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Denis Villeneuve, réalisateur.
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Denis Villeneuve, réalisateur.

Denis Villeneuve (1967), a partire dal 1990 autore - in attesa di "Dune: Part Two" (film), "Dune: the SisterHood" (serie) e di "the Son" (mini-serie) - di 10 lungometraggi (5 dei quali anche sceneggiati, da solo o in collaborazione) e 7 cortometraggi.

Brevemente: dopo gli inizi minimalisti (con venature di surrealismo speculativo) d'autore a cavallo fra i due millenni ("un 32 Août sur Terre" e "Maelström") il regista (e fin lì e ancora per un poco sceneggiatore) alza il tiro [lasciando "volutamente" passare un peridodo di otto (8) anni di silenzio cinematograico] e sforna il primo film di un terzetto che conterrà i suoi migliori lavori: infatti dopo "Polytechnique", tanto teorico quanto empatico, sarà la volta dell'unica sua opera che potrebbe essere definita quasi compiutamente (merito anche dell'impianto di base creato da Wajdi Mouawad) come un (semi) capolavoro, "Incendies", cui farà seguito il bellissimo, semi/para-sperimentale "Enemy", tratto da José Saramago e innervato da Scott Walker, girato in successione diretta e immediata a "Prisoners", l'ottimo titolo che segna però un assestamento nella sua filmografia, al quale farà seguito "Sicario", l'opera che proseguendo questa "marcia sul posto" risulta infine essere anche quella ove la classicità hollywoodiana prende "definitivamente" il sopravvento, con troppe concessioni ad alcune ingenuità/semplificazioni/compromessi. Ed ecco "Arrival", il lungometraggio [da un soggetto (racconto) di Ted Chiang, che con Greg Egan è il miglior scrittore di Hard-Speculative SF in circolazione] che poteva essere un (altro quasi) capolavoro e che invece è "soltanto" un gran bel film. Mentre, al contrario, il successivo "Blade Runner 2049" poteva essere un fallimento totale, e invece è un buon "prodotto". Giunti all'oggi, "Dune: Part One" è il secondo (e consecutivo) remake [o, meglio, restart, essendo un'altra versione del romanzo (saga) di Frank Herbert, ma che oggettivamente non può non fare i conti con i lacerti delaurentiisiani di David Lynch e col sogno di una vita di Alejandro Jodorowsky] della carriera dell'autore che ha lasciato a Sergio Sollima quel "Soldado" ch'è a tutti gli effetti un "Sicario 2" e soprattutto un progetto di Taylor Sheridan [ma questo è un altro regista-autore, ed è (tutta) un'altra storia...], ed è un film paradossalmente compiuto nella sua incompiutezza, e che soprattutto termina portando a casa un obbiettivo raggiunto: lasciare lo spettaore in (moderata, ma incontrovertibile) attesa di "Dune: Part Two" (nonostante Timoteo Cialacoso che, sinceramente, ha il phisique du role di uno che piglia calci pure dal cangur-topo-gerboa-fennec che beve dalle orecchie).

In questa playlist, cogliendo al volo l'occasione rappresentata dall'uscita di "Dune: Part One", mi "limito" - che anche così è già bella pesantina - a riproporre, emendate da - per questioni di formattazione e di impaginazione - immagini e audio-video, le recensioni che nel corso del tempo ho dedicato alle opere del regista québécois. In coda ad ogni testo sono presenti dei link che rimandano alle pagine originali ricche di fotine allegre e video simpatici.

 

Ecco un esempio colorato (che bei colori, dai!).    

 

Ed ecco un ulteriore lepido-sapido esempio:     

[Un 32 Août sur Terre]

[©GoogleEarth]

Playlist film

Cosmos

  • Commedia
  • Canada
  • durata 99'

Titolo originale Cosmos

Regia di Jennifer Alleyn, Manon Briand, Marie-Julie Dallaire, Arto Paragamian, André Turpin, Denis Villeneuve

Con David La Haye, Audrey Benoit, Marie-Hélène Montpetit

Cosmos

 

Episodio: "Le Technétium".

 

- Lavori in Corso -

 

Denis Villeneuve, réalisateur.  

-  (1996) “Le Technétium” (cortometraggio), in “Cosmos”  

-  (1998)  un 32 Août sur Terre (7.25) - sua scenegg. orig.
-  (2000)  Maelström  (7.50) - sua scenegg. orig.

-  (2008)  Next Floor (cortometraggio) (7.75)
-  (2009)  Polytechnique  (8.50) - co-scenegg. orig.
-  (2010)  Incendies  (9.25) - co-scenegg. su sogg. orig. terzo
-  (2013)  Enemy  (8.25) - no scenegg. su sogg. orig. altro
-  (2013)  Prisoners  (8.00) - no scenegg., orig.
-  (2015)  Sicario  (7.75) - no scenegg., orig.
-  (2016)  Arrival  (8.00) - no scenegg. su sogg. orig. altro
-  (2017)  Blade Runner 2049  (7.75) - no scenegg., orig.

-  (2020)  Dune: Part One  (7.75) - co-scenegg. su sogg. orig. terzo

-  (2023)  Dune: Part Two  [-.--] - co-scenegg. su sogg. orig. terzo

  

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Un 32 août sur terre

  • Drammatico
  • Canada
  • durata 88'

Titolo originale Un 32 août sur terre

Regia di Denis Villeneuve

Con Pascale Bussières, Alexis Martin, Joanne Côté, Frédéric Desager

Un 32 août sur terre

In streaming su Spamflix

 

"Chi vuole un figlio non insiste."

 

Nove Giorni Settembrini (a Week in the Life). 

 

Un 32 Août sur Terre” – la pellicola (Kodak) di un trentenne che racconta di una coetanea, Pascale Bussières (Guy Maddin, Léa Pool, Jeremy Podeswa, Catherine Corsini, Pascal Bonitzer), spigolosa madonna di burro, e di un coetaneo, Alexis Martin – dialoga proletticamente col suo successore, “Maelström” [o è quest'ultimo - prodotto anch'esso da Robert Frappier (i primi lavori di Denys Arcand e l'opera collettiva “Cosmos”) - che instaura un rapporto analettico col suo predecessore], formando un dittico dell'incidente, qui declinato alla impermeabile sfera privata e personale (sotto forma di scherzo: “L'Africa [Sahara e Namib, o l'Asia del Gobi, il Sud America di Atacama e il Nord America della Death Valley; NdR] è troppo lontana [da Montreal; NdR], puntiamo sullo Utah!”- “Ma io scherzavo...!”), là allargato alle conseguenze del caso colposo. 

 

Denis Villeneuveil futuro regista di un paio di ottimi film, più uno ch'è quasi un capolavoro, qui esordiente nel lungometraggio, che scrive e dirige, si diverte tra e con jump cut all'interno di long take e lampi prolettici (epistassi e ultravioletti) indizianti onirismi (montaggio di Sophie Leblond), swish pan di raccordo e il biancore accecante dei depositi di evaporite (fotografia di André Turpin), la location fin du mond dell'Autodromo di Bonneville Salt Flats (“Gerry”, “Indian”, “the Tree of Life”) lungo la Bonneville SpeedWay Road (traversa/parallela della transcontinentale est-west Lincoln HighWay, in realtà la I-80) e, oltre alle musiche originali di Pierre Desrochers e Nathalie Boileau, le canzoni di un paio di chansonnier québécois (tre pezzi di Robert Charlebois, 1944, di cui due usati benissimo, “Tout Écartillé” e “C'est Poir Ça”, e più volte, e altri due di Jean Leloup, 1961), mantenendosi contenutisticamente e stilisticamente lontano tanto dall'Antonioni di “Zabriskie Point” quanto, per forza di cose, dal successivo Bruno Dumont di “TwentyNine Palms”, e terminando il proprio film là dove Almodovar farà iniziare “Hable con Ella”.


* * * (½) ¾ - 7 (½) 
 
 

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Maelström

  • Drammatico
  • Canada
  • durata 87'

Titolo originale Maelström

Regia di Denis Villeneuve

Con Marie-Josée Croze, Jean-Nicolas Verreault, Stephanie Morgenstern, Pierre Lebeau, Klimbo

Maelström

In streaming su Spamflix

 

Magnolia.

 

Giornataccia per il bellissimo pericolo pubblico canadese n.1, la 25nne Bibiane Champagne (Marie-Josée Croze): deve far fronte alle conseguenze di un aborto chirurgico (primo trimestre, aspirazione a vuoto: Ehi!, psss!, il medico taglia l'erba del prato di casa indossando un giubbotto antiproiettile. L'amica: "Io ci sono passata due volte. No, tre"), di un licenziamento in tronco [l'evaporazione di 200.000 dollari, seppur canadesi (ma frusciano comunque) non consente al fratello maggiore, il co-erede, di passarci sopra], e, a cascata, di un omicidio stradale (alcolico & C.) niente affatto colposo. Le conseguenze di una vita, insomma. La sua.    


Raccontare storie, uccidere, espiare, suicidarsi, sopravvivere.

Preambolo, avvertenza : “Ci scusiamo con gli amici norvegesi, poiché la Norvegia viene mostrata in base ad alcuni luoghi comuni. Il copione è stato scritto sotto ipnosi. Ci dispiace che il film sia del tutto frutto della fantasia” : ho ragione di credere che sia (auto)ironia solo fino ad un certo punto.

“Investito da un'auto nella propria cucina!” (by Metro, Lercio, Cronaca Vera, FB).

“Ah! Per “immolarsi”! Non può dire così. Non si può sacrificare se stessi. “Immolarsi” significa sacrificarsi. Lei vuole suicidarsi, è diverso” : un benzinaro insegna a Bibi come si sta al mondo.

“Tutte le azioni umane sono manifestazioni contro la morte” : Denis Villeneuve anticipa ciò che 13 anni dopo riprenderà in “Enemy”, traslando Saramago: qui s'inventa (condensando 10 millenni di filosofare) Björn Magnuss-e/o-n là dove il Nobel portoghese apocriferà (due anni dopo, nel 2002, in "l'Uomo Duplicato") Borges. 

 
Scritto interamente dal regista, col procedere della narrazione il film (la sua opera seconda nel lungometraggio) convince sempre più: a 3/5, poco dopo l'apertura di una seconda linea narrativa parallela, Villeneuve ne subentra una terza. E funziona. Tutto logico. Tutto diretto. Nulla di trascendentale. Le sue pedine-formichine, i suoi esemplari, i suoi pezzi da macello, mossi sulla scacchiera-vetrino-bancone disegnano fraseggi di reazioni/emozioni, e noi, più che dire "si, fai così, no, non fare cosà, oh, guarda un po', ok, mi dia quello", ci riconosciamo in particolari sintagmi. È una qualità. In questo caso positiva. Come nella/per la coeva pellicola di P.T. Anderson, tutto torna, "nulla" (s)fugge, forse pure troppo...

 

Tutto il cast secondario, oltre ad essere ottimamente diretto, risulta composto da eccellenti attori. Da rimarcare almeno la pur breve ma potente interpretazione (la sequenza del post-incidente restituisce un'immersione nella realtà lacerante: esageriamo: Kieslowski...) di Kliment Denchev (1939-2009) nel ruolo di Klimbo, il discendente del macellaio vichingo-Efesto/Vulcano-orso bruno polare, e l'osteittica-bentonico-pelagica voce narrante di Pierre Lebeau

 
Fotografia sovraesposta e controluce di André Turpin (“Un 32 Août sur Terre”, “Incendies”, e poi molto Xavier Dolan). Musiche originali di Pierre Desrochers (“Un 32 Août sur Terre”). Montaggio di Richard Comeau (“Polytechnique”).

Tra le musiche non originali, pezzi di Edvard H. Grieg (l'Adagio del Concerto per Piano ed Orchestra in La Minore, op. 16), Tom Waits (“All Stripped Down” e “the Ocean Doesn't Want Me”, entrambe da quel capolavoro di ossa sonanti ch'è “Bone Machine”) e Charles Aznavour ("les Deux Guitares”).

Tom Waits - “the Ocean Doesn't Want Me” - Bone Machine - 1992:

 

Spoiler.
Voi siete vivi. Fino a quando... non lo siete, più.

* * * (½) ¾ - 7 (½)  
 
 

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Next Floor

  • Cortometraggio
  • Canada
  • durata 11'

Titolo originale Next Floor

Regia di Denis Villeneuve

Con Simone Chevalot, Luc-Martial Dagenais, Kenneth Fernandez, Mathieu Handfield

Next Floor

In streaming su FilmBox+

 

Crapuloni gonfi, satolli, insaziabili: famelici senza fame.

 

Denis Villeneuve - il futuro regista di “Polytechnique”, “Incendies”, “Enemy”, “Prisoners”, “Sicario”, “Arrival” e “BR49” (e “Dune”) - ritorna dietro alla macchina da presa del cinema-cinema con "Next Floor", un cortometraggio di 11 minuti (soggetto e produzione: Phoebe Greenberg; sceneggiatura: Jacques Davidts; fotografia: Nicolas Bolduc; montaggio: Sophie Leblond; musiche: Warren "Slim" Williams), dopo una pausa durata 8 anni (in pratica ha lasciato che le Twin Towers del World Trade Center di Manhattan, N.Y., erano ancora in piedi contro il cielo, e ha ripreso giusto in tempo per assistere all'elezione del primo presidente statunitense afroamericano; e sì, lo so che il nostro è canadese, ma in Canada nel frattempo non è successo altro che un belino di niente) e, dopo il dittico sugli incidenti che ti cambiano la vita composto da “Un 32 Août sur Terre” e “Maelström”, affronta a modo suo la fenomenologia del disastro (James Ballard, P.K.Dick, Marco Ferreri) e la narrazione del massacro (i safari tra le umane genti di László Krasznahorkai e Béla Tarr, Michael Haneke, Ulrich Seidl, Yorgos Lanthimos), ed entrambe (Luis Buñuel, Peter Greenaway, Lars Von Trier), ma soprattutto è l'allegorico territorio felliniano (paradossalmente scevro da particolareggianti indugi significanti sulle cavità orali in masticazione cari a, in modo divergente, Sergio Leone e Abdellatif Kechiche) quello invaso, calpestato, riprodotto, riciclato: “E la Nave Va” ('83) e “Prova d'Orchestra” ('79) sono non certo solo figurativamente ma soprattutto attraverso la loro materica essenza le opere con cui si ritrova a dialogare a distanza di tempo e spazio: gli stessi, i soliti, i nostri.

 

La metafora è pedissequa, ostentata, ridondante, furibonda.
Il prossimo piano. La prossima portata.
Non ci resta che scavare (e non c'è prolunga sufficientement'estesa, lung'abbastanza).
Schiantatisi gli ospiti partecipanti al conviviale banchetto, attoniti i domestici camerieri e i valletti servitori così come i musici: close up sullo sguardo (entrambi gli occhi, poi uno solo) del Maître d' (Jean Marchand): non ne vediamo la bocca, non ne scorgiamo altro che un occhio e uno zigomo, ma, grazie all'involontaria interazione collegamentizia dei muscoli mimici facciali, lo sappiamo: sorride.
E anche noi lo abbiamo fatto, sino a quel momento.

* * * ¾ - 7 ½  

 

Il cortometraggio è disponibile nel catalogo Vimeo, qui:

 
Postilla (dawkinsiana).
Commento alla fine (quella rimediabile: il film di Villeneuve viaggia, alla lunga distanza, su scala universale, lungo due rette parallele, e nel breve periodo a effimero termine, su scala umana, lungo due rette ortogonali) del mondo/vita/cosmo/esistenza: immaginate un giardino con al centro un laghetto artificiale naturalizzato. Un giorno ci casca dentro un seme di giglio d'acqua, una selvatica semi-infestante, ed entro 30 giorni lo specchio d'acqua sarà completamente ricoperto dalla vegetazione e l'eutrofizzazione completa: niente più luce e niente più ossigeno, niente più nulla. Ecco, se vi dovessi chiedere in quale giorno dei trenta il laghetto si verrà a trovare ricoperto per metà, e quindi si potrebbe anche pensare che ci sia ancora del tempo perché si possa porre rimedio alla faccenda, voi rispondereste...      

 

Recensione.

 

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Polytechnique

  • Giallo
  • Canada
  • durata 76'

Titolo originale Polytechnique

Regia di Denis Villeneuve

Con Maxim Gaudette, Sébastien Huberdeau, Karine Vanasse, Evelyne Brochu

Polytechnique

In streaming su Amazon Video

vedi tutti

 

Il 6 dicembre 1989 un uomo di 25 anni, armato di carabina Ruger Mini-14 semi-automatica, compie una strage all'École Polytechnique de Montréal, la facoltà d'Ingegneria dell'Università della metropoli québécoise, selezionando le vittime in base al sesso, quello opposto. Villeneuve mette in scena il durante e il dopo. Il prima non merita attenzione.

 

Le Monde Nous Appartient, ovvero : la Tanatosi della Ragione ( piccola catastrofe illustrata ).

Le cause, presto dette : sin da subito veniamo posti di fronte al nucleo pulsante, al cuore gelido della faccenda : nient'altro da capire, null'altro d'aggiungere : cosa vuoi comprendere o affermare.

Elementare, quasi universitario. Evidente, banale, lampante, manifesto. Eppure ''incomprensibile”, “illogico”. E (Im)Prevedibile.
Perché il valore dell'ovvio è di norma calcolato in base a quella che dovrebbe essere la misura media del buon senso espresso dall'umana società in generale e non rispetto a quella che in realtà effettivamente è in un dato punto/momento s'una curva dell'oscillazione perpetua/parametro variabile che ne sancisce il suddetto valore, altrimenti perché scrivere "il fumo nuoce gravemente alla salute" sui pacchetti di sigarette, o, sotto alle lattine di caco-cola, "attenzione: l'apertura è posta sull'altro lato" ? Il concetto è vecchio come il mondo, e proprio per questo funziona sempre, basta trovargli nuove declinazioni.  

 

"...è talmente semplice capirlo / che non so spiegarlo, / che possiamo solo complicarlo..."

[ Macromeo - "s/t" - 2005 --- Giorgio Canali & RossoFuoco - "Perle per Porci" - 2016 ]

 

 

Immagini: ["Polytechnique" - Denis Villeneuve - 2009; "the Limits of Control" - Jim Jarmusch - 2009; "Out 1 (Spectre)" - Jacques Rivette - 1972; "the Lady from Shanghai" - Orson Welles - 1947].

 


I. Irrappresentabile ( Guernica, I Guess ).

La cercata e voluta dicotomia dispiegata dall'impianto sceneggiativo è palese, lapalissiana, retorica ed esibita, e si manifesta susseguente a sé stessa e plurima durante il primo terzo di pellicola, massicciamente, e nei restanti due terzi, organicamente e con più eterogeneità :

da una parte i pregiudizi dell'orco sapiens alienato -[ lo spostato negletto, il fuoriuscito demente, lo stupido idiota, l'irrecuperabile ignorante, il malvagio indifferente, il misogino depresso, lo sconfitto represso, il fantasma deambulante, il negletto rifiutato che pure lui, un giorno, fu amato : la missiva che la sopravvissuta (non) invierà (forse) ai genitori di lui, ma che noi guardandola l'ascoltiamo declamare ]- perfettamente consapevole delle proprie azioni

{ o meglio, delle loro conseguenze che la società-stato da lui eretta a capro espiatorio gli riverserà addosso sentenziandone colpa, punizione e redenzione/recupero, a meno che, così come sarà, manu propria, non riserverà per sé stesso una parziale ennesima via di fuga dalla realtà ponendo in calce al gesto appena compiuto il mai troppo poco preventivo rimedio di un'autocondanna esecutiva, avendo definito per sé un percorso di non ritorno, o meglio, con un ulteriore atto egoistico oltre al dispensare morte, un salvacondotto verso l'ultima scorciatoia alla totale deresponsabilizzazione al vivere : e qui forse vi è uno degli interventi maggiori di drammatizzazione ( termine inteso nel suo senso più puro e non deleterio ) rispetto alla realtà dei fatti-così-come-si-sono-svolti da parte di Jacques Davidts, soggettista, dialoghista e principale/unico autore dello scenario definitivo [ che esce da una precedente recentissima collaborazione col regista, il corto “Next Floor”, in piena zona bunuel-fellini-ferreri, e che subito dopo creerà e scriverà, rimanendovi immerso per 8 anni (169 ep. x 21' l'uno), la serie tv “les Parent” ], con la collaborazione dello stesso Villeneuve e di Eric Leca, ovvero il momento in cui ci viene mostrato il di lì a poco pluriomicida-senza-nome ( non gli è concesso questo diritto, l'oblio è l'unica identità che gli si addice ), all'inizio, tentare di spararsi in fronte e non farcela, quand'ecco che solo la sbornia orgiastica di procurati decessi potrà consegnarli lo stimolo sufficiente : la cronaca non sa se il killer abbia o meno tentato quella mattina di porre fine alla propria vita soltanto, e, se si, cosa gli abbia fatto cambiare idea : mentre l'arte, a pieno titolo, gli conferisce anche quest'onta : la differenza tra la vita e la morte è l'accontentarsi di una fetta di pancarrè raffermo pescata in un sacchetto di plastica umidiccio invece di cucinarsi e rimestare una zuppa rimuginando meningi, prima di farl'esplodere },

riassumibili ( e riassunti ) nel delirio dogmatico e autoreferenziale ( di follia cosciente ) del ''le “femmin(ist)e” hanno già troppo pur continuando a pretendere una parità solo di comodo, irreciproca e modellata a sfavore dei masch(ilist)i''

{ che Villeneuve, seguendo la delirante e ottusa compartimentazione stagna(nte) del terrorista suicida ( ben poca differenza esiste tra l'andare a conquistare una manciata di vergini in paradiso e il raggiungere il grande nulla per la cronica mancanza di vergini sulla terra, in entrambi i casi portando con sé una manciata di ''innocenti'', a Montreal così come a Oslo/Utoya ), riporta pedissequamente con lodevole e viva remissione all'oggettività pura del documento [ la lettera (firmata) d'addio e d'intenzioni ritrovata addosso allo stragista (innominato), contrapposta alla missiva finale della stagista ( nominata, e con la piccola ipoteca/vittoria ''finale'' in tasca e in pugno rappresentata dalla lettera mai spedita/letta ai genitori di lui : questa si un'affermazione e un trionfo - temporanei, presenti, pulsanti - sul e verso il futuro ) ], sfoltendone alcune parti legate al locale contesto sociale dell'epoca ( nomi precisi, riferimenti riconoscibili ) e mostrando la devianza illogica del male, ancor più della sua banalità : quest'ultima magari è da ricercare, ergendosi a giudici armati dello scudo di niente fatto di zero ch'è il senno di poi e d'altrove, nella non-azione dei presenti, nella disarmante resa al si salvi solamente chi può },

dall'altra quelli dei volenterosi burocrati decisionali che ti sbranano discriminandoti -{ il colloquio per lo stage ad Ingegneria Meccanica : “Perché non Ingegneria Civile, signorina?” [ che, tradotto e parafrasato, diventa : "se crolla un palazzo diamo la colpa al geometra, ma se mi s'ingolfa l'F35 ( CF-18 : Boeing/McDonnell Douglas e LockHeed Martin : orizzonti di carriera stermina(n)ti davanti a sé ) sopra Barberino del Mugello l'Italia non ce li compra più" ] }-, nascondendo benevoli zanne sotto alle labbra adornate di funesti sorrisi e accondiscendendo verso la tua condizione d'insana portatrice di ovaie funzionanti e di gravi(di) desideri di prosecuzione della specie. 

 
II. Irrimediabile [ Donna Seduta con Ginocchio Sollevato ( e tacco 12 ) ].

E ancora, a proposito di retorica esibita, e non per questo meno incisiva : cosa ci fanno Pablo Picasso, Vincent Van Gogh, Gustav Klimt ed Egon Schiele riprodotti appesi in un angolo di una sala comune del (la facoltà d'Ingegneria Civile-Meccanica del) Politecnico di Montreal? Prendono le misure del mondo.

Quel che questo prudente manicheismo aiuta a sfoltire dell'eccessivo ingombro esplicativo è proprio ciò che quel carico/cargo comporta e crea : la sceneggiatura che lo mette in scena a quel modo e il montaggio che la contestualizza nella forma d'arte cinema. 

 

Immagini: [Pablo Picasso – Guernica – Olio su Tela – 1937 ----- Vincent Van Gogh – Notte Stellata – Olio su Tela – 1889; Gustav Klimt – il Bacio – Olio su Tela – 1907-'08; Egon Schiele – Donna Seduta con Ginocchio Sollevato – Carboncino, Guazzo, Gesso – 1917].

 
Con una morale klimtiana in un mondo alla Schiele ( che da Klimt e Van Gogh prese appunti ) e solo uno spicchio, una parvenza, un accenno della frastornante speranza vangoghiana, Villeneuve sembra raccontarci aristotelicamente che senza materia non esisterebbe (in)canto : i personaggi (ethos) creano un racconto sviluppando una trama e architettando una struttura (mythos) formulando un tema e proponendo un pensiero sul mondo (dianoia) utilizzando il montaggio [ lexis : Richard Comeau ( Maelström ) ], la fotografia [ opsis : Pierre Gil ( UpSide Down ) ], la colonna sonora [ melopea : Benoît Charest ( Les triplettes de Belleville ) ] : questo è, più o meno, a volte, il Cinema, e questo è ciò che Villeneuve raggiunge in pieno con la sua ''trilogia'' personale e autonoma { i primi due lungometraggi sono altrettanto indipendenti ma meno riusciti, i successivi due forse altrettanto potenti, almeno in parte, ma risolti con più compromessi [ certe forzature di script in “Prisoners”, certa retorica piatta ( e non virulenta come in“Polytechnique” ) in “Sicario ] }.

E ancora, il sangue versato randagio che spandendosi per terra si ricongiunge indissimile. 

 

Fotogramma:[part./crop (Rorschach)].

 
Due suicidi, due lettere --- "Se avrò un maschietto gli insegnerò ad amare. Se sarà una femminuccia le dirò che il mondo le appartiene" ---, due pregiudizi, due pozze di sangue.

Per non parlare delle assonanze prettamente filmiche : “Targets” - Peter Bogdanovich - 1968, “Ken Park” - Larry Clark e Edward Lachmann - 2002, “Bowling for Columbine” - Michael Moore - 2002, “Elephant” - Gus Van Sant - 2003 : non uno di questi film è ''uguale'' all'altro, eppure altrettanto fastidio che le facili comunanze mi danno i solleciti distinguo : per esempio i pedinamenti di Van Sant e Villeneuve sono similari, gli uni più fluidi gli altri più nervosi : ma questi ''come'' non vogliono dire un ''cosa'' differente, quanto un incommensurabile, irrappresentabile, inavvicinabile, incomprensibile, indicibile ''ecco''.

E…l'aver assistito a “Polytechnique” dopo “Incendies” una cosa buona l'ha prodotta : ho potuto assistere alla storia di fratello e sorella figli di Nawal Marwan senza immaginarmi Maxim Gaudette armato di fucile semi-automatico… 

 
III. Recupero [ il Bacio ( brutale ) ].

A questo punto, giunti in vista dell'8° lungometraggio ( "Story of Your Life", 2016 ) della sua carriera ( la prova del...nove sarà nel 2017-'18 con l'Untitled Blad Runner 2 Project ), si potrebbe azzardare l'ipotesi di aver trovato una costante nel cinema di Villeneuve che per l'appunto per sua natura peculiare è pure un unicum con larga possibilità di smentita o ridimensionamento, ovvero : Villeneuve sfiora il capolavoro

[ e sto parlando di "Incendies", ed in parte, in seconda istanza, di "Polytechnique" (Realtà) e di "Enemy" (Saramago) - tre film che vanno a comporre una sorta di trilogia di Cinema(tica) Brutalista, di cemento armato a vista : voluto così lecorbusierescamente in partenza ( metropoli canadesi : "Enemy" ) o così ridotto in fine dai colpi di mortaio ( città libanese : "Incendies" ), mentre in “Polytechnique” l'architettura impersonale della metropoli è addolcita e riscaldata dalla coltre di neve -, non di "Prisoners" e ancor meno di "Sicario" ]

quando la radice di partenza è solida ma conformabile [ grazie, bella scoperta, è l'ovvia obiezione : si pensi però, al contrario, cosa sono stati capaci di creare Kubrick e Welles partendo da soggetti letterari non eccelsi ( e si precisi, subito di seguito, ch'è vero pure l'esatt'opposto, basti pensare a "Storia Immortale" - Karen Blixen e "Lolita" - Vladimir Nabokov ) ],

in questo caso l'omonima opera teatrale del ''controverso'' ( questione Bertrand Cantat ) Wajdi Mouawad.

Da questo PdV ripongo enormi speranze verso "Story of Your Life", il cui soggetto omonimo, il racconto breve di Ted Chiang, è un piccolo capolavoro di hard SF speculativa, anzi un piccolo capolavoro letterario-punto. E forse, forse, il film di Villeneuve riuscirà a resistere all'adattamento-traduzione-interpretazione-traslazione operata in sede di stesura della sceneggiatura da Eric Heisserer. 

 
IV. Rimedio [ Notte Stellata ( e principio morale ) ].

Potenzialmente pari di Elon Musk, perché no?, lei in fondo non si è laureata (anche) in economia, Valérie (Karine Vanasse), a cui è affidata la grazia del proprio nome

[ come, nell'elenco finale dei morti per i colpi di fucile di Marc Lépine, questo il suo, di nome, capita alle 14 donne ( tra le quali Stéphanie, l'amica di Valérie, interpretata da Evelyne Brochu ) e 1 uomo ( Sarto Blais, Jean-François nella pellicola, interpretato da Sébastien Huberdeau ), morto in seguito, suicida ( nella realtà anche i suoi genitori, per diretta conseguenza, compirono il medesimo gesto ), per il senso di colpa dovuto al fatto di avere eseguito gli ordini armati che il perdono insanguinato e pulsante di Valérie non ha mitigato ] :

lei - il passo di una Gradiva moderna, contemporanea - è figlia del Politecnico, e madre del futuro.   

 

* * * * (****¼) - 8 (8½)

 

Recensione.

 

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

La donna che canta

  • Drammatico
  • Canada, Francia
  • durata 130'

Titolo originale Incendies

Regia di Denis Villeneuve

Con Lubna Azabal, Mélissa Désormeaux-Poulin, Maxim Gaudette, Rémy Girard

La donna che canta

In streaming su Now TV

vedi tutti

 

La fine è nota. Eppur

si continu'a vivere.

 

                    "You forget so easily"

 

                     You and whose army ?

                RadioHead - Amnesiac - 2001

 

1  +  X  =  1  ?       ( stato

1  +  1  =  X  ?       incassa

X  +  1  =  2  ?        tassa )

 

L'inno in marcia di Topolino-Mickey Mouse,

 

la filastrocca di Hal 9000 ''girogirotondo''-' Daisy Bell ' : prima di non poter essere più umano e sbagliare-mentire ancora e di nuovo solo perché troppa responsabilità, solo lavoro e niente svago rendono Hal un annoiato e cattivo ragazzo,

 

la canzone d'amor popolare che Suzanne Christian Kubrick inton'alla ''fine'' delle Trincee di Gloria,

 

e : Kiss me Goodbye my Darling ... Hello VietNam...

(...in a sunny day...)

 

Il paragone con Full Metal Jacket non è solo figurativo : soldati-bambini fottuti dalla MadrePatria.

 

Altre ''scelte'' : Germania Anno Zero,

e : This is ... Lebanon,

e : Lost Highway ( il cambio di sguardo ( di Patricia Arquette ) nel bambino, anche se al contrario : da feroce a dolce ),

 

e : A. Kiarostami - E la vita continua, G. Amelio - il Primo Uomo, A. Folman - Valzer con Bashir, A. Gitai - Promised Land / Free Zone, M. Bechis - Figli/Hijos, radford-troisi-skarmeta by cellphone : la sorella al fratello : " sono io. sono al villaggio della mamma. vorrei che tu fossi qui. ascolta : ...".

 

 

  --- ( spoiler in sistema binario ) ---

 

Il male è complesso, è composto da molti valori.

 

I malvagi sono semplicissimi, ne sono la risultanza.

 

L'equazione di Incendies si risolve sotto al dominio della Guerra che si scompone nei coefficienti noti e nelle costanti universali di ( cane mangia cane, homo homini lupus, la volpe e l'uva, e...il corvo : " LATO PODI EDI SVE " ) fame, territorio >>>1>>>, religione. I parametri arbitrari dai quali non si può prescindere.

 

Abou Tarek ( la dis-soluzione, eppure l'insorgenza ) n'è la dicotomica incognita risolta, la radice profonda che si dirama in superficie sfrondando generazioni : la variabile è l'eccezione : ma con così tante guerre in così tanto tempo ( = sempre ) l'eccezione che conferma la regola sorge obbligatoriamente.

 

Dove la Razionalità entra in conflitto con la Realtà e prende atto che deve darsi una regolata : se non ne esce annichilita, di certo ridimensionata.

 

Una volta tanto non sono però né le incognite né le funzioni o i parametri da prendere in 'ultima' considerazione : primigenio, qui, è il segno d'uguale. L'identità parziale dell'equazione. La doppia valenza. 

 

 

  --- ( spoiler metrico-decimale ) ---

 

Chi lo trova azzardato consideri la Tragedia Greca, Shakespeare, A.C.Clarke...

La realtà e la verità saranno, come sempre, di gran lunga più strane di quanto la nostra immaginazione potrà aver fantasticato.

Poca credibilità ? Inimmaginabilmente vero. L'eccezione, la...co-incidenza.

 

" Il ridicolo sta nel mettere in discussione l'ineluttabile " : e dopo l'ineluttabile, un gradino ed un passo ancora : l'inesplicabile, l'incongetturabile, l'incredibile, l'inconsiderabile, l'inenarrabile...

 

Considerate un'equazione che non si sviluppi solo bidimensionalmente e linearmente, ma che si espanda anche tridimensionalmente e temporalmente. Fatto ? Ora bisogna nominarla. La chiameremo Vita. La soluzione è " 2 ( -1 ) " : non è molto, non è tanto, non è granché, ma come i frattali di Mandelbrot, è ( una mappa, una possibilità, una rappresentazione, un'insorgenza : una formula, un algoritmo altrettanto Semplice da cui si forma e si dispiega la Complessità ) tutto.

http://neave.com/it/frattale/ "  -  " http://fracty.altervista.org/ "...     

 

Un focolare...un focolaio, delle braci d'orrore.

E se una parte decifrata dell'incognita è inutile o fuorviante perché falsa...oida...cancella, riscrivi, scopri di nuovo...

 

Un'equazione ... quanti(sti)ca

 

 

  --- ( spoiler sinossi ) ---

 

Nawal Marwan ( Lubna Azabal ) - Madre

Jeanne Marwan ( Mélissa Désormeaux-Poulin ) - Figlia

Simon Marwan ( Maxim Gaudette ) - Figlio

Jean Lebel ( Rémy Girard ) - Notaio

Maddad ( Allen Altman [ ! ] ) - Notaio

Abou Tarek ( Abdelghafour Elaaziz )  1+1=1

Chamseddine ( Mohamed Majd ) - X, Y e Z

Niv Cohen ( Dominique Briand ) - Professore

 

la madre di jeanne e simon, nawal, muore.

il notaio apre il testamento davanti ai due figli gemelli e consegna a jeanne una lettera che dovrà recapitare al loro padre che mai hanno conosciuto e a simon una lettera che dovrà recapitare al loro fratello che mai hanno conosciuto.

solo così la tomba della loro madre potrà avere lapide ed epitaffio.

il silenzio rotto e una promessa mantenuta.

 

Alla fine le missive collideranno, collimeranno e collasseranno su loro stesse.

La MdP, in un ultimo gesto...morale, si sposta verso l'ombra, che trema e freme e sembra barcollare. 

 

 

  --- ( sinossi ) ---

 

1. i Gemelli

 

Congettura di Siracusa [1].

" Non si parte mai dall'incognita".

>>>2>>>

 

2. Nawal

 

ooo

La vita è più strana della morte, la realtà supera sempre la fantasia : non è che la raggiunge, come Achille ( ed in altro ambito il suo tallone : ooo : tatuaggio, marchio, segno : ma saranno il suo volto, il suo viso, la sua faccia ad equilibrare le sue 'gesta', la sua condizione, il suo stato, il suo condizionamento, le sue scelte e le decisioni prese ) non può con la Tartaruga perché l'infinito ( dio (non) ) c'è : è che le è sempre innanzi.

E quando collassa su se stessa, si ritorna allo Zero, all'Infinito.

Inventare lo Zero.  Una Potenza Latente Esponenziale racchiusa-contenuta nell'umanità  ... e cosa ne risulta, invece ?  " Giù le mani dal mio deserto ! ".

 

3. Daresh

 

Sette ponti Königsberg [2] : " exp ( i * pi ) + 1 = 0 ".

 

" lei non conosce il 'sud', lei non è definitivamente di queste parti " : diapositive in B/N : ''il'' salto di Henri Cartier-Bresson, le cannonate di Fiorenzo Bava Beccaris sulla folla ( ich bin ein Tunisin ... palestinesi, libanesi, cinesi, argentini, cileni ), 7up e macerie, ...

 

" sto cercando l'orfanotrofio, sa dov'è ? "

" è proprio lì ".

 

4-5-6 ... il Sud - Deressa - Kfar Ryat

 

" Sono sempre stato il custode della scuola ".

Anche dopo ch'ebbe cambiato destinazione d'uso.

 

7. la Femme qui Chante

 

Il notaio Lebel a Simon :

" La morte non è giammai la fine di una storia, restano sempre delle tracce. Partiremo... "

" 'Noi' partiremo ? Non ti sembra di aver già fatto abbastanza ? "

" Appunto, non posso mollare ora. Cresci ".

 

8. Sarwan Janaan

 

Notaio Maddad : " Questo paese è un campo di battaglia. Non è complicato : se i notai fossero esistiti al tempo di Noè, dovremmo solo cercare gli atti di proprietà originali. <<<1<<< Questa terra è tua, quest'altra è sua, la c'è una servitù di passaggio... Non si discuterebbe più e tutti sarebbero contenti ".

 

Incognita risolta e svelata.

E subito sostituita  :  <<<2<<<  " Vi troverete di fronte problemi insolubili che vi porteranno sempre verso altri problemi altrettanto insolubili " : matematica pura 'applicata' (??!!) alla vita, solitudine esistenziale : " 1 + 1 = 2 " !!!

 

9. Nihad

 

ooo

Notaio Maddad : " quello [?] era [?] un periodo di rappresaglie in successione susseguitesi l'un l'altra in/con una 'logica' implacabile, come in un'addizione " : quanto di più ottuso di un'addizione ?

Metal detector bip-bippanti : di bellezza.

 

10. Chamseddine

 

ooo

Fou de Guerre.

Barcolla l'ombra.

 

Incendies.

Lektionen in Finsternis. 

 

 

  --- ( risultato ) ---

 

I miti hanno da sempre dato i nomi alle cose...

 

Dis-Onore per una persona da parte di due fazioni-famiglie-etnie contrapposte che potrebbero essere una e vivere in pace, e Dis-Amore per una persona che è stata scissa dall'odio, dall'ignoranza, dalla cattiveria, dalla stupidità, dal caso, dalla malvagità, dal caos, da parte di un'altra.

 

"  1  +  1  =  1  "  :  si, se gli 1 ( nelle vesti di incognite non letterali parzialmente svelate ) sono uguali, coincidono, sono sovrapponibili lungo la Linea Spazio-Temporale... 

 

Perché che cos'è un'equazione se non un rendere uguali ?

 

Ma siccome il giusto risultato è Zero, ovvero : combattere l'Entropia sfruttando il suo stesso affanno per compensare lo spreco d'Energia...allora : se " 1 + 1 = 1 ", automaticamente comporta in risposta che : " 1 = 2 ".

Tutto si crea e nulla si distrugge, con uno sfilacciamento ai confini : compensazione. Ah !

 

Hello Wor(l)d...!

 

You forget so easily... You learn so easily... L'inizio altro non è che una Dis-Equazione : il bambino che diventa adulto, l'innocente che diventa ... arma.

 

E per un momento, l'intera famiglia di 4 persone ( 3 ''in'' una + ''2'' in una ) è riunita in una cella.

 

E Nawal stessa, vittima E carnefice : " 1 + (-1) = 0 " : Zephir : annienta ed eleva... 

 

 

  --- ( incognita ) ---

 

Le Storie del Mondo e delle Umane Genti non sono infinite, per il 99,99 % periodico seguono un totale circoscritto che si reitera, lungo il corso della Storia, con le collaterali e subordinate insorgenze divergenti, ma sempre finite sono.

YOU

Dalla coazione a ripetere subentra la dimenticanza e in questo modo, di nuovo, e periodicamente, ciclicamente, eternamente, può intervenire la Meraviglia.

FORGET

Quel che contraddistingue la Razza Umana : Raccontami una Storia : anche la stessa, siamo macchine fatte per dimenticare : è ciò che ci permette di sopravvivere.

SO

Dai tempo al tempo, guerra alla guerra e sangue al sangue - ma soprattutto dai abbastanza tempo alla guerra e al sangue - e non solo 1+1 farà 1, ma la sequenza 4-2-1-4-2-1 troverà la propria eccezione, e l'impossibile accadrà.

EASILY

E non avrà altro significato che il darci la forza di compiere un altro passo, di addormentarci felici, o di annientarci con l'assurdità insensata che ci tiene insieme.

 

 

Note: 

Soggetto ( opera teatrale ) : Wajdi Mouawad.

Sceneggiatura : Valérie Beaugrand-Champagne e Denis Villeneuve.

Fotografia : André Turpin ( ''effetto'' desaturato ).

Montaggio : Monique Dartonne ( lineare nella sua alternanza reciproca ).

Musiche : Grégoire Hetzel ( e Radiohead...

 

...in funzione di raccordo di montaggio in ellissi conseguenti, in 'quadri' alla ''my son, my son...'' di W.Herzog ).

 

a)  Finali ad effetto fionda gravitazionale :

 

-- Richard Powers - the Time of Our Singing - 2003  ( il tempo di una canzone - mondadori - 2007 )

-- Matt Ruff - Set This House in Order - 2003  ( la casa delle anime - fanucci - 2005 )

-- Andrew Sean Greer - the Story of a Marriage - 2008  ( la storia di un matrimonio - adelphi - 2008 )

-- Inspirazione - D.Villeneuve/M.Mouawad/M.Désormeaux-Poulin/M.Gaudette - Clip da NON Aprire.

 

b) 

 

[1] Successione di Siracusa o di Collatz :  qualsiasi numero intero superiore ad 1. Se pari, lo si divide per 2 e si procede. Se dispari, lo si moltiplica per 3 e si aggiunge 1 ( rendendolo pari : un bel grazie al cazzo...). Prima o poi si raggiungerà sempre la successione terminale = ...4 - 2 - 1 - 4 - 2 - 1... Trattasi di congettura : si '''potrebbe''' trovare un numero talmente alto ( '''ugu=ale''' ad infinito, o prossimo ad infinito ) da spezzare l'algoritmo non giungendo, mai, ad 1.

 

[2] Qui mi fermo al lupo - pecora - cavolo. prima porto lupo con cavolo e lascio pecora. poi torno indietro con cavolo, lascio cavolo e porto pecora. poi lascio pecora e torno indietro con lupo. poi ritorno con lupo e cavolo. Ci voleva un ponte...

 

c)  Newtonianamente…se questa mia riesce a dire un qualcosa di 'sensato' è perché sono - inconsapevolmente da loro che non hanno 'colpa' - portato in spalla da ( gli scritti di ) ottimi utenti che mi hanno preceduto : le opinioni di @MarcelloDelCampo, @Fabio1971, @Peppe Comune…

 

* * * * ½ - 9

 

Recensione.

 

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Enemy

  • Thriller
  • Canada, Spagna, Gran Bretagna
  • durata 90'

Titolo originale Enemy

Regia di Denis Villeneuve

Con Jake Gyllenhaal, Mélanie Laurent, Sarah Gadon, Isabella Rossellini, Joshua Peace

Enemy

In streaming su Amazon Prime Video

vedi tutti

 

La rete brutalista in cemento armato fatta di celle compartimentate in cui si muove l'eroe perso tra i vari s(1)é è un panopticon senza carcerieri né spettatori in cui la libertà si attorciglia su s(2)é stessa e non trova altra via di fuga che l'afferrarsi le filiere tra le fauci e iniziare da capo, lo specolo caliginoso del futuro tutto per s(3)é.


1.  E QUESTO, CHI È. 

“ Il caos è un ordine da decifrare ”,
dal (ehm..."borgesiano", ehm...) “Libro dei Contrari”, in esergo a “l'Uomo Duplicato” di José Saramago.

La trama della tela ( “ Oggi mi ami davvero, oggi no ” - citazion d'altrove ).   

Alfa.
“Fidelio” - anzi, pardon : ”Unico” -, così recita il marchio sulla chiave inserita nella toppa della porta della Dark Room, e intanto la patta s'ingrossa. Tizio ( “Es”, o “D:” ) assiste ad uno show (auto)erotico leggermente sado, un poco maso e con una spruzzata di splatter aracnoideo appena sceso sgambettando da un piatto d'argento e sparsasi gelatinosa sul tavolo in legno. Attorno a lui, mi spiace, ma le comparse che vi somigliano tanto non sono rintracciabili nei rutilanti e velocissimi titoli di coda vecchia maniera che vedremo del film che stiamo guardando --[ secchi, concisi ed essenziali, disadorni d'ogni pignoleria burocratica : il consigliere telematico del guardarobiere e l'aiuto-autista del catering non vengono menzionati : i titoli di coda migliori da 50 anni a questa parte : inesorabili, percussivi, lapidari, succinti ed essenziali, e che non elencano tutte quelle cazzo di comparse del menga atte a creare solo danni : insomma non come quelli infiniti di oggi, in cui ti ci puoi perdere dentro scoprendo cose che era meglio restassero segrete ]-- che scorre rullando sulla puleggia della scheda madre collegata con la memoria periferica esterna-interna proiettandosi dallo schermo sulle vostre retine, né su IMDB né su WikiPedia né, tanto men che meno o vie più, le saprete da me, qui, su FilmTv.it.


" Spirito libero e matrimonio. — Vivranno gli spiriti liberi con le donne? In generale credo che essi, simili agli uccelli vaticinatori dell'antichità, come pensatori e predicatori di verità del presente, debbano preferire volar soli. "

 

F.W.Nietzsche - "Umano, Troppo Umano" ( vol. 1°, p. 7a ). 

Beta.
Caio ( “Io”, o “C:” ), Adam Bell ( Jake Gyllenhaal ), è un trentenne professore di Storia in un college di una metropoli canadese affogata nel proprio skyline ( Toronto ) che ha da sempre riposto nel cassetto il sogno di provare a intraprendere la carriera di attore cinematografico. I giorni scorrono tranquilli e frastornantemente simili tra equazioni risolventi totalitarismi alla lavagna, graffiti zamjatin-huxley-orwell-jetée/twelvemonkeysiani e notazioni hegeliane di Carl Marx, la relazione morbida con Mary ( Mélanie Laurent ) e le visite della madre ( Isabella Rossellini ), finché un giorno un suo collega di Matematica -[ che non era presente al festino privato, lo dico solo per confondere ulteriormente le acque, e ribadendo il concetto : i titoli di coda del film vero e proprio, a cui s'è già accennato ( implacabili e in accelerando, più laconici e meno pericolosi di quelli chilometrici del film nel film, che invece contengono, normalmente, “Tutti i Nomi”, in una sorta di surrogato di impronte digitali-retiniche e di DNA cinematografico ) in ciò non aiutano : benedetti siano gli uncredits, After the Lights Go Out ]- si lascia estorcere con sottile recalcitrante noncuranza il suggerimento di un consiglio filmico [ Javier Gullón e Denis Villeneuve utilizzano il “Where There's a Will, There's a Way” ( Volere è Potere : là dove c'è il volere, il desiderio, la voglia, l'impegno, la volontà, lì c'è la possibilità, la via, la soluzione ) in vece del sinonimico “Quem porfia mata caça” dell'originale portoghese di José Saramago del 2002, tradotto in italiano con un altrettanto valido titolo ( da commedia degli equivoci...francese ) di “Chi Cerca Trova” nel gran bel lavoro d'interpretazione-restituzione di Rita Desti per Einaudi→b.erlusc-a/loni - MondaZzoli→Feltrinelli ].
Contro ogni logica web, la ragnatela che ''tutti'' ci avvolge e che un giorno qualcuno definirà l'Involuzione Identitaria, le videoteche ancora resistono, incassate a contendersi una svolta di movimento di macchina da presa tra agenzie viaggi, negozi etnici e lavasecco, e così il nostro eroe, passato il dopocena a correggere i lavori dei suoi studenti e prima dell'amore con Shosanna Dreyfus inserisce il dvd in “E:” al suo notebook e guarda il film consigliatogli. Sesso. Eraser. Sonno. Sogno. Ricordo. Rewind. Frame by frame. Eccolo lì. Eccoti lì. Eccoci qui. Tutti i Nomi.
Tra i quali quello del “3° fattorino” ( BellHop #3 : dal BellBoy di Jerry Lewis a quello di Tim Roth per Quentin Tarantino ), Anthony ( Daniel ) [St.] Claire -[ che nella prima metà degli anni zero ha lavorato ( come comparsa ) in tre film(etti) e in uno spot commerciale ( oggi siamo nella prima metà degli anni zero ) ed er'allora com'è adesso del tutto lecito sospettare possa esserlo probabilmente anche oggi identico al nostro insegnante di Storia come se i due fossero due gocce d'acqua ricavate dalla stessa lacrima provocata dalla collera dei miti o rugiada condensata sulla ragnatela a disvelarne la presenza ]-, sposato con Helen ( Sarah Gadon, ''futura'' Sadie in “22.11.'63” ), incinta di sei mesi che, di ritorno da un pomeriggio in piscina, tende a giustificarsi per un non-ritardo dove per l'appunto non ce ne sarebbe stato davvero alcun bisogno.  


"Dillo ancora.
Ti amo.
No, oggi no.
In che senso?
Certi giorni...non è vero. E oggi non lo è."

Mary ad Adam ( Borden a Sarah ) - “the Prestige” - Christopher Priest e Jonathan & Christopher Nolan  

G(r)amma.
Sempronio ( “Super-Io”, o “Inc.-©-®” ), il nostro Professore di Desiderio o Attore senza Storia, trova un attimo per farsi i cazzi suoi dopo aver tessuto la tela e se la gode.  


2.  La VITA AGRA del DOPPELGÄNGER.

" Hegel nota in un passo delle sue opere che tutti i grandi fatti e i grandi personaggi della storia universale si presentano, per così dire, due volte. Ha dimenticato di aggiungere : la prima volta come tragedia, la seconda volta come farsa. "

[ l'Inquilino del Terzo Piano ( 1° il cazzo, 2° il cuore, 3° il cervello ), Lost HighWay, eXistenZ, Eyes Wide Shut, MulHolland Drive, Spider, Adaptation, Birth, Eternal SunShine of the SpotLess Mind, a History of Violence, InLand Empire, Synecdoche NY, Under the Skin ]

Karl Marx - il 18 Brumaio di Luigi Bonaparte - 1852 

Denis Villeneuve mette in scena l'adattamento-riduzione di Javier Gullón del romanzo “l'Uomo Duplicato” di José Saramago di un decennio prima.
Tanto quanto Saramago insiste e persiste con quel nome tripartito declinato in ogni occasione in tutta la sua pienezza : Tertuliano Máximo Afonso, Tertuliano Máximo Afonso, Tertuliano Máximo Afonso -{ caso vuole che Tertulliano da Cartagine, 155 ca. - 230 ca. d.C., fu lo scrittore apologeta teologo che scorporò Dio dalla sua unicità, introducendo nella dottrina cristiana la teologia trinitaria; e oltre a ciò ci lasciò anche svariate altre perle di pensiero, tipo : “Abbracciare le donne è come abbracciare un mucchio di letame : la donna è figlia della falsità, sentinella degl'inferi, nemica della pace. La donna è la porta dell’inferno, la strada che conduce all’iniquità, la puzza dello scorpione.” - dal "De Cultu Feminarum" [ Libro Primo, Capitolo Primo, Paragrafo Secondo (I,1,2 - Etc...) ], ca. 200 d.C. }- così Villeneuve martella sull'evidenza per estrapolarne empatia ragionata e consapevole compassione ( nel senso buono e nobile del termine ) verso il protagonista ( gran prova di Jake Gyllenhaal in campo dall'inizio alla fine ). 

Incendies” rimane il suo capolavoro della 2a parte di carriera ( così come “Polytechnique” lo è della prima : sono entrambi film spartiacque all'interno del suo corpus narrativo-artistico, ed è forse in qualche modo rilevante il fatto - preso per buono il valore qualitativo che si sta consegnando a questi due specifici opus all'interno dell'opera completa, in corso, del nostro - che siano uno il diretto successivo dell'altro, ovvero : a quando un altro capolavoro degno di loro?, ché né "Prisoners", né "Enemy", né "Sicario" – pur essendo ottimi film – riescono nell'intento. Attendiamo con pervicace, esiziale impazienza “Story of Your Life” ), ma “Enemy” è gradevolissimo : siamo dalle parti di "the Prestige" : 99 spettatori su 100 ''capiscono'' ( perché ne accettano l'inganno e l'inghippo ) già tutto dopo 20 minuti, ed è - per l'appunto - un piacere ( per nulla disinnescato ) godersi lo svolgersi della vicenda così come ci si aspettava.


Salvo il fatto che poi, alla seconda (terza) visione, o semplicemente causa un tornarci sopra e dentro col rimuginio innestato a forza di voraginosi buchi in tema di rapporto causa-effetto, le parti prettamente tecniche legate allo svolgersi e riannodarsi degli eventi lungo le due linee spazio-temporali incrociate iniziano a non collimare, a confondersi, e la questione psicologica ( psichiatrica ) assume via via sempre più importanza fattiva : i continui indizi e prove sono disseminati per il piacere della conferma : un mucchio di indizi fanno una prova : e questi segni e sintomi pioggiati a suffragio semi-universale, questi riscontri a suffragare la tesi della ragione, sono chiari sin da subito e disseminati a spaglio ( come in "the Prestige" : vogliamo essere sorpresi, ci lasciamo ingannare ) e seguono in parte gli stilemi e il canone del genere mistery-thriller : stesso aspetto monozigote, identica inflessione vocale, stesse cicatrici e nessun terzo (secondo) incomodo è in campo quando i due protagonisti sono fisicamente e diegeticamente in scena ( con variazione sul tema : l'indagine interna : la sequenza in cui Helen chiama Anthony al portatile e lui risponde solo e non appena Adam è scomparso alla di lei e alla nostra vista dietro un cassero d'onda gettata di calcestruzzo e al conglomerato di cemento armato brutalista che ha ben impresso ancora su di sé l'impronta manufatta della cassaforma in legno ). 


3.  TUTTI I NOMI.

“ The Ring ! The Mark on Your Finger ! ”

Jake Gyllenhaal  :  Adam Bell [Hop] / Anthony (Daniel) Saint Claire - - - Tertuliano Máximo Afonso / Antonio (Daniel) Santa-Clara
Sarah Gadon  :  Helen Claire - - - Helena Claro
Mélanie Laurent  :  Mary - - - Maria da Paz
Isabella Rossellini  :  Mother - - - Carolina Maximo Afonso Claro {*¹-¹}
Casting  :  Deirdre Bowen ( tante facce cronenberghiane, nel prologo ).  


Sceneggiatura  :  Javier Gullón  ( Soggetto : José Saramago ).
Fotografia  :  Nicolas Bolduc ( è forse il primo e forse unico caso di film ''seppiato'' in cui la texture ed il pattern cromatico volutamente così filtrati e virati non mi disturbano ) : le sue carrellate laterali, le sue svolte ad angolo retto (90°) e ad ''U'' (180°), le panoramiche ad effetto miniatura…
Montaggio  :  Matthew Hannam ( ecco, abbiamo trovato l'equivalente del '';'' cinematografico ).   

 
Musiche Originali : Danny Bensi & Saunder Jurriaans (gran coppia di musicisti stakanovisti della factory Pulse Music che ogni tanto sforna piccoli gioiellini : “Martha Marcy May Marlene” ed “Enemy”) : Denis Villeneuve è un regista particolarmente attento alla colonna sonora, musicale e non solo {sembra abbia trovato in Jóhann Jóhannsson il partner [ogni riferimento al Dostoevskij/Bertolucci, al Poe/Malle e al Plauto/Molière è puramente ca(s)u(s)ale] fedele : i successivi "Prisoners", "Sicario" e "Story of Your Life" si avvalgono tutti dei suoi pentagrammi}.   

 

 
Musiche Non Originali  :  [ Scott Walker ( Scott Engel ) + John Walker ( John Maus ) + Gary Walker ( Gary Leeds ) = ] the Walker Brothers – After the Lights Go Out ( John Stewart ) – the Sun Ain't Gonna Shine Anymore – 1966 [ uno Scott Walker ancora ben lontano dalle continue rinascite e reinvenzioni future della ''seconda'' parte di carriera ( avanguardia, art rock sperimentale, drone-metal ), anche se album come "Climate of Hunter", "Tilt", "the Drift", "Bish Bosch" e la collaborazione con Sunn O))) di "Soused" ben si confanno all'anima di "Enemy" ].  

 

 
Effetti Speciali  :  Rodeo FX  :  http://www.awn.com/vfxworld/rodeo-fx-enhances-villeneuve-s-enemy ( anche la palla da tennis pretende il suo doppelgänger, il proprio sosia, eccheddiamine ).

4.  RESIDENZIALE BRUTALISMO QUOTIDIANO.

" Helen, did you plan on doing something tonight? Cause I think I have to go out. "

In una città tutta uguale dobbiamo farci in quattro e sdoppiarci per riuscire ad essere unici.  

La razionalità --- che si dibatte e si contorce, immersa in un ambiente a lei estraneo e straniante pieno di specchi e di errori, di vicoli ciechi e di svolte effimere, e azzanna e uncina con le fauci della ragione e del raziocinio e con gli artigli del pensiero critico e dell'intelletto per battagliare il proprio diritto all'esistere, urlando di volta in volta ''è così'' e ''non è così'' in faccia al disordine uniforme, persa e stretta in questo brutalismo di asfalto e acciaio, di vetro e cemento che tutto contiene e comprime --- vuole, pretende e ricerca un rapporto di causa-effetto -[ in assenza di una visione deus ex machina che già conosca la fine e riconosca l'inizio della Storia ( della sua concezione materialistica : tra real-politik e possibilità di ''pre''vederla ), vissuta ed espletata in una contemporaneità sotto forma di ragnatela o frattale di Mandelbrot, in una simultaneità a guisa di mandala o spirale galattica, in un coacervo ragionato e sincronico a sembianza di dura madre in un dedalo di pieghe e risvolti della corteccia cerebrale ]- riguardo all'ambiente in cui è immersa e a ciò che le capita addosso : l'inganno, allora, verrà svelato : siano quindi due storie che si svolgono una di seguito all'altra raggruppate però in parallelo dalla narrazione ( opera audio-visiva : Javier Gullón e Denis Villeneuve ), sia essa pure la stessa storia che si prende la coda in bocca, si raggiunge e si ricongiunge e ricomincia da capo girando in tondo come una trottola dal moto perpetuo ( opera letteraria : José Saramago ) : la “copiosa diversità della vita” di “gente che subisce con pazienza il pignolo scrutinio della solitudine” troverà infine una formula, una soluzione, una chiave ( madeleine, passepartout ).   


La semiotica del romanzo è palese nella sua disposizione geografica e sintattica -[ la sua interpretazione rimane indecifrabile data l'uggia pulviscolare che pervade il meandro brutalista del Dedalo contemporaneo ( postmoderno-massimalista : le Vele a Napoli, il Corviale a Roma, le Lavatrici a Genova, la Torre Velasca a Milano : ovvio, tutto dipende dal contesto d'intorno ) : il significante è la motrice : i significati sono solo i vagoni ]- : la reiterazione del nome del protagonista, pronunciato (quasi) sempre per esteso in una sola unità semantica -{ e quando ciò non avviene è perché il nome e cognome – composto in realtà da tre nomi propri : Tertuliano Máximo Afonso – viene spezzato in due o tre parti dentro il dipanarsi di uno o più paragrafi, sempre però alla fine ricomponendo quell'unica e indivisibile [ 1+1(+1)=1 → Incendies (figlio-fratello-padre) → Enemy (Adam-Anthony) → Prisoners (Alex-Barry) ] singolarità lessicale }- e, sul finale, la suddivisione dei nomi della madre, che di volta in volta dive-n/r-gono ( Carolina Maximo, Carolina Afonso, e...Carolina Claro {*¹-²} ), sono solo due esempi tra i molti e i tanti. Il romanzo si chiude su sé stesso e surrealmente reinizia da capo, o più precisamente da poco dopo l'inizio, a 2/5 del percorso, a partire dalla prima telefonata di Tertuliano ad Antonio. Sarà un cerchio infinito, una spirale a 4 dimensioni autoreplicante, o paradossalmente girerà s'un doppio binario, una superficie a massima prestazione, correndo s'un nastro di Moebius a spin ½ per risolversi alla seconda tornata con l'entrata in scena (senza "Fight Club") di una pistola… 


Quella del film, di semiotica, è differente : più semplice, dal PdV del finale

-[ ch'è l'unica parte, paradossalmente, veramente comprensibile dell'opera, e che ci regala l'unica solida certezza ( la tarantola si ritrae tra un angolo e il soffitto della stanza in una posizione che non è solo di attacco ma primariamente di difesa, difesa della prole contenuta nel metaforico sacco ovigero del ventre gravido in grembo all'opistosoma, tutti e otto gli occhietti ocellari riuniti secondo il loro pattern 4-2-2 al centro del ''capo'' rannicchiato protetto in cima al cefalotorace nel mezzo del baricentro protetto dalle otto zampe. Sul viso di A. s'innesca e nasce un'espressione piena di comprensione e rassegnazione divertita ), a meno di non prendere in considerazione un enunciato di partenza estraneo ad essa...dettato dal Buon Senso ( che in Saramago è un personaggio di per sé, a tutto tondo, dotato della presenza scenica di un interlocutore fatto e finito che interagisce con Tertuliano, da esso sollecitato e interrogato ), ovvero : che uno dei due personaggi – a meno ch'essi non si muovano su due piani temporali differenti, ed uno dei due per l'appunto non ne ricordi le gesta dal suo presente-futuro ch'è dello scomparso il proprio presente-passato, e siano concatenati ed incrociati in parallelo dal montaggio dell'Autore / Protagonista – non sia altro che la proiezione mentale (Es-“D:”) dell'altro (Io-“C:”) in lotta col proprio (SuperIo-“TradeMark”) ]-,

e più complessa perché, ancora una volta paradossalmente, ancorata al reale nel cercare di razionalizzare la “definitiva elucidazione delle commutative e instabili identità in lizza”

La contemporaneità della loro presenza in scena (escludendo le sequenze che rientrano nell'ambito di una psicopatologia allucinatoria e/o di personalità multipla: si pensi a "Despair" di Vladimir Nabokov / Tom Stoppard / Rainer Werner Fassbinder) scaturita dal montaggio si risolve con l'esistenza di quella strana tecnica della narrazione chiamata flashback. E che in realtà è un flashforward. Anzi no : è il flashback nel flashforward di un morto : analessi prolettica ⇔ prolessi analettica. Chi (?) è vivo (sopravvissuto), ha ''scelto'' di fare il professore di Storia con passatempo orgiastico piuttosto che un attore di terzo piano/fascia/classe con famiglia felice. E svago da ''feste eleganti'', versione più prosaica rispetto ad Arcore/EWS, senza messe rumene recitate all'inverso. 

Costruisci anche tu un personale modellino di labirinto in cemento. Pardon, cartoncino pressato ( Balfron Tower, da "Brutal London" by ZupaGrafika ). E mandaci a vivere i tuoi sogni. 


Immagine: (Assonanze e consonanze intercontinentali : Ernõ Goldfinger - "Trellick Tower" - 1972 / Martin Amis - "London Fields"- 1989 : Nubi atomiche trasportano il profumo di estinzione).


5.  DURA MADRE – ARACNOIDE – PIA MADRE.

“ Sei il mio unico figlio. Io sono la tua unica madre. Hai un lavoro rispettabile e un bell'appartamento. E, dato che siamo sinceri, credo che dovresti abbandonare quella fantasia di diventare un grande attore. ” {*¹-³}  

Denis Villeneuve, autore di un cinema non propriamente ''classico'', e tanto meno in scia coi postumi della New Hollywood, ma potente, che sfama, e al contempo non è mai sazio di consegnarti quel qualcosa in più di pensato, ponderato e sorprendente ( l'unico paragone che mi sento di proporre è quello con James Gray, infarcito da un'ombra dell'Artista Un Tempo Conosciuto Come M. Night Shyamalan ), utilizza “Maman” -( volendo premere un poco tanto sull'acceleratore dei riferimenti fini-a-sé-stessi e delle similitudini azzardate, molte versioni in piccolo di quella scultura sono ''visibili'' nei lampadari appesi al soffitto nel loft-posto di lavoro della madre di Adam in cui ha luogo il loro incontro-dialogo dal vivo. O in casa mia )-, la scultura di mt 9x9x10 in acciaio, bronzo e marmo di Louise Bourgeois del 1999 ( Ottawa ), ''così'' come Duncan Jones in “Source Code” utilizza il “Cloude Gate” di Anish Kapoor a Chicago, Alfred Hitchcock in “North by NorthWest” il naso di Lincoln scolpito sul Mount Rushmore ( e nello stesso film una riproduzione della “Falling Water” di Frank Lloyd Wright ), Steven Spielberg la Devils Tower in “Close Encounters of the Third Kind”, Brian DePalma ( e "the Simpsons" ) la “Chemosphere House” di John Lautner in “Body Double”, etc...etc…, ché gli esempi sarebbero a centinaia, tutti simili e tutti diversi.  

 

Immagini: [Si consideri anche "Persona", di Ingmar Bergman, del 1966 : e precisamente qui, al minuto 01'20''].

 

6.  BLUEBERRY FIELDS, FOREVER. 

" A mio avviso, disse lui, l’unica opzione importante, l’unica decisione seria che bisognerà prendere per quanto riguarda la conoscenza della Storia è, se dovremo insegnarla dall’indietro in avanti o, secondo la mia opinione, da davanti all’indietro, tutto il resto, pur non essendo disprezzabile, è condizionato dalla scelta che si faccia, lo sanno tutti che è così, ma si continua a far finta che no. "

José Saramago – O Homem Duplicado – 2002 ( trad. ital. Rita Desti, Einaudi/Feltrinelli ) 

Il bisogno segreto di Anthony è quello di fare il professore di storia, che per quello ha studiato. Lo fa di nascosto dalla moglie. Il bisogno segreto di Adam è quello di fare l'attore, che per quello non ha studiato. Lo fa di nascosto dalla madre. L'insegnante di storia è guarito : finalmente potrà essere l'attore fallito. L'attore fallito è morto : finalmente l'insegnante potrà scrivere la propria storia. 

Attraverso le manifestazioni del reale o di ciò che sia deducibile riconoscere come tale, A. cerca la verità in cui è immerso il proprio contesto di persona : la sua vita è un eterno finché dura Paradosso di Schrödinger : esso è al contempo la scatola aperta/chiusa, il povero gattino batuffoloso e/o spelacchiato, la particella nucleare in decadimento che fa tic-tac, e l'osservatore esterno ( che osservando modifica il corso degli eventi, ma questo è il Principio di Indeterminazione di Heisenberg ) : è il maestro di cerimonie del proprio mondo, è la maschera.  

Rovesciando per due volte la locuzione di Bruno Bettelheim presente in "the Uses of Enchantment : the Meaning and Importance of Fairy Tales" del 1976 ( "il Mondo Incantato", Feltrinelli, 1977 ) a proposito della fiaba-favola, in cui "i personaggi sono tipici anziché unici", si potrebbe affermare che A. è un individuo unico ( pur doppio ) ma non propriamente tipico. La domanda è se lo diverrà sempre più, col mutare della comunità-società-civiltà-umanità lungo questa china, uniformandosi e scomparendo sullo sfondo caliginoso delle colate grezze della 'sua'' Concrete Jungle, oppure questa sua particolare eccezionalità ( non così rara ma certamente non comune e non tipicizzata ) rimarrà peculiare...e la razza umana avrà così una speranza migliore.

Volendo “risolvere” il film e non il romanzo : l'incidente ( che sia allo stesso tempo un ricordo e una proiezione mentale ) avv-iene(/enne) realmente ( come tutta la storia d'amore fedifrago tra Adam e Mary ) : lei probabilmente muore e lui sopravvive portandosi addosso una bella cicatrice e resettando il disamore verso i mirtilli, nel passato. 

Il minuscolo e oramai inutile maschietto dev'essere solo contento di essere riuscito a lasciare (?) sano e salvo la ragnatela dopo il coito. L'epifania disegnata sul volto di A. è rassegnata e consapevole con un accenno di sorriso. 


E no, il finale non è così chiaro e lampante. E se la chiave del film fosse la pistola del romanzo ? E se il cerchio si chiudesse anche su celluloide oltre che su cellulosa ? Più precisamente : se anche la pellicola arrivasse a coincidere esattamente con l'inizio, quando invece inchiostro e carta creavano un innesto a 2/5 ? La nuova chiave, Unica, appena scartata dall'anonima elegante bustina, aprirà una nuova - la solita - porta : " I think I have to go out ".

Per modalità ( significanti ) divergenti ( e diverso, come detto, è anche il finale ) mi sembra che il romanzo e il film percorrano lo stesso tipo di strada ( significato ) : semplicemente, l'alienazione [ maschile ( la città intesa, vista, percepita e vissuta come gabbia ), e non femminile ( la città modellata e/o accettata come nido, culla, giaciglio, utero, sacco ovarico ) ].

Che poi Saramago preveda una pistola ( l'inconscio maschile che ''rimette a posto le cose'' con una protesi armata del proprio sesso ) e Villeneuve una chiave [ l'inversa xeno-antropomorfizzazione del dato di fatto della realtà : l'inconscio maschile si arrende ai corazzati segnali ( ferormoni femminili fattisi segno, senso e segnale ) profondi e virulenti della donna emessi a custodia della progenie e a salvaguardia dello ''status quo'', o meglio : della vita futura ], poco (forse) cambia.
A. diviene, a dispetto, a cospetto e a sospetto di sé stesso, la metà di un uomo solo, un unico intero autosufficiente fatto e finito.
"Nessun compagno" è meglio di "un compagno inaffidabile".
Mamma ragno si rannicchia in un angolo a difendere la prole che porta in grembo, tra prosoma e addome, pronta a colpire. 


7.  RICORDI CHE SONO NOVITÀ, E NOVITÀ CHE DIVENTANO RICORDI.

« Allora vidi i suoi occhi mentre veniva verso di me attraverso il tavolo, ed erano occhi limpidi, pieni d'amore. »

Jonathan Lethem – As She Climbed Across the Table – 1997 ( “Oggetto Amoroso Non Identificato”, traduzione di Gioia Guerzoni, il Saggiatore - Marco Tropea, 1998 ).

Romanzo che diventa Adattamento, Trasposizione che diventa Cinema.

Come spesso accade, scrivendo recensioni, già dal principio ben si conosce il finale del proprio pezzo ( che va di pari passo oppure no col conoscere quello del film o del romanzo ) : per costruire la critica ad un film volenti o nolenti non ci si può sottrarre all'influenza che il conoscerne la fine esercita sul nostro giudizio complessivo, non ci si può esimere dal tenerne conto ( poi a volte succede che l'ultima frase in chiusura cambi durante il processo di stesura lineare e consecutiva di un'idea spiraliforme a ragnatela, ma ciò molto semplicemente può stare a significare che quella che si pensava fosse la vera conclusione...in realtà non lo era, e che quella vera nel frattempo abbia avuto tutto il tempo di lavorare nell'ombra per emergere e per imprimere sé stessa sul resto della pagina ). E ciò ovviamente vale anch'e pure per la recensione che state leggendo adesso, in questi precisi momento ed istante : questa qui, che termina e finisce proprio così : così. Anzi no. 

 
Se cerchi LA verità alla fine è anche possibile che ne trovi UNA.
La realtà, probabilmente. 
Giunt'in fine al punto di partenza - seguendo l'optapode aracnoideo { grimaldello antropogenico che vuole "una stanza [ nursery room ] tutta per sé" per poter vivere la propria, di vita, senza l'ingombro di un maschio reso(si) inutile } inversamente antropomorfo apparire e maneggiando la chiave di lettura e di (s)volta centripeta che apre/chiude due divergenti/confluenti futuri/passati - ne sap(r)ete come prima. Fuck.  
Spero solo che il mio avatar - chiunque esso sia, presente su FilmTv.it - sia riuscito a scrivere una recensione migliore.

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Qui [ « 1+1=1, ovvero : Denis Villeneuve, réalisateur : "Enemy" + "Story of Your Life" » ] si può trovare una versione più ampia di questo scritto che sfocia verso “Story of Your Life” -{ il prossimo film di Denis Villeneuve, sceneggiato da Eric Heisserer e tratto da un racconto di Ted Chiang , in cui la semantica aliena ivi descritta riesce ad influenzare la percezione del(lo spazio) tempo di chi la domina, contaminando simbioticamente [ e ''fantasticamente'', nel senso ch'è una storia di speculative fiction ( senza essere ''fantasy'' ) piuttosto che di Hard SF ] il suo fruitore-propagatore }- e che contempla “Here”, il capolavoro - stazionario nello spazio e accogliente tutto il tempo del mondo - di Richard McGuire.    

 

* * * *¼ - 8.25

 

Recensione.

 

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Prisoners

  • Thriller
  • USA
  • durata 146'

Titolo originale Prisoners

Regia di Denis Villeneuve

Con Hugh Jackman, Jake Gyllenhaal, Maria Bello, Terrence Howard, Viola Davis, Melissa Leo

Prisoners

In streaming su FilmBox+

vedi tutti

 

Tornando a casa propria, dalla moglie, Franklin Birch ( Terrence Howard : la coscienza a-critica del film ) rimugina :

E il primo disse : “ Ah sì? Non vuoi comprare il nostro giornale?! ”.
E gli altri : “ Lo teniamo fermo, tanto per parlare ”.
Ed io pensavo : “ Ora gli dico : ''Sono anch'io fascista'' ”,
ma ad ogni pugno che arrivava dritto sulla testa
la mia paura non bastava a farmi dire : “ Basta ”.

[ Roberto Vecchioni - Stranamore (pure questo è amore) - Calabuig, stranamore e altri incidenti – 1978 ]

 

Immagini: ( Preda - PdV della nuca del cacciatore ) - ( Preda - PdV del cane da punta / richiamo vivo )

 


§§§  Premessa  :  LA GIUSTA PENA,  ovvero  :
un WorkingClass (not hero) Piccolo Piccolo ( “ Lei mi aveva detto ''ergastolo'' ” ).

“ Io ho fatto la mia scelta. E so cosa ho sentito. Lui non è più una persona, ormai. ”
Un genitore (padre).

“ Credo di aver consumato il nastro. Lo guardo ogni giorno dopo colazione, è l'unico filmato che ho di Barry. ”
Un genitore (madre).

“ Hai detto ch'era una piantina [ una mappa ], questo sembra un puzzle [ un labirinto, un rebus, un problema, un enigma : "Incendies" ed "Enemy" ]. Che cosa stai disegnando ? ”
Un poliziotto (detective).  

 

 

I.  PADRE NOSTRO, TUTTO TORNA.

La bambina parla allo specchietto retrovisore laterale destro, un fuoricampo interno al quadro : la metafora iconizzata del film.
Malickianamente, un picchio tamburella s'un tronco.

Prisoners” ( la ''s'' pluralizzante è da subito e di per sé emblematica : un punto fermo da cui partire viene posto sin già dal titolo ) è il film che trae le somme, che fa il punto della situazione sui film di ''questo tipo''

[ opere migliori - che sono riuscite a dire quasi le stesse cose ma meglio - e sue pari : Jonathan Demme ( Thomas Harris - "the Silence of the Lambs" - * * * * * : e in “Prisoners” Villeneuve innesta un ( seppur parziale, sventato, disinnescato ) falso controcampo demmiano da antologia ), Sean Penn ( F. Durrenmatt - "the Pledge" - * * * * ¾ : il topos della promessa, l'abbandonarsi reciproco dell'eroe e della vittima ad un eccepibile, incredibile impegno ), Clint Eastwood ( Dennis Lehane - "Mystic River" - * * * * ¾ : il personaggio di Maria Bello, oltre ad avere molto in comune con quello interpretato in “A History of Violence” di David Cronenberg, qui rispecchia molto - pur divergendone profondamente - la Laura Linney bostoniana, quando dice al marito, al 3° giorno di scomparsa-rapimento delle bambine : “Tu mi facevi sentire così al sicuro, ci avevi detto che ci avresti sempre protetti da tutto” : una Lady Macbeth in minore sotto benzodiazepine ), David Fincher ( "Zodiac" - * * * * ) e ''persino'' Peter Jackson ( Alice Sebold - "Lovely Bones" - * * * ¾ ). E aggiungiamoci pure un più irrisolto “War of the World” spielberghiano, e all'esatt'opposto : “il Segreto dei Suoi Occhi” di Juan José Campanella. E per altri versi ancora : “the Child in Time” di Ian McEwan ] :

ma in ambito e in campo artistico non è, mai, la somma che fa il totale, e questo deve ben saperlo l'autore che ha portato e messo in scena l'1+1=1 di “Incendies” ( ed "Enemy"...). 

 

Immagini: ( Considera l'incubo reale ) - ( Desidera il sogno realizzabile ).

 
La profonda ambiguità religiosa, espletata dalla proverbiale frase, passata di bocca in bocca, “prega per il meglio, preparati per il peggio”, si stempera deflagrando nella confessione [ Melissa Leo ( "Homicide" di Paul Attanasio da David Simon ), al limine, se la gode ] : “Rapire bambini e farli sparire è la lotta che abbiamo ingaggiato contro dio, così le persone perdono la fede, si trasformano in demoni, come lei”.

Con quel finale Villeneuve dà scacco matto allo spettatore, che in quell'arrocco ci si era infilato da solo.
Alla fine tutto torna, tranne alcuni fotogrammi sempre più corrotti di un nastro smagnetizzato di un home movie analogico visto e rivisto ogni giorno dalla madre di ''un'' bambino scomparso.
Biblicamente ( cioè : giudicando ) non riesco proprio a dargli meno di un 7 (***½ ), ma nemmen di più di un 8 (****).
Tanti buoni-medi registi non si preoccupano delle ''conseguenze'' morali delle loro opere, Villeneuve si : è ancorato al mondo.
A distanza di tempo ( mesi, anni ) lo rivedrei volentieri. Questo è quanto.
Ha il fiato giusto per un fischio.  

 

 

II.  Οiδα  (Oida) :
“non hanno pianto finché non le ho lasciate” :
ascoltare non è capire, sentire non è comprendere.
Ho visto dunque so : niente di più sbagliato, nulla.

-- Fotografia di cinereo fango spalmato s'un mondo bigio di Roger Deakins - ben diversa dall'itterica untuosità caliginosa del film coevo-parallelo-canadese-indipendente “Enemy” ( girato prima, distribuito dopo ) -, che tornerà con Villeneuve in occasione di “Sicario”. Collaboratore storico dei Coen Brothers, qui come non mai siamo in terra di "No Country for Old Men" e "True Grit".
-- Musiche valide e generosamente attente e del tutto al servizio della storia ( anche se rimangono lontane dalla aderente precisione e stimolante gemmazione di Danny Elfman, Carter Burwell, Alexandre Desplat, Clint Mansell o Jonny Greenwood ) del compositore islandese Jóhann Jóhannsson, che tornerà anch'esso a collaborare con Villeneuve per “Sicario”.
-- Montaggio fottutamente classico ad opera del fedelissimo binomio socio-fiduciario di Clint Eastwood ( per tornare un attimo alla fotografia, a proposito di Clint, se dovessi fare un nome che ne renda l'arcobaleno di grigio direi senz'altro Tom Stern ) : Joel Cox e Gary D. Roach : e progressione fu.

 
-- La sceneggiatura è corazzata, piombata, sigillata, apparentemente ( e per le cose che contano sul serio : realmente ) a prova di bomba, pressurizzata, coibentata, impermeabile, monolitica, perfett(in)a : e in questo profluvio di ingranaggi e manovelle, pulegge e bielle, leve e molle, ecco che a luci di proiettore spente e a sipario chiuso viene...alla luce il difetto maggiore ( e forse unico - le incongruenze comportamentali dei caratteri dei personaggi e certe loro azioni, e talune svolte della trama un poco calate dall'alto e risolte con brevi flashback in verità sono spiegabilissime con la solita formula : ci son più cose in cielo e in terra… -, ma non per questo bipassabile ) : la sua semplicità auto-risolta, la sua trasparenza annacquata, la sua nullità o meglio il suo auto-annullarsi e recedere, il suo disinnescarsi e lasciare il passo, il suo limitarsi a risolvere uno squarcio ( preparato, organizzato, favorito, impostato ) di mondo : il cerchio si chiude, e come Homer alla fine di ogni episodio di “the Simpsons” che si rispetti, ci si ritrova al punto di partenza ad esclamare orgogliosi : non abbiamo imparato un cazzo. 

 

Immagini: ( PdV del carceriere di Alex che non è Alex : Barry is Alive / Lucky to be Alive ) - ( PdV di Bob Taylor che ruba le vite degli altri per ricostruire la sua : raccoglie e semina indumenti come molliche di pane ).

 
Villeneuve innesta il pilota automatico mentre con la testa è già e ancora ad “Enemy” [ dico ''già'' e ''ancora'' perché il film patrio (québécois) è stato realizzato e finito ed è bello che pronto mentre il regista è alle prese con "Prisoners'', e nonostante questo uscirà solo successivamente al film (adottivo) statunitense ] e, trasformatosi definitivamente da Auteur

{ i suoi due primi lungometraggi - "un 32 Août sur Terre", '98 e "Maelström", '00 - li ha scritti interamente da solo, su suo soggetto originale, i due successivi - "Polytechnique", '09, s'un fatto di cronaca, e "Incendies", '10, da un'opera teatrale - li ha co-sceneggiati, mentre gli ultimi 4 sono opera di altrettanti sceneggiatori diversi senza che il regista se ne accrediti un intervento : 2 ( “Prisoners” e “Sicario” ) sono soggetti originali, di Aaron Guzikowski e Taylor Sheridan ( in pratica entrambi semi esordienti ), 2

[ “Enemy”, scritto da Javier Gullón ( per questo progetto più sentito Villeneuve si affida ad uno scrittore già navigato ) e “Story of Your Life”, scritto da Eric Heisserer [ che rimane ancora un'incognita : il suo script migliore ( discreto ) a tutt'oggi è quello del “the Thing” di Matthijs van Heijningen Jr., il prequel dell'...''originale'' ( hawksiano ) carpenteriano : ma non si chiama né Lindelof né Goddard, perciò siam già sulla giusta strada ]

prendono vita da un romanzo ( di José Saramago ) e da un racconto ( di Ted Chiang ) preesistenti : l'alternanza ''indipendente''-''blockbuster'' è ben gestita. In attesa dell'untitled Blade Runner project...}

a Metteur en Scène, le prova tutte per cercare di smantellare ( manovrando Roger Deakins che manovra la A Camera ) la retorica di una sceneggiatura non sua e unico punto ''debole'' della pellicola, il suo ''peccato'' originale, e lo fa secondo il motto a mali estremi estremi rimedi, ingolfando il tutto con una serie impressionante di adorabili e solleticanti cliché narrativi ( il Cuarón di “Gravity” è molto più onesto in questo o, meglio, agisce - pur embedded ad Hollywood - su una storia scritta di suo pugno a 4 mani ) : una ''inezia'' : Loki, alla tavola calda, la prima volta che lo vediamo, doveva solo ridere e annuire sbuffando, leggendola e non ''declamandola'', la descrizione ''insulso, egoista ed eccentrico''.   

 

 

§§§  Intermezzo  :  DiaLogo,  ovvero  :
“Io non sono Alex” : 1 + 1 = 1.

– Alex Jones [ Paul Dano, encomiabile ] è come un bambino di 10 anni. Nessuno con un quoziente intellettivo del genere può rapire due bambine in pieno giorno e dopo farle anche sparire.
– Allora come fa a guidare un camper ?
– Ha una regolare patente della Pennsylvania.
– E non capisco una cosa : perché è scappato ?
– Stiamo valutando le possibilità, non sto cancellando nessuno dalla mia lista. 

 

Immagine: ( WunderKammer →→→←←← RedRum ).

 


III.  FILM-STACCHIO,  ovvero  :
“prega per il meglio, preparati per il peggio”.

Non è certo un film pericoloso ( né nel bene né nel male ) - ma nemmeno pericolante, nemmanco alla paradossale luce di quanto esposto poco fa -, e men che mai reazionario : assistitovi, non sono divenuto un fervente fondamentalista religioso cristiano cattolico, non ho comprato un winnebago e non mi sono messo a viaggiare per il midwest ( o il nordest ) dispensando distribuzioni di fotocopie della buona novella ciclostilata e rivisitata alla luce del ''finché va tutto bene, ok, altrimenti sbrocco e te la faccio pagare, dio”, non ho provato l'irredimibile impulso di divenire un survivalista convinto o di nocca-simboleggiarmi le falangi con tatuaggetti para-esoterici, non credo in dio di un niente in più rispetto al nulla di prima, e così per gli oroscopi ( cinesi, greco-latini o indoeuropei : e comunque sono un Acquario discendente boh-bah-mah, e un Serpente di Fuoco ), non mi sono messo a girare con un fischietto di segnalazione e richiamo antipanico in tasca o appeso al collo ( e non ho obbligato alcuno a farlo ), non sono diventato un accondiscendente assistente del taglione fattosi persona e, purtroppo, non sono neppure riuscito ad assumere per un solo momento quell'aria fenomenale da Nicolas Cage sotto Xanax che il bravissimo Jake Gyllenhaal ( facente parte di un quartetto di ottimi attori che apprezzo ma che tendo spesso a confondere tra loro i cui tre altri componenti sono Ryan Gosling, Joseph Gordon-Levitt e Shia LaBeouf ) porta in faccia, sul corpo, in giro e a spasso per tutto il film : severa, distaccata, informe, altera, falsamente nichilista, (non) rassegnata, compostamente attenta, trasversalmente partecipe. 

 
Quando la commessa del market gli dice chiaramente che quel tizio ''viene quasi ogni settimana e compra vestiti per bambini ma...compra sempre articoli di taglie diverse. A volte fa delle cose strane con i manichini'', l'unica reazione di Loki è un dissimulato e sbrigativo disinteresse soprassedente : in realtà è solo il callo della routine all'opera nel maneggiare bene la realtà.
Quando Grace Dover ( Maria Bello, eccezionale ) gli chiede, dopo avergli spiegato la dinamica degli ultimi accadimenti : “ Detective...non vuole annotarselo ? ”, solo allora lui lo fa.
Quando ancora Grace vuole precisare, spossata tra la felicità assoluta e la parziale preoccupazione, che suo marito è e rimane ''un brav'uomo'', l'unica reazione di Loki è il silenzio, accompagnato da uno sguardo fisso : wide-shut, comprensivo-distaccato, empatico-impassibile.

Keller Dover ( Hugh Jackman, molto convincente ) intanto è pronto per essere giudicato e punito ( e, prima o dopo di ciò, salvato ) che per fortuna esiste ancora – tra le preghiere e i biscotti della fortuna – una legge degli esseri umani.

Laboritianamente, (non) è né carne né pesce, (ma) è un film rettilico : che libera in noi l'empatia verso i comportamenti atti alla sopravvivenza immediata : l'affezione mnemonica e l'analisi comparativo-associativo-deduttiva vengono scavalcate al centro e superate a destra.

 

Immagini: ( Cacciatore - PdV : Preda ) - ( Preda-Cacciatore-Preda - PdV : terzo/nostro ).

 


§§§  Promessa  :  Ensaio Sobre a Cegueira.

“ Non aiuteremo Keller, ma non lo fermeremo neanche. Faccia quello che ha bisogno di fare. Noi non c'entriamo più. ”
Un genitore (madre).

 


IV.  PER SEMPRE SAPREMO.

Per esempio...prendiamo “Inception” - sogni come scatole cinesi - : è un film estremamente lineare ( è un arcade a cerchi concentrici che s'innestano l'uno nell'altro e poi si sbrogliano da soli : non vi è insomma un toroide aprocto che tutto inghiotte, evacua, contiene e rimodella prototipizzando la realtà ulteriore : i nodi da sbrogliare sono ''solo'' circonvoluzioni senza groviglio ). Invece questo “Prisoners” - vite come camere degli specchi : specchi neri che tutto assorbono - (s)tira anche tutte le rimanenti matasse di filo non svolto.
Ma nel farlo, però, innesta nello spettatore (ideale) un meme molto potente ( più sfacciato che sottile, più sanguigno che cerebrale : del resto il comportamento e l'agire di Keller Dover sono stati parte integrante e fondamentale nel procedere alla risoluzione - fortuita - del caso ) : quello dell'immedesimazione.
E questo grazie alla regia, alla messa in scena e alla direzione degli attori di Denis Villeneuve.

Ma ciò che più conta, alla fine, anzi forse l'unica cosa che vale ed importa, è che noi, foss'anche solo per un attimo, per un momento, per un fuggevol barlume di frazione di secondo, per un istantaneo ed effimero lapsus della ragione, ci siamo stati, in quella vecchia casa disabitata ed abbandonata allo sfacelo dei giorni e degli anni, ci siamo stati, in quel bagno come nelle altre stanze in eterna ristrutturazione mai realmente avviata causa scarseggianti incentivi e liquidità, ci siamo stati, lì, e abbiamo tenuto – impugnandolo ben saldo – quel martello in mano.

Abbiamo ben soppesato con la mente il potenziale effetto che farebbe rilasciare quella latente forza inespressa e compressa : sulla ceramica di un lavabo, o su quella di un'arcata dentale, o ancora su qualche falange di qualche mano ( appartenenti a chi, in cuor nostro ben lo sappiamo – ce l'hanno mostrato gli occhi e detto le orecchie : “non hanno pianto finché non le ho lasciate” – altro non è che portatore di una propria incolposa/incolpevole innocenza ).

E se ci siamo stati anche soltanto per quell'unica volta, per quello scorcio irregistrabile ch'è durato un palpito, anche solamente per quel frangente racchiuso in un battito di ciglia del pensiero che esplora tutte le possibilità, ecco che in qualche modo lì resteremo, per sempre : per sempre sapremo ricordare la consistenza di quel legno impugnato, il peso di quel ferro abbattuto, il bilanciamento occorrente a maneggiare quel martello.

L'abbiamo saputo, lo sappiamo, lo sapremo. 
E nessun fischi(ett)o potrà mai salvarci da questo. 

 

* * * ¾

 

Recensione.

 

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Sicario

  • Thriller
  • USA
  • durata 121'

Titolo originale Sicario

Regia di Denis Villeneuve

Con Emily Blunt, Jon Bernthal, Josh Brolin, Benicio Del Toro, Jeffrey Donovan

Sicario

In streaming su Amazon Video

vedi tutti

 

Un ampio arcobaleno di sfumature di grigio che sfocia in un intero spettro di gradazioni morali. Un Autore che lavora su commissione non riscrivendo l'altrui sceneggiatura originale e mettendola in scena con invidiabili lampi di poetica tecn(olog)ica e inequivocabili cedimenti alla retorica. E la solita vecchia questione: scegli da che parte stare.

 

Immagine: [ Albrecht Durer – il Cavaliere, la Morte e il Diavolo – 1513 – incisione a bulino ( partic.) ].

 

“ Well, it may be the devil or it may be the Lord / But you’re gonna have to serve somebody ”   
Bob Dylan – Gotta Serve Somebody – Slow Train Coming – 1979.  


.. I ..   Narcocimiteri, narcofosse, narcomagazzini, narcodispense.

Sicario” è complice e compagno di quel piuttosto vasto e pr-e/o-minente stuolo d'altri film contemporanei ''made in u.s.a.'' che ''indagano'' ( dato che l' ''America'' è pur sempre - e da sempre - la prima sentinella di  - e il maggiore antidoto a  - sé stessa ), surfando sulle lunghe onde del mainstream, gli abissi del reale : un processo di osservazione, analisi e investigazione delle modalità ( e dei perché ) - applicate dentro e fuori il proprio suolo natio - con le quali influenzano, muovono e curano ''gli altri'' ( siano essi propri concittadini o genti d'altri confini, indipendentemente dal fatto che questi ultimi individui e popoli stiano tentando più o meno di restituire loro il favore ) : the Departed, We Own the Night, Redacted, In the Valley of Elah, the Limits of Control, Syriana, Lions for Lambs, the Counselor, American Sniper, Zero Dark Thirty. Mentre, all'altro capo del mondo, sta, In Jackson Heights.


Questa coabitazione per nulla forzata e del tutto naturale ( come può essere naturale una deriva sociale dettata da un comportamento più o meno generalizzato e diffuso ) la raccontava già pienamente, compiutamente e rovinosamente bene il coincidenzialmente messicano Carlos Reygadas in “Post Tenebras Lux” , opera in cui il Diavolo era ''direttamente'' invitato ad entrare in casa dei protagonisti dai personaggi stessi, ma, una volta varcata la soglia, ecco che col suo know-how si ritrovava ad aggirarsi un po' smarrito impugnando la cassetta degli attrezzi come un idraulico chiamato per un incendio : ché ''oramai'' ( da sempre, da che mondo è mondo ) il suo ruolo è diventato superfluo : le tentazioni ce le forgiamo da noi, non abbiamo bisogno di mediazioni col Male : gli diamo esplicitamente, senza indugio alcuno, del tu.

 
L'inconsapevolezza del voto si rispecchia nella conseguente-deivata-creata inconsapevolezza dell'azione : il mandato parlamentare, sfruttando il demandare di chi non si vuole o non si sa porre troppe domande ( docce fredde della coscienza collettiva che intorpidiscono e non risvegliano alcunché ), genera potere esecutivo, investito d'ogni autorità, che per assolvere al proprio compito deve aggirare il potere legislativo che lo costringe tra le maglie della democrazia così-come-la-si-intende-nella-contemporaneità. Ridurre il tutto ad un problema di domanda e di offerta e di mala gestione politico-ideologica è semplicistico, ma accurato.

 

Denis Villeneuve – che, da 6 anni e da 4 film a questa parte, ha voluto-dovuto abbandonare ogni tentativo non solo di scrivere le proprie opere ma anche d'intervenire ''accreditato'' in alcun modo sulle sceneggiature da lui scelte o affidategli ha portato il normal(izzant)e compromesso con l'establishment alla sua massima gradazione oltre la quale c'è il punto di non ritorno : l'assuefazione generale ad un ''buon cinema medio dal budget ben speso'' e l'alterazione di un desumibile minimo comun denominatore della ''verità'' a favore di una ''gradevolezza'' un po' misera e a discapito dell'...arte.


Nel caso specifico la storia in questione - che ha trovato un bel gruppo di produttori - è stata scritta da Taylor Sheridan, attore ( caratterista ricorsivo in "Veronica Mars" e "Sons of Anarchy" ), qui alla sua prima sceneggiatura realizzata [il suo progetto "western" comprende una personale "trilogia della frontiera" composta, oltre che da "Sicario", anche da "Hell or High Water" (nella "Black List" da tempo col nome di "Comancheria"), che sarà diretto da David Mackenzie, e "Wind River", con lui stesso dietro la MdP; trilogia cui di lì a poco si aggiungerà la potenissima serie "YellowStone"]. Il film infatti si basa su regia, recitazione, fotografia, montaggio, musiche. E il vero se non unico punto debole è proprio lo script, in alcune parti, sul finale. No Comment. No Spoiler. Omissis.

« - Si può sospettare […] che esista una segreta carta costituzionale che al primo articolo reciti : “ La sicurezza del potere si fonda sull'insicurezza dei cittadini ”.
- Di tutti i cittadini, in effetti : anche di quelli che, spargendo insicurezza, si credono sicuri… E questa è la stupidità di cui dicevo.
- Siamo, dunque, dentro a una sotie… ».

Leonardo Sciascia – “il Cavaliere e la Morte” (Sotie) – 1988, Adelphi
Citato da Sergio Gonzáles Rodríguez in esergo a “Huesos en el Desierto”, 2002 ( Ossa nel Deserto, Adelphi, 2006 )

.. II ..   Contra Legem : “ Non siamo stati a El Paso ”.

Scenario di questo gettare lo scandaglio nello sprofondo che abita sotto al sole la superficie di ciò che al nostro sguardo inconsapevolmente distratto e coscientemente stornato appare come un punto cieco è il bron-broen/bridge-puente ( cavalcavia ) U.S.A.-Mexico

[ svezia-danimarca ( ponte ), francia-inghilterra ( tunnel ), corea del Sud-Nord ( filo spinato, 38° parallelo ), Gaza ( tunnel ), Beirut-Gerusalemme, Kobane (senso unico), Ceuta e Melilla (avamposti), Brennero ( passo ), AnaArabia ( è una questione di spazio ), Zanj Riot ( è questione di tempo ), etc…]

Weeds, stag. 5, ep. 1-5 : //www.filmtv.it/playlist/50052/esempio/#rfr:tag-40123
Weeds, stag. 5, ep. 6-13 : //www.filmtv.it/playlist/50267/hail-to-the-thief/#rfr:tag-40123

Weeds, stag. 6 : //www.filmtv.it/playlist/50471/dare-sfogo-sia-alla-malinconia-che-all-esaltazione--turbini/#rfr:user-47656
Weeds, stag. 7 : //www.filmtv.it/post/31420/in-serie-17-piu-sodoma-e-meno-gomorra-2-press-play-6-bruce-g/#rfr:user-47656

- visitato e raccontato, per far due o tre nomi, da Orson Welles (Touch of Evil), Jim Thompson-Sam Peckinpah, Cormac McCarthy ( la Border Trilogy, No Country for Old Men...), Don Winslow, Jenji Kohan [ l'El Andy di “Weeds” per quanto riguarda il traffico di migranti, mentre Nancy (Mary-Louise Parker) sarà impegnata altrove - come viene esplicitamente spiegato anche in "Sicario" gli immigrati clandestini non attraversano, mai, nei limiti del possibile e per ovvie ragioni, il confine nei pressi di un tunnel del narcotraffico ) agli sbocchi di un tunnel per il contrabbando di droga, armi e corpi ]-,

confine ed arteria di comunicazione non certo puntiforme nella sua permeabilità quanto invece espanso e dispiegato lungo tutto il 32° ( a spanne ) parallelo ( Sonora e Chihuahua ), da El Paso fino a Tijuana, verso nord-ovest, e guadando tutta l'asta fluviale del Rio Bravo (Texas), verso sud-est, qui nello specifico rappresentato dal mili(t)are accorpamento cittadino composto da El Paso + Ciudad Juárez, classica dicotomica identità metropolitana statunitense qui applicata al border messicano

{ quest'ultimo cotiledone oltre ''la Línea'' ha dato il nome al cartello di Juárez, intermediario [ a vario titolo e grado con le altre organizzazioni : Sinaloa ( El Chapo Guzmán-Loera, ri-ri-arrestato seguendo le briciole di pane di Sean Penn. Altre molliche, altra storia : "El Sicario, Room 164" di Gianfranco Rosi ), Los Zetas, Tijuana, il Golfo, le familie e i caballeros...] nel traffico internazionale di droga ( cocaina, eroina, metanfetamine etc... ) tra quello colombiano di Medellín e quel ''20%'' di consumatori di là/di qua dal confine, ed è ''famoso'' anche per una peculiare proprietà che esula solo in minima parte sia dalla coltivazione-lavorazione-raffinazione-esportazione dell'Erythroxylum coca sia dal traffico - oltre che di armi - di persone, cioè la...lavorazione dei corpi, quasi sempre femminili : si vedano “Ossa nel Deserto” di Sergio Gonzáles Rodríguez e, trasfigurando la città ma rendendola al contempo riconoscibilissima, “la Parte dei Delitti” in “2666” di Roberto Bolaño : “ La morta fu ritrovata in un piccolo appezzamento di terreno abbandonato nel quartiere Las Flores. […] La scoprirono dei bambini giocando, e avvisarono i genitori. ” }. 

 

E' in questo scambio, traffico, contatto che l'opera di Villeneuve trova la propria impalcatura portante, il paesaggio umano e geografico autoalimentantesi, in cui lampi di spenta ferocia ( una freddezza che in parte conferisce autenticità non innescando la sospensione dell'incredulità ma rendendola innecessaria ) s'insinuano incistandosi quel tanto che basta a compiere la resezione dell'indicibile dall'impossibile.
Sicario”, d'altro canto, è si dell'autore canadese forse il film più maturo sotto il profilo estetico, tecnico e stilistico

 

[ in ciò si delinea anche virulento e parco, classico e sperimentale : una gestione dell'ambiente, del set, dello spazio, del quadro che assurge il landscape a controparte attiva della storia : il blitz del prologo, l'esfiltrante doppio passaggio del confine con sparatorie ravvicinate annesse, l'attraversamento notturno del tunnel, o, ''più semplicemente'', queste scene : il suddetto arrivo a Juárez...

 

(senso materiale dei corpi in campo, angolazioni...

...e PoV, on board camera, montaggio),

 

...e la pausa sigaretta sui tetti - cliccare qui per aprire l'AV -

 

( movimenti di macchina, fotografia ''manniana'', implementazione delle piste sonore, falso effetto miniature e CGI all'orizzonte sul far della sera a spegnersi oltre la cresta montuosa e l'accendersi dei colpi di mortaio e delle luci lampeggianti della polizia ) ],

 

ma pure risulta per contro del tutto circoscritto nel recinto della retorica mainstream per quanto riguarda la grammatica, il linguaggio e la narrazione.

"Vi sono crimini da non dimenticare, e vittime le cui sofferenze vanno narrate ancor più che vendicate. Solo la volontà di non dimenticare può impedire il ripetersi di simili orrori."  
Paul Ricoeur – Tempo e Racconto ( cit. in epigrafe alla postfazione di op. cit. )

.. III ..   Us, Them : Cananei, Zeloti, Sicarii.

(Lapis) Suffragio Universale → Mandato Parlamentare → ( N.S.A. → ) C.I.A. → ( forze di polizia, investigative e para-governative messicane → ) F.B.I. → ( D.E.A. → ) S.W.A.T. (Mano Armata).

Il coeniano ( ma sarebbe più corretto dire : deakinsiano…) Roger Deakins ritorna a collaborare col regista per la seconda volta, dopo ”Sicario” ( in attesa, non c'è due senza tre, di mettersi giocare con il pattern della tavolozza cromatica di “Blade Runner -Untitled Project- 2” ), proponendo una fotografia satura di colori naturali che non esagera coi filtri (significanti) in stile “Traffic”, e sfornando quasi il contraltare del grigiore metallico di neve in discioglimento perpetuo pennellato per la loro prima collaborazione, che risulta così essere ''paradossalmente'' più vicina al lavoro svolto da Nicolas Bolduc per “Enemy”.
Se c'è uno schema in ciò è questo : Villeneuve chiama Deakins per i ''blockbuster'' ( inserendovi parentesi semi-sperimentali : le sequenze agli infrarossi e soprattutto quelle con le termocamere : nulla di rivoluzionario, ma buona commistione di tecnologie ) e utilizza altri occhi per le opere ''di mezzo'', più ''''indipendenti'''' ( termine, quest'ultimo, sia detto per inciso, ma ben sottolineato e rimarcato, posto tra una caterva di virgolette ).


Calibratissimo e classico ma non per questo ininventivo il montaggio di Joe Walker ( BlackHat, e sodale di Steve McQueen ). Per quanto riguarda l'uso e la gestione ( un atto (im)morale ) del fuori campo - contro campo si potrebbe rilevare un parallelo tra la strage famigliare compiuta da “Medellín” nella villa-compound del boss e quella ascensoriale messa in atto da Lorne Malvo in “Fargo-1”. 

 
Funzionale, caratteristica e fascinosa l'atonale drone music percussiva, industriale ( fabbrica di armi e poligono di tiro ) ed onomatopeica [ si pensi -ancora- alle ''partiture per lavatrice e macchina da scrivere'' ad opera di Jeff Russo per “Fargo” (1e2) ] del compositore islandese Jóhann Jóhannsson ( Prisoners, Story of Your Life ).

 
Emily Blunt (Kate Macer) si accolla – ma ne esce a testa alta – una performance che danza persistentemente sul bordo dell'abisso che si getta nella forra del topos ( sempre aggrappata per le labbra alla sigaretta nervosa piegata all'ingiù e passata da un angolo all'altro della bocca, il pacchetto stropicciato tenuto stretto in pugno ) più ridondante, quello di essere esca verso lo spettatore; Benicio Del Toro (Alejandro/“Medellín”) non sbaglia praticamente nulla : non un ammicco, non un gesto, non una sottrazione fuori posto : una prestazione corposa e potente per il suo mostruoso impune eroe (dis)umano; Josh Brolin (Matt Graver) nei panni del ''sots'' C.I.A. inanella e incastona l'ennesima perla/gemma ( se si vuole, in questo caso, ''in minore'' ) di una carriera esplosa da metà anni zero ( No Country For Old Men, Milk, W., True Grit, Inherent Vice ); tra i non protagonisti degna di nota l'interpretazione di Jeffrey Donovan ( ancora-bis : “Fargo-2” ).

 

« Evil is unspectacular and always human / And shares our bed and eats at our own table. »

( Il male è inspettacolare e sempre umano / E condivide il nostro letto e mangia alla nostra tavola. )

Wystan Hugh Auden - "Herman Melville" - 1939

.. IV ..   Deframmentazione : ripristinare un preesistente ordine gestibile. 

 

Un intero arcobaleno di sfumature di grigio, un ampio spettro di gradazioni morali, ''credere'' che tutto sia o bianco o nero senza scale intermedie è daltonismo etico. 

Ritornando, come Macer, (d)a dove eravamo partiti ( con ''Medellín'' che la invita a cercarsi un posto di vita e lavoro tranquillo : in pratica la indirizza verso “Fargo” : le consiglia di diventare Bill Oswalt ), bisogna però evidenziare pleonasticamente un ovvio lapalissiano sinora sottaciuto e che finora è stato qui solo ambiguamente sfiorato : “ il vero se non unico punto debole di “Sicario” è lo script ” : hm, si e no.
Perché se il cosa, la sostanza, il contenuto ( ciò che accade, le pure azioni commesse dai personaggi perseguenti i propri fini ) è innegabilmente adulto, evoluto, maturo e sensato ( rispetto alle cose_come_stanno ), il come, la forma e lo stile ( non di regia, fotografia, montaggio, insomma non di puro codice del dispositivo cinematografico, ma di scelte di scrittura ) cadono a volte – troppo spesso – nella retorica più ritrita e nell'ammicco facile ad un pathos che risulta nullo tanto quanto è ricercato e accentuato.

 

( cliccare qui per aprire l'AV - spoiler )

 
Tre esempi di spuria, spinta convenzionalità : lo ''spiegone'' di Graver a Macer su quel che accadde alla famiglia di “Medellín”, la provvida [ ma qui è in fondo oltre che di scrittura ( sempre di ''come'' e non di ''cosa'' : che “Medellín” e Graver abbiano sfruttato Macer è...hm...sensato, oltre che esplicitato dalla stessa agente F.B.I. ) un problema di montaggio e regia ] comparsa di “Medellín” a salvare l'esca Macer dal suo assassino in fieri e in farsi, e l'addio finale tra Macer e "Medellín" [ e no : “Heat” (Kylmer-Judd), “the Bridges of Madison County” (Eastwood-Streep) e “Mystic River” (Penn-Bacon) sono lontani anni luce, purtroppo ], che possiede e restituisce una stucchevolezza fuori luogo ( con lui che le consiglia di ritirarsi a svolgere il proprio lavoro in un tranquillo paese di provincia, dove almeno, forse, "le leggi hanno ancora un senso", suggerendole che proprio quello è il suo posto ) e in contrasto col furibondo disincanto realista sviluppato nel resto del film. 
In questi casi sarebbe bastato tirare una riga nera – col massimo rispetto – sul faldone del ''buon'' Sheridan ( taglio - o revisione - dei dialoghi - alcuni scambi di battute non dico siano respingenti ma fastidiosi si - e di alcune reazioni ed interazioni pratiche tra i ruoli, interventi di montaggio ad accorciare e giocare di ellissi ), invece sembra che Villeneuve – ma l'errore è ''solo'' in questi tre casi riportati – da una parte abbia messo in scena pedissequamente gli snodi portanti dello script originale [ poi, certo, ci sono scene d'azione, direzione d'attori, riprese aeree ( quando non ''satellitari'' ) ''aliene'' ( “Dr. Strangelove, or...”, “2001: a Space Odyssey”, “the Shining”, “Full Metal Jacket” ) dal PdV di dio sul brullo butterato eroso suolo del Chihuahua da appagare la vista ed il senso estetico per una settimana ], e dall'altra ne abbia smussato certe crudezze ulteriori { “Medellín” in una prima versione violentava Macer [ vedi FMJ : i soldati che giocano a football con la testa della giovane cecchina vietcong da loro decapitata ( situazione puntualmente sempre/mai (non) "smentita" da K. col silenzio ) ] }.


In un film di delusioni perpetue e d'inestinguibili rammarichi ( per Macer, una sorta di novità, per “Medellín”, viceversa, una quotidianità, una prassi, un callo : affogare e soffocare il male subìto perpetrando altro identico, inconcepibile male : l'eroe zelante, il mostro addomesticato, il reduce perpetuo ), ciò è un inestirpabile rimpianto. In attesa di “Story of Your Life” speriamo intervenga anche una goccia di ''rimorso'' nella coscienza artistica del regista.   

 

« Chi lotta con i mostri deve guardarsi di non diventare, così facendo, un mostro. E se tu scruterai a lungo in un abisso, anche l'abisso scruterà dentro di te. »  

Friedrich Nietzsche - "Al di là del Bene e del Male" - 1886    

 

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Postilla ( "legenda" : nell'articolo di F.Lorusso-Carmilla.online compaiono anche le altre parti della mappa : gli U.S.A., in reciproci affari e alterne lotte ) : http://www.carmillaonline.com/2015/09/04/nuova-mappa-del-narcotraffico-in-messico-e-negli-stati-uniti/.    

 

(***½)  * * * ¾  -  (7) 

 

Recensione.

 

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Arrival

  • Fantascienza
  • USA
  • durata 116'

Titolo originale Arrival

Regia di Denis Villeneuve

Con Amy Adams, Jeremy Renner, Forest Whitaker, Michael Stuhlbarg, Mark O'Brien, Tzi Ma

Arrival

In streaming su Now TV

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Ti amo, dice. Linguaggio e scienza sono la stessa cosa: non esiste scienza senza un linguaggio con cui esprimerla e non esiste linguaggio che abbia qualcosa da dire senza la scienza. Sfogliando le pagine si giunge sempre ad una biforcazione lungo il sentiero mai percorso: c'è un segno che indica la via da prendere: riconosciamo la nostra scrittura.

 

C'è un bisonte eminentemente perspicuo, in salotto. 


“There's not even room enough to be anywhere.” 

Il tasto spoiler mi sembra del tutto inutile, e pleonastico, in questo caso, come non mai, no? Essere umano o creatura eptapode avvisat*…

I I I

Fork in the Road. 

Ricordo quando avrai un mese e io mi trascinerò fuori dal letto per la poppata delle due...”.

Considerate questo. “Pur conoscendo il viaggio, e la destinazione, io lo accetto, e accolgo come benvenuto ogni suo momento” (che in Ted Chiang è-sa-rà : “Fin dal principio conoscevo la mia destinazione, e scelgo la mia strada di conseguenza. Ma sto andando verso un’immensa gioia, o verso un immenso dolore? Raggiungerò un minimo o un massimo?”), ovvero :
- “È stato meglio lasciarci che non esserci mai incontrati”
- “Parla per te, mammina”.

Intanto e nel frattempo e al contempo le nuvole del fronte esteso d'ipercondensata nebbia rotolano giù dai fianchi della catena montuosa, ma quello meteorologico non è il fenomeno più strano che occupa quella porzione di atmosfera terrestre.


Un (dodeca)dicotiledonico spicchio leggermente concavo e convesso (dipende da quale funzione attribuiamo/riconosciamo alla cosa in sé) di magrittiano monolite nero è sceso, calatosi, apparso sul pianeta Terra (e saranno per l'appunto in tutto una dozzina, e perché non 14, allora, vien da chiedersi), ed ora si libra a qualche palmo sesquipedalico-gargantuesco dal suolo.

La Dottoressa Banks, linguista namber uan sulla piazza affollata di chi da del tu ai sumeri in sanscrito [Noam Chomsky (si) era (reso) irreperibile], viene imbarcata nella missione militar-governativa statunitense d'approccio alle navicelle ancorate a mezz'aria...

“La conoscenza del futuro è incompatibile con il libero arbitrio…". E qui Chiang entra in contatto diretto con gli alieni tralfamadoriani di Kurt Vonnegut ("Mattatoio 5") che "possono guardare i diversi momenti proprio come noi guardiamo un tratto delle Montagne Rocciose. Possono vedere come tutti i momenti siano permanenti, e guardare ogni momento che gli interessa. È solo una nostra illusione di terrestri credere che a un momento ne segue un altro, come nodi su una corda, e che quando un istante è passato sia passato per sempre". 

Ma...di cosa parla e tratta "Story of Your Life-Arrival", il racconto-film di Ted Chiang-Denis Villeneuve?

È una storia in cui la semantica aliena ivi descritta riesce ad influenzare la percezione del(lo spazio) tempo di chi la domina, contaminando simbioticamente [ e ''fantasticamente'', nel senso ch'è una storia di Speculative Fiction ( senza essere ''fantasy'' ) piuttosto che di pura Hard SF ] il suo fruitore-propagatore.

 
Parla e tratta e concerne di xeno-linguaggio; di problemi di traduzione e di interpretazione riguardo l'assenza di una necessità d'indicare la cadenza del discorso e senza la possibilità d'isolare nettamente le coppie soggetto-predicato; di maternità; di primo contatto già metabolizzato; di linguaggio A e di linguaggio B; di ''falsi'' flash-back/flash-forward/side-flash drogati dalla semantica; di eptapodi radialmente simmetrici che più che invaderci...si precipitano al suolo; del Principio del Tempo Minimo di Fermat; di due diversi tipi di consapevolezza, quella degli umani, che ne hanno sviluppata una di tipo sequenziale, e quella degli eptapodi, che invece è di tipo simultaneo;

dell'epigenetica Ipotesi di Sapir-Whorf sul condizionamento dello sviluppo cognitivo di un essere vivente (fino allo sbarco, umano) in base alla/e lingua/e ch'esso utilizza maggiormente (interdipendenza performativa); e, si, di cose eminentemente perspicue…, siano esse un bisonte in salotto o un gioco (non) a somma zero. 

“L’universo fisico è un linguaggio con una grammatica assolutamente ambigua. Ogni evento fisico è un’espressione analizzabile in due modi completamente diversi, uno causale e l’altro teleologico, entrambi validi, e nessuno dei due rigettabile, indipendentemente dal contesto. Quando gli antenati degli esseri umani e quelli degli eptapodi acquisirono la prima scintilla della conoscenza, percepirono lo stesso mondo fisico ma analizzarono le loro percezioni in modo diverso; le visioni del mondo che alla fine ne scaturirono furono il risultato di quella divergenza.” 


Alla fine - dopo aver letto a suo tempo il racconto di Ted Chiang [da cui Eric Heisserer - autore dello script del prequel/ri-remake di “the Thing”, e lodevole ripropositore di una barzelletta (o sconcia storiella che dir si voglia intendere) che con ''la vita è un circolo'' cade a fagiolo - ha diligentemente tratto la sceneggiatura], e dopo averne parlato in abbondanza qui su FTV (“Denis Villeneuve, réalisateur” e “Fargo - la Serie - stag. 2” ) - ho assisto a “Story of Your Life”. L'hanno chiamato “Arrival”, ma già lo sapevo. E non mi ha deluso, non mi ha deluso, non mi ha deluso, no... … on ,osuled ah im non ,osuled ah im non ,osuled ah im non. Ma già lo sapevo.

"Di solito l'Eptapode B influisce solo sulla mia memoria. La mia coscienza avanza e fluisce faticosamente come faceva prima, un frammento luccicante che si fa strada attraverso il tempo, con l'unica differenza che la cenere della memoria si trova sia dietro che avanti, e una vera combustione non esiste. Ma occasionalmente ho qualche visione, a sprazzi, del vero mondo, in cui predomina l’Eptapode B, e percepisco il passato e il futuro come un tutt’uno; la mia coscienza diviene brace, una brace lunga cinquant’anni che arde e brucia, fuori, oltre, al di là del tempo. Durante queste visioni percepisco simultaneamente tutto questo periodo. Abbraccia il resto della mia vita, e per intero la tua."

È stato un piacere ulteriore trovare conferma alle mie certezze : il libero arbitrio non viene messo in discussione (né tanto meno o tanto più confermato) : il futuro è (può essere già stato) scritto?, ma, anche dotati di un'arma-dono siffatta, leggerlo richiede... tempo... che intanto scorre, e passa, e mentre tu assieme a lui, che ti trascina con sé, sfogli le pagine, e te le scordi, scopri ch'è un piacere ripercorrere con l'infaticata cadenza dei passi che si sommano ai passi quella solitaria e condivisa, comune e peculiare avventura.    

 

Le impronte ti assomigliano, ti calzano a pennello, le orme le riconosci come tue, ti restituiscono la giusta ombra e prospettiva, forse solo un po' scentrata, chissà (ché forse questo è solamente ciò che siamo riusciti a elaborare usando strumenti rudimentali specchio dei nostri sensi limitati) : ma ora c'è una biforcazione, lungo il sentiero : prendila!

Così, giusto per ''smentire'' Orson Welles (no, in realtà no, vero? La verità è un'altra, si?) : “Se volete un lieto fine, questo dipende, naturalmente, da dove e quando decidete di interrompere la vostra storia”.

Arrival” è la metafora, il paradigma di tutte le trasposizioni artistiche : vedi il film dopo aver letto il romanzo o il racconto da cui è stato tratto e quindi sapendo già come va a finire. E questo vale anche per le ri-visioni... Che cosa ci piace, della ripetizione? Cosa ci conforta, ci appaga, gratifica? La consapevolezza di un teorema, di un costrutto, di una teoria, di un dispositivo rodati? La speranza di potere - di riuscire a voler - gettare un ostacolo nell'ingranaggio? Di riuscire finalmente a far coincidere e collimare il fenomeno (osservabile, misurabile, capibile, pensabile) col suo noumeno (la sua estrinsecazione più o meno manifesta, la sua espressione più efficace e rappresentativa, esperienziale) kantiano? Oida...  

 

« "La luce deve fare tutti i suoi calcoli prima di cominciare". Pensai dentro di me: ''il raggio di luce deve già sapere dove andrà a finire prima di poter scegliere la direzione in cui muoversi''. »

Altra similitudine allegorica, evidente, inequivocabile è quella legata all'icona significante dello schermo cinematografico (le 12 stone-ship appaiono "ortogonalmente" sul nostro pianeta, compaiono dal niente e al nulla ritornano e si comportano come dei portali spaziotemporali: lo schermo cinematografico nella camera anti-gravitica durante il primo contatto così come nei successivi è un punto di connessione, un limine d'accesso, un ponte, un abisso, una finestra, una balconata spalancata a precipizio sul loro mondo. Uno pseudopodo di fisica quantistica che ci tende una mano: "Gimme seven!") riprodotto...

 

[immagini / fessure]

 

...nello schermo cinematografico, momento qui messo a confronto con le opere di James Turrell da cui deriva (mentre per quanto riguarda il mito della caverna platonica mi sembra che lo si possa tranquillamente lasciare da parte e in pace per questo giro...)…

Ah, si: ovviamente, è una storia d'amore.

I I I

Per un Linguaggio Universale.     

 

L'impenetrabilità dell'Altro da Sé (oltre al proprio Io, Es e Super-Io).

Ché se un leone potesse parlare magari non verrebbe a dirti "Adesso ti mangio!" : forse un suo "Ti voglio bene!" equivarrebbe ad un "Come sei buono (da mangiare)!".

 

Quindi, prima di tutto: condividere un vocabolario comune.
Poi, ricordarsi che, quando il dito indica la “Luna” (metafora per Conto alla Rovescia fuori campo), la maggior parte delle volte non si dovrebbe guardare il dito.

Compenetrazione degli opposti : dialettica.
Gli opposti si respingono, attraggono, compenetrano.

 
Contact” (da Carl Sagan) : la tridimensionalità del linguaggio (anche se nel film di Zemeckis il tempo non c'entrava).
2001: a Space Odyssey” (da 3 racconti brevi di Arthur C. Clarke : un film di Kubrick e Clarke, un romanzo di Clarke e Kubrick) : la ''assenza'' del linguaggio, lo scavalcamento del problema alla radice.

“...ma perché ciò che sapevano diventasse vero, la conversazione doveva aver luogo.”

Amy Adams porta sulle spalle il peso di ¾ di pellicola, e lo fa con grazia e furore [l'ho preferita in “the Master” (e in "American Hustle", “Her” e "Nocturnal Animals"), dove riesce a raggiungere vette inespresse], Jeremy Renner è una spalla/co-protagonista vecchio stampo, perfetto, Forest Whitaker e Michael Stuhlbarg sanno rendere i loro ruoli secondari sfaccettati, Tzi Ma (la sua scena con la Dottoressa Banks gravit'attorno ad Eyes Wide Shut, Enemy, Contagion) e Mark O'Brien (il militare che non sa / non vuole parlare alla moglie) completano il cast principale.   

 
Lingua(ggio) e scienza sono la stessa cosa: non esiste scienza senza un linguaggio (logogrammatico, iconico-ideografico, matematico, semasiografico, ideogrammatico) con cui esprimerla, non esiste linguaggio che abbia qualcosa da DIRE, senza la scienza.

“Ti amo” è un istinto evolutivo (si, si, il gene egoista, e sviluppantisi e cangianti dinamiche di progresso e progressione).

Ciò nulla toglie al suono di quelle due parole pronunciate, o dimostrate. E niente sottrae al tempo intercorso tra un'occasione e l'altra : la quotidianità, la vita, insieme. Un inganno. Un dato di fatto. Meraviglioso. Perch'è tutto ciò che abbiamo. 

Emblematica da questo PdV è la conversazione al telefono tra il militare-bombarolo e la moglie, con lui che cerca freddamente di rassicurare lei, agitatissima e spaventata. Non sta comunicando, non vuole comunicare, ergo...

Efficace, come al solito, l'uso che fa Villeneuve delle musiche dei grandi compositori (musiche originali e non orig.) che si sceglie : Max Richter in incipit ed explicit, e poi ancora punteggiante qua e là, e Jóhann Jóhannsson (col regista da "Prisoners" e "Sicario", e verso "Blade Runner 2049") durante le restanti quasi 2 ore, mai una volta superfluo, ricattatorio o retorico. 

Gran lavoro di Sound Design (per esempio - ma non solo - per quanto riguarda il linguaggio alieno, quello vocale : ciangottii brulicanti, vociferazioni ipo-naturalistiche, ingranaggi biologici, vocalizzazioni xeniche, ingegnerizzati glogottii… E poi, più alla buona, il suono d'allarme della retromarcia inserita e in funzione del muletto-carrello fa molto, molto ridere in un contesto simile, e...rassicura, in un certo senso, e modo, e...stile) e dell'Art Department (Patrice Vermette e Martine Bertrand alla realizzazione del linguaggio alieno, quello visivo : l'inchiostro ''intelligente'').

 
I circoli semi-aperti/chiusi d'inchiostro nanomacchinale mi hanno ricordato - oltre alla loro palese funzione rappresentativa dell'ormai inflazionato, ma non per questo de(co)stituito di senso, concetto (forma e sostanza, espressione e contenuto) di Uroboro, l'archetipico serpente che, mangiandosi la coda, rigenera sé stesso - lo schema del diagramma infografico dell'albero filogenetico della speciazione della vita.

 

Lava Bear, 21 Laps e FilmNation decideranno ch'era giunto il tempo (uso improprio ma giustificato, assurdo e sbagliato ma corretto e coerente di licenza 'poetica' per il cambio di tempo verbale e per aver gettato la concordanza alle ortiche) di portare sullo schermo “Story of Your Life”, il racconto di Ted Chiang, e lo chiameranno, il film di Denis Villeneuve, se ben rammento, “Arrival”.

Buona, in alcuni tratti ottima, fotografia di Bradford Young (lo si ricorda per il seppiato “a Most Violent Year” del modesto J.C.Chandor, e qui collabora per la prima volta con Villeneuve). Montaggio...ehm...lineare di Joe Walker (“Hunger” - che abbia passato lui la storiella sconcia ad Heisserer? -, “Shame”, “12 Years Slave”, “BlackHat” e “Sicario” : qui alla seconda collaborazione con Villeneuve col quale sta già lavorando per “Blade Runner 2049”), che lavora in sottofondo ma non sottobanco.

 
Eric Heisserer in sceneggiatura annacqua (non potrebbe essere altrimenti, ma qui sta al regista – quando, Villeneuve, riprenderai la penna in mano? - compensare la semplificazione con la grammatica...cinematografica ) Chiang -[ lo spiegone centrale del Dottor Donnelly – proveniente da un presente-accanto imprecisato, e che serve anche a far percepire allo spettatore lo scorrere del tempo : insomma, non si risolve tutto in una settimana, il plot, ma in mesi – è preso pari pari e di peso (giustamente) da Ted Chiang : “Il primo passo è stato scoprire che non c'è correlazione tra quello che un eptapode dice e quello che un eptapode scrive [Linguaggio A e Linguaggio B]. A differenza di tutte le lingue umane scritte, la loro scrittura è semasiografica : trasmette un significato, non rappresenta un suono. Forse vedono la nostra forma di scrittura come un'occasione perduta. Cambiando ogni secondo canale di comunicazione. A differenza di un discorso un ologramma non richiede tempo. Come le loro navi e i loro corpi, la loro lingua scritta non ha né forma, né direzione. I linguisti chiamano questa ortografia ''non lineare''. È così che pensano? Immaginate di voler scrivere una frase con tutt'e due le mani, partendo da entrambi i lati. Dovete già conoscere ogni parola che volete utilizzare, così come la quantità di spazio che andranno ad occupare” ]-, ed in pratica aggiunge poco (a proposito dello scrivere con entrambe le mani: gli eptapodi - che ''rassomigliano'' a delle mani rovesciate - sembrano comunicare preferibilmente in coppia, l'uno inserendosi nei glifi dell'altro) o nulla -[ a parte - e/ma qui vado a memoria (e la mia memoria fa cilecca anche per quanto riguarda la questione ''martello chiama chiodo'') - "Szalámitaktika", la parola ungherese per “E adesso combattete tra di voi e fateci divertire un po', stronzi!” (traduzione, non proprio letterale, mia; mentre la corrispettiva parola italiana potrebbe essere “Bertinotti”) ]-, inserendo invece alcune lacune di (im)prevedibilità hollywoodiana (invertendo i fattori… Perciò: ok) : i cinesi sono incazzosi, i pakistani risolvono problemi, i venezuelani fanno un gran chiasso, e gli statunitensi d'america hanno il loro nuovo Rush Limbaugh (più giovane, altrettanto grassone - si, grassone, fa schifo a vederlo : e no, non è una malattia, è che mangia come un condotto dei rifiuti ospedalieri umani - e idiota).

Heisserer, facendo collidere i due mondi (un ''piccolo racconto di fantascienza speculativa con delle ''grandi'' major para/semi-hollywoodiane) mette in opera un'involuzione (nell'accezione negativa) piuttosto che un'evoluzione (nell'accezione positiva), ma non per questo sarebbe stata più interessante una mera trasposizione ''letterale''. Ed altresì, aggiunge uno scopo alla visita degli eptapodi (oltre a dotarli, come già ricordato, di una sostanziale/osa forma-manus...antropomorfizzante), e riutilizza la metafora del gioco NON a somma zero, win-win (migliorando, da questo PdV, il soggetto di partenza: ''completandolo''). E si, comunque, il film di Villeneuve è riuscito a resistere all'adattamento-traduzione-interpretazione-traslazione. E in alcuni momenti conserva la ''romantica'' spietattezza di Chiang.   


I I I

Madre Terra, Madre Lingua, e Madre.

Zero + Zero + Zero, e ti ritrovi con tanti di quegli Uno che non ti basterà una vita...

Denis Villeneuve, ovvero: 2 + 2 = 5 :

- Denis Villeneuve, réalisateur

- Linguaggio Universale.

Non v'è alcunché di più alieno del Dottor Donnelly che si sfila la tuta anticontaminazione lasciandola penzolare, aperta, divaricata sulla schiena, come la ninfa di una libellula che abbandona la propia esuvia : Villeneuve riesce in questo : rendere xenici gli esseri umani di fronte ad un eptapode alto altrettanti metri. A ricavare stupore da dove non dovrebbe essercene. 

 
Infine, per tornare all'inizio (che diamine ci farà mai quel bisonte accoccolato sul tappeto in soggiorno) – che non è un cerchio, bensì una spirale : ad ogni giro di giostra, perché no?, può cambiare qualcosa (ma il biglietto costa parecchio) - “Arrival” convince, rispetto all'insorgere della Sospensione dell'Incredulità, da ogni PdV.

Arrival”, pur con le sue "malickianerie", rimarrà - e qui dispiego tutte le mie 7 pseudopodiche zampe/dita articolate, prensili e scribane -, sicuramente più di “Avatar” ed “Interstellar” (e la sua "stanza dei momenti infiniti" o del "tempo solido"), una pietra miliare e di paragone per la soft Hard SF mainstream : sia dal PdV tecnico che da quello "filosofico" (determinista o no). Solo “Gravity” (A.Cuarón/E.Lubezki) ha/vrà un impatto maggiore.

E qui e ora (dove, quando, come, perché, chi) entra in gioco Vernon Vinge : ci potrebbero essere delle zone, nell'universo, in cui le leggi della fisica non combaciano con le nostre, in cui, per fare un semplice esempio, il valore di Pi Greco non dev'essere “3.14...”. Certo, il punto è che gli eptapodi portano quelle leggi con loro, qui, nella ''nostra'' zona di universo, e...come dire, non insorge alcuna criticità di sorta (non esplode-implode il ''tutto'').

La crepa, la breccia, la falla nella Sospensione dell'Incredulità può essere individuata nella decisione (a)morale, o elarom(a), o m(a)orlae (remembering "PontyPool") che Banks prende nei confronti della figlia : il bivio sulla strada, la biforcazione lungo il sentiero (c'è un segno, scritto, che indica la via da prendere : ri-conosciamo la nostra scrittura) : "Ti amo" è un istinto/adattamento evolutivo, di sopravvivenza… La decisione presa di scegliere la vita, di dare/infondere la vita, pur sapendone la fine, esperita ricordando il futuro: il nietzschiano eterno ritorno dell'identico.

 
- “È stato meglio lasciarci che non esserci mai incontrati.”
- “Vale anche per me, mamma.”
↓↑
- "È una buona storia."
- "Grazie. Non è vera. Ma ''dimostra'' la mia tesi." 

↓↑


- “Ok, tesoro, adesso però vai in camera tua, fila a nanna, amore mio, su, a letto, ché la mamma deve parlare con il papà: devo dirgli una cosa importante...”

 

Rimane da capire, considerare, valutare, misurare il grado di compenetrazione di una civiltà (quella eptapode) sull'altra (quella uman) : una...assimila, plasma, colonizza, soppianta l'altra? Eccolo, al di là del linguaggio, il paragone con “2001: a Space Odyssey” che cercavo: troveremo, tra le stelle, i nostri pari, o i nostri padroni, benevoli o malevoli che siano?
Da questo PdV Banks agisce sulla figlia a senso unico e col generale cinese, invece, vicendevolmente : così come il rapporto che gli eptapodi instaureranno con gli umani sarà a mezza via una reciproca, ''breve'' (se non si volesse tener conto della pausa trimillenaria) relazione di compromesso e contropartita. 

E poi chissà che faranno gli eptapodi tra 3000 anni. Cose da eptapodi, immagino.

 

Ma, ad ogni modo, come direbbe ad un eptapode Billy Pilgrim: “Lei mi ha l’aria di non credere nel libero arbitrio”.

 

Ad ogni modo, durante questo periodo, invece, e di sicuro, a X anni-luce di distanza, non avranno aperto / non apriranno una cattedra in Biologia Umana - Malattie Rare. Il loro dono-utensile-arma era, fu e sarà per l'Umanità tutta (e per la loro stessa civiltà eptapode). Niente regali per il ''determinante'' grimaldello...

 

Quindi : * * * ¾ - * * * * ¼ : un quarto di stella in più per l'emozione (re/ri)suscitatami, per quella lacrimuccia che cadrà, andando a scorrere, mentre scivolando risaliva (uso improprio del cambio di tempo verbale - concordanza alle ortiche bis) lungo il dotto lacrimale…

 

"Il dito in movimento scrive, e avendo scritto avanza."  -  Omar Khayyam.

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Nota.
Le illustrazioni utilizzate in questa pagina, a parte le due opere segnalate di James Turrell e i fotogrammi ricavati dal film (alcuni ritraenti e raffiguranti gli xeno-glifi spettrogrammatici degli alieni eptapodi), sono tratte da “Here” (una stanza alla "fine" del Tempo: "2001: a Space Odyssey", "Solaris", "Interstellar") di Richard McGuire del (1989) 2014.         

 

Recensione.

 

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Blade Runner 2049

  • Fantascienza
  • USA
  • durata 152'

Titolo originale Blade Runner 2049

Regia di Denis Villeneuve

Con Ryan Gosling, Harrison Ford, Jared Leto, Sylvia Hoeks, Ana de Armas, Robin Wright

Blade Runner 2049

IN TV Sky Cinema Collection

canale 303 altre VISIONI

 

Pale Fire.

 

Meanwhile… 2019-2049.

I tre cortometraggi introduttivi (prequel di BR49 e infra/interquel tra BR e BR49) che vanno a coprire il gap di tempo intercorso tra la fine del capostipite (2019) e l'inizio del sequel villeneuviano. 

 

"2022: Black Out" - regia di Watanabe Shinichiro - musiche di Flying Lotus (che non sfigurano rispetto a quelle di Yoko Kanno per "Cowboy Bebop"). Piccolo capolavoro.

 

 

"2036: Nexus Dawn" - regia di Luke Scott - cast: Jared Leto (Niander Wallace), Benedict Wong, etc... (Con un'introduzione di Denis Villeneuve).

Gli androidi sono stati perfezionati dall'ultimo disastro di 15 anni prima e il mercato è pronto a ri-riceverli (le leggi dello stato vengono a ruota, seguendo il mercato). E alle tre leggi della robotica se n'è aggiunta una quarta, cioè la zero: "Tu, Nexus-9, sei solo un lavoro in pelle e se ti chiedo di ucciderti lo fai, e basta".

 

 

"2048: NowHere to Run" - regia di Luke Scott, introduzione di Denis Villeneuve, protagonista Dave Bautista (Sapper Morton).

Cabine telefoniche anni '90, Jumbo Stereo / BoomBox anni '80, il Potere e la Gloria anni '40: the (Retro)Future is Here. Now.

 

 
Sinossi della Trama di Quel Che Accadde: Sapper Morton uccide l'Agente K... Fine. Beh... No. Eraser/Rewind.
Tra lacerti di quel che resta del XX secolo (Vladimir Nabokov, Pablo Picasso, Frank Sinatra, Marilyn Monroe, Elvis Presley e Liberace)...

 
Due scene.
Una scena inutile, superflua (Show, Don't Tell vs. Tell, Don't Show: Show, Tell, WhatEver, but: Short!), anzi, meglio, cioè peggio, sbagliata, perché troppo lunga, ovvia, risaputa: il ritrovamento del cavallo intagliato nel legno e nascosto (un ricordo reale, impiantato innestandolo in una perZZona falZZa) tra la cenere e la fuliggine della fornace in disuso.
Una scena che dovrebbe rivaleggiare col momento Tears in Rain: il corpo a corpo ai piedi dei bastioni della diga sul Pacifico a Los Angeles: molta più acqua (e pure salata), ma molta meno sostanziale densità e peso specifico. 

 

E le due cose migliori.
Una è un topos del fare cinema villeneuviano (particolarmente rintracciabile in "Polytechnique" e "Sicario"), ovvero le riprese a volo d'uccello dal punto di vista di dio (con droni su zone e non-luoghi reali, e in gran parte in CGI).
L'altra sono – ed è tutto dire – le musiche di Hans Zimmer e Benjamin Wallfisch (con l'inserto della “Tears in Rain” di Vangelis, poi anche riarrangiata dal duo in una loro versione), utilizzate al meglio: quando Luv dice “Home” (ecco, che bel titolo sarebbe stato, “Home”, per “Blade Runner 2049”), e "Sea Wall" spacca di brutto. 


Ryan Gosling è perfetto per il ruolo, con un ottimo scatto d'ira durante l'incontro/colloquio con la non/con-sorella Ana Stelline (e molto belle e "violente" le scene durante le sessioni del test Voight-Kampff ottimamente rivisitato e aggiornato). Harrison Ford [la sua comparsa, a 2/3 d'opera, “rimandata” oltre l'ovvio attraverso contro-campi vuoti, pre-annunciata da un pre-colpo di scena (un “vero” cane, comunque vivo) e introdotta da una voce proveniente da un fuori campo… d’altro tempo: gli stevensoniani treasureislandeschi Ben Gunn e Jim Hawkins] è Rick Deckart, e questo basta.

 

Ana de Armas [uno degli elementi più validi e interessanti del film (sì, il threesome) è... preso in toto dallo splendido “Her” di Spike Jonze], Sylvia “Roy Batty / Terminator” Hoeks, Robin Wright, Mackenzie “Pris” Davis e Carla Juri trapuntano l'opera di bellezza. Dave Bautista, bravissimo, ci mette stazza e cuore (muscoli, insomma), e Jared Leto (tyrell/weyland-yutani/wallace) trama nell’ombra. Camei per Hiam Abbas, Edward James Olmos (un autentico brividuccio, anche post-BSG) e - qui, invece, le lacrime - Sean Young [a replica della replicante Rachel ricreata “esplorando il quadro” (una delle scene madri di “Blade Runner”, qui declinata attraverso una sequenza similare e corrispettiva - più banale dal PdV della grammatica e della sintassi filmica - fondata sull'impronta genomica rappresentata dalla sequela delle quattro basi azotate A-C-G-T dell'acido desossiribonucleico) in motion capture dalla squadra di John Nelson & C.].


Sceneggiato da Hampton Fancher (“riconciliatosi” con Ridley Scott, qui produttore esecutivo) con Michael Green (“Kings”, il soggetto di “Alien: Covenant” e la prima stagione di “American Gods”) e montato da Joe Walker in stretta collaborazione con Denis Villeneuve.

 

 

Producono Alcon, Columbia e Bud Yorkin. Distribuiscono Warner e Sony.
Vogliamo parlare di Roger Deakins, Dennis Gassner & Soci? Eccoli (in zona "Cat People" by Paul Schrader).


Ok, questa non è nemmeno e nemmanco lontanamente una recensione: ma BR2(049) non è un degno séguito di un grande film (a sua volta lungi dall'essere quel capolavoro sbandierato dal senso comune). Due esempi: da una parte “2010: the Year We Make Contact” di Peter Hyams, dello stesso periodo, che crolla sotto il peso artistico del film di Kubrick e Clarke di 3 lustri prima, ma filosoficamente e speculativamente (grazie a Clarke: "Sognerò?") si difende bene incassando con perizia i colpi ricevuti dal confronto, e dall'altra “Aliens” di James Cameron, ch'è un film totalmente diverso da “Alien”, inserendo nella saga la componente materna e al contempo schiacciando sul pedale della forza bruta. BR2(049), al contrario e similarmente, dal canto suo, crea, abita e percorre gli stessi territori del capostipite, ma non introduce nient'e nulla di nuovo: né dal PdV audio-visivo (spettacolare), né da quello tecnologico/intellettuale [il cambio, l'introduzione e il corollario maggiori sono rappresentati dal passaggio dalla ricerca dell'immortalità diretta, cioè il sopravvivere alla propria data di scadenza programmata, a quella attraverso la perpetuazione dell'esistenza (altrui: naturale, genetica, filiale) per mezzo della procreazione].


Blade Runner 2049: Pale Fire.
Un buon film, e un'occasione sprecata, mancata, persa.


* * * ¾ - 7½      

 

Recensione.

 

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Dune

  • Fantascienza
  • Gran Bretagna, Canada, Ungheria, USA
  • durata 155'

Titolo originale Dune

Regia di Denis Villeneuve

Con Timothée Chalamet, Rebecca Ferguson, Oscar Isaac, Josh Brolin, Dave Bautista, Zendaya

Dune

In streaming su Amazon Video

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Premesso che ho sempre confuso Leto e Paul Atreides (e gli Harkonnen e Arrakis) con Atreyu della Storia Infinita, e i vermi delle sabbie di Dune col sarlacc di Tatooine nel Ritorno dello Jedi (Frank Herbert e Michael Ende sono innocenti, la colpa è di David Lynch & Dino de Laurentiis, di George Lucas, Lawrence Kasdan & Richard Marquand e di Wolfgang Petersen), ma però (cit.) so distinguere bene fra Lawrence d’Arabia e Tremors, questo “Dune: Part One”…

{ch’è il secondo (e consecutivo) remake [o, meglio, restart, essendo un'altra versione del romanzo (saga) di Frank Herbert, ma che oggettivamente non può non fare i conti con i lacerti delaurentiisiani di David Lynch e col sogno di una vita di Alejandro Jodorowsky] della carriera dell'autore, dopo “Blade Runner 2049”}

…è ciò che dice il titolo e secondo questo assunto va giudicato: una prima parte introduttivo-esplicativa, nella quale il Kwisatz Haderach (Homo sapiens elohim), poi la TerraFormazione (un po’ più lenta di quella divampante in “Total Recall” di Paul Verhoeven, Dan O’Bannon e, da questo PdV, ben poco P.K.Dick) e persino, in minima parte, il Jihad Butleriano (e soprattutto, sul finale, la Crociata Fremen in nome dell’ex Delfino di Caladan e futuro Messia di Dune) trovano lo spazio per essere tanto ri-assimilati dallo spettatore scafato (fan/esegeta) quanto compresi da quello ignaro dell’universo che sta affrontando, e una seconda che si esaurisce nel raggiungere in pieno l’obbiettivo preposto, ovvero quello di portare a termine il compito di agganciare e accompagnare entrambe le tipologie di pubblico summenzionate (e pure il duello sull’isola di roccia nell’oceano di rena ha una propria forza, anche grazie a Babs Olusanmokun, la cui prestazione è sfruttata al meglio dal regista) verso… “Dune: Part Two” (nonostante Timoteo Cialacoso che, sinceramente, pur rispettando il canone herbertiano che lo descrive come “piccolo per la sua età”, a prescindere ha il phisique du role di uno che piglia calci pure dal cangur-topo-gerboa-fennec che beve dalle orecchie) lasciandole in (moderata, ma incontrovertibile) attesa.


In somma: un film “paradossalmente” compiuto (e a tratti emozionante) nella sua incompiutezza.

Gran bella prova di Rebecca Ferguson, col gran cast completato da Oscar Isaac, Jason Momoa, Josh Brolin, Zendaya (suo è il PdV del Narratore Nativo), Stellan Skarsgård, Dave Bautista, Stephen McKinley Henderson, Sharon Duncan-Brewster, Chang Chen, Charlotte Rampling, Benjamin Clémentine…

Fotografia di Greig Fraser (“Bright Star”, “Zero Dark Thirty”, “Rogue One”), montaggio di Joe Walker (sodale di Steve McQueen, oltre che del regista di "Prisoners" e "Sicario", ed in mezzo “BlackHat”) e musiche di Hans Zimmer. Produce Legendary e distribuisce Warner.

Quello di Denis Villeneuve [che qui ritorna a (co)sceneggiare personalmente una propria opera - qui con Jon Spaihts (“Prometheus”) ed Eric Roth (“Forrest Gump”, “the PostMan”, “the Insider”, “Ali”, “Munich”, “Luck” e il prossimo Scorsese di “Killers of the Flower Moon”) - dai tempi di “Incendies”, che col precedente “Polytecnique” ed il successivo “Enemy” rimane il suo film migliore] è probabilmente uno dei più giusti approcci attraverso cui affrontare la reimmaginazione dell’universo (cinematografico e letterario) di “Dune”, dimostrandolo sin da subito, ovvero prima dei titoli di testa, con l’utilizzo di un brevissimo inserto esclusivamente sonoro (debitore del gran lavoro svolto per gli eptapodi in “Arrival”).

Se risulta accettabile anche il pippone trascendentale (“Il mistero della vita non è un problema da risolvere, ma una realtà da sperimentare. Un processo che non si può comprendere arrestandolo. Dobbiamo seguire il flusso del processo, unirci a esso, fluire con esso!”) con parallela & conseguente scena del “Guarda mamma! So guidare l’ornitottero senza mani!”, beh, allora si può dire che Villeneuve ha fallito meno di Lynch, che a sua volta però ha fallito meglio (o viceversa), in attesa di attraversare un portale spazio-temporale strafatti di spezia e godersi pure il “Dune” di Jodorowsky.

 

Il topastro è il simbolo dell'evidenza.


* * * ¾ - 7½    

 

Recensione.

 

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Cleopatra

  • Drammatico
  • USA
  • durata 243'

Titolo originale Cleopatra

Regia di Joseph L. Mankiewicz

Con Elizabeth Taylor, Richard Burton, Rex Harrison, Pamela Brown, George Cole, Hume Cronyn

Cleopatra

In streaming su Amazon Video

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...tira l'altro.

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Dune

  • Fantascienza
  • USA
  • durata 137'

Titolo originale Dune

Regia di David Lynch

Con Kyle MacLachlan, Silvana Mangano, José Ferrer, Sting, Francesca Annis, Jürgen Prochnow

Dune

In streaming su Infinity Selection Amazon Channel

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"Dune: the SisterHood" (produttore, co-sceneggiatore e regista del pilot).

 

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Jodorowsky's Dune

  • Documentario
  • USA
  • durata 83'

Titolo originale Jodorowsky's Dune

Regia di Frank Pavich

Con Alejandro Jodorowsky, Nicolas Winding Refn, H.R. Giger, Richard Stanley, Gary Kurtz

Jodorowsky's Dune

In streaming su Amazon Video

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Orson Welles!

 

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No
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