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Il Teatro del Sogno, la band con il nome di un cinema
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1992: sugli scaffali dei negozi di dischi, nella sezione dedicata al metal (allora c'erano i vinili, non ancora spodestati del tutto dai CD, né ridotti ad oggetto da collezionisti), fa la sua apparizione  una copertina molto suggestiva, suggestiva come il titolo cui è abbinata: Images and Words.

 

 

 

Si tratta del secondo lavoro dei Dream Theater, band conosciuta solo dagli addetti e dagli appassionati più attenti per un album d'esordio pubblicato tre anni prima nel quale avevano dimostrato capacità tecniche davvero notevoli.

Una rivista specializzata che allora mi annoverava fra i suoi lettori più fedeli (e che oggi temo non esista neanche più) ne parlava, in termini lusinghieri, come di un incontro tra la durezza dei Metallica e le melodie dei Marillion con una strizzata d'occhio ai maestri del passato (Rush, Yes e Kansas).

Lo acquistai a scatola chiusa, attirato da quelle poche note e da quella meravigliosa cover. E fu folgorazione.

 

 

 

Era l'epoca di massimo successo per il grunge, genere che non amavo in toto ma da cui ero attirato per la vitalità dimostrata nel recuperare la semplicità e l'energia del rock più puro, depurandolo dagli orpelli degli anni '80 (rappresentati soprattutto dalle stucchevolezze di quel filone conosciuto come hair metal). 

In un contesto del genere poco spazio sembrava esserci per un recupero delle sonorità care al mio adorato progressive, ed ecco invece che dai solchi di quel vinile esce una musica fantastica, una perfetta fusione tra l'energia e la potenza di un certo metal più diretto e meno ruffiano e soprattutto la melodia e la capacità di proporre i movimenti musicali assai articolati tipici del progressive rock.

Esisteva già una band che aveva proposto in anni precedenti una evoluzione delle forme tipiche del metal verso una ricerca di sonorità più sofisticate, i notevolissimi Queensryche, per i quali si era coniato il termine di tecno-metal.

La band di Seattle aveva intrapreso un percorso musicale di costante evoluzione fino a pubblicare nel 1988 un album che rappresentò una vera svolta per tutto il genere, Operation Mindcrime. Ma i Dream Theater si spingono oltre, questa è una band che se è heavy metal nell' esecuzione strumentale  è però profondamente progressive nel suo spirito e nella sua essenza.

 

 

 

Il legame fra i Dream Theater ed il cinema comincia dallo stesso nome della band. Si chiamavano in origine Majesty, ma quando devono cambiare nome per motivi legali addottano, su suggerimento del padre del batterista, quello di un vecchio cinema, appunto Il Teatro del Sogno.

I membri della band hanno sempre manifestato un grande amore per la settima arte, in particolare il tastierista Kevin Moore ed il batterista Mike Portnoy.  Amore che si esplicita proprio in un brano di Images and Words, Take The Time, a metà del quale si sente una voce declamare in italiano: "Ora che ho perso la vista ci vedo di più". Si tratta di un estratto da Nuovo Cinema Paradiso di Giuseppe Tornatore. Un bell'omaggio al cinema e ad un regista del nostro paese da parte di una band che qui in Italia ha riscosso sempre molti consensi.

 

 

 

Ancora richiami al mondo del cinema con ben due intermezzi musicali contenuti nel doppio album dal vivo Once in a Lifetime del 1998. Sull'apertura e la chiusura di Trial of Tears si inserisce il motivo di Incontri ravvicinati del terzo tipo, mentre all'inizio del brano Voices il chitarrista John Petrucci fa apparire le note del tema della Forza da Star Wars.

Un doppio omaggio al cinema di fantascienza degli anni '70 che aveva fatto sognare milioni di adolescenti, tra cui i membri della band (che sono nati alla metà degli anni '60....ottimo decennio mi verrebbe da dire!).

 

Nel corso degli anni i Dream Theater hanno cambiato alcuni membri (Portnoy e Moore non sono più della partita), hanno perseguito sulla strada del progressive metal con costanza, a volte tentando svolte che non sono mai state gradite dai fan, finendo così per restare troppo fedeli alla loro immagine iniziale e per risultare a volte un pò troppo ripetitivi. 

Hanno alternato buoni lavori a produzioni deludenti, ma non sono mai riuscitia ripetere le evocative e meravigliose atmosfere di Images and Words. Chiudo con queste parole tratte dal sito onda rock (www.ondarock.it), che trovo riescano a riassumere con pochi tratti l'essenza di questa band: "Amati alla follia o detestati a morte, i Dream Theater sono stati e continuano a essere, nel bene e nel male, protagonisti della scena metal......"

 

 

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