Lo specchio che si frattura, un taglio netto. Ecco, le tenaglie “assorbenti”, la paura di tranquillizzare tutto, adesso o mai più. Basta, urlavi di rabbia. Il mio essere selvatico. Chi pensa a me? Un nudo, estatico urlo di rabbia. Desto sospetti ed un pregiudizio atroce. Le atrocità. I ricatti. Chi adotta dei provvedimenti per sottrarti alla felicità, t’incastona in un muro senza grido. Essere a tutti costi “buono” e servizievole, il “bravo” bambino. La cancrena, le urla nel traffico, gesta (in)felici. Chi ti “ammoscia” e ti tiene a bada. Sì, finisce tutto qui. Gli attestati di stima non bastano, vorrei anche altro, l’affetto, la dolcezza, il Cuore. Porto via gente fastidiosa che s’intromette con la mia anima. Sei giù di corda e di morale. Col viso struccato. Disubbidisci, e piangi di rabbia, un dolore fortissimo. Avevi rimosso e qualcuno smuove tutto. Con forza raccapricciante. Voglio uccidere mio padre, un bugiardo in tutto e su tutto. Crescere, arrabbiarsi, vogare. Sfogarsi, verità che sono taciute, nascoste. Stai male, dolori al petto, afferrarsi e mordere di dolore, che forza. Attribuisco a lui le colpe, ogni colpa, tutto, gli sguardi, e tutto che esplode. Roba che piace a mio padre, e deve piacere anche a te. Le coliche renali, trasmettere “valori” che possano piacerti. Incatenarsi ed un concatenarsi. Sono un favolista, trascendente, tutto qui. Un poeta visionario e mistico. Cos’è l’amore? Gente che incontro. Che non fa per me, mi tedio ed arrangio con poco, grattandomi le ascelle. Un amante straordinario, eccezionale. Voglio scagionarmi, andarmene via, gioire, parlare alla rinfusa, gesticolare con tutto quello che ho. E morire dalla voglia di possederti qui, adesso. Senza che tu possa fiatare. Lo senti il mio ardore, che si consuma, che ti divora e mangia a fuoco lento? Ritratti oscillanti. Tante cose, tanti rumori, il mare con la sua “asciuttezza”. Devo rassegnarmi alla mia solitudine e mi assegno un posto, l’unico baluardo che mi tenga vivo. Nervoso, in penosa e pensosa agitazione, tu che mi sorridi. Timida, indigesta, schietta ed aggressiva. Mi faccio un quadro preciso di me stesso. Mi posso spiegare cosa avvenne? Con quale intensità e furore mi nascosi, forse per vergogna, per non essere come gli altri, o forse perché sono e sarò un diverso, da tutti, e da tutto. Mi sussurrava sempre urla furibonde. Arrangiarsi e basta… Mi taglio involontariamente le vene, mi mozzo la gola. Basta adesso. Sì, signori. Emani una forte, devastante carica erotica e ti rifocilli, ti alimenti di vita. A più non posso, sì. Vedersi e percepirsi in un certo modo. L’idiozia di gente ignorante che ti frusta, e ne ha una sempre, stai meglio, indubitabilmente e la vita ti si riaffaccia con limpidezza. Andate via, urlavi. Ti sfoghi e ne hai tutto il diritto, pare quasi che avere un dono sia un difetto, e devi assottigliarti, arrotolarti indietro. Laddove nacque tutto quanto. Afferri un coltello, e ti annacqui nel vento, bruci, ti ossidi. La rabbia che, improvvisa, rompe gli argini, guadagni altro e ti spremi con tutta la foga che hai a disposizione, parole che gracchian felici. Un’umidità totale. Dove si annida il dolore, in quali increspature, in quali veli? Dove dorme? Nella serenità avvolgente di un grido di/in festa? Mangiarsi, spellarsi vivo. Nel giro di breve TEMPO ne succedono tante, troppe, a gogò, s’ammonticchiano ed urlano. Amarsi nonostante le intemperie. Qui è tutto tranquillo, scorre placido. Il Mondo è pieno di donne, tutte ragionevoli, disposte ad ascoltarmi. A tenermi per mano. Vomiti altre parole. Perdi quella foga, quella fuga, quell’istinto. Bevi molto per smaltirla, borchie in viso. Odori vomitevoli. Guardo molti meno film di un Tempo, ed è tutto annerito. Mi ricordo, mi sovviene quel periodo tetro, oscuro, indecifrabile di manie, rituali, ossessioni “depurative”, di una vita tranciata, rotta sul nascere. Ripartire con energia. Spendendo le ultime forze. Ancora. Tutto inizierà, una nuova nascita, crocifiggersi e poi ritrovarsi, qui, ancora, senza contenimento né freni inibitori, sparvieri voraci. Che è successo, domandavo, deve esserci stato un fraintendimento enorme. Totale, imbarazzante, e gemo, mi piastrello il viso di una nuova forma. Mi preferivo prima, con quelle nevrosi che mi tenevano magro, in perfetta LINEA sempre sul punto di rottura senza rompermi, oggi chi sono, dischiuso, senza disturbi né lancinanti grida senza URLO. Un uomo “inutile”, come gli altri del resto, figlio di un buio che mi acceca per come rivedo la Luce, nella sua cristallina fragranza. Mi aggrappo al “nulla” e canto a squarciagola. In un corteo che mi lecca, immagini e parole che mi proiettano dove Dio visse in armonia. E’ tutto finito, una nuova cicatrice, un segno livido. Non voglio tornare alla realtà, no. Senza tutto ciò sono nudo, non ho alcun valore, inesistente. Esplorarsi dentro, la flora intestinale, i rumori di un fegato che starnacchia. E ti addormenti candida sopra di me, come una libellula nei raggi di un giorno senza pace. Qui, nella vita, mi gratti, mi spelli, mi rendi trasparenza. Sì, amami, ossigenami, spaccami il cuore, grida nel mio corpo. Corpulenze. Sbadigli. Fremiti, e parole, tante, allineate come animali selvaggi. STEFANO FALOTICO APPLAUSO E Dio disse: LUI è mio figlio, avete provato a metterlo KO, ma egli è il signore GESU'. E dovete temere GESU' perché egli è grande, egli è il mio sangue. PAROLA DEL SIGNORE.