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Don't Fear The Reaper. Al cinema con i Blue Öyster Cult
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1971: il critico musicale Lester Bangs assiste a un concerto. La band sul palco lo travolge con la potenza della musica a tal punto che, nel tentativo di darle una definizione, pesca dal linguaggio letterario e, memore di una espressione coniata da William Burroughs, usa il termine heavy metal.

Scelta fortunatissima dato che quelle due parole andranno a definire uno stile musicale che tempesta ancora oggi le orecchie di milioni di fan (adolescenti e anche – e forse soprattutto - non adolescenti).

E' andata così, o forse no. In effetti già nel 1968 in una canzone degli Steppenwolf, passata poi alla storia del rock, si parlava di “heavy metal thunder”. Ma non importa, quell'aneddoto è ormai entrato nella leggenda, così come la band che calcava quel palco: i Blue Öyster Cult.

 

 

In quel 1971 i B.Ö.C. Non avevano ancora pubblicato dischi, ma per l'esordio su vinile avrebbero dovuto aspettare solo un anno. Il gruppo era nato qualche anno prima nell'ambiente universitario di New York sotto l'egida di Sandy Pearlman, giovane critico musicale e autentico membro aggiunto della band, che  calcava le scene con il cantante Eric Bloom, il chitarrista Donald “Buck Dharma” Roeser e il tastierista Allen Lanier, mentre la sezione ritmica era appannaggio dei fratelli Bouchard, Joe al basso e Albert alla batteria.

Il nome del quintetto venne tratto invece dal verso di una poesia dello stesso Pearlman, un'espressione che indicava una razza di alieni pronta a invadere la Terra. E qui si denota subito quella commistione con la fantascienza, l'horror ed il fantastico in genere che rappresenta la cifra stilistica che più caratterizzerà i B.Ö.C. e, soprattutto, un elemento di grande fascino che attirerà l'attenzione di molti appassionati.

 

 

Esemplificativa in tale senso la collaborazione con lo scrittore Michael Moorcock, uno dei massimi esponenti della fantasy e della S.F. Britannica, autore della celeberrima saga di Elric il Negromante. Moorcock (che non era nuovo al mondo del rock potendo vantare una fruttuosa collaborazione con la band inglese degli Hawkwind), scrisse per i B.Ö.C. i testi di tre canzoni, due delle quali (Black Blade e Veteran of the Psychic Wars) assurte al rango di classici della band newyorchese.

La critica considera quale miglior produzione dei nostri quella relativa ai primi tre dischi, ovvero l'omonimo esordio del 1972, Tyranny and Mutation del 1973 e Secret Treaties del 1974, questi ultimi due addirittura reputati tra i migliori dischi della storia del metal. In realtà confinare una band complessa come i B.Ö.C. nel panorama dell'heavy metal appare (come peraltro accade per altre band del periodo, pensiamo ai Black Sabbath o ai già citati Hawkwind) davvero limitativo, talmente elaborato e originale appare il loro stile.

Una frase tratta dal volume "L’estetica del metallaro" di Luca Signorelli esplica bene il ruolo che questa band ha saputo ritagliarsi nel variegato panorama del rock: "I BOC rappresentano meglio di tanti altri quel legame perverso, insistente che esiste tra letteratura colta e metallo". E in tale direzione la massima espressione venne raggiunta nel 1988, con il concept Imaginos, album ricco di suggestioni lovecraftiane.

 

 

Se dunque l'attenzione della critica musicale si concentra sui primi tre dischi, quella dei cinefili va invece a opere successive. Soprattutto ad Agents of Fortune del 1976, che contiene un brano entrato nella storia del cinema: Don't Fear The Reaper.

Canzone amatissima da Stephen King, che la cita all'inizio dell'Ombra dello Scorpione, le sue note inquietanti hanno accompagnato il mitico Halloween.

 

 

E a John Carpenter i Blue Öyster Cult devono piacere molto visto che vengono citati anche in una scena del Signore del Male (sul braccio di una delle protagoniste appare il marchio del maligno, che altro non è che il logo della band, la fusione tra una croce e un punto di domanda).

Don't Fear the Reaper compare inoltre arrangiata acusticamente in Scream. La canzone peraltro non è stata appannaggio solo dalla cinematografia horror: il film Miracle (uno dei migliori di ambientazione sportiva) la utilizza nella colonna sonora, un po' come simbolo musicale del periodo in cui si svolge la vicenda (il 1980), a dimostrazione di come questo brano sia uscito dalla dimensione puramente sonora per diventare uno dei simboli dell'America.

 

 

A tal proposito basta ricordare un celebre sketch del Saturday Night Live, conosciuto come “More Cowbell”, che vede l'interpretazione di un divertente (e divertito) Christopher Walken nella parte del produttore della band impegnata a registrare quello che è il loro brano più famoso.

 

Non solo Don't fear The Reaper comunque. Nel film di animazione Heavy Metal compare un'altra celebre canzone dei B.Ö.C., Veteran of the Psychic Wars (già citata sopra come frutto della collaborazione con lo scrittore Michael Moorcock) tratta dall'album Fire of Unknown Origin (1981), mentre in Lords Of Dogtown troviamo The Red & The Black (dal secondo album della band, peraltro a quanto mi risulta non accreditata nella colonna sonora ufficiale), per non parlare dei numerosi passaggi in svariate serie televisive (e anche qui a farla da padrone è, neanche a dirlo, la canzone dedicata alla mietitrice).

 

 

Concludo con una nota personale: se c'è un album di questa band che è stato pensato come colonna sonora per un film ideale, quello è Imaginos. Chissà che qualche regista coraggioso non ne tragga lo spunto per una pellicola horror, anziché buttarsi sul solito remake dell'ennesimo film made in Asia.

 

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