Duro a morire. No, non mi riferisco all'eroe John McClane interpretato da Bruce Willis, a breve nuovamente in arrivo anche in Italia con l'ultimo episodio "Die Hard - Vivere o morire". Parlo invece del genere Western. Lo hanno dato per morto molte volte. E, in effetti, morto lo e'. Non si puo' definire che cosi' un genere incapace, oramai da troppo tempo, di essere un vero fenomeno di massa, cosi' come lo era stato sino agli anni '60. Qualche eccezionale fenomeno isolato (come "Il Mucchio selvaggio" o "Gli Spietati"), ne ha rimandato di volta in volta solo il funerale.
Una volta, per intenderci, in ogni momento dell'anno si poteva decidere di andarne a vedere uno, perche' se ne giravano a decine. Ora invece, se ne fanno pochissimi. Il Western nel corso del tempo e' in effetti lentamente mutato, diventato altro: i suoi archetipi e le sue storie si sono trasferite di volta in volta nel poliziesco, nel thriller e ovviamente nel gangster movie. Contemporaneamente e' cambiato anche il pubblico: del tipico eroe western non interessa quasi piu' a nessuno: persino nell'immaginario dei bambinie' stato soppiantato, come spiegava benissimo il primo stupefacente Pixar movie "Toy Story", con il cowboy Woody costretto a cedere il passo al ranger spaziale Buzz Lightyear. Provate oggi a cercare un fortino, delle tende indiane e qualche soldatino (ben fatto) tra gli scaffali di giocattoli dei grandi magazzini. Non ne troverete quasi traccia: oramai e' tempo di Spider-Man, Batman ed altri Super Eroi. Ed e' cosi' anche e soprattutto al cinema. Da parte mia, non posso che provare un forte dispiacere per il tramonto inesorabile del genere Western. Sono di parte, e' vero, perche' sono cresciuto con i film di John Ford ed Howard Hawks prima e Sergio Leone poi. Il Western potrebbe esser ancora capace (47: morto che parla!) di dire qualcosa di importante: e di affascinare.Quante volte a questo proposito ho sperato di leggere la notizia: "il prossimo progetto di Martin Scorsese, sara' un Western". Cavolo, invece di fare "Kundun"...E figuriamoci se poi a dirigere un bel Western fosse Michael Mann: al solo pensiero, quasi ho un mancamento ! E un giorno chissa', saro' accontentato. Ma in generale il cinema di oggi sarebbe sicuramente in grado di delineare con maggiore precisione e profondita' i caratteri dei personaggi, a cui un tempo non sempre si dava francamente il giusto peso. Ne era capace spesso Anthony Mann: il suo era un cinema molto meno manicheo della media dei tempi, con molte piu' sfumature. Ma la maggiorparte delle volte, la cornice del "vecchio west", i grandi spazi aperti, soprattutto della scenografica Monument Valley, il solo nome leggendario di alcuni suoi protagonisti e non ultimo, la presenza di attori di grande richiamo, erano motivi piu' che sufficienti alla costruzione e alla riuscita del film. Dai tempi di "Balla coi Lupi" ad oggi, ogni tanto comunque qualche film (ma si tratta sempre di fenomeni isolati) ha centrato ancora l'obiettivo: penso ovviamente a Clint Eastwood, con il suo duro e crepuscolare "Gli Spietati". Ma qualcosa, e non solo, si e' mosso a sorpresa anche quest'anno. Affascinante e' infatti la rilettura del mito di "Jesse James" architettata dal regista Andrew Dominik, nel suo western, assai poco tradizionale, "L'assassinio di Jesse James...", film bellissimo, dall'anima nostalgica e decadente, per merito anche della meravigliosa direzione della fotografia di un ispirato Roger Deakins : ed interessante e' anche quella, meno innovativa ma comunque solida ed efficace, fatta da James Mangold, con "Quel treno per Yuma". Anche se non riusciranno a compiere il miracolo di resuscitare il genere, entrambi dimostrano come sia ancora possibile fare qualcosa di significativo al suo interno. Bisogna avere solo il coraggio di crederci.
Sincero ed appassionato apologo sul mito della scomparsa della frontiera, raccontato dalla parte degli indiani. La sequenza della liberatoria caccia al bisonte e tutta la scena finale, rimangono impresse nella memoria.
Dichiarato omaggio di Eastwood ai suoi maestri Siegel e Leone, e' un western duro e violento, buio e funereo. Fenomenale la prova del cast, dove oltre a Eastwood emergono i monumentali Gene Hackman e Richard Harris.
Non e' piaciuto quasi a nessuno, ho detto quasi. Non si parla semplicemente della leggendaria sfida dell'Ok Corral a Tombstone, ma piu' ambiziosamente della storia della famiglia Earp: di una dolorosa rilettura del concetto di giustizia nel West.
Quella di Sam Raimi e' una rivisitazione folle ed irriverente, che cita ampiamente il cinema di Sergio Leone e punta dritto verso uno degli archetipi del genere: quello del duello. Solo uno scherzo, ma divertente e veloce come un colpo di pistola.
Il western porta evidentemente bene a Costner, qui anche produttore. Il film e' il racconto classico di un'amicizia virile, quella tra Kevin Costner, taciturno pistolero in cerca di riscatto e l'anziano e tenace Robert Duvall. Lui e' superlativo.
Il regista James Mangold prova coraggiosamente a riaggiornare un classico del cinema western degli anni '50. E con l'aiuto di due tra i migliori attori di oggi, Russel Crowe e Christian Bale, riesce a restituirci il sapore del vecchio (nuovo) West.
Un western assai poco tradizionale, attento alla psicologia dei personaggi piuttosto che all'azione, tanto da essere privo o quasi di sparatorie. Un film che incanta per la sua crepuscolare intensita' e il fascino della sua anima decadente.
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