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7 titoli per la mia naturale regolarità!
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Paul Hackett

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7 titoli per la mia naturale regolarità!

Ve lo giuro, non ho mai amato gli stroncatori di professione, quelli che si divertono a dissacrare film importanti o anche capolavori riconosciuti per il solo gusto di attirare l'attenzione, mettersi in evidenza, far parlare, bene o male, di sé.

In cinque anni e passa di opinioni consegnate ai posteri (è sempre gratificante immaginare che sia così) grazie al sito di FilmTv, credo di essere sempre stato abbastanza equilibrato ed obiettivo, riuscendo a mantenere una passabile equidistanza critica, anche quando, alla visione di una pellicola particolarmente tediosa, la noia s'imbizzarrisce, l'epidermide si accappona e la mia gastrite si risveglia perplessa a chiedermi: "Ma si po' sape' che ti stai verenno? Ma chi t'o fa fa'? Po' ti lamienti che tieni o' reflusso e t'a pigli co'mme!" (ebbene si... la mia gastrite parla irpino).

A volte, tuttavia, la mia fondamentale natura di bravo ragazzo (si... 'na vota... ormai ai limiti del vecchio malmesso) cede il passo a quella del feroce iconoclasta e, per citare l'immarcescibile Andrea Roncato, "ci do che ci do che ci do!"

Per pura celia ho sfogliato le pagine delle mie opinioni e ho pescato qualcuna delle mie più omeriche stroncature per alcune pellicole che, tra tanti difetti, pure possono rivendicare il (dubbio, ne convengo) privilegio di favorire notevolmente la mia motilità intestinale. Qualche recensione è persino simpatica, altre faranno incazzare qualche fan del film massacrato...

... fate voi, io ve le consegno con tutta l'infinita letizia della mia mente candida...

Playlist film

Alexander

  • Storico
  • USA, Gran Bretagna, Germania, Olanda
  • durata 175'

Titolo originale Alexander

Regia di Oliver Stone

Con Colin Farrell, Anthony Hopkins, Angelina Jolie, Val Kilmer, Jared Leto, Rosario Dawson

Alexander

IN TV Sky Cinema Drama

canale 308 vedi tutti

"Insostenibile, noiosissimo, pretenzioso peplum diretto da un regista lontano anni (anzi... secoli) luce dai temi politici e sociali dei quali normalmente si occupa. Il film di Oliver Stone è un vero disastro da qualsiasi parte si guardi: lunghissimo (e nonostante ciò estremamente superficiale e pieno di buchi narrativi), ridondante, bolso, retorico, raffazzonato nelle scenografie, deludente nelle battaglie (appena due) rappresentate, appesantito da una colonna sonora pomposa ed invadente, con personaggi appena abbozzati (se non addirittura tagliati con l'accetta) e diversi passaggi ben al di là della soglia del ridicolo (più o meno involontario). Tra i momenti più esilaranti sono senz'altro da segnalare i papiri puntualmente vergati in ottimo inglese ed alfabeto latino (imperdibile la cartina dell'Asia consultata dai macedoni con, in bella evidenza, la scritta "Caspian Sea") e l'indimenticabile veduta di Babilonia by night, illuminata a giorno manco fosse Las Vegas e con all'orizzonte i lampi di un temporale incombente (fenomeno atmosferico notoriamente frequente in un'area corrispondente all'attuale Iraq). Anche gli attori meritano un po' di contumelie. Colin Farrell è assolutamente inadatto al ruolo, semplicemente inguardabile con un parruccone di lunghi capelli biondi e perennemente sopra le righe a descrivere una caricatura invasata ed isterica di Alessandro il Grande, tormentata da un risibile complesso edipico e quasi sempre incapace di descrivere l'irrisolvibile tensione tra un'esistenza troppo breve e la febbrile esigenza di spingere il confine delle proprie conquiste (e delle propie esperienze) ancora qualche chilometro più avanti. Se possibile ancora peggio di Farrell riesce a fare Angelina Jolie (che, come al solito, si lascia rubare la scena dai suoi labbroni), nella caratterizzazione del tutto forzata ed aribitraria di Olimpiade, madre virago ed ambiziosa di Alessandro. Pollice verso anche per Filippo, il padre di Alessandro, rude e concreto soldato nella realtà storica e ridotto da Val Kilmer ad una sorta di patetica macchietta. Nel disastro collettivo dispiace veder coinvolta anche la brava (e bella) Rosario Dawson: la sua principessa Rossane, ferina ed animalesca, è l'ennesima barzelletta di un cast letteralmente allo sbando, nel quale mi sento di salvare, forse, solo l'interpretazione misurata ed a tratti persino intensa di Jared Leto. Poi c'è lui, il vero sconfitto di questo distastroso naufragio chiamato "Alexander": Oliver Stone, decisamente alla peggior direzione della sua, a tratti eccellente, carriera. Il regista davvero non riesce a dare forma ad un micidiale blob nel quale nulla è davvero a fuoco e tutto è indistinto e confusionario: manie di grandezza, omosessualità (più o meno) latente e descritta con un misto di senso di peccato e pruderie del tutto privi di significato, dal momento che a quei tempi la morale sessuale era completamente differente dalla nostra, risibili complessi edipici, paralleli politici forzati e un po' ambigui... un calderone con tanti, troppi sapori mescolati in maniera incongrua. Anche visivamente Stone annoia e delude, con l'unico interessante guizzo del viraggio in rosso delle scene finali della battaglia contro gli elefanti, ma sono dettagli, particolari che proprio non riescono a risollevare le sorti di un'opera senza capo né coda. Tre ore di profondissima noia: voto pessimo."

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Il curioso caso di Benjamin Button

  • Drammatico
  • USA
  • durata 159'

Titolo originale The Curious Case of Benjamin Button

Regia di David Fincher

Con Brad Pitt, Cate Blanchett, Tilda Swinton, Elle Fanning, Julia Ormond, Elias Koteas

Il curioso caso di Benjamin Button

In streaming su Amazon Video

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"Ve lo giuro, solitamente sono uno che si applica molto per scrivere queste mie modestissime recensioni: ci rifletto, analizzo, sviscero e, anche quando un film me li frange in maniera devastante, insisto nella visione fino al sospirato "The End" pur di avere tutti gli elementi per un giudizio ponderato. Stavolta non ce l'ho proprio fatta: la faticosissima visione della prima parte de "Il curioso caso di Benjamin Button" mi ha sminuzzato gli zebedei in maniera talmente sistematica e irrimediabile da costringermi a gettare la spugna e a cambiare canale. Il mio giudizio, per una volta, si limiterà a quanto sono riuscito a vedere e che, francamente, ho trovato a dir poco deplorevole: recitazione pessima, effetti speciali assolutamente inadeguati, tempi dilatatissimi, noia che regna sovrana... un vero disastro. La vecchia (povera Kate Blanchett, sembrava il mostro de "La casa" di Sam Raimi) che biascica in maniera del tutto incomprensibile sul letto di morte le sue memorie e Brad Pitt truccato da Gollum temo ritorneranno sovente nei miei incubi ad angustiare il mio sonno. Cosa diavolo abbia spinto un regista come David Fincher a realizzare questo estenuante melodrammone tratto da un'oscura novella di Francis Scott Fitzgerald sono del tutto inspiegabili, così come abbastanza incomprensibile è il significato della bizzarra vita a ritroso di Benjamin Button: qualcuno ha parlato di una allegoria, per quanto mi riguarda l'unica metafora che sono riuscito a cogliere è quella dell'agonia della vecchia... che in maniere palese rappresenta l'agonia del malcapitato spettatore di fronte a questa allucinante boiata: voto pessimo."

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Ingannevole è il cuore più di ogni cosa

  • Drammatico
  • USA, Gran Bretagna, Francia, Giappone
  • durata 97'

Titolo originale The Heart Is Deceitful Above All Things

Regia di Asia Argento

Con Asia Argento, Jimmy Bennett, Dylan Sprouse, Cole Sprous, Peter Fonda, Ornella Muti

Ingannevole è il cuore più di ogni cosa

In streaming su Amazon Video

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"Da buon topo di libreria, ricordo ancora l'enorme scalpore suscitato da "Sarah" e "Ingannevole...", i primi due lavori di J.T. Leroy, ambiguo scrittore androgino che affermava di aver riversato nella propria scrittura i devastanti traumi autobiografici di un'infanzia violata e abusata, tra droghe, violenza e pedofilia. Tutte balle, ovviamente, come fu rivelato qualche anno dopo dalla vera autrice dei romanzi, la musicista fallita Laura Albert che aveva architettato una beffa ben congegnata nella quale erano cascati in tanti, critici, giornalisti o semplici lettori. Non il sottoscritto che, senza falsa modestia, aveva sentito fin da subito un'enorme puzza di bruciato attorno al gigantesco hype creatosi per un personaggio palesemente costruito a tavolino e che s'intuiva facilmente fosse solo il frutto di un'abile macchinazione. Ricordo perfettamente, prima che la beffa si svelasse, come l'amicizia con il sedicente Leroy fosse diventata un must irrinunciabile per attori, registi, cantanti e personaggi più o meno rilevanti dell'intellighenzia letteraria dell'epoca. L'efebico scrittore era diventato l'indispensabile maitre a penser (si scrive così? Boh) dell'epoca, cucinato in tutte le salse, dalle interviste a manetta sulle riviste più trendy alle collaborazioni con questo o quel musicista/attore/pincopallino. Ricordo, con un certo fastidio, qualche sua intervista: sempre scaltro nelle risposte, sempre allusivo, sempre abile a titillare la pruderie del lettore sulla sua ambiguità sessuale, sempre cinico nello sfruttare il senso di colpa collettivo rispetto alle violenze e agli abusi della sua sedicente infanzia violata. Non c'è che dire: una bella furbacchiona questa Laura Albert. Peccato che il giochetto è durato poco e, una volta sgamato, la firma J.T. Leroy da gallina dalle uova d'oro si è trasformata in un vero e proprio marchio d'infamia: i suoi libri sono stati immediatamente oggetto di una sorta di damnatio memoriae e tutti i tanti fans celebri che avevano fatto a cazzotti per una foto con l'enfant prodige della letteratura contemporanea hanno fatto a gara per scendere a rotta di collo dal carro del vincitore ormai sconfitto. Tra costoro che si sono affrettati a prendere le distanze dalla "truffa Leroy", c'è anche Asia Argento che, dopo avercela menata per anni con la sua trasgressiva "amicizia particolare" con il sedicente scrittore, con l'imperdibile chicca di una sua presunta gravidanza diffusa ai giornali con l'evidente scopo di creare un gran battage pubblicitario attorno alla sua riduzione cinematografica di "Ingannevole...", ha pensato bene di rifarsi una verginità, raccontando in qualche intervista di essere stata anch'essa ingannata e manipolata (poverina!) dalla perfida Albert. Molto rumore per nulla, comunque: il film diretto da Asia Argento e tratto dal secondo romanzo di Leroy/Albert è davvero poca cosa. Maledettismo di facciata, robetta fintamente sporca, fintamente perversa, fintamente disturbante, costruita a tavolino (proprio come il romanzo dal quale è tratta) con il fastidiosissimo intento di essere un'opera di culto e fallendo miseramente in quello che dovrebbe essere lo scopo minimo e indispensabile di qualsiasi film che si rispetti: raccontare una storia e farlo con attori minimamente capaci di comunicare emozioni. "Ingannevole..." è una raccolta raffazzonata di episodi che vorrebbero essere truci, disturbanti e ricattatori (troppo facile e furbo mettere in scena il dolore di un bambino per sbigottire e sconvolgere) ma che riescono solo ad essere involontariamente grotteschi e ridicoli. Recitato da cani (la prova della protagonista non la voglio nemmeno commentare), pessimamente diretto (sembra un filmatino amatoriale... e non venitemi a raccontare che la cosa è voluta per ricreare un'estetica "sporca": qua il problema mi sembra proprio una totale mancanza di stile e visione personale), "Ingannevole è il cuore più di ogni cosa" è una delle peggiori pellicole che abbia visto in tutta la mia vita... una schifezza senza precedenti il cui unico elemento positivo e l'aver definitivamente (si spera) affossato la carriera della regista che, dal 2004 ad oggi, non ha più diretto alcun lungometraggio. Non so a voi, ma a me non manca affatto... orribile è il film più di ogni cosa... voto pessimo."

Rilevanza: 1. Per te? No

Immaturi

  • Commedia
  • Italia
  • durata 108'

Regia di Paolo Genovese

Con Raoul Bova, Barbora Bobulova, Luisa Ranieri, Giovanna Ralli, Giulia Michelini

Immaturi

IN TV Sky Cinema Comedy

canale 309 vedi tutti

"Per favore non nominate invano "Il Grande Freddo" e lasciate stare anche "Compagni di scuola": con i due film citati "Immaturi" ha in comune solo l'impianto corale, per il resto i tormentati bilanci esistenziali di Lawrence Kasdan e l'umorismo nero e il disilluso cinismo di Carlo Verdone sono lontani anni luce. La pellicola di Paolo Genovese è semplicemente penosa da qualsiasi punto di vista: una insostenibile rassegna di banalità e luoghi comuni che lascia attoniti per la totale mancanza di guizzi, di spunti di riflessione o almeno di un qualsiasi motivo d'interesse. Genovese avrebbe potuto dirigere il classico film sul "come eravamo", sfruttare il "filone nostalgia" nel solco di operine garbatamente populiste come "Notte prima degli esami", oppure raccontare le amarezze e le disillusioni di una generazione incasinata, magari premendo sul pedale dell'ironia pungente: sarebbe venuto fuori un filmetto facile e un po' ruffiano, ma gli spunti sarebbero stati innumerevoli. Invece ha scelto la strada più piatta e furbetta: raccontare una storiella patinata, buonista e drammaticamente inconsistente, per di più fastidiosamente ambientata nel salotto buono di quarantenni benestanti, viziati e privi di qualsiasi problema reale. Ma poi chi sono i protagonisti di questo racconto corale? Ecco la rassegna di personaggi macchietta che vorrebbero essere emblematici ma che finiscono per essere risucchiati dal buco nero della loro totale inconsistenza: Ambra Angiolini è una cuoca sesso-dipendente in terapia e indecisa se cedere alle profferte amorose di un giovane collega (certo... son problemi), Barbora Bobulova è una mammina separata in carriera che cerca disperatamente di trovare lo slogan giusto per alzare le vendite di una zuppa surgelata e, nel frattempo, cercare di conquistare la vecchia fiamma del liceo (tutto molto bello), Raul Bova un antipatico psichiatra in crisi alla notizia di dover diventare padre (estremamente originale), Luca Bizzarri un eterno Peter Pan (poteva mai mancare?), Paolo Kessisoglu un arrapato cronico (l'ennesimo cliché). L'unico personaggio che, soprattutto grazie ai duetti con il bravo Maurizio Mattioli, riesce a strappare qualche risata è il bamboccione interpretato da Ricky Memphis. Ma i guai del film non si limitano alla banalità dei personaggi interpretati: la sceneggiatura è completamente assente, lo spunto inziale dell'esame di maturità da dover sostenere ex novo è soltanto un mero espediente per permettere ai protagonisti di interagire e gigioneggiare per un'ora e mezza senza un reale perché (da brividi la sequenza della coreografia sulle note di "Atlas Ufo Robot": una delle scene più penose alle quali mi sia capitato di assistere da un bel po' di tempo a questa parte). Altro particolare abbastanza imbarazzante è la presenza, fitta e continua, di marchi e aziende in bella evidenza, come non si vedeva dai tempi delle commedie all'italiana degli anni '70, con le loro bibite Pejo, i Fernet e i Punt e Mes che spuntavano da ogni inquadratura. Piatta e televisiva la regia di Paolo Genovese che, dopo il gran successo del film di Aldo, Giovanni e Giacomo, si propone come nome nuovo del cinema leggero italiano (figuriamoci come siamo messi). In realtà in giro c'è una generazione di (più o meno) giovani registi (Genovese, Miniero, Brizzi, Nunziante, ma anche lo stesso Veronesi con i suoi agghiaccianti manuali d'amore) che ha trovato la formula giusta per fare breccia nel cuore (e nel portafogli) del pubblico: raccontare storielle semplici e rassicuranti, dirette discendenti delle fiction televisive con le quali negli ultimi anni si è massificato il gusto degli spettatori, evitando accuratamente le volgarità e fuggendo come la peste qualsiasi intellettualismo o tentativo di introspezione. Il risultato sono filmetti come "Immaturi", che riempiono le sale di gente che si diverte ed esce dal cinema inspiegabilmente soddisfatta. Che posso dire: può darsi che sia io a non aver capito nulla, ma la mia idea di cinema, grazie al cielo, è lontanissima da questa robetta... se non si è capito il mio voto è pessimo."

Rilevanza: 2. Per te? No

Sposerò Simon Le Bon

  • Commedia
  • Italia
  • durata 97'

Regia di Carlo Cotti

Con Barbara Blanc, Federica Izzo, Luca Lionello

Sposerò Simon Le Bon

"Piccola (mica tanto) ma doverosa premessa autobiografica: sono nato nel 1970 e all'epoca dell'uscita di questo aberrante teen movie tratto da un romanzo della sedicenne Clizia Gurrado ero nel pieno della mia (peraltro tormentatissima) adolescenza. Ricordo che ero quanto di più lontano si potesse immaginare rispetto allo stereotipo del ragazzo alla moda: avevo i capelli lunghi e incolti invece che a spazzola e abbondantemente spalmati di gel come da copione, avevo da poco scoperto il rock e guardavo con disprezzo malcelato il pop commerciale che andava per la maggiore, vestivo in maniera quantomeno personale (e parecchio improbabile), leggevo "Il Mucchio Selvaggio" invece del terribile "Tutto musica e spettacolo", detestavo (ampiamente ricambiato) i miei coetanei che andavano in giro rigorosamente in Timberland e Moncler e l'unica "compilation di paninazzi" che ero solito "spararmi" erano le rosette con la mortadella che mi preparava mia madre. Rispetto ai canoni dell'epoca, in buona sostanza, ero uno sfigato e, chissà, probabilmente lo sono ancora, ma la cosa, ora come allora, mi riempie d'orgoglio. Odiavo letteralmente quel decennio vacuo e superficiale che stavamo vivendo, guardavo agli anni '60 e agli anni '70 come modello di vita e di comportamenti, non vedevo l'ora che finisse quell'orgia edonista e quando le inquietudini del grunge giunsero a spazzare via piumini, scarponcini, cinturoni, felpe e panini, abbracciai con entusiasmo la rivoluzione. Con gli anni ho progressivamente rivisto molte delle mie convinzioni sugli anni '80 e mi sono reso conto che, almeno musicalmente, avevano moltissimo da offrire: aggiungeteci anche l'inevitabile effetto nostalgia per il quale gli anni della propria adolescenza sono sempre i più belli a prescindere ed ecco che anche io, ribelle a quei tempi, ho cominciato a vagheggiare un'età dell'oro (che, peraltro, io non ho mai vissuto). La realtà è che i "mitici" anni '80 ci sono stati, ma in Inghilterra, con il post-punk, il goth, l'indie-pop, lo shoegaze e, in fondo perché no, anche il tanto vituperato (ma non privo di elementi interessanti) new romantic... in Italia degli anni '80 ci siamo beccati il peggio, le manifestazioni più vuote e deteriori che, a ben vedere, hanno gettato i semi per la deprimente deriva culturale e politica che, apparentemente nascosta durante gli anni '90, è riaffiorata come un fiume carsico in questo frammento di millennio... con i risultati che possiamo apprezzare oggi, leggendo le prime pagine dei giornali. Perché gli anni '80 italiani, quegli anni DI MERDA, diciamolo a lettere cubitali, non sono mai finiti, sono rimasti lì e probabilmente non ce ne libereremo mai, perché hanno profondamente mutato il dna di una nazione, trasformando i cittadini in consumatori e i giovani in idioti. Una testimonianza interessante, ma soprattutto agghiacciante, dei peggiori anni '80 italiani è senz'altro questo "Sposerò Simon Le Bon" che, all'epoca, ebbe un discreto successo e che evitai accuratamente di vedere perché in pratica rappresentava tutto ciò che odiavo. Ebbene: questo filmetto l'ho visto solo stanotte, complice l'insonnia, ben 25 anni dopo la sua uscita, per la curiosità di capire dopo tanto tempo cosa mi fossi perso all'epoca e anche, lo confesso, per quel pizzico di triste nostalgia senile alla quale prima facevo riferimento. Ed ecco che, magicamente, ho rivissuto quei giorni della mia adolescenza e, con essi, tutto il disprezzo che provavo per i figli di papà, vuoti e profondamente superficiali ed ignoranti che all'epoca sembrava fossero l'unico modo socialmente accettabile di essere adolescenti. Inutile elencare i difetti di un penoso ed irritante teen-movie, sorta di "Tempo delle Mele" de' noantri, girato in maniera pedestre con l'evidente limite di un budget risicatissimo (esilarante il dettaglio che, nonostante si parli di Duran Duran per un'ora e mezza, nella "colonna sonora", tutta composta da inascoltabili musichette apocrife, non c'è nemmeno una canzone del gruppo di Birmingham), recitato da cani da una combriccola di giovanissimi "attori" che, coerentemente con il "talento" palesato, non avrà mai un briciolo di successo (a parte ovviamente Gianmarco Tognazzi) e che utilizza il fanatismo di un gruppo di sgallettate per i Duran Duran per raccontare la rassicurante morale che, in fondo, le piccole follie fanno parte della gioventù, ma tanto poi si cresce e si matura... con l'unico dettaglio, che personalmente mi fa venire i brividi, che i giovani decerebrati raccontati nel film, una volta cresciuti, sono diventati la classe dirigente attuale... ed ecco che si spiegano tante cose del deprimente oggi che stiamo vivendo... voto pessimo."

Rilevanza: 1. Per te? No

World Invasion

  • Azione
  • USA
  • durata 112'

Titolo originale Battle: Los Angeles

Regia di Jonathan Liebesman

Con Michelle Rodriguez, Cory Hardrict, Bridget Moynahan, Aaron Eckhart, Lucas Till

World Invasion

In streaming su Now TV

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"Il pianeta Terra è sotto attacco (per l'ennesima volta, mi viene da dire sospirando) e un manipolo di marines alla ricerca di sfollati per le strade di Los Angeles dovrà scontrarsi con i pericolosi alieni che, in barba a qualsiasi trattato di arte militare o anche solo ad un minimo indispensabile di logica e buon senso, decidono di iniziare un'invasione su scala mondiale combattendo casa per casa in una megalopoli come la Città degli Angeli (buon divertimento... ci vorrà un bel po'). Alla guida del gruppetto di eroi (e considerate che sono sarcastico) si pone il sergente Nantz, veterano alle soglie della pensione che, prima di guadagnare la fiducia dei propri uomini, dovrà innanzitutto affrontare i propri personali demoni incontrati nell'inferno dell'Iraq. Leviamoci subito il dente e facciamola breve: "World Invasion" è uno dei peggiori film che mi sia capitato di vedere negli ultimi anni, tonnellate di tronfia ed insopportabile retorica militarista e machista ben oltre la soglia del ridicolo involontario riversata senza ritegno su una esilissima tramina fantabellica e su penosi effetti speciali che sfigurerebbero di fronte a qualsiasi videogioco di guerra. Imbarazzante anche l'espediente di mostrare solo assai di rado il nemico (sempre da lontano, in mezzo al fumo o alle macerie) e pretendendo di coinvolgere lo spettatore nel centro dell'azione (si fa per dire) con inquadrature nevrotiche ed adrenaliniche. La somma di tutti questi fattori da' vita ad un prodotto pessimo da tutti i punti di vista (il "Fanteria dello spazio" che cita spregiativamente anche FilmTv come termine di paragone è lontano anni luce e Paul Verhoeven è un regista controverso ma di grande personalità... altro che Liebesman). Infine, per farvi meglio apprezzare il livello di machismo sciovinista di "World Invasion", passo a citarvi un imperdibile dialogo del film, quando la sergente Elena Santos, reduce da un incontro estremamente ravvicinato con un alieno, esclama: "Maledizione, mi è arrivato direttamente in bocca" e un suo commilitone esclama ilare "E gliel'hai fatto fare già al primo appuntamento?" Ah... le matte risate... siamo ai livelli delle barzellette del nostro beneamato ex-premier... voto pessimo."

Rilevanza: 1. Per te? No

Bastardi senza gloria

  • Guerra
  • USA, Germania
  • durata 153'

Titolo originale Inglourious Basterds

Regia di Quentin Tarantino

Con Brad Pitt, Eli Roth, Diane Kruger, Mike Myers, B.J. Novak, Samm Levine, Daniel Brühl

Bastardi senza gloria

In streaming su Netflix

vedi tutti

"Un gruppo di soldati ebrei americani, spietati tagliagole, opera nella Francia occupata dai tedeschi facendo strage di SS e soldataglia nazista. Quando la banda viene a sapere che, nonostante la guerra in corso, i vertici del Terzo Reich parteciperanno in massa alla prima di un film a Parigi (lo so che fa ridere, ma che volete che vi dica... la sceneggiatura non l'ho scritta io) per i "Bastardi" si affaccia la succosa possibilità di compiere un'azione che potrebbe addirittura far terminare la guerra. Cosa dire di una pellicola che tra gli utenti di FilmTv può annoverare più stelle della Via Lattea? Soltanto che NON sarò obiettivo: Quentin Tarantino non lo sopporto più. Non sopporto più i suoi interminabili leziosissimi dialoghi che una volta mi sembravano brillanti e che oggi mi sembrano solo di una noia mortale, non sopporto il suo strabordante citazionismo che una volta sembrava la cifra stilistica di un grande innovatore e che ora appare il più pesante limite di un regista che sembrerebbe essere solo un geniale (e chi lo nega?) assemblatore e rimasticatore di pietanze già cucinate da altri, non sopporto più i suoi vezzi cinefili (come l'utilizzare attrici somiglianti alle sue eroine di gioventù... per dirne una, Diane Kruger è semplicemente identica alla Barbara Bouchet di "Milano Calibro 9"), non sopporto più la sua ossessione per i piedi femminili (ma è possibile che in ogni film debba sempre trovare un modo per infilarci qualche inquadratura fetish?), non sopporto più la sua eterna aura da ragazzaccio goliardico che fa i miliardi sghignazzando e, soprattutto, non sopporto più lo sbrodolarsi estasiato e complimentoso degli stessi critici che hanno per decenni ricoperto di letame (nemmeno tanto metaforico) il cinema di genere che Tarantino cita in maniera ossessiva e persino mimetica. Ma, in fin dei conti, si può sapere cosa avrebbe di tanto straordinario questo "Inglorious Basterds"? Interminabile, verboso, prolisso, presuntuoso... un polpettone autoreferenziale, un giochino masturbatorio ed autocompiaciuto che recupera l'estetica ma non la sostanza dei film di serie Z. Già... perché in questo patinatissimo coacervo citazionistico che è "Bastardi senza gloria", drammaticamente, manca proprio l'azione, il sano divertimento che era l'unica ragion d'essere (e non era poco) dell'irripetibile stagione del cinema di genere, soprattutto italiano, degli anni '60-'70. Certo, non tutto è da buttare, anzi... la messinscena è sontuosa (a differenza dell'estetica "cheap" dei film che cita), il cast di buon livello (almeno nella parte tedesca... preferisco sorvolare sulla penosa caratterizzazione offerta da Brad Pitt e sul tentativo fallimentare di far recitare gente come Eli "Hostel" Roth), alcuni momenti (l'incendio nel cinema ad esempio) decisamente potenti e suggestivi: nell'insieme, lottando con le mie idiosincrasie, assegnerei a "Bastardi senza gloria" le classiche tre stelle di una sufficienza media, ma ho già detto che NON sarei stato obiettivo perché, non so se si è capito,Quentin Tarantino non lo sopporto proprio più... e allora, se stroncatura deve essere, che sia bella pesante... voto pessimo."

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No
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