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Speriamo che sia femmina

Regia di Mario Monicelli vedi scheda film

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La recensione su Speriamo che sia femmina

di ROTOTOM
8 stelle

Commedia agrodolce in salsa squisitamente femminile. Monicelli si traveste da Almodovar pur senza tutte le isteriche esagerazioni dello spagnolo, nel descrivere i due mondi, maschile e femminile, avvicinarsi sovrapporsi e allontanarsi nuovamente. Il Conte squattrinato (Noiret) e la bella moglie (Ullmann). L'amante innamorata di lui (Sandrelli) e l'amante interessato di lei(Gemma). La loro confusa figlia (DE Sio) e il suo strambo promesso sposo (Hendel). Gli uomini ci fanno una pessima figura, sono la parte debole di una metà di mela capace di sostenere in pieno il peso della mancanza del compagno, gli errori, la capacità di dare la vita anche senza l'appoggio maschile. Uomini che sono deboli, imbranati e noiosi, un po' meschini o semplicemente rincoglioniti come il personaggio dello zio Gugo (Blier) che ha il compito di alleggerire con la sua comicità involontaria e dolce un film che fa dell'amarezza e della disillusione il proprio punto di forza. E' un film lento e verboso, sorretto dalle interpretazioni straordinarie di tutte le attrici ma discontinuo nei forzati cambi di ambientazione a metà pellicola e un po' forzato nel cercare di chiudere tutti gli spunti narrativi cercando di dare una spiegazione un po' a tutto. Lo sguardo di Monicelli è meno acido e corrosivo ma non meno impietoso nei confronti della normale famiglia che si vorrebbe sempre felice, dell'uomo padrone ridotto a sparire come sparisco ad uno ad uno tutti i personaggi maschili del film ma non ci sono le macchiette popolane che caratterizzano i suoi personaggi a caricare la scena (come in Paarenti serpenti ad esempio, caricatura al vetriolo della mediocre borghesia italica), tutto scorre placido e morbido, inevitabile nel suo incedere verso la fine, la cui battuta che da il titolo al film sintetizza in sè il proprio senso. Un delicato affresco della cellula base della società, la famiglia, che si disgrega e si allontana dalla sua accezione più comune per ricomporsi in una nuova forma, più solida e concreta senza bisogno del sostegno maschile e quindi senza il fardello delle sue debolezze.

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