Conobbi Vancini durante una proiezione a Roma per la stampa estera del suo film BARAONDA. Gli chiesi un'intervista per la rivista per la quale scrivevo ed egli mela concesse di buon grado. Alla fine gli chiesi una foto. Mi rispose che non ne aveva con sè e aggiunse: sono un cattivo storico di me stesso! Vancini è morto l'anno scorso a 82 anni. Non ha diretto grandi capolavori e non era certo tra i registi più in voga. Ultimamente lavorava per la tv, per la quale aveva diretto anche una serie (la n.2) de La Piovra.In periodo di vacche magre si era afdattato a dirigere anche un western all'italiana :I LUNGHI GIORNI DELLA VENDETTA con lo pseudonimo di Stan Vance. Un regista fine e rigoroso, almeno all'inizio, come lui che ingloriosamente accetta di buttarsi sullo spaghetti-western, è un segnale di quanto sia difficile, nel nostro Paese, fare il regista. Vncini era un uomo affabile, educato e colto. Aveva inoiziato a scrivere per il Corriere del Po, di Ferrara, e aveva poi diretto alcuni corti interessanti tra cui IL DELTA PADANO. Ma il suo risultato migliore lo ottenne nel 1960 con LA LUNGA NOTTE DEL '43: uno splendido ritratto della Ferrara del settembre di quello che fu uno degli anni più terribili per il nostro Paese. E' un racconto straordinario ed efficace di una storia d'amore ambientata in una città sconvolta dalla paura. Ma non posso dimenticare LE STAGIONI DEL NOSTRO AMORE.E' la lucida e pessimistica vicenda di un uomo, ex-partigiano mantovano, che si trasferisce a Roma, ha un certo successo, ma poi tutto gli va a rotoli. Ritorna nella sua Mantova per ritrovare e forse ridare un senso alla sua vita e capisce invece che è tutto finito e non resta più niente. Il suo passato non ritorna: resta solo un presente deludente e incomprensibile. Nonostante la discontinuità della sua opera, i fallimenti di alcuni suoi film, resta un regista di sicuro valore e di grande sensibilità.