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Affetti e Dispetti - La Nana
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"Affetti e Dispetti-La nana" é disponibile un dvd ormai da un po', per la precisione dallo scorso 19 Ottobre. Io mi sono imbattuto in questo particolarissimo film qualche sera fa e mi sento davvero di potervelo consigliare. Chissa', come alternativa homevideo a qualche testosteronato blockbuster, perché no... 

Film pregevole, curioso, uggioso, che nel finale non nega una saggia dose di ottimismo e vitalità, tra sorrisi e appesantite corsette che consentono di respirare finalmente la spazialità odorosa degli esterni notturni: cosa che, in un film ambientato e girato quasi esclusivamente in interni (diurni, e domestici), viene ad assumere anche un preciso valore simbolico. Un'opera tutt'altro che conciliante, "La nana": il film di Silva é la radiografia asciutta e acida di un dissesto familiare che non ha bisogno di drammoni fuori portata per attecchire ma deriva, molto semplicemente, dal fluire quotidiano. La messa in scena é essenziale e priva di fronzoli, eppure di tanto in tanto non manca di riversare sullo spettatore qualche "moto accidentato", complice un uso sapiente, mai compiaciuto e mai egocratico (mai alla Von Trier, per intenderci), della camera a spalla. Certo la sceneggiatura "dispettosa" é forse il punto debole del film, che ben presto finisce per ruotare stancamente intorno a un assunto di base un po' protratto a forza salvo poi, nel finale, innalzarsi e rinnovarsi nuovamente. Il centro nevralgico dell'azione scenica resta però innegabilmente lei, Raquel, la nana del titolo: il film é già "provocatorio" nell'idea di partenza, ossia quella di attribuire connotati da protagonista a una "categoria umana" (quella della tata, del maggiordomo, del servo) che é di solito ampiamente trascurata nell'economia di molti racconti, a meno che non si tratti del killer smascherato a sorpresa nel finale di un giallo di Agata Christie. Ma qui la protagonista si aliena ben presto dagli stereotipi di sorta, dagli schematismi avviluppanti che vorrebbero imbrigliarla nella definizione di "simbolo di una precisa fetta sociale". Lotta strenuamente, con le buone e con le cattive, per emanciparsi dalla glaciale freddezza e dal distacco emotivo che il suo ruolo socialmente e convenzionalmente le imporrebbe, elaborando ogni sorta di escamotage per continuare a essere "amata" sopra ogni cosa (e sopra ogni altra) nel cuore della famiglia medio-borghese presso cui lavora. Raquel non fa che ripetere che i bambini la adorano e per lei, che avverte con sofferenza il distacco emotivo e geografico dalla sua famiglia d'origine, l'intima vicinanza di figli non suoi é di per sé abbastanza, il bene più grande, la soddisfazione più impagabile. Quello di Raquel é un personaggio che si dischiude lentamente e progressivamente allo spettatore, che ne coglie i sorrisi, i rapporti di amicizia e i crescenti affetti solo dopo essersi intrattenuto/annoiato con le sue dispettose bravate all'acido muriatico. In tal senso la regia e l'approccio visivo di Silva, tra il grigiastro e il bianco sporco, appaiono perfetti: il giovane regista cileno, pupillo mancato di Spielberg (perlomeno a leggere il suo "strambo" curriculum vitae), lavora "corporalmente" con la sua attrice (la splendida Catalina Saavedra, premiata al Festival di Torino), ne coglie l'impietrito sguardo vitreo per poi scioglierlo, dolcemente e inesorabilmente; ne ritrae la sofferenza dimessa, il lavoro sempre uguale, i nudi in penombra con la discrezione di un narratore sapiente che quando gira a vuoto non suona mai prolisso, e quando vuole sa scaldare il cuore.

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