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Manolete: prima che arrivi la delusione
di fixer ultimo aggiornamento
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Manolete: prima che arrivi la delusione

Il prossimo maggio arriva in Italia "MANOLETE" un film di Menno Meyjes con Adrien Brody e Penélope Cruz. Manuel Rodríguez Sánchez, classe 1917, di Córdoba, patria di grandi toreri (Ay Cordobita la llana , que le das al mundo entero los toreros de más fama), è forse il più grande torero di sempre. Fisico asciutto, alto, carnagione pallida e sguardo sofferto come una figura dei quadri di EL GRECO, La sua carriera finisce a Linares, città andalusa, una domenica di fine agosto del 1947, 40 gradi all'ombra, l'arteria femorale troncata, una trasfusione sbagliata. Prima di morire, sussurra al medico parole di preoccupazione per la madre. Poi comincia a non sentire le gambe, poi non vede più niente, infine arriva la morte. Il toro che l'ha ucciso si chiama Islero e la sua testa ora, debitamente impagliata, pende da una parete del Museo Taurino di Siviglia. Era il quinto toro, un Miura di quasi mezza tonnellata, un bestione pauroso, un fascio di muscoli teso a colpire ed incornare qualsiasi cosa, animata o inanimata gli si pari davanti. Anche se ha per nome Manolete. Per un bel pò di tempo, gli spagnoli si sarebbero chiesti tra loro:"Dov'eri il giorno che morì Manolete?" così come gli americani chiedono "Dov'eri il giorno che ammazzarono JFK?" oppure noi, che ci chiediamo"Dov'eri il giorno che l'uomo sbarcò sulla luna?". Non è il caso qui di banalizzare questa chiacchierata cominciando a sparare strali sulla liceità o sulla opportunità della corrida. Adesso questo non mi interessa: se ne potrà parlare in altra sede (anche se è il caso di dire che grandi personaggi come Vargas Llosa, Savater ed altri hanno chiesto all'UNESCO di preservare questo rito come patrimonio dell'umanità). La mia preoccupazione, invece, è questa: che il prossimo film di questo semisconosciuto Menno Meyjes diventi l'ennesima americanata, superficiale, fondamentalmente sciocca ed inutile, riguardo ad un argomento come Manolete. Vedete, chi non ha vissuto in Spagna e chi sa poco di storia iberica, non riesce nemmeno lontanamente ad immaginare che cosa significhi dire Manolete. Instantaneamente, se vi trovate in un bar storico della Gran Via madrilena, o in una "tertulia" in qualsiasi locale spagnolo frequentato da persone mediamente informate, si apre un acceso dibattito che riguarda i meriti ed i demeriti di Manolete, la rivoluzione che egli portò nell'arte del "toreo", i paragoni fra lui, Ordoñez, Belmonte ecc. Poi si finisce per parlare di García Lorca e magari di Hemingway. Poi si parlerà del caudillo Francisco Franco, della zona "nacional", in cui si trovava Manolete al momento dello scoppio della Guerra Civile e della tempestosa passione con Lupe Sino, caliente attrice, repubblicana, rossa e ribelle, "revoltosa" come dicono là. No, non voglio vederlo, e parafraso la poesia  lorquiana in memoria di Ignacio Sánchez Mejías. Non voglio vederlo questo film, se, come temo, farà un bel minestrone di luoghi comuni e si baserà sulle doti istrioniche di Penélope e sullo sguardo emaciato di Adrien Brody. Passai in treno per la stazione di Linares, tanti anni fa. Eravamo in luglio. Un caldo come quello che trovò Manolete pochi metri più in là, più di sessanta anni fa. I grandi toreri sono, anche fisicamente, come i grandi santi o i grandi inquisitori o i grandi conquistadores. Uomini asciutti, alti, dai capelli scuri, dagli occhi infossati e lo sguardo penetrante quanto infermo. Li vedi avanzare verso di te e capisci che non sono come me, come te. In loro c'è una profondità del sentire, una personalità, una "braveza", un coraggio non comuni. El Qujote era così, tanto per fare un esempio, oppure il Domine Cabra, così magistralmente descritto da Quevedo. Forse era così Torquemada o il cardinal Cisneros, o Hernán Cortés. Pizarro era più paffutello, ma non di tanto, Oppure pensate a Unamuno, oppure a Miguel Delibes, autentica voce ed anima castigliana, uno dei maggiori romanzieri contemporanei, scomparso pochi giorni fa. L'anima spagnola si avvicina al soffio della morte, tanto lo è stata per secoli fra guerre di reconquista e di Successione, Mai cinematografia o letteratura ha accostato così tanto la morte alla vita, ad ogni manifestazione dell'umano sentire. "La danza de la muerte" è un'immagine che più spagnola non si può e mai tanta vicinanza alla morte ha generato "chistes" barzellette ed ironie sulla Grande Falciatrice. No, sentite, non rompete questo incantesimo con delle sbobbe hollywoodiane, non stuprate questo scrigno con delle storielle sbracate, capaci solo di buttare tutto in malora, di gettare perle di civiltà in bocca a masse ignoranti ed incolte di masticatori di chewing-gum o sgranocchiatori di pop corn, capaci di applaudire con lo stesso entusiamo l'apparizione di uno sgangherato tronista e una Lectura Dantis recitata da Gassman.

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Parla con lei

  • Mélo
  • Spagna
  • durata 112'

Titolo originale Hable con ella

Regia di Pedro Almodóvar

Con Javier Cámara, Dario Grandinetti, Leonor Watling, Geraldine Chaplin

Parla con lei

In streaming su Now TV

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