"Apro una parentesi per definire rapidamente che cosa intendo per grande film malato. Non è altro che un capolavoro abortito, un'impresa ambiziosa che ha sofferto per errori di percorso: una bella sceneggiatura impossibile da girare, un cast inadeguato, delle riprese avvelenate dall'odio o accecate dell'amore, uno scarto troppo forte tra intenzione ed esecuzione, un impantanarsi non percepibile o un'esaltazione ingannatrice. [...] Direi [...] che il grande film malato soffre generalmente di una dose eccessiva di sincerità, che, paradossalmente, lo rende chiaro agli aficionados e più oscuro al pubblico abituato a mandar giù delle misture nel cui dosaggio prevale l'astuzia piuttosto che la confessione diretta." (F. Truffaut, Il cinema secondo Hitchcock). Quella che propongo qui di seguito è una carrellata di film che, secondo me, rientrano a buon diritto nella categoria dei grandi film malati: opere controverse, a volte vere e proprie schegge impazzite nella filmografia di un regista, accolte da giudizi contrastanti e non sempre accompagnate dal favore del pubblico. Opere che, in ogni caso, data la loro sincerità, sono comunque importanti per comprendere meglio chi le ha realizzate.
di Alfred Hitchcock. Data la premessa, non si poteva non iniziare con il grande film malato per antonomasia, quello che lo stesso Truffaut definì come tale. Hitchcock restò profondamente deluso da Tippi Hedren, che nelle intenzioni del regista avrebbe dovuto incarnare la "nuova Grace Kelly". In queste parole del regista inglese si legge tutta la sua amarezza: "Sfortunatamente questo amore feticista non è stato reso così bene sullo schermo come quello di James Stewart per Kim Novak [...]".
di Woody Allen. Stardust Memories è, a mio giudizio, un film molto bello, ma decisamente appartenente alla categoria dei grandi film malati. Nonostante le dichiarazioni di Woody Allen, nel film sono chiaramente rintracciabili precisi elementi autobiografici e forse è proprio questa sincerità del regista a non essere stata capita sino in fondo.
di Steven Spielberg. L'amicizia fra Steven Spielberg e Stanley Kubrick è cosa nota ai più, com'è noto il fatto che Intelligenza Artificiale fosse un progetto su cui lo stesso Kubrick rimuginava ormai da anni. L'amicizia fra i due registi, forse, ha impedito a Spielberg di fare suo il film, che alterna momenti decisamente toccanti (soprattutto nella prima e nell'ultima parte) a lunghe mezzore in cui l'unico stimolo è quello al nervo ottico (la parte centrale).
di Carlo Verdone. Un nuovo film corale che rinverdisse i fasti di Compagni di scuola era un sogno che Verdone covava da anni. Sfortunatamente, il film non è all'altezza del prototipo (che, francamente, non considero uno dei migliori di Verdone). Qualche sforbiciata che ne accorciasse la durata avrebbe dato senz'altro maggiore ritmo al film, ma è come se la paura di commettere un torto nei confronti dei personaggi raccontati avesse trattenuto Verdone dal farlo.
Con Kurt Russell, Rosario Dawson, Zoe Bell, Sydney Tamiia Poitier, Vanessa Ferlito
di Quentin Tarantino. A prova di morte, insieme al gemello diretto da Rodriguez, rappresenta per Tarantino un sentito omaggio all'horror di serie B tanto amato dal regista. Ed è probabilmente la volontà di riportare in vita, a livello sia di contenuto che di stile, un genere che ha conosciuto il suo apice negli anni '70 a fare di Grindhouse un'opera controversa, che viene amata ed odiata per motivi che sembrano gli stessi.
Con Kris Kristofferson, Christopher Walken, Isabelle Huppert, Jeff Bridges, John Hurt
In streaming su MGM Amazon Channel
di Michael Cimino. Si tratta del film forse più sentito di Cimino, smisurato sia nella lunghezza sia nei costi. Un film sciagurato dal punto di vista economico, un insuccesso così sonoro da lasciare tracce ben visibili su tutta l'opera successiva del regista. Ancora un caso di amore verso la propria creatura che finisce col tarpare le ali alla creatura stessa.
di Stanley Kubrick. Spartacus è senz'altro il miglior peplum che sia mai stato girato, ma è un film malato in quanto il regista non poté girarlo in piena libertà. Per certi versi, la malattia di cui soffre Spartacus è opposta a quella teorizzata da Truffaut: Kubrick, infatti, non ebbe la possibilità di essere "sincero", ma anzi dovette, in alcuni casi, sottostare alla volontà di divi sfrontati che si permettevano sul set di fare le bizze.
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