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Quando la radio … annulla lo sguardo (ovvero la voce invisibile che squarcia … lo schermo)
di lorenzodg ultimo aggiornamento
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Quando la radio … annulla lo sguardo (ovvero la voce invisibile che squarcia … lo schermo)

Le pellicole che generano fantasia con grazia e dolcezza immaginando il futuro in un presente acerbo.
Senza confini  ogni luogo è giusto per farci dimenticare, chiudere gli occhi e vedere … con l’udito.
Un sogno, dei sogni, vari sogni, la discordia dei vivi tra gli spenti  sche(r)mi in un applauso distante oltre il nostro orizzonte mattutino. Perché la sera è li che aspetta il dormire di un bambino (sveglio).
Quando ogni destino si schiude in un sogno con l’ascolto da ‘assorbimento’ di un cuore appassito e da subito sveglio e speranzoso; quando ogni gioco di vita e stanza chiusa s’abbatte senza remora mentre una voce incantevole alleggerisce il pensiero di ogni finestra antica; quando il voluttuoso animo s’avvede delle parole e di chi ne trasporta odore e sentimento. Tra nuvole inette  uno sguardo di passione e una speranza di ritorno. La radio (come idee di spazi aperti).


1)  Radio America (A Prairie Home Companion, 2006) di Robert Altman.
Il grande cineasta americano pennella con arguzia e stile personali il racconto di un programma radiofonico di successo oramai all’epilogo finale. Ultimi istanti di una festa continua e di un ascolto vero quando ai saluti e al commiato l’America perde dentro e si intrattiene col fuori dispersivo ed evanescente. Un teatro di posa solidale, amichevole, intristito ed amoroso: ogni gestualità e vocalità si insinua nei meandri sognanti di un uomo che attende la sposa e di una donna che arricchisce l’animo con l’incontro galante di una cena posata. La Radio diventa lungimirante e assecondante per una storia minore che si degna di comparire ai più dentro un luogo segreto che si specchia segretamente dentro l’io di ciascuno di noi. Il fuori (ripresa) diventa blasfemo e onnivoro di tutto ciò che circonda l’inutilità percorsa e il sogno avveduto in una corsia notturna. Minuzie canticchiate, sonorità stilistiche, voci raucedini, volti nascosti, città rinchiuse, vezzi orecchiabili, mostri sagaci, pop-art vicina, stilemi agresti, virtù alieni(che), mesti sguardi e sonorità suadenti.
Ciò che mostra questo film sono i camerini della vita: una piccolezza che sfavilla nelle interiora umane e tra le arie di anime gentili. Clamori appariscenti nascosti e memorie sepolte allertate: una passeggiata serale di quando il tempo si divertiva passando sopra i rami con foglie ingialliti e i prati assettati aspettavano una pioggia di rugiada mattutina che adescava un amore di sorrisi spenti.
La pedana, un microfono, le voci nella città che non sente. Di grande intensità.
Cast variopinto, multicolore, ironico, malinconico e autunnale.
Chi canta sa cosa dice mentre il microfono sta per chiudere(si).
Goodbye To My Mama’ (Meryl Streep e Lily Tomlin).
 
2)  Radio Days (id., 1987) di Woody Allen.
Un Allen che si ricorda senza mai farsi vedere. E’ lui in Joe il ragazzo sognatore che si invaghisce di quello che radio in erba dava sfogo alle rimembranze di un narratore (Allen stesso) che si pone dietro la macchina da presa e come in una radio parla (fuori campo) e attrae il pubblico dal microfono acceso di un film incantevole. Quando ciò che non era dietro il piccolo schermo si riempiva con voci disparate, suoni armoniose e musiche di stampo indelebile. Un mondo lontanissimo dove l’artista newyorkese si pone come fantasma mentre le immagini calcano e ricalcano un sapore mai domato. E la vita di una radio diventa socialità indiretta delle strade e delle città americane dove negli anni trenta si rivede, quasi per incanto (s)finito, il diritto mondo di una socialità viva e di speranze nascoste. Nostalgia e rimpianto, fervore e sapore di un chiuso circondario che annoverava in se sogno e fantasia, clamore e incanto. La musica e la sua voce, le parole e le sue note: un’America misurata dalla crisi e spudorata nella bellezza. Un ricordo di quello che non siamo stati. Un Woody Allen che non cita e non si confonde ma fa (noi per lui) addormentarci nelle immagini scolorate dalla memoria (di chi non ha visto ma ha solo sentito).
Gli annoveri sono molti e lo score artistico è di gran livello. Il cast è di classe: da Jeff Daniels a Danny Aiello, da Mia Farrow a Diane Keaton con la voce di Allen fuori campo (e il marchio inconfondibile del timbro di Oreste Lionello per il doppiaggio del film).
You' d Be So Nice to Come Home to’   (Saresti così bello tornare a casa a. Saresti così gentile da fuoco)
Cole Porter
  
3)  Good Morning, Vietnam (id.,1987) di Barry Levinson.
Barry Levinson dipinge il Vietnam in modo non certo convenzionale; la radio e I suoi bollettini di guerra, I dispacci e le notizie di sangue sono archiviati per una metamorfosi di un destino già segnato e l’aviere Adrian Cronauer trasforma la sua verve (fuori categoria) in un collegamento diretto dalla radio che diventa musica rock, scherzi, gioiosità irriverenti e sollazzi fuori bandiera. E il triste mondo attorno fa da comparsa spaurita verso un sogno di vuoto e di pieno di cose fantasiose. La radio metafora di pace e di bellezza, di strazio assopito e di passi nella battigia. Un’onda fa scomparire tutto ma il retrò rimane lì fermo tra le schiuma adombrate di un mattino in Vietnam.
Clamori e silenzi dietro un microfono per salutare un nuovo giorno. E’ il giorno delle bombe silenziose e della musica che sradica la guerra. Un Robin Williams a tutto tondo che (forse) aspettava un personaggio dietro lo schermo di uno studio.
I Got You (I Feel Good)’. Mi sento (proprio) bene. (James Brown).
 
4) I cento passi (2000) di Marco Tullio Giordana.
Se una radio racconta il cinema, se una radio fa sentire il cinema, se una radio sposa il cinema, una radio schiaccia il potere di chi il potere ne ha per prendersi vanto, onore, vita e leggi-contro. La mafia di struttura e di archivio non è mai andata in pensione e in questa pellicola si racconta uno dei tanti morti ammazzati, uno dei tanti tristi mondi salutati, uno dei tanti fatti di sangue, uno dei tanti microcosmi finiti, uno dei tanti dimenticati, uno dei tanti atti criminosi. Uno dei tanti. Senza un stile di comando ci sono persone che con basso profilo, compostezza e idee dentro che hanno voluto (e vogliono ancora) combattere senza stancarsi e pagando tutto a caro prezzo. Il più alto, la propria vita. Un film esemplare e minimo, giusto e contato. I passi di una (micro)storia sono i passi di una vita nascosta che si apre a tutti. Peppino Impastato (nell’interpretazione di Luigi Lo Cascio) entra nella denuncia con la politica rivolta a noi che guardiamo (oggi) sconsolati da seguiti mai domati. Cinisi diventa l’emblema di tante piazze svuotate e quel nove maggio millenovecentosettantotto si spreme nel mondo delle armi con Via Caetani e il volto spento e girato di Aldo Moro. Due morti distanti. Due silenzi che risuonano forte, Le armi sono ancora lì vicino a corpi mai sotterrati. Peppino in un giorno davanti a casa. Un passo nella storia, cento passi nei cuori dolenti. Strano amore verso persone che qualcuno non ha mai conosciuto. E ‘Radio Aut’ (novantotto.ottocento.mega.hertz) è sinonimo di non sentirsi escluso da nulla. Sopravvive per Peppino ma per poco. La vita è fuori da ogni logica per chi crede di averla percorsa. E’ un amore stranissimo.
Stranizza d'amuri (Franco Battiato, 1979).
 
5)  I guerrieri della notte (The Warriors, 1979) di Walter Hill.
Una New York che si racconta di notte attraverso bande, inseguimenti, sospetti, morti e un colore musicale al ritmo di passi e di posti, di facce e di oscurità, di accordi e di illegalità, di corpi e di luci soffuse. Una città
opaca e vivace che in un notturno di grande intensità emotiva il susseguirsi delle vicende viene scandito dalla voce (e dalle sole labbra visibili) della dj Dolly (il ‘carrello’ continuo del film e dei ragazzi in città) trasmessa dal microfono di una radio (o meglio la radio della città). Quello che scorre e quello che vedi passa attraverso le linee (inconfondibili) di musica a trentatre giri: il vinile come fuoriuscita della diaspora (in)congruente della città e dei suoi ‘warriors’ . Tutto in escalation, tutto in surplus, tutto in ecstasy, tutto in fiorire scandito di rumori, passi e note musicali. Nella città è la notte a farla da padrone mentre la metropolitana sta attendo nell’alba di un giorno (s)finito. Le luci si abbassano e lo schermo si oscura. I guerrieri fuggono per sempre (e per l’ultima volta).
Ritorno a Coney Island difficile, molto difficile se trovi davanti i Baseball Furies, i Boppers, gli Hi-Hats, i Turnbulls AC’s, le Lizzies. Il motto è sempre lo stesso: ‘Se lotti, nonostante le difficoltà e le avversità, riesci. Se non lotti, perisci’. Le labbra di ‘Dolly’ sono sempre davanti per seguire ogni frammento. Il fotogramma di una notte.
In the city.
Somewhere out there on that horizon 
Out beyond the neon lights 
I know there must be somethin' better 
But there's nowhere else in sight 
It's survival in the city 
When you live from day to day 
City streets don't have much pity 
When you're down, that's where you'll stay 
In the city, oh, oh. 
In the city 
I was born here in the city 
With my back against the wall 
Nothing grows, and life ain't very pretty 
No one's there to catch you when you fall 
Somewhere out on that horizon 
Faraway from the neon sky 
I know there must be somethin' better 
And I can't stay another night 
In the city, oh, oh. 
In the city
(Eagles, 1979)
 
6) I love radio rock (The boat that rocked, 2009) di Richard Curtis.
Un film-documento lungo tutto la sua musica e la sua storia dentro noi. Ogni afflato, ogni ritmo, ogni passaggio e ogni virtuosismo di una radio ridesta speranza e mito, sogno e destino di un Paese e di un ritmo incalzante. Quando il ritmo delle note dava gioia e pensiero, virtù e movimento, densità e leggerezza. E la mobilitazione culturale e sociale sradicano ogni logica di morte alla musica libera e incondizionata. Una radio pirata (in mare aperto) pilota (1966) un popolo ad un destino di ‘senza-confini’. Il fuori-legge di un ministro diventa emblema di un ‘mare-nostrum’. E il pop-rock sfascia ogni muro-rigido-pre-costituito. Il ‘muro’ si rompe da solo con le onde-radio di una musica devastante. Ecco il solco di una colonna sonora di vero schianto.
Stay With Me Baby - Duffy; All Day And All Of The Night - The Kinks; Elenore - The Turtles; Judy In Disguise (With Glasses) - John Fred & His Playboy Band; Dancing In The Street - Martha Reeves And The Vandellas; Wouldn't It Be Nice - The Beach Boys; Ooo Baby Baby - Smokey Robinson; This Guy's In Love With You - Herb Alpert & The Tijuana Brass; Crimson And Clover - Tommy James & The Shondells; Hi Ho Silver Lining - Jeff Beck; I Can See For Miles - The Who; With A Girl Like You - The Troggs; The Letter - The Box Tops; I'm Alive - The Hollies; Yesterday Man - Chris Andrews;  I've Been A Bad Bad Boy - Paul Jones; Silence Is Golden - The Tremeloes; The End Of The World - Skeeter Davis.
Friday On My Mind - The Easybeats; My Generation - The Who; I Feel Free - Cream; The Wind Cries Mary - Jimi Hendrix; A Whiter Shade Of Pale - Procol Harum; These Arms Of Mine - Otis Redding; Cleo's Mood - Jr. Walker & The All Stars; The Happening - The Supremes; She'd Rather Be With Me - The Turtles;  98.6 - The Bystanders; Sunny Afternoon - The Kinks; Father And Son - Cat Stevens; Nights In White Satin - Moody Blues; You Don't Have To Say You Love Me - Dusty Springfield;  Stay With Me (Baby) - Lorraine Ellison; Hang On Sloopy - The McCoys; This Old Heart Of Mine (Is Weak For You) -The Isley Brothers; Let's Dance - David Bowie.
Tra gli interpreti il 'conte' Philip Seymour Hoffman, sir Kenneth Brangh e Emma Thompson.

 
     
         7)  The Agronomist (id., 2003) di Jonathan Demme.
Un film-documento pieno di passione e di ideali.
E’ la storia di Jean Léopold Dominique (1930-2000), giornalista e agronomo, che acquista una radio e diventa voce del popolo di Haiti. Per la sua terra fa tutto e si scontra con tutto. La dittatura di Francois Duvalier (‘Papa Doc’) con le sue ingiustizie trovano terreno fertile nella parole forti di una radio che vuole rompere ad ogni costo quello che il potere politico vuole con forza facendo soggiacere a se il popolo haitiano (immerso nella povertà e nel terrore continuo).
Radio Haiti (dal 1968) diventa la base delle idee dell’agronomo che non si spaventa davanti a nulla (nonostante un doppio esilio continuerà la sua lotta).  Il documento di Demme riesce a ricostruire con vivacità storica il resoconto di un uomo con interviste e immagini dal vero. Gesti, parole e musica danno il largo a un popolo e a ideali da (ri)svegliare. Un dramma dietro la voce-reale di Jean, innamorato di quello che pensa.
Colonna sonora doc dell’haitiano Nelust Wyclef Jean.
 








Playlist film

Good Morning, Vietnam

  • Commedia
  • USA
  • durata 122'

Titolo originale Good Morning, Vietnam

Regia di Barry Levinson

Con Robin Williams, Tung Thanh Tran, Chintara Sukapatana, Forest Whitaker

Good Morning, Vietnam

In streaming su Disney Plus

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I cento passi

  • Drammatico
  • Italia
  • durata 114'

Regia di Marco Tullio Giordana

Con Luigi Lo Cascio, Tony Sperandeo, Ninni Bruschetta, Claudio Gioè

I cento passi

In streaming su Rai Play

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