Tutti noi abbiamo degli specchi in casa. Li consideriamo oggetti di uso quotidiano che ci danno un'idea del nostro apparire e ci rassicurano sul nostro aspetto. Eppure, nonostante quest'aura di apparente normalità, gli specchi celano in sé qualcosa di arcano, un'ombra di mistero e fascino. Gli specchi, infatti, riflettono la realtà, ma al tempo stesso la distorcono, esattamente com'è distorta la realtà che percepiamo attraverso il filtro dei nostri sensi. Gli specchi non riflettono le creature della notte, forse perché sono solo il frutto della nostra fantasia o forse chissà... la ragione ancora ci sfugge. Il cinema ha spesso utilizzato lo specchio come espediente narrativo o come metafora. I film che ho indicato qui di seguito sono i primi che mi sono venuti in mente. Le vostre aggiunte sono, come sempre, assai gradite!
"Vorrei confessarmi, ma non ne sono capace perché il mio cuore è vuoto come uno specchio che sono costretto a fissare. Mi ci vedo riflesso e provo soltanto disgusto e paura, indifferenza verso il prossimo, verso i miei irriconoscibili simili". "Non credi che sarebbe meglio morire?" "L'ignoto mi atterrisce. Ma perché, perché non è possibile cogliere Dio con i propri sensi, per quale ragione si nasconde fra mille e mille promesse e preghiere sussurrate e incomprensibili miracoli? Perché dovrei avere fede nella fede degli altri? Perché non posso uccidere Dio in me stresso? ... E perché, nonostante tutto, egli continua ad essere uno struggente richiamo di cui non riesco a liberarmi? Vorrei sapere senza fede, senza ipotesi. Voglio la certezza. Voglio che Dio mi tenda la mano e scopra il suo volto nascosto e voglio che mi parli". Lo specchio resta senza risposte.
Bill Harford e la moglie Alice si confessano reciprocamente i loro segreti davanti ad uno specchio, come se ognuno si stesse confidando in primo luogo con se stesso. Più in generale, in tutto il film sono innumerevoli le scene in cui è presente lo specchio, che diventa così una metafora della doppia vita - sognata e reale - che conducono i protagonisti e del loro rapporto distorto e solo all'apparenza felice.
La scena dell'omicidio è sempre stata lì, riflessa nello specchio. E ci viene mostrata sin dall'inizio e molte volte, anche. Il nostro modo di percepire la realtà, però, è imperfetto e, come uno specchio troppo piccolo, non ci consente di vedere e capire tutto. Troppo spesso, ci limitiamo a conoscere la superficie delle cose, trascurandone, per pigrizia o incapacità, la vera essenza.
Il finale del film si svolge in un labirinto di specchi che moltiplica la realtà e la distorce sino quasi a renderla incomprensibile. Woody Allen rende così omaggio a Orson Welles e alla sua Signora di Shanghai. Come attraverso uno specchio, il cinema replica se stesso e talvolta si comporta da esteta puro: preferisce il bello all'originalità. Quando i risultati sono questi, però, il compromesso diventa senz'altro accettabile.
Il vampiro che non viene riflesso dallo specchio è un classico del cinema horror. Come ho scritto sopra, forse il fenomeno avviene perché le creature della notte non sono reali e pertanto non rispondono alle regole della materialità. Oppure è un modo che i vampiri hanno inventato per preservare la loro autostima: in fondo, quando si compiono azioni tanto crudeli, immagino debba essere difficile reggere il proprio sguardo allo specchio. E quando non si regge il proprio sguardo allo specchio non si è in pace con se stesso. Forse è questa la condanna dei non morti.
Nei bagni del tribunale, davanti allo specchio, Kevin Lomax si guarda allo specchio e attraverso lo specchio vede la sua anima. Vede che cosa potrebbe diventare se cedesse alle tentazioni del Maligno. Vede successi, denaro, avanzamenti di carriera, potere. Ma vede anche le rinunce, la perdita dell'amore, della famiglia. Tutti noi, ogni tanto, dovremmo sederci dinanzi ad uno specchio e, guardandoci negli occhi, riflettere sul cammino che stiamo facendo. Prima che sia troppo tardi.
Può un uomo diventare uno specchio? A quanto pare, sembra di sì. Per sentirsi accettato dagli altri, Leonard Zelig è disposto camaleonticamente ad assumere le sembianze e gli atteggiamenti di chi lo circonda, diventando una sorte di specchio vivente.
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