Sabato mattina. Bisogna andare all’Ikea. Bisogna comprare dei mobili per il bagno e caricarli di sbieco nell’auto, quei pacchi piatti che in caso di incidente si trasformano in ghigliottine. Bisogna poi montarli, con la brugolina e il secchiello di viti in dotazione che ti guarda sornione. All’Ikea un vichingo con corna e treccione dà il benvenuto per i dieci anni dello stabilimento. Un bimbo fa i capricci tra le palle colorate. Avventurarsi tra gli spazi arredo da 30 mq perfettamente abitabili instilla un malessere claustrofobico a prescindere dall’ampiezza del capannone. Perché l’Ikea è un capannone. Raramente guardo gli oggetti. Mi interessano di più le persone. Gli sguardi cattivi delle consorti in disaccordo sul colore del tappetino del bagno. Il nervoso che si accumula nei gesti di insofferenza. Pezzi di conversazione colti così, al volo tra fidanzati in disaccordo su tutto. “Non capisci un cazzo”…”Non te ne frega GNente e devo fare tutto io…” …”Va a finire sempre così….” …”Questo CI serve….”. Le donnette piroettano tra i complementi d’arredo come Cenerentole e tutte hanno lo sguardo intriso del sogno prima della mezzanotte in cui la realtà si impossesserà di nuovo delle loro vite. Le controparti maschili dagli occhi rossi e il bargiglio gonfio di noia, sbadigliano. E’ la favola un paio d’anni dopo, quando i piedoni grassi non entrano già più nella scarpetta di cristallo, il principe azzurro si è sbiadito in un paglia e fieno stanco eroe della sveltina del sabato sera. Sfoglio un libro, di quei libri acquistati a peso messi lì a fare scena, a fare atmosfera. E’ sempre lo stesso libro ovunque, ce ne saranno seimila. Quella bella copertina liscia color malva, i disegni damascati. Le scritte in svedese. Non c’è nulla di più rassicurante di un libro in una lingua che non si conosce, non può farti nulla. E’ rassicurante come l’Ikea, che ha tutte le soluzioni pronte per la tua vita, dimostrandoti di conoscerti meglio, molto meglio di chiunque altro. Perché sa che storditi da tanta roba, tanti imput, tanti nomi incomprensibili, nessuno si prende la briga di avvicinarsi realmente per saggiare la qualità, per notarne i difetti, preferendo di gran lunga il sogno. Così il libro non viene realmente visto, aperto, letto da nessuno perché tanto è in svedese e non si capisce. Quei nessuno con gli occhi gonfi, e la pappagorgia rossa di sbadiglio. Io lo riguardo invece e lo rigiro e lo apro e lo sfoglio. Solo una parola in copertina balza fuori in tutta la sua verità spezzando l'incantesimo: PROSTATCANCER. Lo specchio nel piccolo arredo di fronte è incrinato. Il tappeto è maledettamente sporco. Il disegno damascato in copertina si srotola in una rappresentazione grafica dell’apparato sessuale maschile. Il legno grezzo su cui appoggia il materasso ha una lesione profonda. Il cuscino sfilacciato. Dal disegno emerge una zona più scura raffigurante l’oggetto del libro. Intorno a me sembrano tutti malati terminali. Le Cenerentole smettono di piroettare e la gravità riporta verso il basso ciò che la forza centrifuga teneva ritta e solida e ridono senza motivo. Ridono per ridere, coi denti gialli, solo per dispetto verso il un principe azzurro/ospedale. Azzurro e giallo. Ikea. Meglio andare via.
Con Gene Wilder, Peter Boyle, Marty Feldman, Teri Garr, Cloris Leachman, Madeline Kahn
Ridere per spregio. La gente in platea ride di fronte alla goffaggine del mostro ballerino. Ride del suo tentativo di essere amato un po’. Ride perchè i mostri devono rimanere più mostri della gente che ride.
Titolo originale And Now for Something Completely Different
Regia di Ian MacNaughton
Con John Cleese, Graham Chapman, Eric Idle, Terry Jones, Michael Palin, Terry Gilliam
Morire dal ridere. La micidiale barzelletta più divertente del mondo provoca una mattanza senza pari. Una MTAZ……hahhahah hahahah hahahah….non l’ho capita. Sono salvo.
“Salve sono Mavco Pisellonio”. La moglie, Incontinentia Deretana. Provare a non ridere. Inghiottire lacrime e muco. Centurione non ridere dell’imperatore o rischi la vita.
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