Mio caro François,
la vita è una beffa, ti frega ogni giorno in nome del destino. Diciamocelo chiaramente, non te la sei passata mica male. Ad un’infanzia tormentata dal punto di vista familiare ed entusiasmante sotto il profilo formativo, hai trascorso una maturità invidiabile. Maturità? Beh, per certi versi è stata la tua vera gioventù. Hai sprigionato i tuoi istinti più viscerali, ha dato corpo ai tuoi sogni con la spudorata gentilezza di un bambino innamorato. Hai reso materiali quei corpi eterei che svolazzavano nel tuo mondo interiore. Vivevi in un altro pianeta, vero François? O meglio, avevi i piedi piantati su questa terra disgraziata, ma viaggiavi sulle onde del vento, quella brezza avvolgente e soffice che percepiscono solo gli amanti corrisposti. Amavi il cinema, come un figlio ama la sua mamma, e il cinema amava te. Non sei stato un genio maledetto, bensì un’anima candida baciata da uno schermo che non si limita ad essere un telo bianco sul quale si proiettano film, ma a vivere. In pochi conosciamo le gioie della sala, il gusto erotico dell’innamorarsi di un’opera e il bisogno di far sapere a tutti che, sì, “io amo questo film!”. Si sa, l’amore è cieco, spesso si possono pigliare delle cantonate dettate solo dall’entusiasmo. Il più delle volte ci azzecchiamo. Sappiamo intercettare i sentimenti che ci scorrono nelle vene in quel preciso momento. Il prezioso attimo della folgorazione. C’è stato un momento in cui io ho capito che tu eri, sei e sarai per me un pezzo importante di me stesso. Antoine Doinel che scappa dal riformatorio, sfida le erbacce della spiaggia selvaggia, e corre verso il mare, e guarda l’orizzonte. Lo sguardo perso, smarrito, eppure consapevole che oltre l’immensità dell’acqua c’è un futuro al quale affidarsi. Ognuno di noi è stato trafitto da “Quattrocento colpi” che hanno segnato l’infanzia. Chi in modo più traumatico, chi meno. Tu hai avuto una madre assente, sei stato un bambino non voluto, ti sei subito buttato in pasto a Balzac e compagnia per trovare quella paternità perduta. Sei stato la dimostrazione che dalle ceneri si può risorgere. Che anche senza basi solide si può aspirare ad un’esistenza bellissima. Come si fa? Bisogna amare. Qualcosa, qualcuno. Devi liberare quel che hai dentro e regalare le tue emozioni. Le passioni sono dolci, ma possono diventare pericolose follie. Come Adele H, autoprivatasi del cognome per quel padre troppo ingombrante, persa nell’ossessione che il suo Pitons. Come Bertrand, che ama le donne perché non può ucciderle. Come la sposa in nero Marie, che a sua volta odia gli uomini fino ad ucciderli perché non riesce (o non può amarli). Come Bernard e Mathilde, troppo vicini per non colmare quel buco lasciato vuoto per troppo tempo, che non sapranno affrontare la vita perché non si può esistere se non “con te o senza di te”. E come altre tue creazioni. Tu sapevi come offrire eternità a personaggi immaginati, pensati, scritti. Eternità, sì. Perché la magia di un film è eterna, non è come la vita, che inevitabilmente deve finire. “I film sono più armoniosi della vita, non ci sono intoppi, non ci sono rallentamenti, filano come treni”, o no? Con quel capolavoro che risponde al nome di “Effetto notte” hai composto la più emozionante partitura da parte di chi non può esistere senza cinema, rivolta a chi, come te, non può fare a meno di ciò. Come dicevi, quand’eri un ragazzo già appassionato e coinvolto nel corso cinefilo: “Datemi tre film al giorno e farete di me un uomo felice”. Io ripeto in continuazione questa frase. Mi ci ritrovo sfacciatamente bene. Te la rubo con garbo. Tre film al giorno per capire la realtà ed affrontarla con più coscienza e tatto. Volare lontano. Lontano da questo mondo triste e delinquente. Tre tuoi film al giorno rendono un uomo non felice, felicissimo. Provate a vedere nella stessa giornata, che so, “Jules e Jim”, “Baci rubati” e “Il ragazzo selvaggio”, tre titoli a caso. Alla sera, quando andrete a dormire, direte: oggi ho dato un senso alla mia giornata. Oggi sono stato felice. Il domani sarà più lieto. Te ne sei andato troppo presto, François, oggi non avresti neanche ottant’anni. La disgraziata fortuna degli artisti è che il loro ricordo, la loro testimonianza ai posteri, sta nell’arte che ci hanno donato, in ciò che hanno compiuto in carriera. Troppo poco quel che hai realizzato se comparato a quel che valevi e che avresti voluto ancora concretizzare. Ma quel poco, quelle gocce nell’acqua abbandonate nel mare del cinema, è indimenticabile. Il destino ci ha giocato un brutto scherzo. E tu, romantico com’eri, ci sei cascato. Ti voglio bene, immenso e dolce François. Grazie di essere esistito.
Antoine Doinel scappa dal riformatorio, corre come un disperato, sfida le erbacce della spiaggia selvaggia, scopre il mare. Quel mare della verità il cui orizzonte lascia intravedere un futuro diverso.
Con François Truffaut, Jacqueline Bisset, Valentina Cortese, Jean-Pierre Léaud
La vita che gioca col cinema a nascondino, il cinema che si prende beffa della vita mettendo in rilievo i suoi lati più estremi. La gioia del filmare qualcosa di cui senti l'esigenza di parlare. La spudorata felicità del gustare.
La follia silenziosa e crudele che cresce a poco a poco, che esplode in un temporale fragorosamente struggente. I colpi di pistola che travalicano i corpi, lo schermo, che raggiungono lo spettatore... O con te o senza di te.
La dolcezza dell'imprevisto, il tono leggero di affrontare la vita, nelle sue contraddizioni senza fine, nel suo correre deciso e sospetto. Fabienne Tabard, Fabienne Tabard, Fabienne Tabard... ah, l'amour, ah, l'amour!
Con Isabelle Adjani, Bruce Robinson, Sylvia Marriott
Ancora follia, ancora ossessione, ancora passione. La nervosità di un volto livido ed invernale, travolto dalla ieraticità intensa dei visi che ti circondano e si chiedono: "cosa mai vorrà questa povera disgraziata?".
Con Jeanne Moreau, Michel Bouquet, Jean-Claude Brialy, Michael Lonsdale
In streaming su MGM Amazon Channel
Uomini, ascoltate il mio urlo: non posso, non devo, non so amarvi perché mi avete distrutto il sogno della vita. Concedetemi il diritto di uccidervi, come risarcimento morale ed esistenziale. Come uscire da questo tunnel?
Con Jean-Pierre Cargol, Françoise Seigner, François Truffaut
Caro Itard, voglio imparare a parlare, a far capire agli altri chi sono, cosa voglio. La pedagogia è un percorso rigoroso al quale bisogna sottomettersi beatamente. L'educazione alla parola, al ragionamento, all'emozione.
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