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Cronache da Venezia 2012: Giorno 2
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Venezia 2012, Giorno 2

 

Finalmente il Festival entra nel pieno e il glamour ha la sua dose di fotografi, giornalisti, intervistatori e intervistati. A una restia Laetitia Casta, fanno da eco i photocall di Jonathan Demme, Enzo Avitabile e Kate Hudson, armati di pazienza e disposti a dispensare sorrisi a destra e a manca.

Le proiezioni sono entrate nel vivo e, mentre il sottoscritto ha visionato tre film, la rassegna ne ha già presentati una ventina suddivisi per le varie sezioni.

 

Anche oggi, a ritmo forsennato, si susseguono e accavallano (ahimé, è una delle disgrazie del festival: fino a quando non sarà concesso il dono dell'ubiquità non si può letteralmente seguire tutto e bisogna fare scelte spesso anche dolorose).

 

Il Concorso per giovedì 30 agosto regala ben tre titoli: apre la mattinata Superstar di Xavier Giannoli e si prosegue in serata con At Any Price di Ramin Bahrani e Paradise: Faith di Ulrich Siedl.

 

SUPERSTAR


«Ho cominciato con una scena nel metrò: i viaggiatori scattano foto e chiedono autografi a uno sconosciuto che non sa perché tutti si interessino a lui. Si chiama Martin Kazinski e fino ad allora era stato soltanto una faccia nella folla, senza altra aspirazione che fare il proprio lavoro e condurre una vita “normale”. Più però rifiuta questa fama assurda, desiderando tornare all’anonimato, più la gente lo adora. Più Martin modestamente afferma “Non voglio essere famoso”, più gli dicono “Ti amiamo per questo”. Più cerca di sfuggire al sistema, più ci si perde dentro. Martin è intrappolato in un labirinto contemporaneo dove agiscono media rapaci e social network invadenti e dove i valori umani crollano e la cultura si disgrega. Volevo dare a questo tentativo di sfuggire alla follia che sembra afferrare il mondo un’energia cinematica, kafkiana e hitchcockiana insieme. Volevo che gli spettatori si sentissero vicini a quest’uomo come a un fratello, per sentirne le speranze e le paure, che gli stessero accanto nel suo calvario, a volte crudele, a volte buffo, e si emozionassero per il suo sguardo malinconico su un mondo che si dissolve al suono dell’applauso automatico di una trasmissione televisiva. È la storia di un uomo solo che si erge contro l’oppressione. La storia di un uomo che vuole conservare la propria dignità, l’anonimato, il pudore. Spero che sia anche la storia della società umana, passata e presente, con il suo bisogno di idolatria e sacrificio, quella cieca pazzia che si impossessa delle folle e le spinge a tagliare teste, a bruciare libri o a twittare mentre guardano la tv. In questo tumulto volevo condurre la mia macchina da presa, su questi volti volevo cercare ciò che per noi resta della verità umana e gli spazi in cui volevo esplorare la nostra Storia».

 

 

AT ANY PRICE


«Nei sei mesi trascorsi con gli agricoltori del Midwest americano le due frasi che sentivo più spesso erano: “Expand or Die” (Espanditi o muori) e “Get Big or Get Out” (Cresci o sparisci). Questi mantra alimentano il sogno di successo della società americana e di quella globale. Gli agricoltori moderni possiedono aziende che valgono molti milioni di dollari e dispongono di tecnologia altamente avanzata, nel contempo sono anche produttori di semi geneticamente modificati e passano il tempo incollati al loro smartphone per controllare l’andamento dei mercati globali. La pressione è immensa. Volevo capire che cosa accadesse a un individuo per il quale l’espansione dell’azienda è più importante della famiglia, dei vicini, della comunità e, alla fin fine, di se stesso. La sua famiglia può mantenersi unita in un mondo così intensamente competitivo?».

 

 

 

PARADISE: FAITH


«Il punto di partenza per la sceneggiatura è stata la storia vera che ho mostrato nel mio documentario, Jesus, Du weisst, e che poi ho sviluppato in PARADISE: Faith, con personaggi e situazioni di fantasia. Il film racconta la storia di una donna che, delusa dall’amore terreno e dal suo matrimonio (con un musulmano), si rivolge a Gesù – che non solo adora e ama spiritualmente, ma desidera anche sessualmente come amante. Durante la genesi del film, che è durata quattro anni, il mio interesse si è rivolto soprattutto al conflitto coniugale che scoppia il giorno in cui il passato di Annamaria irrompe nel suo presente. La donna non capisce che proprio la sua adorazione cieca per Gesù la porta all’inumanità e all’incapacità di provare amore – e alla perdita di quella virtù cristiana che permette di amare il prossimo».

 

 

Il Fuori Concorso riserva invece la proiezione del thriller di Ariel Vromen The Iceman, ispirato a una storia vera.

THE ICEMAN

«Sono sempre rimasto profondamente colpito dalla doppia vita di Kuklinski: in una era un marito e un padre attento, mentre nell’altra era un killer professionista che lavorava per la mafia. La sua è una storia con così tanta suspense, che non riuscivo a togliermela dalla mente, soprattutto se si pensa che è tutto vero. È una storia epica su un personaggio che ha mantenuto nascosta la sua vera identità ai familiari, per non distruggere il rapporto che li univa: aveva bisogno del loro amore per mantenere la sanità mentale e per sentirsi normale, nonostante fosse tutt’altro. The Iceman è un film con personaggi molto intensi e moralmente negativi, che nonostante tutto riescono a suggestionare profondamente il pubblico».

 

 

Per le proiezioni speciali, l'appuntamento è invece con Convitto Falcone, il cortometraggio che Pasquale Scimeca ha dedicato alla memoria del giudice assassinato nel 1992, e con Come voglio che sia il mio futuro?, un progetto di Ermanno Olmi, con la regia di Maurizio Zaccaro.

CONVITTO FALCONE


«Vent’anni fa morivano Giovanni Falcone e il suo amico fraterno Paolo Borsellino. Trent’anni fa morivano Carlo Alberto Dalla Chiesa e Pio La Torre. Sono nomi, ma anche simboli, vite vissute, esempi, speranze. Sono punte di diamante, acqua pura che sgorga nel deserto di valori e comportamenti che sembrano caratterizzare il nostro tempo. In un’epoca che impone come regola di buon gusto “un eguale formalismo di sentimenti e d’idee”, in un’epoca in cu la corruzione e l’ipocrisia, la retorica e i miserevoli interessi di parte, guidano il pensiero e l’azione di tutti noi, questi Uomini giusti, i cui volti si affacciano timidi dall’alto della loro grandezza, possono ancora insegnarci qualcosa. La prima cosa che fece Carlo Alberto Dalla Chiesa quando arrivò a Palermo con il suo nuovo incarico di Prefetto Antimafi a, fu quella di andare nelle scuole per parlare con i ragazzi. Ad alcuni sembrava che perdesse il suo tempo, ma in realtà stava seminando. L’ultimo atto politico di Pio La Torre fu quello di costruire un grande movimento di giovani contro la guerra. Prima di rispondere alla domanda di un giornalista che gli chiedeva perché rischiava in quel modo, ogni giorno, la propria vita, Giovanni Falcone buttò indietro la testa sulla spalliera della poltrona dov’era seduto, poi sfoderò il suo più ampio, disarmante sorriso e rispose: “Per spirito di servizio” che tradotto nel sentire comune signifi ca “Per fare il mio dovere”».

 

 

COME VOGLIO CHE SIA IL MIO FUTURO?

«Faccio il conto degli anni: dall'estate del 1982 a oggi, sono esattamente 30. 30 anni di Ipotesi Cinema.
E in tutti questi anni non ho mai trascurato di mantenere vivo il dialogo con i ragazzi e le ragazze man mano si affacciavano le nuove generazioni.
Adesso la mia età, con addosso un bel carico di vita vissuta, mi fa capire che devo regolarmi misurando le mie forze.
E nel voltarmi indietro a guardare quel che tutti insieme abbiamo fatto, posso considerare Ipotesi Cinema una straordinaria avventura e un buon risultato.
Molti giovani hanno trovato la loro strada.
Quando mi chiedono qual è, dei miei, il mio film preferito, rispondo sempre che non lo so.
Ma se qualcuno mi domanda cosa salverei della mia esperienza di cinema, non esito a dichiarare che è stata Ipotesi Cinema.
Quest’anno, al Festival di Venezia, ci sarà anche un piccolo film documentario intitolato "Come voglio che sia il mio futuro".
Noi non cercavamo risposte reboanti né convenzionali, e loro hanno detto con sincerità quel che sperano di poter fare. Sono sensati. Sanno che non sarà facile e che, lo vogliano o no, toccherà solo a loro affrontare il futuro, con loro idee e loro forze e che il mondo non sarà più quello di prima». (Ermanno Olmi)

 

 

Orizzonti, invece, ci propone un solo film: l'arabo Wadjda di Haifaa Al Mansour:

WADJDA


«Sono molto orgogliosa di aver realizzato il primo lungometraggio mai girato per intero in Arabia Saudita. Sono nata in una cittadina dove vivono molte ragazze come Wadjda, con grandi sogni, caratteri forti e grandi potenzialità. Queste bambine saranno in grado di dare una nuova forma e una nuova defi nizione al nostro paese.

Per me è stato importante lavorare con un cast formato esclusivamente da sauditi, raccontare questa storia con autentiche voci del posto. Le riprese sono il frutto di una straordinaria collaborazione interculturale che ha condotto due troupe di immenso talento, una tedesca e una saudita, nel cuore di Riyadh. Mi auguro che questo fi lm offra un ritratto unico del mio paese e parli dei temi universali della speranza e della perseveranza che individui di ogni cultura possono riconoscere come propri».

 

Le Giornate degli Autori hanno in programma due diverse pellicole: Il gemello di Vincenzo Marra e il coreano The Weight di Jeon Kyu-hwan.

IL GEMELLO

«Oltre a continuare il mio viaggio nei luoghi di Napoli iniziato 12 anni fa con Estranei alla Massa e proseguito con L´udienza è Aperta prima e il Grande Progetto poi, volevo usare il carcere e la mia capacità di relazionarmi con le persone e con gli spazi della mia terra, entrando in questo luogo di dolore, con l´unico obbiettivo di cercare di restituire agli spettatori, in modo fedele, l´esperienza dei protagonisti. Mi ero prefisso anche l´obiettivo di ridurre ancor più, di quanto già fatto in precedenza, il confine tra fiction e documentario». 

 

THE WEIGHT

«Attraverso la figura di un gobbo di nome Jung, fin dalla nascita gravato dal peso del dolore, e quella dei vari personaggi che lo circondano, ognuno con i propri traumi, ho voluto raccontare il fardello della vita che gli uomini si trascinano dietro, in forma di "fantasia grottesca"». 

 

La Settimana della Critica invece offrirà al pubblico la visione dell'unico titolo italiano in Concorso: La città ideale di Luigi Lo Cascio.

LA CITTÀ IDEALE


«Generalmente non abbiamo alcun bisogno di rendere conto delle nostre azioni in maniera fedele. Non siamo obbligati all’esattezza. Anzi, il racconto che facciamo di noi e della nostra esperienza è alimentato da forzature e integrazioni, invenzioni e ornamenti che rendono il discorso forse meno vero ma sicuramente più avvincente. Almeno, così crediamo. Possono capitare però nella vita dei momenti in cui le parole diventano cruciali. In queste occasioni, per fortuna rare, sbagliare una sillaba, mostrare delle contraddizioni, esibire incertezze nella ricostruzione degli eventi che ci sono accaduti, magari con una pronuncia perplessa, sono inciampi che possono segnare per sempre il nostro destino. La ricerca spasmodica della verità e la sua attestazione allo sguardo e all’ascolto degli altri, si pone allora, non solo come esperienza di conoscenza o come istanza morale, ma soprattutto come unica possibilità di salvezza».

 

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