A parte la serie televisiva Rawhide, Clint Eastwood ha girato ben 10 film western. Tre con Sergio Leone, tre appena tornato in America e con registi diversi, tre diretti e interpretati da lui che formano una trilogia a parte sullo straniero quasi metafisico, ed un ultimo celeberrimo capolavoro che ha nome Unforgiven - Gli Spietati. Tralasciando i tre fatti con Leone, cercherò arduamente di collocare i restanti sette in questa classifica. Il mio metro di giudizio è personale, non tiene in considerazione il successo economico, la critica, l'impatto con l'immaginario e così via... ma soltanto le mie personalissime corde. PS: ci sarebbe anche La Ballata della città senza Nome, ma è un musical più che un western... e sia Lee Marvin che Eastwood tendono a dimenticarlo ;)
Amo i banditi, amo chi lotta contro il sistema che per definizione è corrotto e classista, se no non sarebbe un sistema. Il suo Josey Wales si muove nell'autunno del suo western personale e ci regala il miglior dialogo di convivenza tra popoli, chiaro, limpido, cristallino e antiretorico: il dialogo tra il bandito e il capo indiano Orso Bruno. Per non dire di quell'ultimo quasi-duello che suggella la fine di tutte le guerre. Modulazione narrativa tra le più celebri. Ironia e insubordinazione costanti. Un manifesto estetico ed ideologico.
Con Gene Hackman lurido e carognesco come suo solito (con buona pace di Gervasini che lo vuole uomo buono), il William Munny di Eastwood attraversa il deserto, l'inverno e la tempesta della sua coscienza per constatare che la violenza su cui si è fondato un paese non può cancellarsi. L'innocenza è perduta, e forse solo il Western può prevederne la rinascita.
E' l'inverno della frontiera. L'oro, il denaro, il potere ed il prestigio sono i suoi mali. Ma il film va oltre. Eastwood porta sulle nevi fredde di Carbon Canyon un uomo venuto dal passato e dall'inferno, e con una stilizzazione minimalista rispetto i suoi western precedenti, decide che i conti vanno affrontati e risolti con i propri fantasmi, mentre oro, denaro e potere restano sullo sfondo e non faranno mai parte dell'individuo etico di cui Eastwood è figura, mito e immagine popolare.
E' l'estate del Western. Caldo. Sole. Luce accecante. Deserto. Una vendetta, un cimitero, una serie di bizzarrie. Il più leoniano degli eastwoodiani è l'emersione dell'inferno, percepito, visto, odorato, concretato al di fuori (ne Il Cavaliere Pallido è interno invece). Magistrale esordio.
Classico, ma da rivalutare ad ogni visione. L'ambiguità della giustizia e di tutta le retorica che la compone pervade ogni scena del film, e Clint Eastwood che è sempre stato autore di se stesso fin da sempre, sa come muovere il suo personaggio-mito all'interno del film. Una scena su tutte: mentre il bravo popolo americano assiste religiosamente eccitato ed invasato alle impiccagioni, il pistolero Eastwood decide di beffarsi della condotta patriottica e di infilarsi in un bordello e godere della carne.
Con Clint Eastwood, Robert Duvall, John Saxon, Don Stroud, Stella Garcia, James Wainwright
Uno dei John Sturgess minori. Ma solo per il ritmo poco mordente, poco sostenuto, quasi svogliato. Per il resto, la causa messicana è adottata antiretoricamente dal Joe Kidd eastwoodiano, che senza proclami ma con la sua cronica insubordinazione conferma la libertà dell'individuo dalle ideologie.
Con Clint Eastwood, Shirley MacLaine, Manolo Fabregas, Alberto Morin, Armando Silvestre
Don Siegel. Già. Gran maestro di cinema, collabora nuovamente con il suo feticcio. Il film è tra i meno riusciti, ma sa graffiare con l'ironia e con la presenza impeccabile di uno dei due muli: Eastwood.
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