolucci. Intanto avevo cominciato a scrivere sceneggiature per alcuni registi (Samperi, Lucidi etc.) e infine quando scrissi Malastrana(La Corta Notte) non volli vendere la sceneggiatura e aspettai. Venne la mia occasione di debuttare nella regia, ma come vedi non avevo questo come mio obbiettivo principale.

 

Il cinema italiano degli anni '70 è stato rivalutato moltissimo nell'ultimo ventennio grazie a grandi registi americani che non hanno mai nascosto il fatto di essersi ispirati ai film di registi italiani per i loro lavori di successo. Il suo nome è uno dei più citati. Perché certe pellicole considerate “di serie b” sono più apprezzate all'estero piuttosto che in Italia? Soffriamo della sindrome del “grande autore”?

In quegli anni i critici avevano la puzza sotto al naso e per loro esistevano solo i cosiddetti grandi autori (De Sica, Rossellini,etc.) rivalutando di tanto in tanto i vari Monicelli etc. autori della commedia all'italiana. Tutto il resto era serie b.

Indubbiamente e non solo in passato i film miei, di Bava, di Margheriti,di Corbucci etc erano più apprezzati all'estero che in Patria. In Italia ancora oggi a parte qualche retrospettiva in piccoli Festival e l'interessamento di riviste come Nocturno e l'affetto di fans come sei tu, non c'è seguito neppure in TV. In Francia per esempio due anni fa la prestigiosa Cinemateque Française ha fatto una serata in mio onore proiettando la Corta Notte e l'Ultimo Treno, e nella grande sala c'era pubblico (pagante!) in piedi tanto era gremita!

 

Lei è uno dei registi più amati dagli appassionati del giallo all'italiana. Negli anni '70 ha girato almeno 3 dei titoli più famosi del genere: “La corta notte delle bambole di vetro”-1971, “Chi l'ha vista morire?”1972 e “L'ultimo treno della notte”-1975. Ci sono voluti più di quarant'anni per ricevere i giusti riconoscimenti? Oppure già all'epoca si era consapevoli di quanto fosse importante e originale il lavoro che lei - insieme ad altri illustri colleghi – faceva?

Devo dirti che l'unica consapevolezza che avevo all'epoca era di realizzare dei film i cui contenuti socio/politici pur essendo metafore vestite di “giallo” esprimevano il mio modo di vedere e criticare la società. Penso che la ragione per cui questi film non sono finiti nell'oblio sia perché purtroppo i mali e le storture del mondo in cui viviamo, oggi sono gli stessi di allora.(I Potenti che si servono del sangue dei giovani per sopravvivere,gli Emarginati manovalanza della mafia etc.,i Preti pedofili...)

Comunque per quanto mi riguarda volevo solo “FARLI” i film e non mi ponevo domande né avevo aspettative sul loro futuro. Devo però dire che sono piacevolmente sorpreso dalle tante edizioni in DVD che continuano a uscire nel mondo e dall'attenzione che ricevono, felice che interessino alle nuove generazioni. La mia vita di “cinematografaro” non è stata vana!

 

E ora 3 domande secche sui suoi 3 film che più adoro:

La corta notte delle bambole di vetro”: il suo primo film da regista lo gira all'estero, a Praga. Perché? C'era la necessità di rendere la storia più cosmopolita? Si pensava già ad un mercato straniero? Era la moda del momento?

Sono cresciuto immerso nella cultura mitteleuropea e la scelta di Praga nasce sia da una esigenza “kafkiana” della storia, sia dalla necessità di una ambientazione rarefatta e ambigua com'era quella di Praga prima della caduta del muro. Ero stato a Praga alcuni anni prima (aiuto regista per fare dei sopralluoghi per un film mai realizzato) e l'avevo trovata misteriosa e impregnata di misteri e di esoterismo.

Mi avevano proposto di ambientare il film altrove ma rifiutai e lo feci solo quando ebbi l'opportunità di ambientarlo a Praga. Non c'erano altre ragioni.

 

Chi l'ha vista morire?”: il suo secondo film lo gira invece a “casa sua”, in una Venezia malinconica e glaciale. Il film è cattivo: ci fa affezionare alla piccola vittima e poi ce la mostra morta, senza nessuna pietà. Si accenna alla pedofilia, ci sono scene molto forti di omicidi, corpi nudi che mimano amplessi; come ha fatto a superare la censura? Ci sono scene che non abbiamo mai visto?

Francamente non ricordo i miei scontri con la censura (che invece in prima istanza ha VIETATO la proiezione in pubblico dell'Ultimo Treno!) e non ricordo di tagli. Ma questo forse perché quando il film è passato in Commissione di censura io ero assente, già impegnato nella preparazione del mio terzo film “La Cosa Buffa”.

(e poi mi levi una mia curiosità personale: l'uomo che che urla “è l'assassino” nella scena dell'omicidio al cinema è per caso Lou Castel? O me lo sono sognato?)

Mi sembra che Lou Castel venne a trovarci sul set (era amico del produttore Enzo Doria che aveva girato con lui “Grazie zia” di Samperi) e accettò di fare “la comparsata”.

(la “comparsata” di Lou Castel è visibile per qualche istante al 54:14 del film).

 

 

 

L'ultimo treno della notte”: IL MIO PREFERITO IN ASSOLUTO. Il suo film più politico e più spietato, di forte denuncia sociale. Oggi sarebbe possibile fare un film del genere? A mio parere ce ne sarebbe la necessità.

Ti ringrazio per i complimenti e condivido il tuo giudizio.

A mio parere anche ai nostri giorni non mancano i temi “forti” su cui lavorare, ma manca totalmente il tessuto produttivo. I film o ricevono i soldi dalla Rai o da Mediaset o non si fanno ; e non sono certo soggetti come l'Ultimo Treno che vogliono per le loro televisioni “popolari”.

Allora c'erano tanti distributori che anticipavano gli incassi con cambiali e il giro era vorticoso. Ma anche all'epoca non era consueto poter fare un film così. A Parigi durante la serata in mio onore il direttore della Cinemateque mi chiese come c'ero riuscito e gli risposi che da un lato avevo girato il film in soli 25 giorni per cui il produttore non era riuscito quasi a rendersi conto di quello che facevo e d'altro lato era talmente preso dal “correre dietro alle cambiali che gli scadevano” che gli rimaneva ben poco tempo per venire sul set.

Ti dico che per poter realizzare il Notturno di Chopin ho dovuto finanziare interamente il film di tasca mia perché non sono riuscito a trovare nessun distributore o televisione disposta a darmi il becco di un quattrino! Spero soltanto che vengano venduti molti DVD e possa rientrare di qualcosa. Le uscite in sala sono diventate proibitive per i costi della pubblicità e i pochi distributori in vita hanno sufficienti film americani da mettere nei cinema. Gli altri sono di Rai o Mediaset e distribuiscono i film di loro produzione.

 

Il suo periodo più prolifico e di maggior successo sono gli anni '70. Negli anni '80 affronta generi completamente differenti tra loro: dall'erotico/drammatico alla fantascienza; poi, serie televisive di discreto successo. Negli anni '90 lavora più come sceneggiatore e “dietro le quinte”... Infine, dopo una lunga pausa, nel 2012 gira “Il notturno di Chopin”, un film anomalo, tra il noir, il giallo... quasi un horror. Perché? Cosa l'ha spinta a tornare dietro la macchina da presa?

Ho fatto film di vario genere perché da un lato mi divertiva di più cimentarmi appunto con generi diversi e d'altro lato non volevo avere una filmografia monotematica (come Leone o Argento).

Nel 1999 sono rimasto vedovo e ho deciso di ritornare a vivere a Parigi dove ero stato dal 60 al 67 . I francesi sono molto sciovinisti e come regista trovavo porte sbarrate. Invece come Produttore Esecutivo ero un Top in quanto univo la mia grande esperienza professionale (sceneggiatore,regista,autore,produttore di serie televisive) con una grande attenzione ai soldi “che si vedono sullo schermo”, evitando gli sprechi tipici della produzione. Tra gli altri ho fatto Vercingetorix, Farinelli, Marquise tutti film di grande successo e dai budget molto alti che mi hanno preso molti anni di lavoro. Ho revisionato molte sceneggiature e ne ho scritte altre per me che non sono riuscito a realizzare. C'est la vie!

Poi la mia attuale compagna mi ha convinto a venire a vivere a Milano.

Avevo perso “il giro” in Italia. Gente che conoscevo era sparita, morta o in pensione e mi stavo annoiando con una voglia spasmodica di fare un film, di tornare dietro alla macchina da presa. Ma non trovavo l'idea giusta sinché il rapimento di Yara (rapita all'uscita della palestra e uccisa) mi fece considerare il fatto che tutti i media erano sul “giallo” o sul dramma dei genitori. Ce ne fosse stato uno che avesse sprecato una parola sul VERO DRAMMA: quello della ragazzina, rapita,forse violentata ,sola con il suo destino. E costi quel che costi l'ho fatto!

locandina

Il Notturno di Chopin (2014): locandina

Con “Il notturno di Chopin” torna a parlare del rapimento di una bambina proprio come per “Chi l'ha vista morire?”; pensavo che con l'età e con l'esperienza si fosse addolcito, invece è tornato più “cattivo” di prima. E' cambiato molto il modo di fare cinema? E' stato un ritorno o semplicemente una “visita occasionale”?

Io sono dolcissimo, amo ridere e scherzare. Ma come riesci a scuotere le coscienze sopite se non dando loro un pugno sullo stomaco? D'altronde quando si affronta il tema di una situazione terribile e drammatica si sa bene che in 9 casi su 10 il finale è tragico. E così doveva essere!

Solo il futuro dirà se questo è stato l'ultimo volo del vecchio falco.

 

Ha girato questo ultimo film con un bassissimo budget. Ha trovato la piccola (e bravissima) protagonista casualmente. E' stato difficile dirigere una bambina inesperta per una parte tanto difficile?

I bambini sono particolari. O hanno talento naturale o non ne hanno. Avevo fatto molti provini a piccole professioniste, apparentemente anche brave, ma “recitavano”la parte, non la vivevano. Inoltre spesso erano le madri che affette probabilmente da antiche frustrazioni cercavano di insegnare alle figlie il modo di recitare. Orrore!

Per fortuna ho scoperto il talento naturale di Sofia (Sofia Vercellin) che si è immedesimata nel personaggio di Alessia e l'unica vera fatica è stata di applaudirla assieme agli altri componenti della troupe dopo ogni ciac.

D'altro lato avevo realizzato ben 26 telefilm per RAI 2 con cinque bambini a Venezia (La Pietra di Marco Polo) ed ero un esperto.

L'unica bizza che Sofia ha fatto (e si è impuntata!) è per la scena di quando si fa la pipì addosso che non voleva girare perché si vergognava. Ma se un regista conosce il mestiere asseconda l'attore, gli fa fare altre cose, lo imbroglia e poi sullo schermo con un paio di trucchi e di inserti girati a parte, avrà sullo schermo la scena che voleva!

 

E ora? Progetti per il futuro?

Uno che ho appena scritto (è solo un soggetto che andrebbe lavorato!). Ma non so se riuscirò a trovare i finanziamenti necessari (anche se modesti).

 

Auguro ad Aldo Lado di fare il suo prossimo film, "cattivo" più che mai. Lo ringrazio tanto per la sua gentilezza e disponibilità, mai avrei sperato di avvicinare così tanto il cinema che  mi piace.

 

 

 

 

 

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