I commenti degli spettatori che escono dalla sala dopo aver visto "The new world" si sprecano. Convinti di essere andati a vedere un nuovo "Troy" o un "King Arthur" di infimo livello ma che faccia divertire, si ritrovano davanti allo scorrere lento di immagini e di parole troppo filosofiche. E allora giù di bestemmie. Sì, Malick non è per tutti. Personalità eccentrica, stranissima, non si sa quasi nulla di lui, ma chi ama il cinema non può non apprezzare i suoi quattro film girati in trent'anni di carriera. Esordio col botto con "La rabbia giovane", in cui Sheen e Spacek si ritrovano a viaggiare per l'America lasciandosi una lunga scìa di sangue e viaggiano verso un finale drammatico; e l'ombra di James Dean si vede ovunque quando Martin recita. Quattro anni dopo Malick firma un mèlo molto drammatico, in cui la coppia Gere-Adams pian piano si spezza fino all'epilogo dolorosissimo. Insuccesso al botteghino, e fatto sta che il regista non ha girato più film sino a vent'anni dopo, nel 1998, anno in cui esce "La sottile linea rossa", che compete anche con "Salvate il soldato Ryan" di Spielberg agli Oscar, perdendo. Ma in realtà il film di Malick non è soltanto il suo capolavoro, ma anche uno dei più bei film di guerra, se non sicuramente il migliore dai tempi di "Full Metal Jacket": la filosofia la fa da padrona, e la natura pura e incontaminata raddoppia l'effetto d'orrore che la guerra può scatenare. E si arriva ai giorni nostri, in cui "The new world" è al centro delle polemiche degli spettatori per il suo ritmo definito dai più noioso e tremendo: ma dietro ad un ritmo blando si nasconde tutta la poesia e la filosofia di un autore che, con le sue voci-off sempre presenti, ha saputo spiegare i suoi personaggi, le sue ambientazioni, la natura e i sentimenti in modo davvero unico in tutta la storia del cinema. Di cosa avere paura? Che faccia un altro film tra soli dieci anni!
Viaggiare da soli, lasciandosi dietro una lunga scìa di sangue; non esiste nessun sogno, nessun mito. Se non Martin Sheen che ricorda meravigliosamente James Dean.
Dramma d'inizio secolo, un mènage a trois sofferto e crudele. E un'invasione di cavallette come una maledizione. Tutto sottolineato da una ipercelebre soundtrack di Morricone.
La follia della guerra sentita direttamente dai pensieri di chi la guerra la vive. I loro pensieri. L'orrore vinto da una natura meravigliosa, che non esisterà più. Il capolavoro di Malick.
Di nuovo lo stupore dell'uomo di fronte alla natura. E la meraviglia di un uomo di fronte alla purezza. Quella purezza che solo un'incontaminata può avere. Quando il cinema è unica poesia.
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