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Roman Polanski
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Roman Polanski

Roman Polanski è, sicuramente, uno dei Cineasti viventi più controversi, soprattutto per la sua biografia: come è noto Polanski negli anni '70 ha approfittato di una tredicenne sotto influsso di stupefacenti, e dopo l'esplosione del caso Weinstein e conseguente nascita del movimento MeToo (che, con le sue criticità secondo me non ancora affrontate per bene, ha portato finalmente a rimettere in discussione seriamente il concetto di Consenso, ancora impregnato di tradizioni maschiliste) questo caso è tornato alla ribalta, assieme forse a qualche nuova accusa di molestia. Il gesto di Polanski è certamente ingiustificabile, e soggettivamente, quando penso al suo Cinema post-stupro, non posso evitare di avvertire un sottile disagio ripensando a questo fatto. Ma personalmente non riesco nemmeno a non notare in tutta la sua Filmografia un profondo Senso di Colpa, a quanto pare confermato dalla sua stessa confessione pentita dell'azione compiuta ai danni di Samantha Geimer, la quale poi l'ha anche "perdonato", dichiarando (non senza ottime ragioni) di aver subito un male peggiore dall'ossessione morbosa della stampa. Inoltre non bisogna dimenticare che Polanski, pur essendo stato innegabilmente un carnefice sessuale (cosa di cui non bisogna mai dimenticarsi), è stato anche in passato più volte vittima di crudeltà umane: si pensi alla sua travagliata infanzia durante l'epoca nazista, dove fuggendo (aiutato dal padre) dal ghetto di Varsavia (la sua famiglia infatti era ebrea) riuscì a scampare alla deportazione nei campi di concentramento ma non senza subire tremende perdite (la madre incinta fu uccisa nei lager) e non senza assistere in diretta ad altri atroci orrori. Come se non bastasse, dopo "Rosemary's Baby" subì un'altra atroce tragedia, quando la "famiglia" di Manson massacrò in casa, assieme a varie amicizie, la moglie incinta Sharon Tate. L'uccisione della moglie, contornata dalle sempre morbose attenzioni dei media (i quali in certi casi arrivarono pure a colpevolizzare le vittime consacrando i carnefici come Divi, e l'analogia con ciò che spesso accade in seguito alla rivelazione di stupri e molestie varie è innegabile) hanno sicuramente scosso la mente del Regista, e forse si può capire in che stato mentale abbia poi compiuto l'orrendo gesto, anche se sicuramente non si può assolutamente giustificare, e lo ripeto soprattutto a me stesso, perché mi rendo conto che la tentazione di "assolvere" Polanski per via dell'ammirazione artistica è forte.
Comunque, per quanto controverso (e con ottime ragioni), anche Polanski compie gli anni, e poiché anche lui quest'anno è approdato a "cifra mezza tonda" giungendo all'85° compleanno ho deciso, visto che pure il suo Cinema ha influenzato molto la mia crescita riflessiva e "artistica", di dedicare anche a lui una piccola "retrospettiva" con varie riflessioni elaborate nel tempo, preparandomi anticipatamente con una "maratona" di revisioni (da cui però ho tolto, per questioni di tempo, le Opere da me viste di recente) e con la visione del documentario "A Film Memoir". Non parlo dell'ultimissimo Film, "D'Après une Histoire Vraie", perché ancora non l'ho visto, ma può darsi che nel futuro aggiunga le riflessioni anche su questo Titolo, una volta recuperata l'ultima lacuna ovviamente.

Playlist film

Il coltello nell'acqua

  • Drammatico
  • Polonia
  • durata 94'

Titolo originale Nóz w wodzie

Regia di Roman Polanski

Con Leon Niemczyk, Jolanta Umecka, Zygmunt Malanowicz

Il coltello nell'acqua

NÓŻ W WODZIE
Esordio di Polanski al Lungometraggio.
Già dall'inizio è possibile notare, seppure in modo più acerbo e abbozzato, gli Stilemi e le Tematiche che caratterizzeranno la Poetica del Regista 'maledetto': inquadrature lunghe con stacchi di montaggio ridotti all'essenziale, uso interessante della profondità di campo con ottime probabilità derivata anche dalla predilezione per ambienti circoscritti seppure all'aria aperta (ma vedere la Vastità del lago privo di agganci immediati col mondo per certi versi amplifica il senso di claustrofobia), analisi 'fredda' e spietata dei rapporti umani, soprattutto all'interno di una cornice borghese ecc.
In particolare sembra di vedere una 'prova' di quel che sarà "Cul-de-Sac" e molti dei Titoli migliori dell'Autore polacco: l'ipocrisia e la falsità della coppia borghese vengono infatti messe in luce dall'intrusione di un personaggio esterno e per certi versi estraneo alla civiltà "perbene". I rapporti tra i tre Personaggi subiranno svariate mutazioni, con momenti di massima concordia alternati a momenti di Tensione palpabile, attimi di cooperazione e complicità reciproca intervallati da provocazioni e 'complotti'. L'evento culminante, dove le varie emozioni contrastanti esploderanno portando la vicenda ad una non definitiva conclusione, si ha con la degenerazione di uno scontro tra Andrzej (il borghese) e l'Autostoppista (il giovane, di cui ignoriamo il nome): creduto annegato il secondo, il primo si getta dopo varie frecciatine della moglie Krystyna, e a questo punto il ragazzo salirà a bordo, dove avverrà (non mostrato) il rapporto extraconiugale.
L'Epilogo a terra, mentre sulla barca i corpi e le psicologie venivano denudate, vede un ritorno alla compostezza finta tipica della borghesia: la confessione del tradimento della moglie viene comodamente minimizzata dal marito, ma dagli sguardi e dai toni si intuisce che entrambi conoscono i fatti: la bugia dell'omicidio colposo per assurdo sembra risultare più sopportabile se non addirittura piacevole rispetto al tradimento.
Ancora una volta i maschi fanno la figura dei bambini, tanto il giovane autostoppista quanto il maturo Andrzej, intenti a giocare tra di loro per sfoggiare la propria virilità ed esperienza, mentre la Donna, Krystina, è il vero Personaggio forte, il Motore della Vicenda, ed è nel contempo attratta e annoiata dal machismo infantile dei due uomini. Lei dichiara al marito il Tradimento e la fine dell'Amore (sembra dirlo anche la 'sua' canzone), così come rivela esplicitamente al giovane di non essere colpita dalla sua ipotetica biografia: si lascia però sedurre dal secondo e accetta di rimanere ufficialmente fedele al primo, e non si sa se condannarla o comprenderla per questo.
Le Musiche jazz di Komeda rafforzano la Tensione, e il cast si cala anima e corpo nei rispettivi ruoli. Già qui ci troviamo di fronte ad un Filmone dall'alto valore artistico, un 'proto-Cult' che gli appassionati e le appassionate di questo Regista non possono non apprezzare.

Rilevanza: 1. Per te? No

Repulsion

  • Drammatico
  • Gran Bretagna
  • durata 104'

Titolo originale Repulsion

Regia di Roman Polanski

Con Catherine Deneuve, John Fraser, Patrick Wymark, Yvonne Furneaux

Repulsion

In streaming su Plex

REPULSION
Col primo capitolo della sua Trilogia dell'Appartamento (proseguita con "Rosemary's Baby" e "Le Locataire") Polanski porta lo/a spettatore/rice all'interno della Repulsione sessuofobica della protagonista.
Come nei capitoli successivi, anche qui piano reale e piano onirico si alternano e si confondono, rendendo pressoché impossibile per noi che guardiamo riconoscere quanto e cosa di ciò che ci viene mostrato è vero oppure immaginato. Indubbiamente, come anche in "Le Locataire", la protagonista è affetta da psicosi e nevrosi che contribuiscono a distorcere la sua percezione della realtà, e ciò è evidenziato dagli sguardi fissi e dai tic che colpiscono la ragazza. Ma è più che lecito chiedersi se le sue paure verso il Sesso e il genere maschile siano frutto esclusivo della sua Insicurezza clinica oppure se tali timori abbiano riscontro e fondamento in una autentica ossessione degli uomini nei suoi confronti. Oppure, ancora, la Repulsione della giovane Carole nasce e cresce dall'ascolto dei discorsi delle clienti e delle colleghe nella clinica di bellezza dove lavora. Qualunque sia la risposta (io personalmente prediligo la 2^ opzione), questa Replusione, alimentata dall'incomprensione della sorella verso le fobie della protagonista (ma tale incomprensione è dovuto all'impossibilità da parte della donna di vedere la Follia nella mente della sorellina oppure è colpa del suo egoismo e della sua superficialità?), non può non sfociare nella Tragedia: la "Vendetta" è spietata e violenta, e consumerà la protagonista gettandola in uno stato catatonico.
Polanski mette in scena l'Incubo costruendo un'atmosfera Onirica e Surreale, sfruttando al massimo il bianco e nero, giocando abilmente con le luci e con le ombre, studiando movimenti di macchina e inquadrature tali da rendere irreale ciò che viene mostrato, proponendo primi piani carichi di senso, costruendo abilmente il Sonoro in modo da risaltare l'Inquietudine della protagonista (memorabili gli incubi di stupro privi di Suono interrotti da squilli di telefoni e campanelli assordanti). La costruzione delle scenografie opprime in modo claustrofobico l'individuo spettatore e in alcune sequenze propone immagini di sofisticato impatto surreale (il corridoio 'arredato' di mani o le spaccature esagerate nei muri).
Condisce il tutto l'ottima scelta del cast, in particolar modo la Deneuve che si cala anima e corpo nei panni di Carole mettendone in luce il suo distacco progressivo dalla realtà.
Forse ancora un po' acerbo per essere considerato un Capolavoro a pieno titolo (o forse sono io che devo rivederlo molte più volte), resta comunque un Gioiellino da vedere per chi vuole assistere ad un esempio di Thriller psicologico di altissimo livello artistico, che assume maggiore spessore se inquadrato con i due successivi Capitoli della Trilogia.

Rilevanza: 1. Per te? No

Cul-de-sac

  • Drammatico
  • Gran Bretagna
  • durata 111'

Titolo originale Cul-de-sac

Regia di Roman Polanski

Con Jack Mac Gowran, Donald Pleasence, Françoise Dorléac, Lionel Stander

Cul-de-sac

CUL-DE-SAC
Polanski ritrae ancora una volta il mondo borghese denudandone le psicosi represse tramite l'avvento di un anti-angelo disturbante che libera la coppia 'perbene' dalla prigione di ipocrisia. La "liberazione spirituale", però, non è affatto prevista dall'"angelo" (un gangster), il quale anzi non è molto meglio della Coppia in cui si intromette, e le conseguenze della sua intrusione gli si ritorceranno contro portandolo alla morte per mano di George (Pleasence). Il gesto liberatorio, cui segue la cacciata della consorte, porta solo alla Disperazione più Totale: l'uomo si accorge man mano di aver perso tutto per niente, e questo già molto prima dell'intrusione del gangster. Il gioco sembra essere gestito interamente dalla Donna, Teresa (Dorléac), la quale, annoiata dalla passività del marito, non manca di tradirlo (e da parecchio tempo) e di umiliarlo con insulti, scherni e truccandolo da ragazzina. È lei che tesse la trappola che ucciderà Dickie (Stander, il gangster), istigandolo a picchiarla per poi far credere a George di aver subito una tentata violenza sessuale. Quando vedrà che il gesto omicida sconvolge il marito immobilizzandolo e dopo che, in seguito al ritorno di un ospite, il marito finalmente accetta la realtà di essere cornuto cacciandola, Teresa si aggancerà all'uomo appena giunto per fuggire. Nonostante la sua natura di manipolatrice, però, non riesco a vedere questo Personaggio come una caratterizzazione misogina della Donna: Teresa, cinicamente, sfrutta la propria superiorità intellettuale di Donna per trarre vantaggio dalla stupidità e meschinità degli uomini, divisi solo apparentemente tra rozzi bestioni tutto-istinto e niente-riflessione (Dickie) o patetici contemplatori auto-commiseranti tutto-pensiero e niente-azione (George), ma questo non fa di lei una "strega" ma bensì un essere umano. Per me Teresa fa bene ad approfittarsi della mediocrità degli uomini, anche se, ovviamente, provo compassione per i due Protagonisti maschili identificandomi in loro, specialmente nel romanticheggiante George.
I peggiori comunque sono i borghesi "doc", gli ospiti che irrompono nel castello in questo clima di tensione imprevista: sotto ai bei vestiti e le ipocrite cortesie nascondono un Vuoto spirituale sostituito da un culto per il successo economico e per l'auto-esaltazione, ma che già da bambini dimostrano un'Arroganza irrispettosa, viziata e distruttrice.
Cast azzeccatissimo, in particolare il Trio di Protagonisti: Donald Pleasance risalta la Pateticità e la Drammaticità Interiore di George, Françoise Dorléac affascina fisicamente lo spettatore e riesca a far sentire in ogni momento come Teresa tenga saldamente in mano le redini della situazione, infine Lionel Stander rende estremamente realistica la bassezza intellettuale di Dickie suscitando qualche volta anche Tenerezza.Un Capolavoro, messo in scena superbamente da Polanski col suo solito Gusto Claustrofobico, privilegando pochi personaggi per meglio far esplodere il Conflitto.

Rilevanza: 1. Per te? No

Per favore non mordermi sul collo

  • Commedia
  • USA
  • durata 107'

Titolo originale The Fearless Vampire Killers

Regia di Roman Polanski

Con Roman Polanski, Sharon Tate, Jack Mac Gowran, Alfie Bass, Jessie Robins, Ferdy Mayne

Per favore non mordermi sul collo

In streaming su Amazon Video

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THE FEARLESS VAMPIRE KILLERS
aka
DANCE OF THE VAMPIRES
Al suo 4° lungometraggio, Polanski abbandona il B/N per il Colore, e soprattutto la sua vena (auto)ironica affiora con toni maggiormente espliciti: il Regista, che interpreta (senza accreditarsi nei titoli di testa) il co-protagonista assistente del "professore ammazzavampiri", si cimenta in una sorta di (semi?)parodia del Cinema vampiresco.
Tra velocizzazioni e allusioni sessuali (omosessuali incluse), uso divertito dei cliché del Filone (castello con conte, immagini non riflesse, aglio, crocefissi, ecc.) e comicità slapstick, "The Fearless Vampire Killer" (o "Dance of the Vampires", indicato da alcune fonti come Titolo originale della pellicola) è probabilmente uno dei migliori esempi di Horror Comedy nella Storia del Cinema, o sicuramente uno dei più divertenti (almeno dal mio punto di vista).
Si nota un po' di meno la vena autoriale di Polanski, il quale parrebbe essersi concesso un rilassato Divertissement all'insegna dei Generi, ma non ne sono convinto. Infatti, oltre alla solita cura per la Messa in scena, elegante e precisa come sempre (e aiutata ancora una volta dalle ottime Musiche di Komeda) e ad un occhio molto attento per le inquadrature, si possono ritrovare squarci dell'osservazione disincantata della società che caratterizza il Cinema (passato e futuro) dell'Autore polacco: gli ambienti (poveri e ricchi) sono catturati nella loro autenticità vissuta (quindi non "perfetta" e senza disdegnare la sporcizia e per certi versi anche gli "odori"), la Danza dei Vampiri ricorda quasi (ma sottolineo il "quasi") il Culto orgiastico ma 'ordinato' del subito successivo "Rosemary's Baby", e volendo si possono trovare anche critiche contro la prepotenza del potere, il quale succhia il Sangue al popolo e per tale motivo quest'ultimo lo riverisce, forse anche per spirito di emulazione (come accade in diverse elezioni).
Magari non uno dei Capolavori più contenutisticamente significativi di Polanski, ma comunque un Cult, anticipatore per certi versi della spensieratezza che si respira in "Pirates".

Rilevanza: 1. Per te? No

Rosemary's Baby

  • Horror
  • USA
  • durata 136'

Titolo originale Rosemary's Baby

Regia di Roman Polanski

Con John Cassavetes, Mia Farrow, Ruth Gordon, Elisha Cook

Rosemary's Baby

In streaming su Apple TV

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ROSEMARY'S BABY
Fedelissimo alla lettera del Romanzo omonimo di Levin, il Film riesce ad essere però personalissimo e intimamente polanskiano, sia per lo Stile Registico dettagliato e concentrato sull'Intensità emotiva dei Personaggi che per i Temi.
Proseguendo il Discorso Claustrofobico e Sociale focalizzato sull'Appartamento - iniziato con "Répulsion" e proseguito con "Le Locataire" - il Regista mette in scena ancora una volta la Falsità, l'Ipocrisia e la Violenza che caratterizzano i rapporti interpersonali, soprattutto all'interno della società borghese. Nel contempo suggerisce un paragone, una relazione tra le grosse religioni organizzate come il cristianesimo (in particolare cattolico) e le sette di stampo satanico, lasciando intendere forse che quest'ultime, nella loro clandestinità, siano molto più vicine alla sincerità e al sentimento che animava le prime comunità cristiane: entrambi i modelli religiosi però condividono l'atteggiamento ipocrita (borghese) e il fanatismo che sfocia nella violenza "repressiva", e per entrambe le Persone (e in particolare le Donne) sono viste come degli strumenti, delle pedine da usare a proprio piacimento per ottenere (o confermare) il proprio potere.
Come detto precedentemente, il Film segue assai fedelmente la narrazione del Romanzo, ma le lievissime differenze o, meglio, i sottili tagli non sembrano dovuti soltanto a ragioni di durata ma anzi paiono acquisire una rilevanza non indifferente: quasi come accadrà in "Le Locataire", il Film parte con una panoramica su delle abitazioni (in questo caso di New York) per poi inquadrare la coppia di protagonisti impegnata a visitare l'appartamento, mentre nel libro questa sequenza era introdotta dalla telefonata che rivelava la liberazione dell'appartamento. Inoltre, nel finale, l'Opera di Polanski si chiude con Rosemary che culla il bambino attorniata dai membri della setta, senza mostrare lei che parla col bambino né l'imposizione del mutamento di nome da Adrian (come voluto da Roman per omaggiare il padre) ad Andy (nome maschile che Rosemary sempre si propone di dare al figlio, mentre i nomi femminili mutano più volte, e questo sia nel libro che nel Film): se nel Romanzo la Madre impone la sua presenza e la sua importanza, diventando finalmente parte attiva nella vita del figlio, nel Film questo taglio sottile parrebbe confermare, pessimisticamente, il permanere di Rosemary in una condizione di Passività, tant'è che alla fine non decide di fare da madre al figlio di Satana ma bensì accetta la sua Natura di Madre dell'Anticristo.
Cast grandioso, musiche indimenticabili e scenografie d'impatto, insieme allo Stile Curato e poco 'tagliato' (abbondano piani-sequenza) del Regista franco-polacco rafforzano lo Status di Capolavoro seminale che, assieme al coevo "Night of the Living Dead" di Romero, l'Opera rappresenta nel Panorama Cinematografico e in particolare Orrorifico.
Da vedere e studiare!

Rilevanza: 1. Per te? No

Macbeth

  • Drammatico
  • Gran Bretagna
  • durata 140'

Titolo originale Macbeth

Regia di Roman Polanski

Con Jon Finch, Francesca Annis, Martin Shaw, Terence Bayler, John Stride, Nicholas Selby

Macbeth

In streaming su Amazon Video

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THE TRAGEDY OF MACBETH
Polanski affronta Shakespeare mettendo in scena la sua Tragedia più sanguinaria e turpe: il Macbeth.
La storia ricolma di tradimenti, complotti e profezie è arci-nota, e il Regista si abbandona un po' ad una direzione classica e 'formale' nella trasposizione, ma senza scadere mai nella semplice riproduzione filmica del Testo teatrale. Infatti Polanski, come sempre, mette sé stesso, la sua Psicologia e la sua Biografia nel suo Film, e come alcune persone han notato nella sequenza della strage della famiglia di Macduff sembra voler ricostruire in modo sentito e sofferto l'atroce uccisione della moglie incinta Sharon Tate per mano della 'famiglia' Manson. Non manca l'eterno Senso di Colpa, qua ancora ad uno stadio "del sopravvissuto" (non ancora macchiato del passaggio da vittima a carnefice).
Le sequenze oniriche e allucinatorie sono riprese in modo intimo (quasi come uno stupro psicologico) grazie ad un uso 'documentaristico' della mdp, spesso a spalla. La seconda Profezia, in particolare, col Rito satanico-orgiastico di una marea di streghe nude e i flash 'acquosi' e innaturali, ricorda moltissimo la Sequenza dello stupro satanico in "Rosemary's Baby".
Non ci sono buoni e cattivi, ma solo umani corrotti e valorosi, capaci di azioni turpi e di sentimenti profondi, con un pullulare di traditori e ambiziosi a destra e a manca, come sottolinea la chiusura, con il secondo erede di Duncan che si aggira nei pressi dell'antro delle streghe sotto la pioggia. Nell'immortale Lady Macbeth superbamente "dipinta" da Shakespeare, Polanski ripropone ancora una volta una Figura Femminile di notevole forza, una Manipolatrice spietata ma anche una Persona capace di andare in fondo nei propri obiettivi, mentre il marito Macbeth è un Personaggio passivo, privo di ambizioni proprie ma trascinato da obiettivi per lui delineati da altra gente (le tre streghe, la moglie...)
Cast straordinario, calato nei Ruoli tratteggiati dal Bardo, Colonna sonora della Third Ear Band in linea con lo Spirito della Tragedia, Fotografia decisamente 'settantiniana', scenografie e costumi decisamente coinvolgenti e storicamente credibili.
Non un Capolavoro, né tra i migliori di Polanski, ma comunque un Film di alto livello che merita di essere visto, specialmente da chi 'venera' Shakespeare.

Rilevanza: 1. Per te? No

Che?

  • Commedia
  • Italia
  • durata 115'

Titolo originale What?

Regia di Roman Polanski

Con Sydne Rome, Marcello Mastroianni, Romolo Valli, Hugh Griffith

Che?

In streaming su Amazon Prime Video

WHAT?
CHE?
Incursione italiana dell'Autore franco-polacco. Torna il Tema dell'"intrusa", che qua finisce in una villa popolata da bizzarri Personaggi dove non manca il Loop (che non è mera ripetizione).
Un lavoro particolare e unico nella Filmografia del Regista: seppure forse meno memorabile rispetto ad altre sue Opere, anche qua troviamo una cura della messa in scena, una brillantezza nella scelta e nella direzione degli attori e delle attrici (ancora una volta dal gusto squisitamente internazionale, con un Mastroianni sempre grandioso), una decostruzione spietata ma non moralistica dei costumi e delle pretese morali delle classi borghesi (e di chi le imita) in linea con lo Stile e la Poetica dell'Autore.
Riguardo al sopra citato Loop, la Protagonista, che osserva ma soprattutto viene osservata (dagli altri Personaggi e da noi Pubblico) nelle sue fortuite avventure, si ritrova più volte ad affrontare situazioni simili con uno spirito (apparentemente?) molto naive, e nel Finale chiude il Cerchio aperto ad inizio Film riperdendo tutti i vestiti ed uscendo di scena completamente nuda, arrivando anche ad esplicitare al Personaggio dell'ex-pappa di Mastroianni la natura filmica del Mondo in cui si è ritrovata. Una rottura della Quarta Parete, questa, che non sembra rientrare in un semplice gioco di metacinema autoreferenziale ma che anzi apre la porta a Domande e Dubbi interiori di una certa rilevanza.
Un Film che dovrei rivedere, visto che dopo solo un anno dalla sua visione i ricordi cominciano ad offuscarsi fin troppo: segno forse di una non forte rilevanza dell'opera stessa, e personalmente non inserirei il Film tra le Opere da me maggiormente amate di Polanski, però sarebbe ingiusto assai bocciare "What?" come un film mal riuscito, visto che comunque conservo impressioni sostanzialmente positive della prima visione.

Rilevanza: 1. Per te? No

Chinatown

  • Poliziesco
  • USA
  • durata 122'

Titolo originale Chinatown

Regia di Roman Polanski

Con Jack Nicholson, Faye Dunaway, John Huston, Roman Polanski, Perry Lopez, John Hillerman

Chinatown

In streaming su Paramount Plus

vedi tutti

CHINATOWN
Polanski si cimenta con un Noir dalle tinte fortemente sociali.
Il Regista mette in scena una vicenda ricolma di intrighi politici e risvolti torbidi, costruendo un'atmosfera di cupo "fatalismo": il potere non teme ostacoli e riesce a fare ciò che vuole o comprando legge e testimoni oppure ammazzando le persone troppo informate, oppure ancora infangando la reputazione di chi osa mettersi sulla sua strada. Il potere non teme le leggi statali, che di fatto possiede (la democrazia è una cazzata), figuriamoci le leggi naturali: in questo senso, l'incesto potrebbe diventare espressione dell'ego di chi ha potere. Il potere è ipocrita e viscido, mette a tacere la propria coscienza, giustificando senza remore le proprie azioni disgustose: Cross non si sente in colpa per aver "perso" la sua 1^ figlia-amante, perché crede che il suo atto incestuoso sia legittimo (probabilmente a causa della propria ricchezza).
L'investigatore privato Gittes, invece, per quanto pure lui sia spinto da interessi egoistici (denaro, riscatto della propria reputazione, onore, desideri), ha una sua etica e, soprattutto, non teme potere e istituzioni: è disposto a rischiare tutto pur di portare a termine il proprio lavoro o, meglio, la propria impresa, la propria missione, e non ha paura di mettere i bastoni tra le ruote a poteri più grossi di lui. La sua libertà professionale è, probabilmente, figlia del suo passato e della sua scelta di allontanarsi dalla polizia, scelta che lo ha forse reso un Individuo svincolato dai limiti legali e, soprattutto, dalla paga di Cross. Purtroppo, come un Eroe Post-Romantico, Gittes pagherà per la sua sfrontatezza "sovversiva", in lotta con il potere e le sue minacce: il finale, tragico, salverà Cross (libero di mettere le mani sulla sua nipote-figlia) uccidendo Evelyn, e il detective può solo tornare a casa 'scortato' dai suoi due soci.
Chinatown, per quanto presente in scena soltanto alla fine (nonostante i suoi abitanti si aggirino per la casa di Mulwray), è onnipresente nel Film: è il Luogo Simbolo di un Passato spietato che torna nel presente con prepotenza, un passato citato più volte da Gittes e da ex-colleghi, tutti che hanno più o meno cambiato vita. A differenza del "Brazil" di Gilliam, Chinatown nel Film di Polanski non è un rifugio sicuro, un'utopia bramata, ma bensì un inferno mortale da cui l'Individuo cerca di fuggire, ma inutilmente, e infatti non potrà evitare di finire calamitato in quesoto Luogo "distopico" per incontrare (ancora) il Dolore e la Morte.
Ennesimo Capolavoro di Polanski, il quale dirige con stile asciutto una vicenda intricata, aiutato da un Cast maestoso e da una colonna sonora melanconicamente Noir. Da vedere e da studiare.

Rilevanza: 1. Per te? No

L'inquilino del terzo piano

  • Drammatico
  • Francia
  • durata 125'

Titolo originale Le locataire

Regia di Roman Polanski

Con Roman Polanski, Isabelle Adjani, Melvyn Douglas, Shelley Winters

L'inquilino del terzo piano

In streaming su Amazon Video

vedi tutti

LE LOCATAIRE
Thriller psicologico che trasuda una forte sensibilità e una certa identificazione da parte del Regista.
Polanski dirige e interpreta l'involuzione psichica di un uomo timido, impacciato, quasi privo di Personalità o, forse, incapace di costruirsi una maschera arrogante. Trelkovsky è un osservatore riluttante, uno spettatore che viene forzato, dalla gente e/o da sé stesso, a diventare attore, ma essendo incapace di inventarsi un ruolo finisce per diventare la precedente inquilina. Scoperto l'inganno (ma probabilmente si tratta di un auto-inganno ulteriore), il Protagonista cercherò di riprendersi la sua personalità, ma invano: forse non ha mai avuto una autentica personalità, o forse nessun essere vivente ha una personalità genuinamente "propria" ma bensì ognuno se la costruisce sotto le influenze (in positivo o in negativo) esterne. Potrebbe darsi anche che Trelkovsky sia in realtà Simone, lo sia sempre stata (un po' come Jack Torrance in "The Shining" di Kubrick, di 4 anni posteriore al Film di Polanski, è sempre stato il Custode dell'Overlook Hotel).
La Pazzia scaturisce dai rapporti con le altre persone, e in particolare dalle relazioni forzate e conflittuali con il vicinato: le lamentele ricevute per il chiasso provocato una notte dai suoi "amici" lo renderanno paranoico, tanto da inventare e reinventare vari personaggi, di cui non si può sapere con certezza quali e quanto siano reali. Forse tutti sono autentici e, al contempo, rielaborati dalla Mente del Protagonista.
Ritornano molti elementi dei precedenti Film della Trilogia dell'Appartamento, ovvero "Repulsion" e "Rosemary's Baby": la Tensione e il Mistero partono anche qui da una sorta di Claustrofobia dell'Individuo all'interno dell'Ambiente in cui vive (ovvero l'Appartamento con il suo vicinato e il suo bagno in cui le persone paiono tenere d'occhio il protagonista), che man mano si trasforma in una sorta di Prigione da cui il Protagonista pare non riuscire a fuggire, tanto da ritornarvi nonostante la sua volontà avversa. Ciò provoca la nascita e il consolidamento di una profonda paranoia verso un Complotto ai propri danni percepito come autentico. Il risultato finale di questo crescente Delirio porta alla fine alla perdita definitiva dell'Identità con conseguente tragicamente auto-distruttive.
La Regia è curatissima sia nella messa in scena sia nella direzione del Cast, e come al solito dimostra un attento studio per le inquadrature e i movimenti di macchina. Straordinarie le musiche di Sarde.
Un Capolavoro anche questo, per certi versi una sorta di "Testamento Artistico" di Polanski prima dell'indifendibile caso di stupro, e probabilmente il punto più alto raggiunto dal suo Cinema tra la brutale uccisione della moglie incinta Sharon Tate e il fattaccio.

Rilevanza: 1. Per te? No

Tess

  • Drammatico
  • Francia, Gran Bretagna
  • durata 180'

Titolo originale Tess

Regia di Roman Polanski

Con Nastassja Kinski, Peter Firth, Leigh Lawson, John Collin, Tony Church

Tess

TESS
Esule dagli usa per il fattaccio di stupro che lo condannerà per tutta la vita come "mostro", Polanski mette in scena il libro che la moglie (Sharon Tate, a cui è dedicato il Film) aveva lasciato sul comodino prima della sua tragica morte. La dimensione "colossale" della produzione non sfocia in un kolossal grosso e stucchevole, ma anzi contribuisce a rafforzare l'Epopea Tragica della Protagonista, ennesima Figura Polanskiana di Donna al contempo vittima della società eppure tenace nel rispondere alle sue sciagure. Non ci troviamo di fronte ad un'Eroina "senza macchia", ma proprio per questo il Personaggio è dotato di uno Spessore altissimo, ed è la sua profonda Umanità a rendere Tess così vicina agli individui spettatori più sensibili: la sua evoluzione da ragazzina naive ma volenterosa a vittima del potere (il quale spesso pensa di poter possedere tutto, persone incluse e non solo nel corpo ma anche nell'Anima), da ragazza scossa troppo presto da esperienze traumatiche (la maternità in Polanski è maledetta) a giovane pronta a prendere in mano la Speranza del proprio Futuro, fino a diventare una donna maturata e 'smaliziata' dalle esperienze per poi giungere ad un gesto disperato e folle, e infine arrivare ad accettare consapevolmente la responsabilità delle proprie azioni, senza nascondersi dietro alla tragicità della propria vita. Il Film sembra anche riflettere sulle esperienze dirette di Polanski: oltre ad omaggiare esplicitamente la moglie uccisa dalla famiglia Manson, la povertà in cui spesso si ritrova Tess sembrerebbe richiamare le esperienze infantili nel ghetto di Varsavia, mentre nella fuga della Protagonista potrebbe riecheggiare la "fuga" di Polanski dall'arresto statunitense. Ma soprattutto si può notare, nello stupro di cui è vittima Tess, una sorta di tentativo di espiazione, da parte del Regista, della sua tremenda colpa ai danni di Geimer. In generale, comunque, si sente che in "Tess" Polanski ha infuso tutta la sua Personalità, le sue Angoscie, i suoi Dubbi, e questo conferisce all'Opera un'atmosfera di Intimità estremamente coinvolgente.
Il genere e la durata possono forse scoraggiare molte persone, ma secondo me siamo lontanissimi dallo spettro del "kolossal palloso d'autore", e la forte presenza del lato Sentimentale non si traduce minimamente in una caduta nella peggiore smielatezza. Sarebbe interessante vedere la versione estesa, di 190', anche se a quanto pare la versione approvata dal Regista dura 171'.

Rilevanza: 1. Per te? No

Pirati

  • Avventura
  • Francia, Tunisia
  • durata 116'

Titolo originale Pirates

Regia di Roman Polanski

Con Walter Matthau, Cris Campion, Charlotte Lewis, Damien Thomas

Pirati

In streaming su Timvision

PIRATES
A quanto pare un progetto a lungo covato da Polanski (sembra intendesse realizzarlo già dopo "Chinatown", con Nicholson come protagonista), questo "Pirates" ha l'aria di un divertissement e apparentemente non sentiamo la complessità psicologica dei Film migliori del Regista.
Però come omaggio a certo Cinema e certa Letteratura d'avventura (di cui purtroppo conosco poco o nulla) funziona, regalando 100 minuti (ma la versione corretta si aggira sulle 2 ore) di puro Divertimento, grazie anche alla superba carica comica di Walter Matthau, che ruba la scena a tutti gli altri interpreti principali (quasi anonimo l'interprete di Frog) e rafforza la simpatia dei vari caratteristi secondari (stupendo il Boomako di Olu Jacobs).
Inoltre, sotto l'Intrattenimento delle "commedia d'avventura", e assieme ad una assai convincente (e forse anche fedele) ricostruzione storica e culturale (lo sporco è concreto) che supera di gran lunga "Pirates of the Caribbean" (soprattutto gli ultimi due mediocri capitoli), troviamo lo Sguardo "cinico", disincantato e critico, specialmente nei confronti delle autorità, tipico del Regista franco-polacco, anche se si sente molto meno quel Senso di colpa (per il noto caso di stupro, ma credo anche per il suo essere stato spesso un "sopravvissuto" a tragedie pesanti) e quell'Intimità tipica delle Opere di maggior rilievo dell'Autore.
Quindi, "Pirates" è un Film autoriale d'intrattenimento che, seppure non risulti imperdibile per chi non è appassionato dell'Autore, merita comunque di essere (ri)scoperto e guardato almeno un paio di volte.

Rilevanza: 1. Per te? No

Frantic

  • Thriller
  • USA
  • durata 119'

Titolo originale Frantic

Regia di Roman Polanski

Con Harrison Ford, Betty Buckley, Emmanuelle Seigner, John Mahoney

Frantic

IN TV Sky Cinema Suspense

canale 306 vedi tutti

FRANTIC
Thriller intelligente diretto con Mano europea dal Maestro Polanski, dove la sua solita decostruzione dell'istituzione famigliare borghese viene giocata attraverso i codici, appunto, del thriller "casuale", con protagonista (ottimo Ford nel costruire lo spaesamento dell'americano a Paris) coinvolto suo malgrado in un affare di spionaggio internazionale.
Bene o male torna il Canovaccio caro al Regista, con una Coppia borghese trascinata in una catena di eventi che la porterà a rimettere in discussione le proprie certezze, il tutto incanalato dall'intrusione di uno (o più, come accadrà in altri Film) Personaggi. In questo caso però l'Intrusa, Michelle, interpretata dall'esordiente Emmanuelle Seigner (poi moglie di Polanski fino ad oggi) la quale incarna con disinvoltura la sensualità misteriosa del Personaggio, entra dopo che la Moglie esce di scena, rapita per via di uno scambio di valigie (i rapitori seguivano infatti la valigia della ragazza). Quindi, invece di crearsi un "triangolo" (o un quadrato, come accadrà in "Carnage" e, in una certa misura, già in "Bitter Moon") di reciproche diffidenze e attrazioni tra la Coppia e l'Intrusa, qua le evoluzioni relazionali si restringono al Marito e all'"Estranea" (analogamente a ciò che accadrà in "La Vénus à la Fourrure"). Come sempre, i rapporti tra i due Personaggi vedono un alternarsi continuo di fiducia e diffidenza, ma a differenza di ciò che spesso accade nel Cinema dell'Autore qua troviamo una maggiore spinta verso la cooperazione. Tra l'altro, essendo uno straniero (statunitense) come altri Protagonisti polanskiani (si pensi a "Le Locataire"), il Personaggio di Ford potrebbe essere visto lui stesso come "intruso" di Michelle.
Il Finale è amarissimo e squisitamente Anti-istituzionale: morta la giovane Michelle, "guida" del protagonista nella Parigi non turistica, Walker raccoglie l'aggeggio nucleare messogli in tasca dalla ragazza prima di spirare e lo getta nel fiume, quasi come fece Snake Plissken nel Carpenteriano "Escape from New York".
Un altro Filmone firmato Polanski, un'Opera che merita di essere vista e che, sicuramente, rivedrò prima o poi.

Rilevanza: 1. Per te? No

Luna di fiele

  • Drammatico
  • Francia, Gran Bretagna
  • durata 135'

Titolo originale Bitter Moon

Regia di Roman Polanski

Con Peter Coyote, Emmanuelle Seigner, Hugh Grant, Kristin Scott Thomas

Luna di fiele

BITTER MOON
La struttura bene o male resta quella delle Origini: luogo chiuso, coppia (borghese) apparentemente in idillio ma che in realtà stanno affrontando una profonda crisi la quale viene portata a galla dall'intrusione di Personaggi estranei (qua due). Lei, Mimi (Seigner, Musa Totale come in quasi tutti gli ultimi Film di Polanski), con la sua Fisica Sensualità e lui, Oscar (Coyote splendido nel catturarne l'ambiguità), con la sua Storia: poiché svelano ciò che la Coppia vuole tenere nascosto (soprattutto a sé) questi Intrusi risultano sgraditi.
Ancora una volta, è l'uomo a risultare estremamente debole, meschino, ipocrita, e pure patetico nella sua sostanziale impotenza: Nigel (Grant) è il tipico mediocre uomo agiato britannico, di facciata perbene e moralista ma in realtà morbosamente alla ricerca di avventure extraconiugali, forse per affermare la propria virilità. Oscar è analogo, ma la consapevolezza della sua ipocrisia e della sua oscenità lo pone in una condizione quasi paternale nei confronti del nuovo "amico". L'uxoricidio più suicidio è inevitabile per uscire da un Inferno che lui stesso ha causato approfittando dell'Amore sincero di Mimì e spingendola alle peggiori umiliazioni, per poi essere da lei veramente umiliato, e tutto questo partendo da una situazione dove il "sottomesso" ma finto era lui.
La Donna (qua incarnata in Mimì, ma anche in Fiona) però non è una "Déa", ma nemmeno "il Male". Di fatto è vittima dell'Idolatria del partner: l'essere idealizzata la rende schiava di un ruolo che non può interpretare fino in fondo senza perdere la propria Individualità, e al contempo la condanna ad essere giudicata come "manipolatrice", e infine ad essere rifiutata come un legame ingombrante. Alla fine, Oscar si rende conto di meritare il castigo inflittogli da Mimi, mentre Nigel invece fissa con sbigottimento e incredulità il duplice tradimento, da parte della moglie e della desiderata (ma invano) amante: non può accettare la sua sconfitta morale e sessuale (eppure Fiona l'aveva avvisato: lei poteva fare le stesse cose di lui, e meglio), non può fingere cinicamente allegria come fa Oscar perché non può ammettere di essere lui il colpevole della sua stessa umiliazione, e quindi fugge in modo patetico.
L'Epilogo (apparentemente) è aperto alla speranza, ma è anche impregnato di Amarezza.

Rilevanza: 1. Per te? No

La morte e la fanciulla

  • Drammatico
  • USA, Francia, Gran Bretagna
  • durata 100'

Titolo originale Death and the Maiden

Regia di Roman Polanski

Con Sigourney Weaver, Ben Kingsley, Stuart Wilson, Jonathan Vega

La morte e la fanciulla

In streaming su Pluto TV

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DEATH AND THE MAIDEN
Si riprende l'impostazione "teatrale" di Opere come "Noz w Wodzie" e "Cul-de-sac", ma qua questo "canovaccio" si sposa perfettamente con la natura teatrale del soggetto originale: tre Personaggi, una coppia (simil-borghese) marito-moglie e un estraneo (maschio), si trovano a condividere forzatamente uno spazio ristretto e familiare, in cui avverrà l'esplosione di turbamenti psicologici e relazionali non solo tra la coppia e l'intruso ma anche all'interno della coppia stessa. Questo schema però viene mutato in dettagli fondamentali, a partire dalla cornice "storica", in cui troviamo un confronto diretto col problema di una dittatura (imprecisata) da poco caduta.
Il finale, che ho visto definire da qualcuno come "catartico", è, secondo me, di una spietatezza feroce: l'aver risparmiato l'ex-aguzzino diventato prigioniero non dà a lui un senso di trionfo e non concede nemmeno un senso di "sollievo" e di perdono per la coppia. Resta solo molta amarezza. Il passato brucia forse più che mai, e il mancato "salto" dalla scogliera, mimato dal movimento di macchina, peserà nella psicologia di tutti i personaggi. Nell'epilogo, prima di passare all'inquadratura fissa (teatrale) sul quartetto che accompagna i titoli di coda con la Melodia omonima del Film (creando una circolarità con l'Inizio), la mdp ci mostra in un piano-sequenza il dottore, con la sua famigliola, mentre guarda da una posizione sopraelevata rispetto la coppia di ex-rivoluzionari, la quale invece resta in basso e si alterna nell'osservarlo con disprezzo (prima la moglie, poi il marito). Alla fine, per come lo interpreto io, non l'hanno ucciso perché ormai non aveva più senso né risparmiarlo né ucciderlo, al contrario di quanto invece affermava lo stesso dottore: fino alla fine egli ha negato alla ex-vittima e al suo "avvocato" (ma forse anche a sé stesso) la Verità e alla fine, conscio di essere condannato e di non avere più scappatoie, confessa. La confessione, dopo l'iniziale sincerità del pentimento, si trasforma quasi in una rivendicazione del piacere da lui provato condito dal rimpianto per la fine della sua autorità assoluta.
Però si potrebbe anche interpretare questo passaggio negando fino alla fine la colpevolezza del dottore, e di conseguenza questa ammissione conclusiva si potrebbe leggere come una progressiva identificazione della vittima presente nell'identità di carnefice impostogli, forse per negare a sé stessa il passaggio al ruolo di torturatrice, dalla vittima passata. La Storia ripete copioni, e le violenze del passato vengono fagocitate dalle vittime che assumono, negandolo, il ruolo di carnefici. Una possibile metafora delle numerose "vendette politiche" che hanno seguito la caduta di vari regimi, e per certi versi riflesso anche della vita di Polanski.

Rilevanza: 1. Per te? No

La nona porta

  • Horror
  • Francia, Spagna
  • durata 141'

Titolo originale The Ninth Gate

Regia di Roman Polanski

Con Johnny Depp, Frank Langella, Lena Olin, Emmanuelle Seigner

La nona porta

In streaming su Amazon Prime Video

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THE NINTH GATE
Dopo circa 30 anni da "Rosemary's Baby", Polanski torna a mettere in scena un thriller a tinte sovrannaturali, ancora una volta ispirandosi ad un libro e ancora una volta con una storia inerente il Diavolo e i suoi culti. D'altro canto, le modalità di sviluppo dell'intreccio per certi versi sembrano anticipare gli intrighi politici di "The Ghost Writer", ma questo forse è dovuto molto al Genere di appartenenza.
Corso (Depp), in linea con gli altri Protagonisti polanskiani, viene trascinato suo malgrado in una vicenda "più grande di lui", e questo lo porta a rimettere in discussione le sue certezze professionali, passando dal materialismo disincantato del "detective di libri" dichiaratamente spregiudicato alla titubanza dell'uomo "comune" invischiato in qualcosa di potenzialmente pericoloso, fino a caricarsi della stessa Ossessione (per il Potere demoniaco? per la Curiosità verso l'Ignoto? per Pazzia?) del cliente (Langella).
Fondamentale la presenza "invasiva" di una Donna misteriosa (Seigner, sempre Musa del Regista), la classica "intrusa" tipica del Cinema polanskiano, qui in veste di "angelo custode" del Protagonista: come l'Autostoppista di "Noz w Wodzie", anche lei è priva di nome, e il suo passato, il suo ruolo nella storia, la sua stessa natura rimane avvolta nel Mistero. La vediamo fluttuare in aria un paio di volte, i suoi occhi di tanto in tanto lanciano "bagliori ipnotici" e, nel Finale, ammiriamo il suo ritratto nell'ultima Icona firmata LCF (Lucifer): se sia un angelo, un demone o Lucifero in persona non ci viene svelato. Non sappiamo nemmeno cosa accadrà, a Corso e al Mondo, una volta aperta la Nona Porta del Titolo: una luce accecante sovraespone gradualmente la pellicola avvolgendo il nostro Sguardo in un Bagliore inquietantemente sublime.
Meno "impregnante" (almeno ad una prima visione) rispetto alle Opere migliori dell'Autore e sicuramente lontano dalla Vetta artistica raggiunta in "Rosemary's Baby", "The Ninth Gate" resta comunque un Film molto personale e intrigante, un affascinante "Thriller bibliografico" molto efficace nell'esprimere la Religiosità che caratterizza un certo tipo di Filologia.

Rilevanza: 1. Per te? No

Il pianista

  • Drammatico
  • Francia, Gran Bretagna
  • durata 148'

Titolo originale The Pianist

Regia di Roman Polanski

Con Adrien Brody, Thomas Kretschmann, Emilia Fox, Ed Stoppard

Il pianista

In streaming su Netflix

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THE PIANIST
Ispirandosi alla vera storia del pianista Szpilman, Polanski mette in scena la sua stessa infanzia, avendo vissuto anch'egli l'Orrore della discriminazione nazista contro gli ebrei, e pure in condizioni analoghe al Protagonista.
Polanski non racconta una storia di eroismo o di innocenza: la complessità della situazione storica e soprattutto personale viene mostrata senza troppi fronzoli, evitando di nascondere le meschinità e la vergogna che inevitabilmente sorgono in condizione di estrema umiliazione come quella subita dagli ebrei polacchi durante l'occupazione tedesca. Szpilman è un Uomo autentico, con dei Valori a cui non rinuncia ma quando ha l'occasione di nascondersi e fuggire ne approfitta, per poi essere travolto dai Sensi di Colpa tipici per qualsiasi Sopravvissuto e dalla Paura costante di essere scoperto e ucciso. Szpilman, per la maggior parte del tempo, si trova ad essere un osservatore preoccupato delle Tragedie, ma anche delle Azioni, degli altri ebrei e degli altri polacchi ma non c'è il Piacere del Voyeur nella sua condizione. Egli è un Individuo costretto all'impotenza a causa del suo "assedio perenne", e per questo, mentre nel ghetto è immerso in un ambiente (sovr)affollato, una volta fuggito si ritrova spesso in uno stato di sostanziale Solitudine. L'impossibilità di suonare il piano sottolinea la sua condizione: privato delle sue Ragioni di Vita, egli deve cercare di ridurre la propria esistenza per sopravvivere, e così facendo egli diventa quasi una sorta di "fantasma vivente" in attesa di resurrezione o di una morte definitiva. Non rinuncia però ad immaginare una propria vita, e così continua ad esercitarsi col pianoforte in silenzio, mimando l'esecuzione senza sfiorare i tasti mentre nella Mente (e sullo Schermo) risuonano le Musiche.
Nel Finale il Pianista viene salvato da un ufficiale nazista nei delicatissimi giorni della fine imminente della guerra. Il gesto dell'ufficiale è ambiguo: può rispondere ad una sincera pietà per un uomo della cui privazione di dignità è indirettamente responsabile, come può essere la Musica a spingere il militare a salvare il Protagonista, ma potrebbe trattarsi solo di un tentativo di procurarsi un'ancora di salvezza nato da un calcolo attento e corretto dell'inevitabile sconfitta. Quali siano le ragioni del militare, la possibilità per Szpilman di tornare il favore viene negata dal destino beffardo, oltre che dal criterio di punizione storica.
"The Pianist" è probabilmente uno dei più sinceri e sentiti Film riguardo all'Olocausto, privo di quella retorica falsa di stampo simil-hollywoodiano che spesso rischia di emergere in questo tipo di Pellicole: si tratta di un'Opera complessa e sfaccettata, popolata da Persone autentiche ed efficace nel mettere in guardia sui rischi di potenziali ritorni a certi regimi razzisti e totalitari. Un rischio, questo, che purtroppo sembra sempre più probabile, e peggio ancora di portata potenzialmente globale.

Rilevanza: 2. Per te? No

Oliver Twist

  • Drammatico
  • Gran Bretagna, Repubblica Ceca, Francia, Ital
  • durata 130'

Titolo originale Oliver Twist

Regia di Roman Polanski

Con Barney Clark, Ben Kingsley, Leanne Rowe, Mark Strong, Jamie Foreman, Lewis Chase

Oliver Twist

In streaming su Infinity Selection Amazon Channel

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OLIVER TWIST
Dopo "The Pianist" Polanski gira un altro adattamento di un Romanzo, trasponendo un Classico della Letteratura: "Oliver Twist".
All'interno della Filmografia del Regista questo film si presenta come qualcosa di insolitamente "ottimistico", anche se la speranza è incrinata dalla Rappresentazione realistica e tragica delle disavventure vissute dal Protagonista e dalla società in cui vive.
Alle prese con uno Scrittore monumentale come Dickens, Polanski sembra quasi non riuscire a sfuggire dalla sua ingombrante Personalità letteraria, e così la Mano del Regista pare meno visibile rispetto ai suoi Capolavori migliori. Ma in realtà non ci troviamo di fronte ad un prodotto anonimo, ad una mera "pellicolizzazione" del Libro: Polanski fa sentire come la Scelta di "Oliver Twist" non sia casuale, e adottando il punto di vista di un ragazzino alle prese con un mondo crudele e drasticamente iniquo, dove i bambini affamati che chiedono maggiore nutrimento vengono puniti mentre i ricchi gestori dell'orfanotrofio si abbuffano, il Regista richiama per certi versi la sua stessa Infanzia. L'immedesimazione negli occhi del Protagonista viene rafforzata utilizzando più volte sue soggettive dove gli adulti sono inquadrati dal basso, sottolineando come queste figure di potere (legale e illegale) incombano sul Destino del Protagonista cercando di allontanarlo dalla Felicità e dall'Innocenza.
Il Film taglia e modifica diverse parti del Romanzo. Essendo passati parecchi anni da quando lo lessi (ero alle medie) parecchi ricordi tendono ad essere offuscati, ma rimembro con certezza l'eliminazione di diversi Personaggi importanti e la rivelazione delle Origini di Oliver. Non sono invece sicuro se il film aggiunga il rapimento di Oliver oppure se ometta un secondo salvataggio dalle grinfie di Fagin e Sykes. In ogni caso, mi è venuta voglia di rileggere l'Opera di Dickens, che tra l'altro lessi per la prima volta spinto proprio dalla visione di questo Film, mia prima incursione nel Cinema di Polanski.
Emblematica, come non poteva non essere, la Figura di Fagin (un ottimo e truccatissimo Ben Kingsley): al contempo viscido sfruttatore e carismatico "briccone", il suo legame con Oliver è sospeso tra utilitarismo e affetto sincero.
Chiudendo, pur non essendo uno dei film più significativi e rappresentativi del Regista, "Oliver Twist" resta in ogni caso un film sostanzialmente personale, come tutte le Opere di Polanski.

Rilevanza: 1. Per te? No

L'uomo nell'ombra

  • Thriller
  • USA, Germania, Francia, Gran Bretagna
  • durata 128'

Titolo originale The Ghost Writer

Regia di Roman Polanski

Con Ewan McGregor, Pierce Brosnan, Kim Cattrall, Olivia Williams, Eli Wallach

L'uomo nell'ombra

In streaming su Rai Play

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THE GHOST WRITER
Thriller molto politico, non solo per lo "sfondo" ma anche per i contenuti, fortemente critici nei confronti del potere e nelle politiche filo-statunitensi (in particolare, come pare nel libro da cui il Film è tratto, si fanno diverse allusioni alla politica di Blair).
Il citare gli usa come uno dei pochi paesi a non riconoscere la giurisdizione dell'International Criminal Court potrebbe sembrare ironico da parte di Polanski, il quale come è noto non può tornare in usa per accuse di violenza sessuale: per certi versi, il destino del Regista è speculare a quello dell'ex-primo ministro Lang, in quanto entrambi costretti all'esilio per evitare l'arresto.
Ma, tornando al film, anche se non raggiunge il radicalismo claustrofobico di diversi Capolavori precedenti (ma anche successivi) del Regista, si continua ad avvertire un Senso di Chiusura e Prigionia potentissimo.
Il Finale è cupo, pessimista e ‘negato’, relegando l’investimento del Ghost fuori campo, mentre su un muro campeggia, coperto per metà da un edificio, la locandina di Lang: come il suo predecessore, ripreso in campo lungo ad inizio Film dopo le scene sulla barca con l'auto vuota, ci è negata la visione del (probabile) cadavere.
Cast straordinariamente in parte, in particolare McGregor nei panni del Ghost, la cui natura di "fantasma" è rafforzata simbolicamente dal rifiuto stilistico di rivelarci l'Identità del Personaggio (elemento non nuovo per Polanski): il suo Passaporto viene controllato più volte, i suoi effetti personali rovistati in continuazione, ma mai ci vengono rivelati nome e cognome del 'Ghost', e pure il suo stile di vita lo rende una sorta di spettro anonimo. Privo di coscienza politica, e ancor peggio (per uno scrittore) di una propria personalità letteraria, viene assunto perché ritenuto ideale nel dare un tocco vendibile all'autobiografia di Lang senza però "contaminare" lo scritto con la sua persona. Per certi versi potrebbe quasi essere una sorta di erede spirituale di Lang stesso, la cui carriera politica nasce dall'assenza di una coscienza ideologica, partendo dalla recitazione, e sull'essere manovrato dalla cia e dalla moglie, la quale rientra nella Tradizione polanskiana di Personaggi femminili assai forti.

Rilevanza: 1. Per te? No

Carnage

  • Commedia
  • Francia, Germania, Polonia, Spagna
  • durata 79'

Titolo originale God of Carnage

Regia di Roman Polanski

Con Christoph Waltz, Kate Winslet, Jodie Foster, John C. Reilly

Carnage

CARNAGE
Polanski si cimenta ancora "con il Teatro", questa volta con una Commedia.
L'origine palcoscenica è sempre evidente e, al contempo, assimilata cinematograficamente dalla Personalità di Polanski: come in "Death and the Maiden", infatti, i dialoghi hanno un ruolo fondamentale nella costruzione dell'Opera e in questo, come anche nell'ambientazione chiusa dove (l'appartamento diventa infatti un Palcoscenico), ci si avvicina al Teatro. Ma la struttura circoscritta è in sintonia con altri lavori polanskiani: si ripensi alle Origini con "Noz w Wodzie" e "Cul-de-Sac". Come sempre, Polanski riprende una struttura da lui più volte sperimentata (spazi claustrofobici dominano anche nella Trilogia dell'Appartamento, per continuare gli esempi) senza però adagiarsi sulle comodità di un modus operandi a lui congeniale ma rielaborandolo ed evolvendolo.
Ciò che risalta agli occhi rispetto alle Opere precedenti è la presenza non più di una coppia borghese più un intruso ma bensì due coppie, una "di casa" e l'altra "estranea", entrambe di estrazione borghese. Una sciocchezza, parrebbe a prima vista, e si potrebbe osservare che già in "Bitter Moon" si assisteva a questo tipo di confronto, ma questo cambiamento è qui fondamentale nella Trasformazione del "Codice" polanskiano.
Innanzitutto, si colma la sproporzione tra Generi: con un numero pari di Personaggi è, infatti, possibile far equivalere il numero di donne e quello di uomini. Questo non comporta una "parificazione" del ruolo delle Donne, che in Polanski è sempre stato valorizzato al massimo, tanto che la sua Filmografia pullula di Opere con Protagoniste femminili ("Repulsion", "Rosemary's Baby", "Tess" e così via). Ciò che cambia qua, anche rispetto al già citato "Bitter Moon" (dove le due donne si incontrano fisicamente in poche scene, e quasi sempre più per colpire gli uomini che le "compagne di Genere"), è la possibilità delle mogli di confrontarsi tra di loro per tutta o quasi la durata della pellicola. La presenza di due coppie (invece di una coppia più 1 "intruso") provoca inevitabilmente una complicazione tra i rapporti, in continuo mutamento sia nelle conflittualità che nelle complicità. Si parte da una convivialità collettiva (originata però da un conflitto tra i rispettivi figli) per poi man mano far emergere i contrasti, sia tra le due coppie che all'interno delle coppie, e più il gioco di lotte e alleanze si infittisce (e l'alcool si accumula) più la necessità di far uscire la coppia "intrusa" diventa impellente (per tutti e quattro gli individui coinvolti), ma al contempo diventa sempre più arduo sciogliere l'incontro per via della mancata soluzione dei numerosi problemi venuti a galla. Come sempre, le Persone sono chiuse in una prigione da cui è impossibile uscire e che porta ad affrontare bruscamente le proprie meschinità e violenze nascoste.

Rilevanza: 2. Per te? No

Venere in pelliccia

  • Drammatico
  • Francia
  • durata 90'

Titolo originale La Vénus à la fourrure

Regia di Roman Polanski

Con Emmanuelle Seigner, Mathieu Amalric

Venere in pelliccia

In streaming su Rai Play

vedi tutti

LA VÉNUS À LA FOURRURE
La Poetica Polanskiana è sempre più "chiusa", sia nello spazio (una sola location, come in "Carnage") sia nel tempo (i salti temporali praticamente non esistono, e se ci sono sono molto piccoli): il Regista prende ancora ispirazione dal Teatro, arrivando ad ambientare il Film direttamente nel teatro. Ma non si scade nel "teatro filmato", perché Polanski: l'Arte di riferimento è sempre il Cinema, dall'inserimento di Suoni extra-diegetici per "concretizzare" i gesti mimati al continuo spostamento della mdp in esplorazione dei vari angoli del set (mentre a teatro la visione è "limitata"), senza dimenticare la possibilità di soffermandosi nel montaggio su vari dettagli visivi.
Si indaga sulla contraddizione di certo sadomasochismo e, in generale, di certo "amore": farsi umiliare diventa non una richiesta ma una pretesa, un ordine, e quando l'uomo dichiara un annichilimento della propria personalità per lasciarsi assoggettare da un altro Individuo in realtà è egli stesso che annichilisce l'Individualità della "dominatrice" imprigionandola in una forma che riflette l'immagine mentale del "sottomessp" e non la Persona autentica della Donna. La Vendetta della Dea (ancora Seigner) non è diretta contro il rifiuto dell'uomo di diventare "schiavo", ma contro la volontà di dominio insita nel desiderio di inscenare la propria umiliazione. "Venere" si vendica tramite una dominazione vera, dirigendo il regista (che paradossalmente vuole imporre una posizione anche fisica di potere all'attrice, "ponendola" in mezzo al palco) e interrompendo la pseudo-prova con provocazioni. È evidente che non assistiamo a delle audizioni, e nemmeno alla messa in scena di una finzione teatrale, ma ad un'estorsione di confessione (come in "Death and the Maiden") non di volontà di sottomissione, ma di mire patriarcalmente dominatrici da parte dell'adattatore (anche qui, finta umiltà nel rimarcare il suo ruolo di "semplice adattatore" quando in realtà spesso troveremo pretese autoriali). Alla fine, quindi, come già anticipava il protagonista stesso per telefono alla fidanzata (la cui voce sentiamo poco, distante, irreale), il regista, ex-attore che pretende di saper dirigere meglio dei registi, pretende anche di poter interpretare Vanda meglio di qualsiasi Donna. La pretesa maschile di conoscere la Donna, tipica del maschilismo più sfacciatamente machista e reazionario, è presente anche (se non soprattutto) nel finto-femminismo dei maschi idealisti progressisti. Dunque, nel Finale Vanda/Venere cederà il suo ruolo al regista, ma glielo cederà proprio quando il personaggio rovescia le sue sorti chiedendo di essere dominata da Severin/Thomas. Non ci troviamo più quindi di fronte alla 'Venere in pelliccia', ma alle 'Baccanti', con Afrodite al posto di Dioniso, ma sempre con un Re (il regista) umiliato e truccato secondo la propria visione della donna ideale, ovvero sottomesso alla persona dominatrice. A questo punto la mdp abbandona il teatro, con un moto opposto all'entrata iniziale.

Rilevanza: 2. Per te? No
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