A maggio, a Napoli, la vendita di fragole è enorme: ce ne sono, di ambulanti, per strada, con i loro carretti, ovunque. E regolarmente senza licenza. Ci sono anche i controlli, sanitari e...finanziari. Ma i venditori non si fermano, mai. Molti anni fa, feci un voto perpetuo: non avrei mangiato mai più fragole a maggio. Così, ne faccio una scorpacciata a fine aprile, tutti gli anni. Le compro grandi, anzi grosse, colorate, magari non hanno sapore. Ma a giugno non le trovi più: i venditori ambulanti sono andati altrove, a prendere le angurie in Veneto. Perciò, mi abboffo adesso. E mentre lo faccio, mi assale la malinconia. Sai, Data, quasi tutto quello che scrivo mi costa un'enorme fatica: non è il primo pensiero che mi capita in mente a riempire queste pagine. Ogni recensione è sofferta, ogni post pensato, misurato, calcolato. Sì: sono davvero bravo in matematica. Faccio anche lezioni, gratis, s'intende. Con me, generazioni di fanciulli si sono diplomati. Ma sto divagando: di me sai molto, inutile parlarne. Però, a volte mi chiedo se faccio bene a stare in vista, se non soffoco qualcuno, se non tolgo spazio. Come noto, non mi offendo mai: le dispute letterarie su questo sito sono bellissime. Certo, se ne scrivono, di sciocchezze. Su nove recensioni, alcune davvero buone, ad esempio, non si parla mai del film che si è visto, non si racconta la trama, nessuno spiega di cosa si sta parlando, qual è (se c'è) il messaggio dell'opera, se la tecnica utilizzata è esatta, se quella soggettiva era necessaria, ecc, ecc. Che, in fondo è il solo modo di parlare criticamente di una pellicola. Sciocchezze, appunto: magari anche io ne scrivo tante. Ma sono coerente: non difenderò mai un regista a prescindere, ma il film che egli ha girato. Se lo girato male, pazienza: ne scriverò male. O, in alternativa, non ne scriverò proprio. E' un gioco, in fondo. E mi piace giocare. Come a te. Il tuo giochino è bello, certo. Le nostre proposte, chissà, non sono giuste, almeno non tutte. Ieri, hai bocciato la mia casa. Me la sono presa, di brutto.  Perchè, caro amico direttore, è quella la locandina che la ritrae. Di fronte all'assenza di un'abitazione, hai replicato che non vedevi le mura che ne disegnassero la sagoma. Vedi, anni fa ho acquistato l'abitazione dove mi reco a dormire. E, a detta di tutti, è bellissima. Grande, panoramica, in un quartiere residenziale. Mi è costata un botto. A me, che nacqui poverissimo, la casa serviva per i posteri: l'idea ereditata dai miei dello sfratto continuo, mi imponeva di calmare l'ansia che ne derivava con una necessità. Fino ad allora, per tetto, avevo avuto solo un cielo di stelle; oggi i duecento metri quadri che occupo mi sembrano una reggia. Chi viene a trovarmi, sa che potrà fermarsi a dormire, se vuole. E' l'unica cosa che ho, di materiale. Dovrò scontarla per molti molti molti anni ancora.  Ma abitare non è vivere, come sai, come diceva Fellini. Io vivo, e anche questo lo sai, per il cinema. Che, in qualche modo, rende apolidi. Nonostante tutto, dunque, mi sento sempre fuori luogo. A disagio. Se vado a Montecarlo, sono ospite. Gradito, certo, ma non è casa mia. Sono spesso da amici a Lisbona, a Parigi. Ho lasciato un pezzetto di me a Malta, un pò meno in Ispagna. In Croazia, in Romania, in Ucraina. Tocchi parte delle mie storie a Roma, a Firenze, A Venezia. Tutti i giorni ricevo lunghe telefonate dalla Sicilia, dal Lazio, dall'Umbria. Amici che non mi hanno mollato mai, grazie al cielo. C'è chi mi ha sorretto quando stavo per cadere, io ho fatto lo stesso con gli altri, sempre. Gli Stati Uniti mi chiamano spesso, dal Canada fanno altrettanto. Ma io mi sento a disagio ovunque. Perchè c'è un solo posto dove potrei stare.

Tu, Database, amico, sai quale. Quella è casa mia.