Con Olivia de Havilland, Montgomery Clift, Ralph Richardson, Miriam Hopkins
Il realismo poetico di William Wyler assume quì un peso ineguagliabile.I piccoli gesti quotidiani rappresenteano trappole pericolosissime e l'illusione dell'amore è la più grande deformazione mentale dell'uomo.Maledettamente ipnotico.
Di altra estrazione narrativa è l'opera di Robert Aldrich.Il contesto Hollywoodiano fa sì che anche il cinema stesso si metta alle spalle il buio.Imprevedibile,nostalgico,sostanzialmente insostenibile.Davis da urlo.
Alfred Hitchcock comincia a guardare in modo esplicito il mondo e i suoi abitanti.Cinema grande,suddiviso tra forma e contenuto.E siamo solo all'inizio.L'inizio della fine.
Ingmar Bergman identifica l'impulso psicologico che sta dietro il conformismo borghese.Ne esce fuori un'accorato urlo contro il dolore.La perdita della vita e la vita in perdita.Il sangue,il rosso,il bianco.Pericoloso.
Non sempre si è responsabili di sè stessi,Reiner Werner Fassbinder ce lo mostra concretizzando le ferite dell'anima.L'ambientazione è di una freddezza esplicita,quasi asfissiante.La ripresa finale è lucida,e in questo caso più che mai,crudele.
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