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Della speranza (o il principio di Archimede)
di Elbeinhon ultimo aggiornamento
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Della speranza (o il principio di Archimede)

Capita di trovarti un bel giorno davanti a quella che ti sembra la creatura più dolce della terra, un angelo, che emani una luce talmente intensa da farti provare dolore agli occhi quando ti è vicina, la cui bellezza sia talmente struggente da farti piangere solo a guardarla, da avere su di te la stessa violenza di una lama affilata che ti venga scaraventata addosso con furia lacerandoti le carni, e da suscitare un timore e una reverenza tali da sentirti in dovere di abbassare lo sguardo ogni volta che ti passa davanti.
Capita di dover rinunciare a questa persona, non per una sua ma una tua decisione, nonostante le viscere urlino e si contorcano per la disperazione; le lanci di tanto in tanto sguardi furtivi a sua insaputa con aria incredula, di fronte alla prospettiva di non vederla forse mai più; finalmente arriva il momento in cui questa persona ti svanisce da sotto gli occhi e sguscia via, senza che tu possa fare nulla per fermarla, e che inizi a farsi sempre più lontana, sempre più lontana, finchè non capisci di averla perduta davvero, per sempre, definitivamente, senza speranza, e che i suoi occhi sono ormai rivolti irrimediabilmente altrove, attratti da qualcosa che neanche lontanamente possa ricondurli a te.
Ed ecco che quella che era diventata l'unica e sola ragione della tua vita, ti è venuta a mancare.
Ed è qui che inizia l'inferno.
Senti come un cancro allo stomaco che ti corrode pian piano le viscere, che ti svuota dentro e ti spreme, condannandoti a un dolore atroce e costante, assordante soffocante e penetrante, senza possibilità di guarigione. Ti viene voglia di conficcarti un coltello in mezzo al cuore ogni volta che ti vedi balenare davanti agli occhi uno scorcio del suo viso, il suo collo, la sua pelle, i suoi capelli, di piangere e prostrarti davanti a Dio implorandolo di porre fine al tormento. Una mera forza inerziale sembra governare le tue azioni, muovere le tue membra, il tuo corpo implora il ritorno alla quiete dell'inorganico. Hai voglia di perdere coscienza di te stesso. Prima inizi a rincoglionirti con gli psicofarmaci e i tranquillanti, poi passi all'autolesionismo, ad affondarti lame metalliche nella carne con tanta più violenza quanto più forte e straziante è il ricordo di lei. Poi inizi a desiderare di passare la notte in mezzo alla strada, fra i cassonetti dell'immondizia, addormentarti sul pavimento di qualche squallida latrina pubblica in mezzo al vomito e alla melma, magari con una siringa ipodermica penzolante dal braccio, passare le tue giornate dormendo in un cartone insieme ai barboni alla stazione, alzarti solo per fare incetta di superalcoolici, poi tornare fra i tuoi rifiuti per alzarti di nuovo e via così.
Ebbene, non bisogna tentare di opporsi alla disperazione, di reagire, bisogna lasciarsi trascinare in basso, accettarla, guardarla in faccia senza battere ciglio, osservarla mentre ti trascina giù con lei; gli amici non servono a niente in questi casi anzi peggiorano le cose, nemmeno gli psicoanalisti, forse gli psicofarmaci fanno qualcosa ma ovviamente non è sufficiente. Mi viene in mente il monologo di Petra von Kant mugolante con la faccia schiacciata contro il tappeto: "vorrei tanto morire, vorrei soltanto poter morire, per me non c'è più nulla per cui valga la pena di vivere...la morte...là tutto è calmo...e bello...e c'è una gran pace mamma, tutto è pace...si prendono delle pillole mamma, si mettono dentro un bicchiere d'acqua, si mandano giù, e si dorme...è così bello poter dormire mamma, è da così tanto tempo che non dormo...vorrei dormire a lungo mamma, un lungo lungo sonno...". Ebbene, bisogna seguire il proprio male esattamente fino a questo punto, assecondarlo finchè non ci si trovi davanti all'unica decisione possibile, fino a quando non ci si decida a mettersi davanti quel bicchiere, riempirlo e buttarci dentro quelle fottute pillole. Finalmente siete tu e il bicchiere l'uno davanti all'altro; lo fissi ipnotizzato con la mente vuota e gli occhi assenti per minuti e minuti, finchè non riesci finalmente ad afferrare una voce che ti ronza silenziosa in testa: cos'è che mi trattiene dal farlo? Perchè ho paura di compiere questo passo? Forse c'è qualcosa che ancora mi tiene legato alla vita? Forse non sono davvero totalmente disperato come credevo? Ed ecco che una nuova consapevolezza inizia a farsi strada; non importa cosa sia, senti solo che un varco si è aperto, e che da quel minuscolo foro, da quello spiraglio sta iniziando appena a tirare un po' di vento; non vuoi far altro che lasciarti solleticare il viso da quella brezza leggera, nell'attesa che quel minuscolo foro, quello spiraglio si allarghi sempre di più, e che una nuova luce inizi a filtrare pian piano, lasciando che le tue pupille si abituino gradualmente ad essa.
Ancora non voglio sapere nulla, non so cosa accadrà, voglio solo stare fermo qui, per un po'.
 

Dedicato ad O.C.

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Il cattivo tenente

  • Drammatico
  • USA
  • durata 93'

Titolo originale Bad Lieutenant

Regia di Abel Ferrara

Con Harvey Keitel, Frankie Thorn, Zoe Lund, Anthony Ruggiero

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