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Nota a sentenza
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Nota a sentenza

Nel mondo accademico del diritto si usa, tra le altre cose, commentare le sentenze e pubblicarle sulle riviste. Poichè la cosa ha assunto toni..."legali" e il gestore chiede che si parli dei temi in generale ecco alcune mie considerazioni sia sulla vicenda in particolare sia sulle modalità di gestire un sito. Ha fatto bene il gestore a dire che si tratta più di un giornale, anche se online. E come tale ha la sua linea editoriale e le sue regole. Benissimo. Io posso fare il mio giornale e dire: bene, qui si parla di politica e chi fa interventi su altri aspetti non è gradito (per esempio), oppure qui si parla di musica e basta. Filmtv trova la sua grandezza proprio in spazi come le play e la bacheca (che io uso poco e pochissimo) che consentono anche di parlare d'altro, oltre al cinema. O, ancora meglio, di mischiare le due cose e quindi leggere la realtà attraverso il cinema e l'arte. Ora naturalmente questo spazio non va abusato, così come non si abusa della libertà. Badate bene questi sono problemi sui quali l'umanità si interroga da secoli e non è che li risolviamo con una playlist. Però è utile e importante parlarne, forse anche un po' seriamente (perdonatemelo). Detto questo ci sono 3 modi per gestire un sito come questo: 1. assoluta libertà (come fanno altri siti) che però rischia di diventare dominio dei più "forti" (virgolettato perchè i più forti sarebbero i più insistenti fancazzisti che dominano la bacheca); 2. controllo preciso e rigoroso (come fanno pochi siti e per lo più istituzionali dove si può intervenire in modo molto limitato); 3. predisporre una forma di controllo elastica che limiti gli abusi. Lungi da me fare la lezioncina di diritto, ma qualsiasi forma di controllo dovrebbe rispettare principi e criteri chiari e predefiniti (anche non in dettaglio, ma grosso modo e la frasetta della bacheca è un po' limitata); dovrebbe stabilire quali sono i limiti alla libertà (qui si scontrano diverse ideologie: c'è chi è convinto che il diritto di proprietà sia sufficiente a limitare la libertà di espressione, io credo invece che essa possa essere limitata solo quando sono in gioco i beni giuridici propri della persona in quanto uomo, tra i quali c'è anche la dignità, per cui no insulti, ma con dei limiti); dovrebbe mantenere una certa imparzialità per cui se cacci uno che sgarra cacci anche gli altri. Ora io sono perfettamente consapevole del fatto che RGT abbia più volte esagerato ed io in privato glielo dico sempre, però in questo caso aveva mosso una critica alle forze dell'ordine (chi si è preso la briga di andare a vedere perchè è stato cacciato?), per me condivisibile, per altri no e poi, una volta censurato (magari giustamente, secondo me no), aveva reagito, sfottendo (attenzione, sfottendo, non dileggiando) il gestore. Quindi cacciato. Qui si pone un problema: chi controlla la libertà di tutti gli utenti del sito come gestisce questo potere che è giusto che abbia? Sta usando il buon senso? E' imparziale? Sa mantenersi terzo e neutrale, anche quando gli utenti ne criticano (in modo ironico, ma percarità, è meglio così) l'agire? A me è sembrato di no. In conclusione: niente anarchia, niente caos. Questo non è il parlamento, ma è sempre un luogo di scambio di opinioni. Vanno bene le regole, anche rigorose, però attenzione. E secondo me molti utenti facevano una gran cosa se avessero detto che RGT è uno stronzo, che erano contenti, etc. etc., per poi agiungere: il gestore non è stato equo e non ha avuto buon senso. In questo dibattito acceso sulla libertà e sui suoi olimiti sono consapevole che la verità non stia tutta da una parte e che i confini sono labili, ma è anche e soprattutto per il bene del sito che la libertà di parola deve essere molto ampia e limitata solo in rare e clamorose circostanze. Detto questo sollevo dubbi di costituzionalità sulla sentenza del gestore e, se ci trovassimo in un luogo realmente giuridico, chiederei la revisione della sentenza. Detto questo vi posto un simpatico articolo che è uscito sulla Repubblica on line di ieri: "La donna, funzionaria della biblioteca e pubblicista, aveva dato notizia sul suo sito di un indagine a carico di due professori "Palermo, licenziata dall'Università Quell'articolo non piace al rettore" OGGI Francesca Patanè verrà licenziata dall'Università di Palermo. Il Magnifico rettore, i professori (ordinari e straordinari), i dirigenti tutti sentono che è venuto meno il rapporto perché la donna, che è funzionaria di biblioteca, si è resa responsabile di "comportamenti che pur non costituendo illeciti di rilevanza penale, sono di gravità tale da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto di lavoro". Stamane alle nove e trenta dovrà presentarsi a Palazzo Steri del capoluogo siciliano, che è luogo davvero idoneo, il posto giusto, storico teatro dei Processi dell'Inquisizione, e difendersi, se le riesce, dall'accusa di aver denigrato e offeso i rappresentanti più conosciuti e apprezzati e con loro tutto il Palazzo. E cosa ha combinato questa funzionaria? Ha per caso dato fuoco ai libri? Li ha trafugati di notte? Se li è venduti al mercatino di Porta Portese? No, la Patanè ha scritto nel numero di gennaio sul giornale on line (www.ateneopalermitano.it) di cui è responsabile (ha il tesserino verde dei giornalisti pubblicisti) che due professori palermitani, Salvatore Tudisca, preside della facoltà di Agraria, e Antonio Bacarella, ordinario di Economia agroalimentare della stessa facoltà, erano indagati a Firenze per associazione a delinquere e abuso di ufficio. I magistrati, è scritto sul sito, li accusano di aver "pilotato concorsi per l'assegnazione di incarichi di insegnamento universitario". Domanda lecita: ma una dipendente dell'Università può scrivere sull'università? Certo che sì. Può scrivere, eccome se può. I giornalisti sono divisi dall'Ordine in due albi: i professionisti, che dal lavoro di redattori ricevono la fonte principale ed esclusiva di reddito, ed i pubblicisti, impegnati in altre attività ma che con continuità redigono articoli, commenti, illustrazioni sui temi più vari che afferiscono ai più diversi interessi di ciascuno. Del resto la carta stampata, le televisioni, le radio sono dense delle presenze, scritte e parlate, di decine di professori. Molti dei quali sono commentatori autorevoli, riconosciuti e riveriti. Alla Patanè piace scrivere di Università. E l'Università non l'accusa, a leggere la smilza raccomandata dell'8 marzo scorso (prot. 4822) di aver divulgato segreti d'ufficio, non le contesta di utilizzare impropriamente la sede pubblica per attivare e sostenere interessi privati. No, stende questo rimprovero: l'articolo in questione è diffamatorio. A cui fa seguire la seguente improvvisa ma definitiva deduzione: "l'attività svolta dalla S. V. si ritiene incompatibile con lo status di pubblico dipendente". Onestissima e adamantina, l'università palermitana per tutelare il suo onore caccia via, con procedimento d'urgenza, la dipendente che ha la bocca troppo aperta e passa troppo tempo davanti al computer. Non deve, e tutto sommato, nemmeno può. Licenziamento, sanzione massima, così impara" C'è da riflettere....

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