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Sequenze. La Stanza dei saperi.
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Esiste la verità? E se esiste, che cos’è la verità ? Ma soprattutto, ammesso che esista una verità univoca, suscettibile cioè di generare la separazione più idonea possibile tra ciò che è bene e ciò che è male, tra il la cosa giusta e quella ingiusta, il bello e il brutto, l’armonia e il disordine, ecco, se esistesse una siffatta verità sarebbe davvero opportuno conoscerla, entrarvi in possesso, farvisi totalmente partecipi ? Se esistesse veramente una stanza capace di far acquisire a chi vi entra una conoscenza illimitata, il potere di saper carpire i segreti essenziali dell’universo, partendo da quelli riguardanti gli aspetti inconfessati della propria più intima natura, come si comporterebbe l’uomo dotato di raziocinio ? Si lascerebbe coinvolgere totalmente da questa offerta prodigiosa o arretrerebbe guardingo di fronte al peso enorme che l’acquisizione di questo tipo di potere comporterebbe ? Nel dubbio su quale siano le migliori risposte a queste domande, l’uomo nella storia ha continuato a ricercare la verità attraverso la pratica filosofica. Giungendo così, non ad una sola verità, ma a più pretese di verità, tante quanto sono gli ambiti in cui può suddividersi tutto il conoscibile, posti tra di loro in rapporto dialettico, ognuno con la presunzione di essere giunto al cuore pulsante della verità rivelata, ma nessuno che possa veramente dirsi più vicino degli altri in fatto di maggiore veridicità delle proprie particolari assunzioni teoriche. Lo scrittore ed il professore simboleggiano a dovere questo pluralismo dialettico delle idee, l’ambizione quasi istintiva di giungere ad un sapere quanto più ampio possibile, rappresentando, il letterato che specula attraverso l’arte per tendere all’innalzamento dello spirito umano il primo, lo scienziato che utilizza il metodo empirico per conferire un ordine calcolato al mondo il secondo. Più pronto a considerare i misteri propri dell’agire umano come il frutto della natura essenzialmente irrazionale del cosmo l’uno, più incline a mostrare esclusiva attenzione verso ciò che può essere verificato e dimostrato razionalmente l’altro. Spossati evidentemente dal faticoso viaggio nella Zona, un luogo pieno di tranellie false illusioni, i due studiosi polemizzano vicendevolmente sul senso della vita, e lo fanno alla maniera di chi, tutt’ ad un tratto, ha scoperto di essere arrivato ad un punto di non ritorno. Sembrano non avere più tanto entusiasmo di arrivare nella Stanza per ricevervi in dono l’esaudimento del loro più intimo desiderio. Sembrano aver compreso che l’uomo non è nulla rispetto all’ illimitatezza del sapere, che può solo soccombere sotto il peso di una conoscenza inaccessibile. Che la loro vanità di studiosi può non valere il sacrificio dell’uomo dotato di ragionevoli dubbi.

Stalker (Andrej Tarkovskij)

In un luogo indefinito e in un tempo non precisato è accaduto che un misterioso meteorite si è schiantato sulla terra provocando notevoli variazioni al naturale ordine delle cose. Soprattutto, si è prodotta la separazione tra il mondo degli umani e quella che viene denominata la “Zona”, un luogo magico in cui avvengono misteriose sparizioni, pieno di tranelli mortiferi e arcane visioni. Protetta dalla ferrea vigilanza dell’esercito, solo gli Stalker conservano qualche possibilità di uscire vivi dalla Zona, solo loro conoscono la natura delle insidie che vi si possono incontrare e la mutevole morfologia del territorio. Solo loro sono in grado di condurre gli occasionali visitatori fino alla “Stanza”, una sorta di centro gravitazionale di ogni sapere conosciuto in cui chi vi arriva può chiedere che venga esaudito il desiderio più grande che conserva in fondo all’animo. Uno di loro (Aleksandr Kajdanovskij) accetta di accompagnare due uomini all’interno della Zona, uno scrittore (Anatolij Solonicyn) e uno scenziato (Nikolaj Grinko), lasciando così sole la moglie (Alisa Frejndlikh) e la figlia paralitica (Natasa Abramova ). Per un viaggio al centro dell’universo che potrebbe essere anche l’ultimo.

 

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