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Palermo come Cinecittà: sul set di “Scossa”, con il regista Ugo Gregoretti
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Sono passati più di vent’anni dalla sua ultima regia cinematografica del 1989, Maggio musicale, ma oggi Ugo Gregoretti, regista dell’apologo fantascientifico Omicron, ha deciso di ritornare sul set, dietro la macchina da presa.

 

 

 

E l’occasione gli è stata fornita da uno dei cinque episodi da 20 minuti che costituiranno il lungometraggio Scossa, prodotto da CineSicilia e Paco Cinematografica, opera considerata di interesse culturale nel dicembre 2008 e che gode anche di una minima sovvenzione statale per la realizzazione (circa 200 mila euro).

 

 

Il progetto prevede cinque differenti “sguardi interpretativi” tradotti in cinque racconti, filmati da altrettanti registi italiani (oltre a Gregoretti, sono coinvolti nel progetto Andrea Frezza, Carlo Lizzani, Francesco Maselli e Nino Russo) che realizzeranno i loro prodotti in totale libertà di struttura e linguaggio, in modo da ottenere prodotti diversi l’uno dall’altro ma che abbiano come comune denominatore il terremoto che la notte del 28 dicembre 1908 sconvolse e distrusse le due città dello Stretto, Messina e Reggio Calabria.

 

I cinque registi interpreteranno ognuno un singolo aspetto della catastrofe, in modo che questa tragedia contenesse in sé, tre termini essenziali: il “prima”, il “durante”, il “dopo”, raccontando sia la situazione sociale dei luoghi prima di essere investiti dalla catastrofe, sia la terribile giornata cruciale, e sia ancora alcune conseguenze future, e raccontando essenzialmente di esseri umani che, nella diversità dei “momenti”, potessero da persone diventare personaggi, vittime, e insieme noi.  

 

Cinque racconti, solo apparentemente minimalisti ma che possono contenere temi importanti. 

 

Il tema dell’emigrazione italiana dell’epoca, che naturalmente arriva a riflettere sull’attuale immigrazione in Italia di genti , oggi, più povere di noi. 

 

 

Il tema dell’atrocità del dolore, che può fatalmente avvicinare persone prima estranee o addirittura ostili fra loro. E che da una solidarietà pressoché imposta dalla tragedia può far nascere speranze nuove, e persino nuove forme di aggregazione umana e sociale. Il tema che può trasformare una pura quanto drammatica casualità in quasi irreale, come la magica salvatrice apparizione dal mare della flotta russa.

 

Il tema, ancora, di destini umani che cambiano totalmente nel “dopo”. Il tema di intere fasce della società estirpate, cancellate dal tessuto di due città, fasce di grande tradizione, di secolare cultura umanistica, scientifica, politica.

 

E soprattutto il tema delle umane capacità di avventura, di paura e di rabbia, di predisposizione e di rinascita. Capacità che nessuno conosce di se stesso prima di una così violenta “scossa”.

 

 

Ugo Gregoretti ha cominciato le riprese del suo Lungo le rive della morte lo scorso lunedì a Palermo. La scelta del capoluogo siculo non è casuale: permetteva al regista di utilizzare una delle poche locomotive a vapore ancora funzionanti, custodita gelosamente dalla Treno Doc. A suggerire la location è stato il regista palermitano Aurelio Grimaldi, figlio e nipote di ferrovieri.

 

La Treno Doc, vero e proprio deposito di locomotive, ha sede nel popolare quartiere di Brancaccio (tristemente noto alle cronache per essere stato il quartiere in cui operava padre Puglisi, il prete trucidato dalla mafia) ed è lì che il regista ha girato una delle scene di massa previste dal copione e riguardanti la partenza di un gruppo di emigranti siciliani, capitanati dall’attore palermitano Paolo Briguglia (il resto del cast del film può contare sulla presenza del ritrovato Massimo Ranieri, di Amanda Sandrelli e dell’attrice palermitana Lucia Sardo, reduce dall’ottima performance nel film di Roberta Torre, I baci mai dati).

 

 

 

A parlare dell’episodio è proprio l’ottantenne regista romano:

 

«La trama dell’episodio, nato da una sorta di indagine collettiva su giornali, foto, diari e testimonianze del periodo, spesso tramandate di generazione in generazione, ruota intorno alla figura del giornalista Giovanni Cena (Briguglia), redattore capo della rivista “La nuova antologia”, che dopo un lungo viaggio ripercorre i luoghi del terremoto per raccogliere testimonianze, come in un reportage moderno, in cui emerge come il disseppellire i pochi beni rimasti ancora sotto le macerie sia più importante di seppellire le vittime che la tragedia causò, un contrasto tra la vita che verrà e la vita che è stata. Ciò caratterizza ancora oggi la Sicilia, terra scatenatrice di sentimenti contrastanti che rispecchiano i contrasti dei luoghi dell’isola: siepi di cactus e vigne da un lato, arte e architettura liberty dall’altro. Così proprio come i siciliani: estremamente simpatici e estremamente antipatici, due poli opposti».

 


 

Il set adesso continuerà il suo lavoro a Messina, con la speranza di portare il prodotto nelle sale entro la fine del 2011.

 

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