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Un ricordo di Carlo Mazzacurati
di degoffro ultimo aggiornamento
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Un ricordo di Carlo Mazzacurati

Ci ha lasciato, a soli 57 anni, dopo una lunga malattia, il regista Carlo Mazzacurati. Nato a Padova nel 1956, dopo gli studi al DAMS di Bologna negli anni settanta, debutta alla regia, grazie alla produzione di Nanni Moretti e Angelo Barbagallo con lo splendido “Notte italiana”. Con uno stile che diventerà poi il suo tratto distintivo, pacato, asciutto, intelligente, mai gridato, lucido e profondamente umano, Carlo ritrae la società italiana maneggiona, traffichina, arrogante e cialtrona degli ambiziosi ed opportunisti anni 80, triste specchio purtroppo, dell'Italia di oggi. E’ il primo dei suo illuminanti ritratti del nord-est, area geografica in cui è nato e che non smetterà di raccontare nel corso della sua carriera. Dopo il successo critico dell’esordio per cui vince il Nastro d’argento, Mazzacurati gira due anni dopo “Il prete bello” dall’omonimo romanzo di Goffredo Parise. Di certo inferiore al suo primo film, trova un’accoglienza contrastante nella critica, ma conferma la sensibilità del regista nel creare avvolgenti atmosfere malinconiche con tocchi di intensa poesia. E’ del 1992 “Un’altra vita” con cui Mazzacurati inizia a studiare la dolorosa condizione di molti giovani immigrati in Italia (altro tema ricorrente nella sua preziosa filmografia), regalando a Silvio Orlando un ruolo molto intenso e a Claudio Amendola una partecipazione di spessore, premiata con il David di Donatello. Con “Il toro”, arricchito dalle delicate musiche di Ivano Fossati, con momenti di struggente realismo, sfrutta il carisma di Diego Abatantuono per ottenere il primo significativo riscontro di pubblico e due importanti riconoscimenti a Venezia (Leone d’argento e Coppa Volpi come migliore attore a Roberto Citran). Dopo “Vesna va veloce” e il piccolo e sconosciuto “L’estate di Davide” (assolutamente da recuperare per i fan del regista), arriva uno dei suoi risultati più compiuti “La lingua del santo”, ritratto tra l’amaro e lo scanzonato di due poveracci di provincia che si improvvisano ladri per riscattare una vita fino a quel momento ben al di sotto delle loro ambizioni. Complici un Fabrizio Bentivoglio e un Antonio Albanese in stato di grazia, Mazzacurati colpisce ancora una volta nel segno, con un “film di grande intensità, dove si ride anche ma, soprattutto, si è catturati da quel senso di malinconia e solitudine che attraversa tutta la vicenda, sentimenti che attanagliano i due ladri maldestri verso cui non si può non focalizzare la nostra simpatia.”(giannisv66). Dopo questo film, purtroppo il regista sembra smarrirsi. “A cavallo della tigre”, dal classico di Luigi Comencini, nonostante un ancora grandioso Fabrizio Bentivoglio, si rivela una sintesi (im)perfetta del cinema dell'autore, in cui le due anime della sua opera, i due fils rouges che hanno attraversato da sempre i suoi titoli si (re)incontrano: da un lato un cinema di perdenti (il film può costituire quasi un dittico con il precedente “La lingua del santo”), dall’altro un cinema di frontiera. Un’opera però indecisa e sospesa tra realismo e poesia, crudezza e lirismo, fiaba ed avventura, dove ilarità e sentimento, dramma e commedia non si amalgamano con la naturalezza e l'immediatezza proprie delle opere migliori. Il grosso flop del film spinge il regista verso lidi più sicuri e sfruttando uno Stefano Accorsi sulla cresta dell’onda firma il suo risultato peggiore, “Un amore ritrovato”, didascalica, superficiale, insipida, fiacca, insolitamente anonima e rinunciataria rivisitazione del romanzo di Carlo Cassola che pure sarebbe stato perfetto per le corde del regista. Tre anni dopo Carlo sembra ritrovare lo smalto dei tempi migliori e con “La giusta distanza” firma uno dei suoi lavori più riusciti, un giallo di provincia ben superiore al contemporaneo e fortunato “La ragazza del lago”. Purtroppo la discontinuità che caratterizza il regista negli anni 2000 trova conferma nel successivo “La passione”, commedia spuntata e ben poco significativa, alla ricerca di battute facili e di situazioni comiche usurate. Non va dimenticata infine la carriera parallela di documentarista con i suoi significativi ritratti di Mario Rigoni Stern, Andrea Zanzotto e Luigi Meneghello, ricordando anche che ha collaborato alla sceneggiatura del successo di Salvatores “Marrakech Express”. Dovrebbe uscire ad aprile, infine, il suo ultimo lavoro “La sedia della felicità”, già presentato all’ultimo Festival di Torino e per cui rimando all’opinione del nostro infaticabile alan smithee (//www.filmtv.it/film/61345/la-sedia-della-felicit/opinioni/738980/). Ci mancherà Carlo Mazzacurati, uomo pacato e generoso, autore coerente e intelligente, cantore attento e appassionato della provincia del nord-est italiano, ritratta sempre con affetto, complicità ed ironia, senza però nasconderne i tanti difetti. Mi piace, a questo proposito, ricordare una battuta del protagonista di “Notte italiana” che, commentando il suo arrivo nel Polesine, dice: "Lo sai che avevo paura di venire quaggiù? Pensavo di trovarci l'inferno, il freddo, l'umido e la palude...E infatti ci sono!" Ciao Carlo.

Playlist film

La sedia della felicità

  • Commedia
  • Italia
  • durata 94'

Regia di Carlo Mazzacurati

Con Valerio Mastandrea, Isabella Ragonese, Giuseppe Battiston, Antonio Albanese

La sedia della felicità

In streaming su Amazon Video

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